Fin dall’antichità è esistita una letteratura sulle arti che coinvolse filosofi poeti storici e poligrafi, occupati a ragionare di estetica, distribuire lodi e biasimi, stendere guide, rievocare opere e operatori. Presto parteciparono anche questi ultimi componendo trattati in buon numero, dei quali però sopravvive appena il De architectura del latino Vitruvio, o poco più.
Non fu soltanto l’eccezionale sopravvivenza a provocare il successo di Vitruvio dal Medioevo in poi, e neppure le regole e i “segreti” artistici di cui è custode. Per gli addetti contava altrettanto che esso fosse il ponte col mondo greco, dove era avvenuta la crescita sociale degli artisti tramandata dai lusinghieri aneddoti che tutti conosciamo.
Causa di quella crescita, non l’unica come si crede, ma senza dubbio rilevante, era stata la filosofia. Secondo Platone l’attività poetica viene ispirata dagli dei, anzi il poeta è posseduto dalla divinità, non diversamente dai veggenti che emettono vaticini «per divina follia»; i pittori e gli scultori operano invece «per arte (techne) e scienza (episteme)» oltre che in virtù del proprio talento (physis): privi però dell’ispirazione divina, sono semplici banausikoi, persone di infimo grado [...]