ebook img

david copperfield copperfield PDF

858 Pages·2011·4.87 MB·English
by  
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview david copperfield copperfield

DDDDAAAAVVVVIIIIDDDD CCCCOOOOPPPPPPPPEEEERRRRFFFFIIIIEEEELLLLDDDD di Charles Dickens www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield 2 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield PREFAZIONE ALL'EDIZIONE DEL 1850 Non trovo facile tenermi abbastanza distaccato da questo libro, ora che l'ho appena portato a termine, per parlare di esso con la posatezza che questa intestazione ufficiale sembrerebbe richiedere. Troppo forte e recente è l'interesse che a esso mi lega, e la mia mente è così divisa fra la gioia e il rammarico - gioia pel compimento di un lungo progetto, rammarico nel dovermi separare da tanti compagni - che corro il rischio di annoiare l'amato lettore con confidenze ed emozioni troppo personali e private. Inoltre, tutto ciò che potrei dire del racconto, sotto ogni aspetto, mi sono sforzato di dirlo nel racconto stesso. Forse importerà poco al lettore di sapere con quanto dolore la penna è stata deposta dopo un lavoro di immaginazione durato due anni; o come si sente un autore quando una folla di creature sue, quasi egli avesse bandito una parte di se stesso nel mondo dell'ombra, si sta allontanando per sempre da lui. Tuttavia non ho altro da dire; a meno che non confessi (cosa che potrebbe essere di ancor minore importanza) che nessuno potrà mai credere in questo racconto, nel leggerlo, più di quanto vi abbia creduto io stesso nello scriverlo. Invece di guardare indietro guarderò dunque avanti. Non posso chiudere questo volume in modo a me più grato che con uno sguardo speranzoso verso il tempo in cui potrò di nuovo pubblicare le mie due pagine verdi una volta al mese, e con un fervido ricordo dei giocondi soli e delle miti piogge che si sono riversati su queste pagine di David Copperfield, e che mi hanno reso felice. Londra, ottobre 1850 PREFAZIONE ALL'EDIZIONE DI CHARLES DICKENS 3 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield Nella prefazione originale a questo libro notai di non trovar facile tenermene abbastanza distaccato allora che l'avevo appena portato a termine, per parlare di esso con la compostezza che quella intestazione ufficiale sembrava richiedere. Il mio interesse verso di esso era così forte e recente, e la mia mente così divisa fra la gioia e il rammarico - gioia pel compimento di un lungo progetto, rammarico nel dovermi separare da tanti compagni - che correvo il pericolo di annoiare l'amato lettore con confidenze ed emozioni troppo personali e private. Inoltre, tutto ciò che potevo dire del racconto, sotto ogni aspetto, mi ero sforzato di dirlo nel racconto stesso. Forse importerà poco al lettore di sapere con quanto dolore la penna è stata deposta dopo un lavoro di immaginazione durato due anni; o come si senta un autore quando una folla di creature sue, quasi egli avesse bandito una parte di se stesso nel mondo dell'ombra, si sta allontanando per sempre da lui. Tuttavia non avevo altro da dire; a meno che non confessassi (cosa che avrebbe potuto essere di ancor minore importanza) che nessuno avrebbe potuto mai credere in questo racconto, nel leggerlo, più di quanto vi avessi creduto io stesso nello scriverlo. Sono così sincere, anche oggi, queste dichiarazioni, che io posso fare ora al lettore solo una nuova confessione. Di tutti i miei libri, questo è quello che preferisco. Si potrà credere facilmente che io sono un affettuoso genitore per ogni pargolo nato dalla mia fantasia, e che nessuno potrà mai amare quella famiglia così profondamente come l'amo io. Ma, come molti genitori affettuosi, io ho nel più profondo del mio cuore un figlio prediletto. Il suo nome è DAVID COPPERFIELD. 1869 I • VENGO AL MONDO 4 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield Se io debba risultare l'eroe della mia vita, o se questo posto debba essere tenuto da un altro, lo mostreranno queste pagine. Per iniziare il racconto della mia vita con l'inizio stesso della mia esistenza, dirò che sono nato (così mi hanno detto e lo credo) un Venerdì, a mezzanotte in punto. Fu notato che cominciammo, l'orologio a suonare e io a vagire, nello stesso istante. In considerazione del giorno e dell'ora della mia nascita, la balia e alcune sagge donne del vicinato che si erano vivamente interessate a me parecchi mesi prima che ci fosse una qualche possibilità che io ne fossi personalmente informato, dichiararono, primo, che ero destinato a una vita infelice; e, secondo, che avrei avuto il dono di vedere spiriti e fantasmi. Essendo queste due prerogative inevitabilmente proprie, a quanto esse credevano, di tutti gli sfortunati bamboli di ambo i sessi nati nelle tarde ore della notte di un venerdì. Non ho bisogno di dir nulla sul primo punto perché niente, meglio della mia storia stessa, può dimostrare se la predizione si sia rivelata esatta o no alla prova dei fatti. Circa il secondo punto della questione devo solo notare che, a meno che non abbia fatto prova di questa mia facoltà durante la mia prima infanzia, non la ho ancora sperimentata. Ma non sono affatto dispiaciuto di non averlo potuto fare; e, se qualcun altro godesse attualmente di questo potere, gli auguro di cuore di poterlo mantenere. Nacqui avvolto nell'amnio, che fu messo in vendita, con un annuncio sul giornale, all'esiguo prezzo di quindici ghinee. Ignoro se gli uomini di mare fossero a corto di denaro in quel tempo o se piuttosto quel che loro mancava fosse la fede e tutta la loro fiducia andasse al salvagente; tutto quel che so è che ci fu una sola offerta e da parte di un procuratore che negoziava in sconti di cambiali, il quale offrì due sterline in contanti e il resto in sherry, ma non accettò di essere garantito, per un prezzo più alto, dal pericolo, di annegare. Così l'avviso fu ritirato in pura perdita - perché, quanto allo sherry, era allora in vendita quello della mia povera cara mamma - e dieci anni dopo l'amnio fu messo in lotteria al nostro paese fra cinquanta persone che vi parteciparono con mezza corona a testa, e il vincitore doveva pagare altri cinque scellini. Io stesso ero presente, e mi ricordo di essermi sentito piuttosto confuso e imbarazzato vedendo disporre in quel modo di una parte di me stesso. L'amnio fu vinto, ricordo, da una vecchia signora con una sporta, che, con molta riluttanza, sborsò la somma richiesta di cinque scellini, tutti in mezzi pence, meno però due pence e mezzo: e ci volle un mucchio di tempo e un grande spreco di aritmetica per sforzarsi, senza alcun successo, di dimostrarglielo. È un fatto che sarà a lungo considerato come notevole, qui da noi che ella non affogò mai, ma morì trionfalmente ne suo letto a novantadue anni. Ho sentito dire che il suo maggior vanto fu, 5 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield fino all'ultimo, quello di non essere mai stata sull'acqua in vita sua se non attraversando un ponte; e che, fino all'ultimo, nel sorbire il suo tè (al quale era estremamente affezionata) espresse il suo sdegno per l'empietà dei marinai e altri che avevano la presunzione di «vagabondare» per il mondo. Era vano farle notare che alcune comodità, incluso forse il tè, derivavano da questa reprensibile abitudine. Ella ripeteva sempre, e con sempre maggior enfasi e con un'istintiva conoscenza della forza delle sue obiezioni: «Mai vagabondaggi!» Per non vagabondare adesso a mia volta, tornerò alla mia nascita. Nacqui a Blunderstone, nel Suffolk, o «da quelle parti», come dicono in Scozia. Ero figlio postumo. Gli occhi di mio padre si erano chiusi da sei mesi alla luce di questo mondo, quando vi si aprirono i miei. Trovo ancora in qualche modo strana l'idea che egli non mi vide mai; e ancor più strano mi appare il vago ricordo che mantengo delle mie prime infantili associazioni della sua immagine con la bianca lapide nel cimitero, e l'indefinibile compassione che sentivo per lui che giaceva là tutto solo nella notte scura, quando il nostro piccolo salotto era caldo e luminoso per il fuoco e le candele, e le porte della nostra casa erano - quasi con crudeltà, mi sembrava a volte - saldamente serrate per lui. Il personaggio principale della nostra famiglia era una zia di mio padre, e quindi una prozia per me, della quale dovrò parlare più ampliamente in seguito. Miss Trotwood, o miss Betsey, come la chiamava sempre la mia povera mamma quando vinceva la paura per questo formidabile personaggio fino a riuscire a nominarlo (il che le accadeva di rado), era stata sposata con un uomo più giovane di lei e assai bella, ma non nel senso del detto «è bello chi opera in bel modo». In realtà si sospettava fortemente che avesse spesso bastonato miss Betsey e che una volta avesse perfino, durante una disputa su questioni di denaro, fatto rapidi ma decisi preparativi per buttarla giù da una finestra del secondo piano. Questa evidente incompatibilità di carattere aveva indotto miss Betsey a dargli il benservito e a separarsene legalmente per reciproco consenso. Egli se ne andò in India con il suo capitale, e là, secondo una truce leggenda di famiglia, fu visto cavalcare un elefante in compagnia di un babbuino; anche se io penso che debba essere stato un bramino, o una Begum. A ogni modo nel giro di dieci anni giunse dall'India in patria l'annuncio della sua morte. Nessuno seppe se la zia fosse stata colpita dalla notizia, perché, subito dopo la separazione, lei aveva ripreso il suo nome di ragazza, aveva comprato una villetta in un paese sul mare, piuttosto lontano, e si era stabilita là da sola, con una domestica, ben decisa a vivere da allora in poi appartata in un rigoroso ritiro. Mio padre doveva essere stato un tempo il suo favorito, credo; ma lei era stata mortalmente offesa dal suo matrimonio per il fatto che mia madre era «una bambola di 6 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield cera». Ella non aveva mai visto mia madre, ma sapeva che non aveva ancora vent'anni. Mio padre e miss Betsey non si incontrarono più. Egli aveva il doppio dell'età di mia madre quando si sposarono, ed era debole di costituzione. Morì un anno dopo: sei mesi prima, come ho già detto, che io nascessi. Questo era lo stato delle cose nel pomeriggio di quel venerdì, mi si passi l'espressione, importante e denso di eventi. Non posso evidentemente affermare di aver capito a quel tempo come le cose veramente stessero, o di avere qualche ricordo, fondato sull'evidenza dei miei sensi, di quel che segue. Mia madre era seduta vicino al fuoco, piuttosto giù di salute e ancor più di spirito, e guardava le fiamme attraverso le lacrime, assai impensierita circa il destino suo e di quel piccolo sconosciuto privo di padre a cui era già stato dato il benvenuto da alcune dozzine di profetici spilli, in un cassetto al piano di sopra, in un mondo che non si sarebbe affatto preoccupato del suo arrivo. Mia madre, dicevo, era seduta presso il fuoco, in quel chiaro e ventoso pomeriggio di marzo, timida e triste, molto dubbiosa di potere uscir viva dalla prova che le si presentava, quando, alzando gli occhi, nell'asciugarli, verso la finestra di fronte, vide una strana signora venir su per il giardino. Mia madre ebbe un sicuro presentimento, alla seconda occhiata, che si trattasse di miss Betsey. Il sole al tramonto stava dardeggiando sulla strana signora e sulla cinta del giardino; ed ella arrivò alla porta con una fiera rigidità nella persona e una compostezza nell'aspetto che non avrebbero potuto essere di nessuno altro. Quando raggiunse la casa diede un'altra prova della sua identità. Mio padre aveva spesso accennato al fatto che lei raramente si comportava come qualsiasi comune mortale; e ora, invece di suonare il campanello, si avvicinò e guardò per quella stessa finestra, premendo la punta del naso sul vetro a tal punto che la mia povera madre era solita dire di averla vista diventare in un attimo piatta e bianca. Ella ne ebbe una tale scossa che sono sempre stato convinto di dovere alla signorina Betsey l'esser nato di venerdì. Mia madre si era alzata dalla sedia, tutta agitata, e vi si era nascosta dietro, nell'angolo. La signorina Betsey, percorrendo con lo sguardo la stanza, tutt'in giro, lentamente e con aria inquisitoria, incominciò dalla parte opposta, movendo gli occhi come una testa di Saraceno in un orologio della Selva Nera, finché non raggiunsero mia madre. Allora le fece una faccia severa e un gesto, da donna abituata al comando, perché andasse ad aprirle la porta. Mia madre obbedì. 7 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield «La signora David Copperfield, suppongo,» disse la signorina Betsey; la solennità era dovuta forse agli abiti da lutto di mia madre e al suo stato. «Sì,» rispose lei debolmente. «Signorina Trotwood,» disse la visitatrice. «Penso che abbiate sentito parlare di lei.» Mia madre rispose di avere avuto quel piacere. E fu spiacevolmente consapevole di non aver fatto apparire debitamente quanto quel piacere fosse stato sconvolgente. «Adesso la vedete,» concluse la signorina Betsey. Mia madre chinò la testa e la pregò di entrare. Andarono nel salotto da cui mia madre era uscita, dato che il fuoco non era acceso nella migliore sala da ricevimento dall'altra parte del corridoio: e non era mai stato acceso, per la verità, dal tempo dei funerali di mio padre. Quando si furono entrambe sedute, poiché la signorina Betsey rimaneva in silenzio, mia madre, dopo avere cercato invano di trattenersi, cominciò a piangere. «Oh, suvvia!» disse la signorina Betsey in gran furia, «non si fa così! Andiamo, andiamo!» Mia madre, tuttavia, non poteva trattenersi, e così pianse tutte le sue lacrime. «Toglietevi la cuffia, figliuola,» proseguì la signorina Betsey, «e lasciatevi vedere.» Mia madre aveva troppa paura di lei per non avere la compiacenza di obbedire a questa bizzarra richiesta anche se non ne avesse avuto l'intenzione. Così fece ciò che le era stato detto, e lo fece con mano così nervosa che i suoi capelli (belli e abbondanti) le caddero sul volto. «Ma il cielo mi benedica!» esclamò la signorina Betsey, «sei proprio una bambina!» Mia madre, senza dubbio, aveva un aspetto molto giovanile per la sua età; abbassò la testa come se fosse una sua colpa, poverina, e disse singhiozzando che davvero temeva di non essere che una bimbetta senza marito e che, se fosse sopravvissuta, non sarebbe stata che una bambina con un figlio. Durante la breve pausa che seguì ebbe l'illusione di sentire la signorina Betsey toccare i suoi capelli, e con mano non scortese; ma, guardandola timidamente speranzosa, scorse quella signora seduta con la gonna tirata su, le mani raccolte sopra un ginocchio, i piedi sulla base del camino, intenta a guardare il fuoco con fiero cipiglio. 8 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield «In nome del cielo,» disse la signorina Betsey improvvisamente, «perché La Cornacchia?» «Intendete dire il nome della casa, signora?» domandò mia madre. «Perché La Cornacchia?» insisté la signorina Betsey. «La Conocchia sarebbe stato molto più adatto, se almeno uno di voi due avesse avuto qualche idea pratica di vita.» «Il nome fu scelto dal signor Copperfield,» rispose mia madre. «Quando comprò la casa gli piaceva pensare che vi fossero intorno delle cornacchie.» Il vento della sera fece un tal scompiglio, proprio in quel momento, fra certi alti olmi in fondo al giardino, che né mia madre né la signorina Betsey poterono trattenersi dal guardare da quella parte. Gli olmi ondeggiavano l'uno verso l'altro come giganti che si sussurrassero dei segreti; dopo pochi secondi di tregua, scossi da una violenta raffica, agitarono qua e là le loro rudi braccia quasi che le loro recenti confidenze fossero troppo maligne per la pace del loro spirito, e alcuni vecchi e laceri nidi di cornacchie sbattuti dalla tempesta, opprimendo con il loro peso i rami più alti, sussultarono come relitti in un mare in burrasca. «Dove sono gli uccelli?» domandò miss Betsey. «Gli... ?» Mia madre stava pensando ad altro. «Le cornacchie... Che cosa ne è successo?» riprese la signorina Betsey. «Non ci sono mai state da quando viviamo qui,» rispose mia madre. «Noi pensavamo... il signor Copperfield pensava... che ci fosse una numerosa colonia di cornacchie; ma i nidi erano molto vecchi e gli uccelli li avevano abbandonati da lungo tempo.» «Sempre lo stesso, David Copperfield!» esclamò la signorina Betsey. «David Copperfield dalla testa ai piedi! Chiamare una casa La Cornacchia quando non ve n'è una sola nei paraggi, e credere nell'esistenza degli uccelli perché ne vede i nidi!» «Il signor Copperfield è morto,» ribatté mia madre, «e se voi osate parlar male di lui in mia presenza...» La mia povera cara mamma, penso, ebbe una momentanea intenzione di attaccare bravamente mia zia, che avrebbe potuto senza sforzo metterla a posto con una mano sola anche se ella fosse stata preparata a un incontro di tal genere molto più di quanto lo fosse 9 www.writingshome.com Charles Dickens – David Copperfield quella sera. Ma tutto si limitò per lei ad alzarsi dalla sedia per poi ricadervi languidamente svenuta. Quando tornò in sé, o quando la signorina Betsey l'ebbe fatta riprendere, comunque fosse la cosa, scorse quest'ultima in piedi davanti alla finestra. Il crepuscolo stava divenendo oscurità; si vedevano appena e non avrebbero potuto farlo senza l'aiuto del fuoco. «Dunque?» chiese la signorina Betsey tornando alla sua sedia come se avesse solo dato uno sguardo distratto al panorama, «a quando l'evento?» «Io sono tutta un tremito,» balbettò mia madre. «Non so perché. Morirò, ne sono sicura.» «No, no, no,» disse la signorina Betsey. «Prendi un po' di tè.» «Oh, povera me, povera me, pensate che mi possa far bene?» singhiozzò disperata mia madre. «Certo,» rispose la signorina Betsey. «Non sono altro che fantasie. Come si chiama la tua ragazza?» «Non so ancora se sarà una, ragazza, signora,» disse mia madre candidamente. «Dio benedica questo pargolo!» esclamò la signorina Betsey citando inconsapevolmente il secondo augurio del puntaspilli nel cassetto al piano di sopra, ma applicandolo a mia madre invece che a me. «Non intendevo questo. Intendevo la tua domestica.» «Peggotty,» rispose mia madre. «Peggotty!» ripeté quasi sdegnata la signorina Betsey. Intendi dire, figliuola, che un essere umano è entrato in una chiesa cristiana per essere chiamato con questo nome?» «È il suo cognome,» rispose debolmente mia madre. «Il signor Copperfield la chiamava così perché il suo nome di battesimo era eguale al mio.» «Qui, Peggotty!» gridò la signorina Betsey aprendo la porta del salotto. «Del tè. La vostra padrona è leggermente indisposta. Non gingillatevi!» 10 www.writingshome.com

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.