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Vita di un uomo. 106 poesie (1914-1960) PDF

269 Pages·1992·24.469 MB·Italian
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© CLASSICI MODERNI OSCAR MONDADORI Giuseppe Ungaretti uomo Vita d’un 106 poesie 1914-1960 Oscar classici moderni Dellostessoautore nellacollezione Oscar IIdeserto Ildolore Vitad’un uomo. Tuttelepoesie Giuseppe Ungaretti uomo Vita d’un 106 poesie 1914-1960 OSCARMONDADORI © 1966ArnoldoMondadoriEditoreS.p.A.,Milano 14edizioniOscarMondadori IedizioneOscarpoesia febbraio 1985 IedizioneOscarclassici modernigennaio 1992 ISBN88-04-35453-4 Questovolumeèstatostampato pressoMondadori PrintingS.p.A. StabilimentoNSM -Cles(TN) Stampatoin Italia- PrintedinItaly Ristampe: 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 2000 2001 2002 2003 2004 IlnostroindirizzoInternetè: http://wvAV.mondadori.com/libri Giuseppe Ungaretti La vita Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto il 10 febbraio 1888, da Antonio e Maria Lunardini, provenienti dai dintorni di Lucca. Durante gli scavi del Canale di Suez, dove lavorava come operaio, il padre si ammala e muore nel 1890. La madre gestisce un forno di pane alla periferia di Alessandria. Ungaretti compie i suoi studi all’Istituto don Bosco e poi presso l’Ecole Suisse Ja- cot. Nel 1906 conosce Enrico Pea, a sua volta emigrato, organiz- zatore della “Baracca rossa”, ritrovo internazionale di anarchici frequentato anche da Ungaretti. Diviene molto amico di un com- pagno di scuola, Moammed Sceab, a cui dedicherà poi una delle sue più famose poesie, In memoria. E già di questi anni il suo interesse attivo per la poesia. Scrive i primi versi, legge autori come Leopardi, Baudelaire, Mallarmé, ha contatti epistolari con Prezzolini direttore della «Voce». Nel 1912 lascia l’Egitto, passa per l’Italia, si reca a Parigi, alla Sorbona continua i suoi studi. Segue lezioni di Bergson al Collège de France. Conosce Apolli- naire e artisti d’avanguardia come Picasso, Braque, Léger, De Chi- rico,Jacob, Modigliani, il poeta Cendrars. Anche Moammed Sceab abita a Parigi, e qui nel 1913 si toglie la vita. Ungaretti incontra nella capitale francese Palazzeschi, Soffici, Papini che gli aprono la collaborazione a «Lacerba»: su questa rivista pubblicherà le sue prime poesie nel 1915. Torna in Italia, in Versilia e poi a Milano dove conosce Carlo Carrà. Interventista, volontario, vie- ne mandato sul fronte del Carso come soldato semplice. Nel 1916 Ettore Serra gli pubblica a Udine, in ottanta esemplari numerati, il primo libro di versi, Ilporto sepolto. Nel 1918, finita la guerra, va ad abitare a Parigi, dove l’anno seguente pubblica la plaquette in francese La Guerre mentre pochi mesi dopo stampa presso Val- , V lecchi Allegria di naufragi. SposaJeanne Dupoix e nel 1920 si tra- sferisce a Roma, dove lavora al Ministero degli esteri. Nel 1923, conprefazionediBenito Mussolini, pubblicaun’edizionedel Por- tosepolto comprendentelepoesiediAllegriadinaufragieleprime , di Sentimento deltempo. Cinque anni dopo gli nasce la figlia Ni- non, nel 1930 il figlio Antonietto; nello stesso anno gli muore la madre. Nel 1931 ripubblica il suo primo libro, questa volta con il titolodefinitivo,L'allegria. Diventainviatodella«GazzettadelPo- polo», giornaleperilqualecompiràviaggiinEgitto, Corsica, Olan- da. Nel 1933 pubblica, contemporaneamente, presso Novissima a RomaeVallecchiaFirenze, ilsuosecondolibro,Sentimentodeltem- po. DaNovissimausciràanche, nel ’36, unquadernodi Traduzioni (daSaint-JohnPerse, Blake, Góngora, Esenin, Paulhan). VainSud America, dovel’UniversitàdiSanPaologlioffrelacattedradiLin- gua e Letteratura italiana. In Brasile vivrà fino al 1942. Nel frat- tempogravilutti segnanolasuavita: laperditadelfratello nel ’37 edelfiglioAntoniettonel ’39,chemuoreasolinoveanniperun’ap- pendicitemalcurata. Questigravifatti, conla tragediadellaguer- ra, sono il cuore tematicodel suolibroIIdolore, cheverràpubbli- catonel ’47. Intanto, tornatoinpatria, diventaAccademicod’Ita- lia e professore di Letteratura italiana contemporanea all’Univer- sitàdiRoma. Nel 1942, pressoMondadori, inizialapubblicazione di tutti i suoi versi: il titolo prescelto è appunto Vita d’un uomo. Negli anniche seguonoesconolePoesiedispersecon uno studio di Giuseppe De Robertis e l’apparato critico delle varianti dei suoi due primi libri, L’allegria e Sentimento deltempo. Dopo la pubbli- cazione del Dolore e del volumedi traduzioni Da Góngora aMal- , larmé esce una raccolta di prose, Ilpovero nella città. Seguono La , terrapromessa (1930: mal’opera haorigine da un progetto succes- sivoalSentimento nonportatopiùrapidamenteatermineperl’in- , sorgereimprovvisodeitemichegliavevanoimpostoIIdolore), Un gridoepaesaggi(’52),Iltaccuinodelvecchio(’60),eilvolumediscritti di viaggio IIdeserto edopo. Nel ’38 gli era intanto morta anchela moglieJeanne. Altriviaggieonoridegliultimianni(ancorainBra- sile, in Perù, negli StatiUniti, in Svezia, Germania; glièdedicato un numero dei «Cahiers de Riderne»). Nel ’69 inaugura la colle- zionedei«Meridiani»Mondadoriconilvolume, curatodaLeone Piccioni, Vita d’un uomo. Tutte lepoesie. Nel 1970, dopo un altro viaggio negli Stati Uniti, muore nella notte tra1*1 e il 2 luglio, al- l’età di ottantadue anni. Qualche mese prima, nel giorno del suo compleanno, erastatapubblicatala suaultimapoesia, L’impietrito eilvelluto, in una cartella litografica con illustrazioni di Dorazio. VI Le opere Vita d’un uomo nella sua semplicità, ma anche nella sua nitida , altezza d’intenti, è dunque il titolo complessivoprescelto da Giu- seppe Ungaretti per la sua opera. Un’opera che era iniziata nel secondo decennio del secolo, nel segno, al tempo stesso, di una forte spinta'innovativa e di una profonda necessità testimoniale che i fatti storici, la guerra in cui si era visto d’improvviso getta- to, gli imponevano. Questo, ovviamente sintetizzando, il doppio valore del libro d’esordio, Il porto sepolto divenuto poi, con le , U aggiunte e il pressoché ininterrotto lavorìo di varianti, allegria. Un libro di asciutta, elementare, sillabata energia espressiva che riconquista, nel suo rapporto con il silenzio (evidenziato dai versi brevissimi nel bianco della pagina) tutto il valore e il peso, le vir- tualità della parola poetica. Un libro che costituisce l’esempio di un doloroso attrito dell’uomo con la storia, che esprime, nella nu- dità dei modi, un profondo sentimento creaturale, una condizio- ne di sopravvivenza faticosamente conquistata giorno per giorno. L'allegria parrebbe animata (e lo è, purché di questa tensione si sappia intendere lacomplessità) dal giovanile desiderio di manda- re in frantumi, nell’ansia del nuovo, del moderno, le sicurezze logore della tradizione. E dunque un libro più che mai d’avan- guardia. Ma che anche preludeva a una riconquista piena, in pro- prio, della grande memoria della nostra poesia: filtrata, peraltro, come accade nel Sentimento deltempo attraverso l’esperienza più , radicalmente innovativa, e più ricca di suggestioni, della poesia europea dell’epoca moderna: il simbolismo. In questa sua seconda opera, ricomposta l’unità-verso che il lavoro precedente aveva sbri- ciolato, Ungaretti viene ancora a porsi in posizione di centralità rispetto alla ricerca poetica del suo tempo, introducendo elementi decisivi, nell’arditezza del suo procedere analogico, per quello che sarà il cammino di una delle linee dominanti della nostra poesia del primo mezzo secolo: l’ermetismo. Uscito anche da questa fase, Ungaretti progettava, come terzo tempo della sua Vita d'un uomo un rapporto ulteriormente con- , solidato con la tradizione, nel segno di una continuità nuova con il passato e la sua memoria: progettava La terrapromessa. Ma nella poesia i programmi sono spesso destinati a cadere, o l’attuazione ne viene rinviata dalle cose, dagli eventi. E così, tra la fine degli anni ’30 e l’inizio del decennio successivo, Ungaretti trovò scon- volto il suo disegno poetico dal trauma della morte del figlio bam- bino, e dal precipitare dei fatti nella seconda guerra mondiale. VII La scomparsa del piccolo Antonietto gli dettò così un capitolo imprevisto della sua opera, ma anche uno dei momenti più toc- canti della sua Vita d’un uomo. All’interno di un libro come II dolore, i versi di Giorno per giorno costituiscono un esempio in cui la commozione emerge nei momenti più alti ancora una volta in modi di splendida essenzialità. Eppure altrove, nello stesso li- bro, sono avvertibili le tracce del progetto ungarettiano, con ac- centidi una nobiltàletterariao diunbarocco molto personalmen- te inteso, che diverranno pressoché dominanti negli ultimi libri, e che delresto non erano sorti d’improvviso, essendo al contrario già in parte presenti nel Sentimento. L’Ungaretti maggiore può ben dirsi quello dei suoi primi tre capitalilibri, seppure nei successivi, più esigui, e saldamente lega- ti l’uno all’altro nelle loro radici, siano presenti punte molto ele- vate, e più nella direzione di una naturale asciuttezza scolpita di pronuncia che non in quella di un virtuosismo letterario, di un recupero neo-classicistico con venature barocche. Quest’ultimo aspetto è ben ravvisabile proprio nei “frammenti” della Terrapro- messa e dunque nei Cori descrittivi di stati d'animo di Bidone o , , nella sestina Recitativo di Palinuro. In Un grido epaesaggi invece, , memoria e circostanze quotidiane tornano a farsi sostanza lirica, riaffiorando anche, in Gridasti: soffoco lo spunto originario del , Dolore (dove pure questi versi non comparivano, poiché Ungaret- ti, allora, li avevagiudicati troppo intimi), e dunquela suaviolen- ta emozione. Con IItaccuino delvecchio assorbite le diverse pre- , cedenti esperienze, Ungaretti perviene a una meditazione lirica per frammenti, ora mirabilmente lineare e semplice, ora più alta e declamata, sempre nell’esigenza di una rigorosa economia della parola e del verso dove a tratti sembra riaffiorare il poeta àe\TAl- legria. La fortuna L’ingresso di Ungaretti nel panorama della nostra poesia è forte e immediato. La nettezza, la piena riconoscibilità della sua voce, sono dati che si affermano da subito, dal Porto sepolto dalla sua , rielaborazione e riassunzione nelYAllegria. Nata nel clima dell’a- vanguardia storica europea, avendo presente l’esperienza del no- stro futurismo, la piena originalità del primo Ungaretti viene a porsi anche come una ridefinizione nel testo della parola poetica, edunquecome un nuovo inizio. Comeha scritto Gianfranco Con- VIII tini «la sua poesia verte sulla “parola”, e non muove dal discorso in quanto logicamente organizzato. (...) In Ungaretti il discorso nasce successivamente alla parola». Eppure la frantumazione del verso, e quel frammentismo che l’oggetto-testo espone nella sua forma, non escludono affatto il «discorso». Quest’ultimo, anzi, ne è la vera struttura, perciò il percorso interno, come dimostra il ricorrere di luoghi tematici e parole chiave, da quello della me- raviglia attonita (Fortini: «la tonalità delle lirche àz\TAllegria è d’una tensione vitale sorpresa di se stessa, sbalordita di poter esi- stere. “Allibire” è verbo ungarettiano, e non sta a significare spa- vento quanto rapito stupore»), a quello della fisicità, del cogliere se stesso (che arriva fino al Taccuino delvecchio «Ancora intento : mi rinvengo a cogliermi»). Nel 1917, appena uscito IIporto sepolto Giovanni Papini par- , lava di quei versi come delle «più care e sollevate poesie che ab- bia dato la guerra italiana», mentre Giuseppe Prezzolini, l’anno dopo, diceva che «quando, alla fine de “La Voce” vennero dall’I- sonzo i frammenti lirici di Ungaretti col nome de 11porto sepolto ci parve di trovare la poesia che s’aspettava». Non tutti, natural- mente, data la portata innovativa, il “rischio”, di quella prima poesia ungarettiana, potevano essere d’accordo. Francesco Flora, per esempio, definirà quei testi «una specie di stenografia di poe- sia interna», aggiungendo che il suo autore era stato caricato «di una responsabilità letteraria che egli non può reggere». Assai op- portune erano state inveceleparole del Gargiulo, che nel ’24 ave- va affermato: «nessuno dei poeti francesi innovatori ha in sé rea- lizzata, quanto da noi l’Ungaretti, quella condizione di “natività” intuitiva, o di liricità pura, che è stata pure nella loro comune aspirazione e, presso i più vigili, il postulato critico supremo». Il secondolibro, Sentimentodeltempo è stato spesso considera- , to come un ritorno all’ordine, all’interno di un clima che sembra- varichiederlo. In realtàla rimeditazione accanitacompiuta daUn- garetti sulla tradizione, accanto all’assunzione decisa dell’analo- gia, facendo entrare il poeta in una nuova fase, nella complessità di una nuova esperienza poetica e intellettuale, apre ulteriori oriz- zonti, indica ancora una volta un cammino possibile, traccia le linee, come si diceva, dell’ermetismo. E viene indirettamente a porsi, inoltre, come alto modello lontano di esperienze molto re- centi, improntate al recupero di un procedere analogico anche esa- sperato fino all’oscurismo. Non a caso, sebbene con qualche sem- plificazione, si è parlato infatti di orfismo e di neo-ermetismo. A proposito del passaggio dal primo al secondo Ungaretti, Ser- IX

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