Simona Chiodo Visione o costruzione Nelson Goodman e la filosofia analitica contemporanea I SOMMARIO Ringraziamenti 7 Introduzione 9 I Gnoseologia della costruzione 13 1. Le «parole senza un mondo» (p. 13) – 2. La genesi dell’irrealismo del Novecento statunitense (p. 23) II Sy’mbolon e diábolos 37 1. Il meccanismo di astrazione (p. 37) – 2. Un simbolo assoluto (p. 45) – 3. «L’ippopotamo», «Ulisse» e «Il cavaliere inesistente» (p. 56) – 4. ‘Cat- tiva informazione’ (p. 66) III Verità superlativa 71 1. «Oggetti teorici» e «fatti artificiali» (p. 71) – 2. L’espressione ontologi- ca della logica (p. 85) – 3. La verità necessaria (p. 90) – 4. «Relativismo radicale»? (p. 98) IV Verità comparativa 105 1. Il realismo gnoseologico (p. 105) – 2. Oggetto e oggetto epistemico (p. 114) – 3. Il relativismo gnoseologico (p. 126) – 4. L’esercizio del limite (p. 131) V Gnoseologia della visione 143 1. Sintesi, analisi e metafisica: Kant di Vienna e Kant degli Stati Uniti (p. 143) – 2. L’errore ideale della verità attuale (p. 165) 6 SOMMARIO Conclusione 181 Nota bibliografica 187 SOMMARIO 7 RINGRAZIAMENTI Questo studio è il risultato di numerose suggestioni intellettuali, che prendono avvio dalla mia tesi di dottorato e che qui voglio ricordare. Essenziale è stata la guida di Elio Franzini, che ha agito da exemplum dell’esercizio filosofico. Il mio grazie va anche a Gabriele Scaramuzza, che è per me, da un decennio, un quotidiano, sottile interlocutore. A Fernanda Caizzi, Renato Pettoello e Carlo Sini, che ringrazio per l’attenta lettura di queste pagine, devo indicazioni di lavoro preziose. Determinanti sono stati, inoltre, i soggiorni di studio presso l’Univer- sità di Harvard e i suggerimenti di Israel Scheffler. Per il dialogo costante che ha seguito lo studio e la scrittura ringrazio Chiara Cappelletto, Mauro Carbone, Fabio Del Prete, Giulio Giorello, Luciano Handjaras, Marcello La Matina, Sergio Levi, Maddalena Mazzo- cut-Mis, Carlo Montaleone, Stefano Moriggi, Gianfranco Mormino, An- drea Pinotti, Paolo Spinicci e Paolo Valore. Infine, questa è per me un’occasione per ricordare, con gratitudine profonda, colui al quale devo la mia passione per questo orizzonte di pen- siero e per Nelson Goodman in particolare: Franco Brioschi. INTRODUZIONE La tradizione filosofica analitica statunitense ha origine da un incontro particolare: gli autori dell’empirismo logico europeo che, negli Stati Uniti dagli anni Trenta, lavorano accanto agli autori del pragmatismo. Gli uni e gli altri condividono la tensione alla progressiva divisione dell’orizzonte della verità dall’orizzonte dell’esistenza: l’una ha meccanismi di articola- zione non vincolati all’altra. La relazione tra verità ed esistenza è quel che la contemporaneità continua a interrogare. Gli autori analitici statunitensi, a cominciare da Quine (che nel 1951 scrive Two dogmas of empiricism), Goodman (che nel 1947 scrive con Quine Steps toward a constructive nominalism) e Sel- lars (che nel 1956 scrive The myth of the given), danno radicalità all’idea che la verità non corrisponda a un meccanismo di convergenza tra l’oriz- zonte logico e l’orizzonte ontologico. L’irrealismo di Goodman risponde con particolare originalità a una domanda sul destino della verità in uno scenario gnoseologico che non conserva aderenza tra verità ed esistenza. La soluzione è che l’orizzonte logico dice la verità dell’orizzonte ontologico che costruisce. L’irrealismo suggerisce una variazione radicale di sguardo: la gnoseologia non è episte- mica, ma è, per così dire, espressiva, perché l’esistenza non è l’oggetto ‘so- pra’ (epí) il quale ‘sta’ (histánai) l’esercizio della verità, ma è l’oggetto che l’esercizio della verità ‘preme’ (premere) ‘fuori da’ (ex) sé. Torna il crite- rio di convergenza tra verità ed esistenza dell’empirismo logico, ma con una differenza essenziale: l’orizzonte logico dice la verità dell’orizzonte ontologico che esprime – che ha autenticità di esistenza essendo costruito dall’articolazione logica della verità. Passare da una verità epistemica a una verità espressiva significa pas- sare da un soggetto che agisce con un esercizio di visione a un soggetto 10 INTRODUZIONE che agisce con un esercizio di costruzione. Se è la visione dell’oggetto a fondare l’esercizio gnoseologico del soggetto, il soggetto dice la verità di un oggetto eterogeneo alla propria attività logica. Se è la costruzione del- l’oggetto a fondare l’esercizio gnoseologico del soggetto, il soggetto dice la verità di un oggetto omogeneo alla propria attività logica1. Nell’un caso, il risultato corrisponde a una verità comparativa, cioè relativa: la ve- rità è vincolata a una relazione autentica tra due alterità autentiche, delle quali l’orizzonte ontologico agisce sulla legalità dell’orizzonte logico, per- ché l’uno dà fondazione all’altro. Nell’altro, il risultato corrisponde a una verità superlativa, cioè assoluta: la verità è vincolata a una relazione non autentica tra due alterità non autentiche, delle quali l’orizzonte ontologi- co non agisce sulla legalità dell’orizzonte logico, perché l’uno non dà fon- dazione all’altro. L’irrealismo suggerisce che la qualità gnoseologica dei meccanismi discorsivi artistici sia analoga alla qualità gnoseologica dei meccanismi di- scorsivi scientifici: ciascun discorso con coerenza logica ha valore gnoseo- logico, perché dice la verità dell’esistenza che costruisce, senza conserva- re un’eccedenza tra orizzonte logico e orizzonte ontologico. Le arti non alludono all’esistenza, ma dicono con saturazione la verità dell’esistenza che costruiscono. L’artista agisce analogamente allo scienziato: l’uno e l’altro dicono la verità di oggetti espressi. È il simbolo il meccanismo gnoseologico radicale sia nelle arti sia nel- le scienze. Il simbolo di una gnoseologia espressiva non unisce alterità ete- rogenee, l’una ‘stando sopra’ l’altra, ma unisce alterità omogenee, l’una ‘premendo fuori da’ sé l’altra: un simbolo espressivo dice la verità a pro- posito della propria forma ontologica. E il funzionamento del simbolo è essenziale per analizzare i risultati di un progetto gnoseologico che co- mincia argomentando: «Possiamo avere parole senza un mondo ma non mondi senza parole»2. È il simbolo che unisce alterità omogenee a dare visibilità a quel che accade alla relazione non più autentica tra verità ed esistenza: in occasione della propria estensione ontologica, la verità dice dell’identità di sé e non dell’identità di altro da sé. La radicalità dell’irrealismo di Goodman sollecita, tra gli autori della contemporaneità statunitense, un variegato dibattito sull’idea di verità in uno scenario gnoseologico che non conserva una relazione di aderenza tra verità ed esistenza. Con Goodman dialogano Carnap (che di Good- 1 Nella tradizione filosofica analitica la nozione di soggetto allude all’esercizio gno- seologico che corrisponde alle «operazioni intellettuali» e, con Goodman, «alle nostre percezioni, azioni, arti e scienze» registrate dal linguaggio (N. Goodman, I linguaggi dell’arte, trad. it. di F. Brioschi, Milano, Il Saggiatore, 1976, pp. 3 e 223). 2 Id., Vedere e costruire il mondo, trad. it. di C. Marletti, Roma - Bari, Laterza, 1988, p. 7. INTRODUZIONE 11 man legge A study of qualities, la dissertazione scritta nel 1941) e Quine (che con Goodman lavora a Emerson Hall, il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Harvard), ma anche i più giovani Putnam e Davidson, talvolta concentrati su una gnoseologia che è ancora un progetto episte- mico (Putnam), talvolta concentrati su una gnoseologia che non è più un progetto epistemico (Davidson). È condivisa la volontà di rispondere al quesito che domanda se ancora ci sia e quale sia la relazione tra l’orizzon- te logico e l’orizzonte ontologico, costellando la tradizione filosofica ana- litica statunitense di una varietà di soluzioni che sono un’occasione privi- legiata di ricostruzione dei cardini storici e teorici dello scenario che ha origine dall’incontro tra empirismo logico e pragmatismo. E la tradizione europea dell’empirismo logico, tra l’altro, rinnova negli Stati Uniti un confronto con la gnoseologia di Kant, al quale tornano alcune tra le os- servazioni degli autori statunitensi che interrogano il destino dell’episté- me nella gnoseologia contemporanea. II SY’MBOLON E DIÁBOLOS 1. IL MECCANISMO DI ASTRAZIONE Accordare alle arti un valore gnoseologico analogo alle scienze è suggeri- re che le arti funzionino da simboli. In Languages of art Goodman osser- va: «Per quanto in questo libro siano affrontati alcuni problemi che ri- guardano l’arte, l’orizzonte in cui esso si muove non coincide strettamen- te con quello che di solito si considera il campo dell’estetica. […] Lo sco- po è quello di impostare una teoria generale dei simboli»1. Con «simbo- lo» Goodman allude a un meccanismo «affatto generale e neutro», che comprende «lettere, parole, testi, quadri, diagrammi, mappe, modelli, e così via»2. Ma il meccanismo «affatto generale» conserva una specificità costante: L’uso dei simboli al di fuori del bisogno immediato ha come fine la comprensione […]. Lo scopo primario è la cognizione, e l’utilità co- municativa dipende interamente da esso. La simbolizzazione, dunque, va giudicata fondamentalmente dal fatto che serva più o meno bene allo scopo cognitivo: dalla sottigliezza delle sue discriminazioni e dalla appropriatezza delle sue allusioni; dal modo come opera nell’afferrare, esplorare e informare il mondo; da come analizza, classifica, ordina e organizza, da come concorre alla formazione, manipolazione, conser- vazione e trasformazione della conoscenza. Le considerazioni sulla semplicità e sulla sottigliezza, sul potere e sulla precisione, sulla portata e sulla selettività, sulla familiarità e sulla novità, sono tutte rilevanti e 1 N. Goodman, I linguaggi dell’arte, trad. it. di F. Brioschi, Milano, Il Saggiatore, 1976, p. 3. Corsivo mio. 2 Ibidem. 38 SY ’MBOLON E DIÁBOLOS spesso si trovano in reciproca concorrenza; il loro peso è relativo ai no- stri interessi, alla nostra informazione, e alla nostra ricerca.3 «Nell’esperienza estetica le emozioni funzionano cognitivamente»4 perché le arti funzionano attraverso un meccanismo simbolico esercitato affer- rando, esplorando e informando del mondo. Interrogare il valore gnoseo- logico delle arti costringe ad analizzare l’esercizio simbolico degli oggetti d’arte. Goodman lavora all’idea di un simbolo con capacità gnoseologica at- traverso due vie5: l’una arriva da Peirce e Morris6, l’altra dalle osservazio- ni di Langer a proposito di Cassirer7. L’una è quella del pragmatismo statunitense, che dirige l’indagine ontologica a un’analisi del segno. Con il pragmatismo, lo studio dei segni surroga l’ontologia: identificare un meccanismo segnico è surrogare un’interrogazione a proposito della qua- lità ontologica di un oggetto. L’altra è quella dell’analisi trascendentale dell’attività espressiva dell’uomo. Filosofia delle forme simboliche di Cas- sirer argomenta che l’uomo è un animal symbolicum che dà espressione alla propria attività spirituale attraverso il mito, il linguaggio, le scienze e le arti, diretto con progressività a una distanza dal mondo con la quale, per via di un meccanismo simbolico, acquisisce una facoltà gnoseologica che fa «percorrere una via nuova, la via della […] vita teoretica o riflessi- va, la quale gradatamente e senza interruzioni […] conduce ad una nuo- va concezione del mondo oggettivo»8. Langer, che legge attentamente 3 Ivi, p. 217. 4 Ivi, pp. 208-209. 5 Che è Goodman a riconoscere: «Non ignoro affatto i contributi che filosofi come Cassirer, Peirce, Morris e la Langer hanno dato alla teoria dei simboli» (ivi, p. 4). 6 Cfr., in particolare, C.S. Peirce, The essential writings, Amherst, Prometheus Books, 1998 e C.W. Morris, Lineamenti di una teoria dei segni, a cura di F. Rossi-Lan- di, Torino, Paravia, 1963. 7 Il riferimento è, in particolare, a E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche (1923-29), trad. it. di E. Arnaud, Firenze, La Nuova Italia, 1988. Cfr., inoltre, Id., Sim- bolo, mito e cultura, a cura di D.P. Verene, trad. it. di G. Ferrara, Roma - Bari, Laterza, 1985. Cassirer migrò negli Stati Uniti nel 1941. 8 Ivi, p. 176. Ma nelle arti «non concettualizziamo il mondo, bensì lo percettualiz- ziamo» (ivi, p. 189), perché «l’arte e l’artista […] non vivono in un mondo di concetti, e neppure in un mondo di percezioni sensoriali, ma hanno un regno loro proprio […]. È un mondo non di concetti ma di intuizioni; non di esperienza sensoriale, ma di con- templazione» (ivi p. 190). Cassirer riconosce alle arti un’articolazione simbolica, ma riconosce ad altro orizzonte la capacità di dare un’oggettivazione dell’esperienza del mondo: alla simbolizzazione scientifica, che eredita dal mito un’interpretazione dell’u- niverso non teoretica o causale ma fisiognomica e dalle arti un’oggettivazione intuitiva e immediata. E che assolve, infine, il proprio destino di comprensione logica del mon- do: «L’uomo sviluppa una serie di linguaggi scientifici in cui ciascun termine viene de- finito in maniera chiara e univoca, ed in cui diviene possibile descrivere le relazioni IL MECCANISMO DI ASTRAZIONE 39 Cassirer, conclude, analogamente, che «nessun simbolo è esente dall’uffi- cio della formulazione logica, della concettualizzazione che veicola: per quanto semplice, o per quanto grande, sia il suo messaggio, esso è un si- gnificato, e quindi un elemento di intellezione»9. Un simbolo unisce, per tradizione etimologica10. Unendo, costringe all’idea che ci siano almeno due alterità anteriori a sé: un oggetto e una parola, ad esempio. Goodman dice che il simbolo è un meccanismo che allude a qualcosa11. E Langer parla della capacità di relazione per argo- mentare il valore gnoseologico del simbolo12. A proposito di un’esecuzio- ne musicale (di un oggetto d’arte, cioè di un simbolo), Langer domanda se occorre che un musicista, per commuovere il proprio uditorio, sia commosso o se, al contrario, occorre che non lo sia13: l’esecuzione musi- cale è espressione di uno stato proprio o è un meccanismo di rinvio ad al- tro da sé? Langer conclude che l’esecuzione musicale allude a un’espres- sività logica, contro una teoria autoespressiva: «i nostri contrappunti e manipolazioni armoniche non hanno nulla dell’abbandono espressivo di un ‘Ki-yi’ o di un ‘How-how’ indiano, del primitivo lamento funebre ne- niante, delle selvagge grida sincopate delle tribù africane»14. Un’esecu- oggettive delle idee e la concatenazione delle cose. Egli procede dai simboli verbali im- piegati nel linguaggio ordinario ai simboli dell’aritmetica, della geometria, dell’algebra, a quei simboli che troviamo nelle formule chimiche. Si tratta di un passo decisivo nel processo di oggettivazione» (ivi, pp. 188-189). 9 S.K. Langer, Filosofia in una nuova chiave. Linguaggio, mito, rito e arte, trad. it. di G. Pettinati, Roma, Armando, 1972, p. 134. Con un esempio dall’orizzonte delle arti: «se la musica ha qualche significatività, questa è semantica, non sintomatica: si tratta di un ‘significato’ non tale da funger da stimolo per evocare emozioni, né da segnale che lo annunzi; se la musica ha un contenuto emotivo, lo ‘ha’ nello stesso senso che il linguag- gio ‘ha’ il suo contenuto concettuale; cioè, simbolicamente» (ivi, p. 281). 10 Derivando dal prefisso greco sy’n (‘insieme’) unito al verbo bállein (‘gettare’): symbállein. 11 Goodman, I linguaggi dell’arte cit., p. 217: «La simbolizzazione […] va giudicata […] dalla sottigliezza delle sue discriminazioni e dalla appropriatezza delle sue allusio- ni». 12 Cfr., ad esempio, Langer, Filosofia in una nuova chiave cit., pp. 134-135: «Nessun simbolo è esente dall’ufficio della formulazione logica, della concettualizzazione che vei- cola: per quanto semplice, o per quanto grande, sia il suo messaggio, esso è un significa- to, e quindi un elemento di intellezione. Tale riflessione invita a riprendere in esame e con aspettative del tutto diverse, l’intero problema dei limiti della ragione, la molto di- scussa vita del sentimento e il grande argomento controverso della attualità e verità, co- noscenza e saggezza, scienza e arte». Ancora: «La razionalità è l’essenza della mente e la trasformazione simbolica è il suo processo elementare; perciò è un errore fondamentale riconoscersi solo nel fenomeno del ragionamento sistematico» (ivi, p. 136). 13 È, nell’un caso, la posizione di Bach e, nell’altro, la posizione di Busoni a propo- sito della relazione tra lo stato emotivo dell’artista e l’effetto sull’uditorio. Cfr. ivi, p. 287. 14 Ivi, p. 279.
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