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Virus: Catastrofe e solidarietà PDF

155 Pages·2020·2.887 MB·Italian
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i DODICESIMA EDIZIONE DIGITALE: 29 MAGGIO 2020 con il nuovo capitolo 18 (La pillola rossa, va bene... ma quale?) Ponte alle Grazie mette a disposizione di tutti i negozi in rete gli aggiornamenti di questo libro, perché siano resi gratuitamente disponibili agli acquirenti. Se incontrate problemi tecnici, potete rivolgervi all’assistenza del negozio o scrivere a [email protected] descrivendo il vostro problema, menzionando il negozio e il dispositivo che utilizzate per leggere e allegando la mail di ricevuta di acquisto. SLAVOJ ŽIŽEK VIRUS Catastrofe e solidarietà Traduzione di Valentina Salvati, Maria Giuseppina Cavallo, Federico Ferrone e Bruna Tortorella www.ponteallegrazie.it facebook.com/PonteAlleGrazie @ponteallegrazie www.illibraio.it © 2020 Slavoj Žižek © 2020 Adriano Salani Editore – Milano ISBN 978-88-3331-480-8 Traduzione: Valentina Salvati, tranne i capitoli Il virus dell’ideologia (Federico Ferrone), Un nuovo comunismo può salvarci (Maria Giuseppina Cavallo), Perché siamo sempre stanchi? e Il modo giusto di vivere l’isolamento (Bruna Tortorella) Redazione e impaginazione: Scribedit - Servizi per l’editoria Progetto grafico: ushadesign Ponte alle Grazie è un marchio di Adriano Salani Editore s.u.r.l. Gruppo editoriale Mauri Spagnol Prima edizione digitale: 13 marzo 2020 Dodicesima edizione digitale: 29 maggio 2020 Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Virus Introduzione Noli me tangere «Non mi toccare»1 sono le parole che, secondo Gio- vanni (20,17), disse Gesù a Maria Maddalena quando lei lo riconobbe dopo la resurrezione. E io, un cristiano ateo dichiarato, come interpreto questa frase? Anzitut- to, la interpreto in relazione alla risposta data da Cristo al discepolo che gli domanda come avrebbero saputo che era tornato, risorto – Cristo dice che sarà lì ogni volta che i credenti si riuniranno nello spirito d’amore. Sarà lì, non come una persona tangibile, ma nella forma del legame d’amore e solidarietà fra le persone – quindi «non mi toccare, tocca gli altri e occupati di loro nello spirito d’amore»... Oggi, però, nel pieno dell’epidemia di coronavi- rus, siamo tutti martellati dai moniti a non toccare gli altri e, anzi, a isolarci, a mantenere una distanza fisica adeguata – rispetto al «noli me tangere», tutto questo cosa comporta? Le mani non possono raggiungere l’altra persona, soltanto dall’interno possiamo avvici- 5 Virus narci gli uni agli altri – e la finestra a cui si affaccia la nostra «interiorità» sono gli occhi. In questi giorni, quando si incontra un conoscente (o persino un estra- neo) e si mantiene la giusta distanza, guardare profon- damente l’altro negli occhi può rivelare più di un con- tatto intimo. In uno dei frammenti della giovinezza, Hegel scrisse: «L’amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tutta- via non è noi: miracolo [ein Wunder] che non siamo in grado di capire».2 È decisivo evitare di scorgere una contrapposizio- ne in queste due proposizioni, come se l’amato fosse in parte un «noi», parte di me, e in parte un enigma. Il mi- racolo dell’amore non consiste forse proprio nel fatto che tu sei parte della mia identità, purché resti un mi- racolo che non posso afferrare, un enigma non solo per me ma anche per te stesso? Per citare un famoso brano del giovane Hegel: L’uomo è questa notte, questo puro nulla, che tutto racchiude nella sua semplicità – una ricchezza senza fine di innumerevoli rappresentazioni ed immagini, delle quali nessuna gli sta di fronte o che non sono in quanto presenti. [...] Questa notte si vede quando si fissa negli occhi un uomo.3 Questo neppure il coronavirus può strapparcelo – pertanto ci si può augurare che rispettare una certa distanza fisica potrà persino rafforzare l’intensità del le- 6 IntroduzIone game con gli altri. Soltanto ora che debbo evitare molti fra coloro che mi sono vicini sento pienamente la loro presenza, quanto sono importanti per me... Già mi pare di sentire una risata cinica: va bene, raggiungeremo pure momenti di grande prossimità spirituale, ma que- sto come ci aiuterà a fronteggiare la catastrofe che ci ha colpiti? Impareremo qualcosa? Hegel scrisse che dalla storia impariamo solo che non impariamo niente dalla storia, quindi dubito che l’epidemia ci renderà più saggi. L’unica cosa chiara è che demolirà i fondamenti della nostra vita, determi- nando non solo immenso dolore ma anche uno scon- quasso economico probabilmente peggiore della Gran- de Recessione. Non si ritorna alla normalità, la nuova «normalità» dovrà essere ricostruita sulle macerie della vita di una volta, oppure ci ritroveremo in una nuova barbarie di cui già si scorgono distintamente le prime avvisaglie. Quindi non sarà sufficiente trattare l’epide- mia come uno sfortunato incidente, sbarazzarsi delle conseguenze e riprendere l’andamento scorrevole del vecchio sistema – dovremo sollevare la domanda: che cosa proprio non va nel nostro sistema, tanto da far- ci cogliere impreparati dalla catastrofe, malgrado gli scienziati ci avvertissero da anni? Dare una risposta a questa domanda richiederà molto di più che nuove for- me di assistenza sanitaria globale. 7 1. Coronavirus Elisabeth Kübler-Ross1 propose il famoso modello che articola in cinque fasi la reazione di chi scopre di ave- re una malattia terminale: la negazione (ci si rifiuta di accettare il fatto: «Non sta succedendo davvero, non a me»); la rabbia (che scoppia quando non si può più negare il fatto: «Perché proprio a me?»); la negoziazio- ne (la speranza che il fatto possa essere posticipato o ridotto: «Che almeno viva abbastanza da vedere i miei figli laureati»); la depressione (disinvestimento libidico: «Presto morirò, allora perché mai dovrebbe interessar- mi qualcosa?»); l’accettazione («Non posso combatter- la, potrei pure prepararmi»). Successivamente, Kübler- Ross estese queste fasi a qualunque forma catastrofica di perdita personale (perdita del lavoro, morte di una persona amata, divorzio, tossicodipendenza), e inoltre ebbe cura di sottolineare che non era necessario né che le fasi si presentassero nello stesso ordine né che ogni paziente le sperimentasse tutte e cinque. 8

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