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Verga e il naturalismo. Tra la Sicilia, Milano e l'Europa PDF

508 Pages·1993·14.87 MB·Italian
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GIACOMO DEBENEDETTl VERGA E IL NATURALISMO Garzanti • Gli elefanti Saggi Tra la Sicilia, Milano e l’Europa i nodi fondamentali del progetto artistico verista. » I gli elefanti Dello stesso autore: // romana del Novecento Poesia italiana del Novecento Pascoli: la rivoluzione inconsapevole Quaderni di Montaigne Giacomo Debenedetti Verga e il naturalismo Prefazione di Nino Borsellino Garanti In questa collana Prima edizione: settembre 1993 ISBN 88-11-67427-1 ©Garzanti Editore s.p.a., 1991 Printed in Italy Prefazione Nel ventre della balena La pubblicazione postuma nel 1976 dei quaderni delle lezio¬ ni che Giacomo Debenedetti dedicò a Giovanni Verga, in due corsi accademici svolti a Messina tra il 1951 e il ’53, fu una sor¬ presa, se non ricordo male, per il pubblico della critica lettera¬ ria. Esiguo quanto si vuole nel mercato librario, esso era però in continua crescita per l’opera del grande saggista dopo l’inau¬ gurazione nel ’71 della serie degli inediti col più fortunato tra tutti. Il romanzo del Novecento, da tempo anche collaudatissimo testo d’adozione universitaria. Altri nomi, non il Verga, veniva¬ no di solito evocati per i suoi interessi di «contemporaneista»: quello di Pirandello, tra gli insulari, e tra i continentali soprat¬ tutto quelli di Saba, Svevo e Tozzi, per limitarci alle competen¬ ze novecentiste del professore. Gli uditori di allora, i suoi scola¬ ri di qua e di là dello Stretto, avranno conservato il ricordo di quelle lezioni certo indimenticabili e qualcuno avrà risentito sulla pagina scritta il recitativo suadente, lo stile vocale di quel cinquantenne subalpino, da molto però, come il suo Alfieri, spiemontizzatosi. Ma gli altri? «Lui vivo, soltanto i suoi studenti possono aver saputo che esisteva un Debenedetti così», ha do¬ vuto ammettere un suo penetrantissimo lettore abituato a gio¬ care d’anticipo rispetto alla norma dei professionisti della lette¬ ratura, e quasi in fuorigioco.’ Ma come così? Alla fine del ’54 non s’erano letti i Presagi del Verga, un saggio che condensa la materia fluida che scorre senza argini nei quaderni siciliani?^ In realtà quell’articolo ne condensa solo una minima parte, per giunta controllando che la discorsività di una diagnosi psi¬ cologica ben circoscritta filtrasse il grumo della questione ver- 1 Cfr. Marzio Pieri, Fischiata XXXIII. Un sonetto di Giambattista Marino, Parma 1992. Si vedano nella conversazione con Luciana Saetti le pagine (126-29) dedicate al «corpo a corpo» di Debenedetti con il testo. 2 Pubblicato in «Nuovi Argomenti», 11, nov.-dic. 1954, pp. 87-103; poi in Saggi critici, ni serie, Milano 1959, pp. 215-31. Ili ghisna centrale, la conversione dal tardo romanticismo al veri¬ smo, senza straripare di là da una localizzazione biografica del tema. Nei Presagi Debenedetti sviluppa la domanda che si pone all’inizio del primo corso: perché Verga da anziano nel 98 sconfessasse pubblicamente tra tutti i suoi romanzi giovanili di successo solo Una peccatrice, non Storia di una capinera, Èva, Eros, Tigre reale, altrettanto «macchiati» dal narcisismo del pro¬ tagonista e dello stesso autore, anche quando si fa doppiare, per non compromettersi con quelle torbide vicende, da narra¬ tori confidenti.* Evidentemente non si trattava di un ripudio globale, di tutta la produzione pre-verista e deir«innaturale» esasperazione passionale che vi è dovunque esibita. Secondo Debenedetti la sconfessione rivelava un residuo disagio esisten¬ ziale e insieme letterario nei confronti del primo titolo, ancora catanese, della cinquina romanzesca completata in un decen¬ nio fervido di attività compositiva tra Firenze e Milano. «In Una peccatrice», dichiara, «stava scritta, fatale, pesante, cifrata ma in¬ derogabile come in un oroscopo, la storia di Giovanni Verga ar¬ tista». Ma poi aggiunge: «Naturalmente il Verga non sapeva, o sapeva male che cosa gli raffigurasse la storia di Una peccatrice. Probabilmente ne provava solo un oscuro malessere, un senso come di vergogna sotto specie di rimorso letterario: quanto ba¬ stava per avvertirlo, senza un esatto perché, che era meglio non parlarne più». Infatti quell’oroscopo non s’era realizzato. Esso era contenuto nella storia del giovane scrittore che seduce col successo letterario una vamp dei salotti aristocratici prima per lui irraggiungibile, ma poi l’abbandona, quando è lei ad essere condizionata da quel rapporto, al punto da consumarsi con la droga. Il protagonista si chiuderà nella sua mediocrità borghe¬ se di artista fallito; Verga invece avrà successo; ma quando Una peccatrice fu ristampata senza il suo consenso, quasi a trent’anni di distanza dalla prima edizione, egli leggerà nel fallimento del giovane scrittore catanese il fallimento del suo programma 3 La sconfessione di Una peccatrice è contenuta in una lettera di Verga al¬ l’editore Treves pubblicata neir«Illustrazione Italiana» del 24 aprile 1898 per rispondere a varie critiche per la ristampa del romanzo giovanile. L’a¬ veva ristampato cinque anni prima, nel 1893, l’editore Giannetta di Cata¬ nia senza autorizzazione dell’autore, il quale già nel luglio di quell’anno lo sconfessava, deplorando l’iniziativa editoriale, in una lettera al Negro, pri¬ mo editore a Torino del romanzo. Si tenga conto che la fonte biografica di Debenedetti è la Vita di Giovanni Verga di Nino Cappellani, Firenze 1940. IV

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