Università degli Studi di Cagliari Dottorato in Storia moderna e contemporanea (XIX ciclo) UOMO, AMBIENTE E ISTITUZIONI NELLA SARDEGNA DELLA SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO SFRUTTAMENTO FORESTALE E DISORDINE IDRAULICO Tutor: Tesi di: Stefano Pira Consuelo Costa È strano come gli alberi memoria della terra diventino libri memoria degli uomini. L’uomo deve impaginarsi per continuare a esistere, a pensarsi o deve, può, tornare albero? Ruggero Loi Abbreviazioni: ACS: Archivio Centrale dello Stato - Roma MAIC: Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio D.G.A.: Direzione Generale Agricoltura MLLPP: Ministero dei Lavori Pubblici D.G.Op.Idr.: Direzione Generale Opere Idrauliche ASC: Archivio di Stato di Cagliari INDICE p. INTRODUZIONE 3 CAPITOLO I - La storia dell’ambiente: origini, oggetto, metodologia 11 1. Spunti sul rapporto uomo-natura nel pensiero occidentale 13 2. La filosofia dell’ambiente: shallow e deep ecology 18 3. L’approccio “sovversivo”: ecologia sociale ed ecomarxismo 21 4. Sviluppo sostenibile e bioeconomia 27 5. Demetra e Clio: frattura e riconciliazione 31 CAPITOLO II - Disboscamenti e bonifiche in epoca preunitaria: Mezzogiorno d’Italia e Sardegna a confronto 45 1. Dissesto idrogeologico, bonifiche e risorse forestali nel Mezzogiorno preunitario 47 2. Le bonifiche in Sardegna nella prima metà dell’Ottocento 64 3. Lo sfruttamento delle foreste sarde (1820-1861) 68 4. La legislazione forestale nella Sardegna sabauda 87 CAPITOLO III - L’ambiente in Sardegna durante i governi della Destra storica 97 1. Strade ferrate, abolizione degli ademprivi e conseguente disboscamento 99 2. Risultati della concezione liberale della bonifica 121 3. Stato dei boschi e paludismo nella documentazione dell’inchiesta Depretis 134 CAPITOLO IV - Gestazione e applicazione della legge forestale 20 giugno 1877 141 1. L’eredità degli Stati preunitari 143 2. La legislazione forestale unitaria 150 3. L’applicazione in Sardegna 160 CAPITOLO V - La legislazione in materia idraulica 173 1 La legislazione sulle bonifiche e le opere idrauliche 175 2 Gli interventi idraulici in Sardegna 179 3 Gli albori della legislazione speciale 197 APPENDICE DOCUMENTARIA 203 FONTI ARCHIVISTICHE E BIBLIOGRAFICHE 259 2 INTRODUZIONE 3 4 Questa tesi intende approfondire parallelamente, con la metodologia propria della storia dell’ambiente, le vicende che riguardano lo sfruttamento intensivo della risorsa legno e i primi tentativi di ovviare al paludismo nella seconda metà dell’Ottocento in Sardegna, considerando il legame indissolubile che esiste tra regime dei boschi e regime delle acque. Il carattere torrentizio dei corsi d’acqua, il paludismo e la diffusione della malaria nelle aree costiere hanno, nel corso dei secoli, influito pesantemente sulle attività economiche e sulla stessa sopravvivenza della popolazione sarda, diventando ostacoli insormontabili. Questi dati ambientali accomunano la Sardegna e il Meridione d’Italia, ma differente è stato in epoca preunitaria l’impegno profuso nel tentativo di arginarli e mitigarli. Le operazioni di bonifica erano molto impegnative, sia nella fase di realizzazione che in quella successiva di manutenzione, e richiedevano per questo, oltre a delle solide risorse finanziarie, anche una ferma volontà politica. La mancanza di questo impegno da parte del governo sabaudo ha determinato in Sardegna un ritardo notevole nelle attività di risanamento territoriale che in diverse aree del meridione erano già state avviate tra la fine Settecento e gli inizi dell’Ottocento, supportate da numerosi studi tecnici e teorici, mentre nell’isola erano stati promossi esclusivamente progetti di proporzioni limitate e spesso fallimentari. Nella prima metà dell’Ottocento non solo l’assetto idrografico non subiva sostanziali miglioramenti, a concorrere all’intensificarsi degli squilibri ambientali contribuiva il progressivo incremento, quantitativo e qualitativo, del disboscamento dovuto allo sfruttamento economico delle foreste. All’utilizzo secolare delle foreste da parte degli abitanti dei villaggi, che faceva parte del sistema di autosostentamento degli stessi e che comportava un impatto limitato considerando la scarsa popolazione dell’isola, si erano aggiunte nel Settecento le necessità di legname della nascente industria. Se le prime utilizzazioni boschive intensive risalgono agli anni Trenta del Settecento, la loro progressione comincia ad essere avvertibile negli anni Venti del secolo successivo, quando le foreste del Marghine vennero sottoposte a tagli massicci per l’utilizzo del legname nei cantieri navali della Regia Marina sabauda e di quella francese. Per questo tipo di utilizzazioni venivano tagliate le piante più giovani e sane, di conseguenza i boschi venivano privati proprio della loro porzione più sana, restando in piedi solo gli alberi molto maturi o danneggiati. 5 Privati nel corso di trent’anni, tra gli anni venti e gli anni cinquanta, i boschi dell’isola di tutte piante di roverella più sane destinate alla marina e all’artiglieria, un’altra speculazione si innestò sulla precedente: l’utilizzo del leccio per la costruzione delle traversine ferroviarie necessarie alla costruzione delle linee degli Stati di terraferma. Se fino a questo momento lo Stato si era limitato a vendere il legname presente nei terreni demaniali, tra il 1854 e il 1860 si assiste ad una massiccia vendita dei terreni stessi, e anche diversi comuni iniziarono a vendere parte dei salti che erano entrati a far parte del loro patrimonio in seguito all’abolizione del feudalesimo. Parallelamente, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, la produzione legislativa a difesa dei boschi diventa più frequente, testimoniando un’attenzione crescente verso questa risorsa, soprattutto in vista di un suo sfruttamento commerciale più redditizio, sino alla promulgazione del Regolamento forestale del 1844. La fruizione delle risorse boschive da parte delle popolazioni era regolata dai differenti diritti d’ademprivio o usi civici, che con la progressiva penetrazione del sistema economico capitalistico nelle campagne entrarono in conflitto con lo sfruttamento dettato dalle leggi di mercato. Il regime consuetudinario, che prevedeva differenti usi del bosco, non era più compatibile con la produzione di legname destinato al mercato esterno. I ripetuti tentativi, veicolati anche dal Regolamento forestale del 1844, di intaccare i secolari diritti ademprivili, si intensificarono all’indomani dell’unificazione e culminarono con la legge del 26 aprile 1865 di abolizione degli ademprivi e delle cussorge. Contemporaneamente numerose compagnie minerarie cominciarono a considerare la Sardegna come la nuova frontiera delle loro speculazioni, che per essere redditizie necessitavano di condizioni favorevoli, come la disponibilità di vie di comunicazione e di legname. L’abolizione degli ademprivi e la costruzione delle strade ferrate furono due fenomeni che combinandosi ebbero un effetto devastante sulle foreste dell’isola. Lo sviluppo delle linee ferroviarie, oltre a richiedere tagli consistenti per l’ottenimento delle traversine necessarie alla costruzione della strada ferrata, ebbe anche come conseguenza quella di rendere più raggiungibili le foreste interne e, facilitando i trasporti, quella di incrementare la produzione delle miniere e delle fornaci, che a loro volta utilizzavano grandi quantitativi di legname. 6 Dall’altro lato la legge sugli ademprivi, prevedendo l’obbligo per i Comuni di vendere tutti i terreni avanzati dalla ripartizione tra gli ademprivisti entro tre anni dalla promulgazione, diede nuova linfa al mercato del legname e del carbone sacrificando grandi estensioni boschive. Una volta effettuati i tagli da parte degli speculatori, completavano l’opera di devastazione gli incendi e il pascolo incontrollato che privava il bosco dei nuovi germogli, impedendone la ricostituzione. L’accelerazione del disboscamento nell’isola provocava squilibri sempre maggiori al regime delle acque, che il nuovo Stato unitario non affronta nella sua organicità, isolando il problema forestale da quello idraulico, perdendo in questo modo gli apporti teorici formulati e le iniziative politiche intraprese da tecnici, studiosi e uomini di governo nel Mezzogiorno preunitario. Durante i governi della Destra Storica prevalse una concezione privatistica della bonifica, in pieno accordo con le teorie liberali prevalenti, in cui prevalevano i fini economici dei prosciugamenti, cioè il miglioramento produttivo dei terreni, pur non ignorandosi le implicazioni igieniche degli stessi. Questi presupposti rendevano impossibile risolvere i gravi problemi legati alla mancata regolazione del regime delle acque in Sardegna, che solo lo Stato avrebbe potuto affrontare economicamente. A parte la stesura di alcuni elenchi sommari di aree bonificabili e di limitati progetti di bonifica da parte del Genio Civile, molto poco verrà quindi fatto complessivamente per arginare il fenomeno del paludismo in Sardegna durante i governi della Destra, nonostante nell’isola fosse ormai patrimonio comune la consapevolezza che le opere di bonifica fossero un passo necessario allo sviluppo economico e sociale. Dopo l’unificazione si erano sviluppate nel parlamento italiano numerose discussioni sulla necessità di una legislazione forestale unitaria, improntata su un più marcato liberalismo. Da un lato le posizioni che sostenevano la netta preminenza della difesa del libero uso della proprietà privata; dall’altro quelle che suggerivano la necessità di alcune limitazioni all’esercizio della proprietà privata a fine di tutelare i boschi per la loro azione benefica. Soprattutto vengono discussi i rapporti di causa-effetto tra l’esistenza delle foreste e la stabilità dei terreni, la salubrità igienica e il clima. L’attenzione quasi preminente rivolta nei dibattiti alla stabilità del suolo, che risulta anche più facilmente dimostrabile scientificamente, produrrà infine non tanto una legge “forestale”, ma una legge per cui la foresta è strumento per questa stabilità. 7
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