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Uomini e animali PDF

98 Pages·1997·1.879 MB·Italian
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Invieremo gratuitamente il nostro Catalogo generale e i successivi aggiornamenti a quanti ce ne faranno richiesta. CURATORE: Enzo Bianchi, priore di Bose TITOLO: Uomini e animali SOTTOTITOLO: Visti dai padri della chiesa FORMATO: 16 cm PAGINE: IOO TRADUZIONE: Sabino Chialà, monaco di Bose IN COPERTINA: Maestro Bertram, La creazione degli animali, pannello dell’altare di Grabow (ca. 1380), Kunsthalle, Amburgo © 1997 Edizioni Qiqajon Monastero di Bose 13887 Magnano (Bi) isbn 88-8227-020-3 Uomini e animali Visti dai padri della chiesa a cura di Enzo Bianchi, priore di Bose traduzione dei testi di Sabino Chialà, monaco di Bose Edizioni Qiqajon Indice 9 Introduzione 12 L’uomo, essere co-creato 17 Un solo mondo per uomini e animali 23 Un’indicibile comunione di preghiera 31 Bibliografia 33 Uomini e animali 35 Creati e amati dall’unico Signore 41 Specchi della bellezza divina 49 Messaggeri di Dio 55 Insegnamenti e simboli 63 Conoscono il loro Creatore e lo lodano 67 Solidali fin dalla creazione 73 II vincolo della compassione 81 Primizie della piena comunione 91 Trasfigurazione cosmica A Paolo De Benedetti che ben conosce lo “zaar baiale chajim" Introduzione Chi mi ha trasmesso la fede cristiana mi raccomandava di esaminarmi con attenzio­ ne prima della confessione anche a proposito della mancanza di carità verso gli animali: in effetti in un paesino di campagna del Mon­ ferrato negli anni del dopoguerra i ragazzi praticavano la caccia agli uccelli, giocavano con gli animali (i giocattoli allora erano scar­ si!), erano in contatto quotidiano con gal­ line, faraone, oche, anatre, piccioni, buoi e asini, cani e gatti... e in ogni rapporto, an­ che con gli animali, un ragazzo è tentato di esperire e quindi mostrare la sua forza, la sua superiorità, il suo possesso, la sua aggressivi­ tà, la sua capacità di difesa e di offesa... E tuttavia era piuttosto raro che venisse trasmessa e insegnata una tale “delicatezza di coscienza” (così la chiamava il mio con­ fessore)! Infatti la tradizione cristiana si è quasi sempre nutrita di un antropocentrismo 9 orgoglioso: tutto è ordinato all’uomo, refe­ rente unico, solo orizzonte della creazione, signore e re assoluto sul cosmo, culmine e fi­ ne dell’opera creazionale. La vocazione delle cose e quindi degli animali è il servizio al­ l’uomo, così come l’uomo ha la vocazione a servire Dio e amarlo. D’altronde Tommaso d’Aquino, nella Stim­ ma, così si era espresso: “Gli animali non hanno una vita razionale per mezzo della quale guidarsi e muoversi da se stessi, ma so­ no sempre mossi come da un altro naturale impulso, segno che sono naturalmente ser­ vi e fatti per l’uso da parte di altri”. E così che Arthur Schopenhauer, con un giudizio che abbisogna forse di qualche sfumatura ma che pone il dito su un problema reale, afferma che “per il cristianesimo è stato un errore fondamentale e assolutamente inspie­ gabile aver staccato l’uomo dal mondo de­ gli animali al quale esso appartiene, dando esclusivo valore all’uomo, fino a considerare gli animali soltanto come cose”. Nessuno può negare che il cristianesimo occidentale, soprattutto nel secondo millen­ nio, ha coltivato una fede acosmica dove la natura, gli animali e i vegetali costituisco­ no semplicemente il contesto per l’uomo, il io suo ambiente. Paura del panteismo pagano, certo, paura di divinizzare animali, piante e cose, timore di attentare all’alterità trascen­ dente del divino, ma anche riduzione del­ la natura a fornitore di cibo per l’uomo, in un rapporto che sostanzialmente non vede solidarietà ma solo mera funzionalità nei confronti del “re della natura”. Non vi è in questo una fuoriuscita dall’ottica della co­ munione, a tutto favore dell’ottica del con­ sumo? Certo, la natura veniva benedetta durante le processioni delle rogazioni, gli animali ve­ nivano benedetti nella festa di sant’Antonio abate, ma tutto questo era semplicemente volto a chiedere a Dio che la terra fosse fer­ tile, che le coltivazioni venissero preservate dalle intemperie e che gli animali fossero fe­ condi, forti, in piena salute, copiosi, atti a soddisfare i bisogni degli uomini... Proprio per questo, e sovente con ragione, gli uomi­ ni culturalmente cristiani sono individuati tra i responsabili della devastazione e dello sfruttamento del pianeta, mentre nella recen­ te “conversione” di alcuni ambienti cristiani all’ecologia non è assente una nuova subor­ dinazione della creazione alla preoccupazione prioritaria per la sopravvivenza dell’uomo.

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