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Uomini anni vita PDF

284 Pages·1962·8.79 MB·Italian
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Ilja Ehrenburg Uomini anni vita 3 Editori Riuniti Scrittori sovietici L’esigenza di conoscere organicamente la let­ teratura maturata sul terreno storico dell’espe­ rienza socialista è ormai urgente per la nostra cultura, se vuole essere davvero una cultura viva, critica e moderna. Rifiutando ogni facile schema interpretativo, e insieme l’occasionalità o l’accademismo, e proseguendo il discorso ini­ ziato con la pubblicazione dei testi di Gorki), Majakovskij e Šolochov, « Scrittori sovietici » tradurrà quelle opere poetiche, narrative, saggi­ stiche e teatrali che si distinguono per la loro singolare validità artistica o per uno spiccato interesse culturale e fornirà quindi, nel giro di qualche anno, i documenti essenziali per ricomporre il panorama reale di un’evoluzione letteraria realistica e protesa verso l’avvenire. s ■ Questo ebook è stato realizzato e condiviso per celebrare il Centenario della rivoluzione russa 1917-2017 Ilja Ehrenburg Uomini, anni, vita ili Editori Riuniti Per consentire una lettura piti esatta dei nomi russi, si è usata la trascrizione scientifica internazionale. In particolare si ricordi che: č è la c ital. nella parola cena, j è la i ital. nella parola ieri, e è quad sempre «è, 5 è lo se ital. nella parola scena, ë è uguale a tò, y è una i gutturale, g è sempre gutturale, ž è uguale allo j francese. Traduzione di Giovanni Crino Copyright by Editori Riuniti, febbraio 1962. Titolo originale: Ljudi, gody, žizn Copertina di Leo Guida. Disegno di Picasso. Uomini, anni, vita 1 Nel tardo autunno del 1921, dopo la sazia e placida Bruxelles, vidi Berlino. I tedeschi vivevano alla giornata, nes­ suno sapeva quel che sarebbe accaduto il giorno dopo. Gli strilloni gridavano: « Be Zet! Ultima edizione! La sommossa comunista in Sassonia! Si prepara un putsch a Monaco». La gente leggeva in silenzio il giornale e andava al lavoro. I bot­ tegai cambiavano ogni giorno i cartellini coi prezzi: il marco scendeva continuamente. Nella Kurfürstendamm si aggiravano mandrie di forestieri: acquistavano per quattro soldi i residui di una passata prosperità. Nei quartieri poveri furono saccheg­ giate alcune panetterie. Pareva che tutto dovesse crollare, ma le ciminiere delle fabbriche continuavano a fumare, gl’impie­ gati di banca trascrivevano scrupolosamente cifre con molti zeri, le prostitute si truccavano con cura, i giornalisti scrive­ vano sulla carestia in Russia o sul nobile cuore di Ludendorff, gli scolari sapevano a menadito la storia delle vittorie tedesche. Ad ogni passo aprivano i battenti le Tanzdielen, cioè le piste da ballo, dove coppiette dall’aria sparuta erano assorte in un 7 ondeggiamento ritmato sui fragori del jazz. Ricordo due can­ zonette alla moda: «Vi piaccion le banane?» e «Mia nera Sonja » (« Schwarze Sonia »). In una Tanzdielen una voce rauca di tenore ululava: «Domani sarà la fine del mondo...». Tutta­ via la fine del mondo veniva rimandata da un giorno al- r altro. Kellermann pubblicò un romanzo sulla rivoluzione in Germania: 9 novembre. Ignoro se questa data dica qualcosa ai lettori piu giovani. Il 9 novembre del 1918 il Kaiser parti in fretta e furia per l’Olanda e i socialdemocratici proclama­ rono la repubblica. Tuttavia nei ministeri erano rimasti gli alti e medi funzionari di prima, e il portiere diceva rispetto­ samente: «Buongiorno, signor consigliere segreto». Scesi in una pensione della Pragerplatz, nei pressi dell’ampia Kaiser­ allee; cominciai a gironzolare per la città andando a sbattere in una piazza immensa, chiamata Hohenzollernplatz. Nelle ca­ mere della pensione erano appesi alle pareti i ritratti del Kaiser. Divenni amico del poeta Karl Einstein. Era un allegrone romantico; calvo, dalla testa enorme, su cui faceva bella mo­ stra di sé un vistoso bernoccolo. Raccontava che, da soldato, sul fronte occidentale, aveva dato segni di alienazione mentale. Somigliava ai miei amici d’un tempo, assidui frequentatori della « Rotonde », tanto per il suo amore della scultura negra e dei versi sacrileghi, quanto per quel misto di disperazione e di speranza che pareva ormai la tipica atmosfera di un’epoca tramontata per sempre. Karl Einstein scrisse un lavoro teatrale su Cristo e fu incriminato per sacrilegio. Volli assistere al processo, in una sala semibuia, dall’aspetto tetro. Di solito, il concetto di intolleranza religiosa fa pensare subito al cattoli­ cesimo, alle bolle papali, all’inquisizione. In ogni caso a man­ dare sul rogo il medico Servetus non furono i cattolici, ma i calvinisti, considerati dai cattolici dei liberi pensatori, e lo fe­ cero perché quel medico si era rifiutato di collegare le fun­ zioni dell’organismo alla divina provvidenza. Gli esperti chia­ mati a deporre al processo di Karl Einstein citarono i testi dei piu illuminati teologi del nostro secolo. (Nel 1945 ho visto Berlino smantellata dalla guerra. Del­ l’edificio, in cui un tempo era stato giudicato Karl Einstein, rimaneva soltanto un muro, sul quale un geniere russo aveva scritto che il quartiere poteva considerarsi ripulito dalle mine.) Nella Berlino del ’21 tutto appariva illusorio. Sulle fac­ ciate delle case erano visibili, come prima, le valchirie dai seni opulenti; gli ascensori funzionavano; ma negli appartamenti regnavano il freddo e la fame; il fattorino aiutava cortesemen­ te la moglie del consigliere segreto a scendere dal tram. Gli itinerari dei tram erano sempre gli stessi, ma nessuno cono­ sceva quelli della storia. La catastrofe si ammantava di pro­ sperità. Rimasi sorpreso quando vidi nelle vetrine dei negozi certe pettorine rosa e celesti da usare al posto delle camicie, troppo care; le pettorine erano come l’insegna, la conferma, se non dell’ agiatezza, almeno del decoro. Al caffè « Iosti », dove mi capitava qualche volta di entrare, una brodaglia, chia­ mata pomposamente «moka», veniva servita in caffettiere me­ talliche, dal manico rivestito con un piccolo guanto, per evitare che il cliente si scottasse le dita. Le paste erano fatte con pa­ tate congelate. Come prima, i berlinesi fumavano sigari, che venivano chiamati « avana » o « brasile », benché fossero fatti con foglie di cavolo impregnate di nicotina. Tutto era deco­ roso, ordinato, quasi come al tempo del Kaiser. Una sera, camminavo con V. G. Lidin, appena arrivato da Mosca. I caffè si chiudevano presto: la Polizeistunde era un residuo degli anni di guerra. Ci si avvicinò un uomo, che ci propose di seguirlo in un locale notturno, Nachtlokal. Andam­ mo con la metropolitana, camminammo a lungo per vie poco illuminate e alla fine ci trovammo in un appartamento tutto lindo e ordinato. Alle pareti erano appesi i ritratti di alcuni membri della famiglia in uniforme da ufficiale e un quadro che rappresentava un tramonto. Ci offrirono champagne, ossia limonata con un po’ d’alcool. Quindi entrarono due figlie del 9

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