UNIVERSITÀ DI PISA SCUOLA DI DOTTORATO IN STORIA, ORIENTALISTICA E STORIA DELLE ARTI CICLO XXIII GLI ITALIANI NELL’ERITREA DEL SECONDO DOPOGUERRA 1941 – 1952 Candidato: Dott. Nicholas Lucchetti Tutor: Chiar.mo Prof. Marco Lenci SSD: M – STO/04 Anno accademico 2010 – 2011 1 INDICE Abbreviazioni, p. 4 Ringraziamenti, p. 6 Introduzione, p. 7 Capitolo 1. L’Amministrazione militare britannica dell’Eritrea, p. 13 1.1 La struttura del governo d’occupazione e i rapporti con gli italiani, p. 13 1.2 “L’Informazione” (1941), p. 17 1.3 L’“Eritrean Daily News” – “Il Quotidiano eritreo”, la politica britannica nei confronti degli eritrei e le contraddizioni del mantenimento in servizio degli italiani, p. 21 1.4 La PAI durante l’Amministrazione britannica, p. 29 1.5 La Guardia di Finanza durante l’Amministrazione britannica, p. 31 1.6 L’Arma dei Carabinieri durante l’Amministrazione britannica, p. 35 Capitolo 2. La politica tra gli italiani d’Eritrea, p. 39 2.1 Il movimento antifascista, il GUI e l’Amministrazione britannica. 1941 – 1943, p. 39 2.2 1944. La fondazione del CLN e del PDCI, il caso Del Giudice, p. 56 2.3 “Resistenti”, guerriglieri e fascisti d’Eritrea 1941 – 1945, p. 66 2.4 1946. La sospensione di “Voci di casa nostra”, il referendum istituzionale, “La Repubblica” ed il “Corriere di Asmara” di Franco Pattarino, p. 85 2.5 1947. La sospensione del “Corriere di Asmara”, la nascita del CRIE, lo sciopero degli operai dell’ARAMCO, la crisi del CRIE, “Ficcanaso”, l’MSI “eritreo”, p. 96 2.6 1948. La manifestazione per l’eccidio di Mogadiscio. Il caso Barbato. Il manifesto dell’MSI. Le elezioni politiche del 18 aprile. Frizioni con la BMA. “Il Carroccio” e la Russia sovietica, p. 118 2.7 1949. Ancora MSI, p. 131 2.8 1950. L’apogeo neofascista, p. 139 2.9 L’attività dell’MSI nazionale in rapporto agli eventi eritrei, p. 152 2.10 1951. Il consolidamento della posizione di forza neofascista in Asmara, p. 158 Capitolo 3. I militari e militarizzati, p. 161 2 Capitolo 4. Gli italiani, gli eritrei, gli italo – eritrei, gli inglesi e gli sciftà, p. 175 4.1 I partiti eritrei e l’Associazione Italo – eritrei, p. 175 4.2 Le vecchie truppe coloniali ed il CAS, p. 178 4.3 La stampa italiana, le audizioni della Commissione Quadripartita d’inchiesta e la questione dell’ordine pubblico, p. 186 4.4 Gli sciftà nelle interpretazioni della letteratura, p. 200 4.5 1948. L’assalto contro Casciani. Il temuto colpo di mano di Ras Seyum Manghesha. Il messaggio di Hagos. I processi contro Beraki, “Eritrea Nuova” e Baduri, p. 205 4.6 1949. Lotta politica e violenza, p. 215 4.7 1950 – 1951. La sicurezza che non c’è e le amnistie, p. 225 4.8 La fine del CAE, p. 237 4.9 Un italiano “contro”. Rinaldo Lewis: il comunismo fra gli eritrei e l’unionismo fra gli italiani, p. 239 4.10 E le liquidazioni degli ex ascari?, p. 242 Fonti archivistiche, p. 247 Fonti giornalistiche, p. 250 Siti Internet consultati, p. 253 Bibliografia, p. 254 Appendice documentaria, p. 262 Appendice fotografica, p. 298 3 Abbreviazioni ACS = Archivio Centrale dello Stato AMSGF = Archivio del Museo Storico della Guardia di Finanza AOI = Africa Orientale Italiana ARAMCO = Arabian American Oil Company ASCCM = Archivio Storico Comunale di Casale Monferrato ASG = Archivio Segreto di Gabinetto ASMAI = Archivio Storico del Ministero dell‟Africa Italiana ASDMAE = Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri b. = busta BA = British Administration BAE = British Administration of Eritrea BMA = British Military Administration CAE = Comitato Assistenza Eritrei Cart. = cartella o cartone CAS = Comitato di Azione Segreta CB = Carte Brusasca CEP = Custodian of Enemy Property CPC = Casellario Politico Centrale CRIE = Comitato rappresentativo degli italiani in Eritrea CLN = Comitato di Liberazione Nazionale DAO = Direzione Africa Orientale DC = Democrazia Cristiana DGAP = Direzione Generale degli Affari Politici EA = East African f. = fascicolo FC = Fondo Francesco Saverio Caroselli FO = Foreign Office FPC = Four Power Commission GUI = Gruppo Unione Italiana IFAGCS = Informazione fornita all‟autore da Gian Carlo Stella MAI = Ministero dell‟Africa Italiana MSI = Movimento sociale italiano OETA = Occupied Enemy Territory Administration ONU = Organizzazione delle Nazioni Unite p. = pacco PAI = Polizia dell‟Africa Italiana PCM = Presidenza del Consiglio dei Ministri PDCI = Partito Democratico Costituzionale Italiano PLI = Partito Liberale Italiano PRI = Partito Repubblicano Italiano PSI = Partito Socialista Italiano PSLI = Partito Socialista dei Lavoratori Italiani RDC = Research and Documentation Center SCAO = Senior Civil Affairs Officer SDF = Sudan Defence Force 4 s. f. = sottofascicolo TNA = The National Archives UNA = Unione Nazionale Antifascista USBA = Ufficio Sussidi Beneficienza Assistenza WO = War Office 5 Ringraziamenti Per la redazione di questa tesi ho contratto debiti con molte persone. In primis con il Prof. Marco Lenci, che mi ha seguito e consigliato nel corso della ricerca. Fratel Ezio Tonini del Pavoni Social Centre di Asmara ha messo a mia disposizione il patrimonio librario di quella che è perfino riduttivo definire una biblioteca unica al mondo. Mauro Raffetto con generosità e prontezza mi è stato d‟aiuto per la soluzione di tante piccole questioni, come la traduzione di alcuni passi in tigrino. A Gian Carlo Stella devo la fornitura di preziose informazioni biografiche su alcuni italiani d‟Eritrea. Elena Franchini, responsabile del Servizio di prestito interbibliotecario della Biblioteca di Filosofia e Storia dell‟Università di Pisa, ha reperito per me articoli e volumi funzionali ad una migliore focalizzazione delle tematiche in oggetto, rispondendo sempre alle mie pressanti richieste. Il viaggio in Eritrea non sarebbe stato così agevole senza l‟aiuto di Sara e Salaam Gebremeskel e di Giuseppe Bonafine. Ringrazio infine il personale degli archivi, delle biblioteche e degli istituti che ho frequentato per raccogliere il materiale per questo lavoro: Archivio Centrale dello Stato, Archivio Storico Diplomatico e Biblioteca del Ministero degli Affari Esteri, Archivio Storico Comunale di Casale Monferrato, Archivio del Museo storico della Guardia di Finanza, Archivio Istituto Storico della Resistenza in Toscana, The National Archives, Research and Documentation Center di Asmara, Istituto agronomico per l‟Oltremare, Biblioteca della Fondazione Feltrinelli e Biblioteca Comunale di Milano, ISIAO, Biblioteca Alessandrina, Biblioteca Berio di Genova, Biblioteca della Fondazione Ugo Spirito, Biblioteca del Centro Amilcar Cabral di Bologna, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Biblioteche della London School of Economics e della School of Oriental and African Studies. 6 INTRODUZIONE Questo lavoro si propone di riflettere sulla comunità italiana d‟Eritrea nel periodo dell‟occupazione britannica del territorio (1941 – 1952). La fase cominciata nel 1941 se da un lato ha rappresentato la fine formale della dominazione italiana, dall‟altro lato si è caratterizzata per il mantenimento di una posizione di un certo rilievo da parte degli stessi italiani sulla scena locale. Uno dei protagonisti degli eventi, Oscar Rampone, ha scritto al riguardo che gli italiani perdettero “miseramente” la guerra ma vinsero “gloriosamente” la pace1. Anche se il giornalista fa in particolare riferimento a quel boom economico che vide per protagonisti i connazionali nei primi anni Quaranta, la sua considerazione è in vero estendibile a tutta la durata dell‟occupazione. Il dato politico più importante, dettato da ragioni di ordine pratico, fu che un significativo numero di italiani rimase impiegato nei rispettivi posti di responsabilità fornendo un contributo decisivo per il funzionamento della macchina amministrativa del governo d‟occupazione. Con il 1941 cominciò dunque una particolarissima stagione che vide vecchi e nuovi occupanti amministrare “insieme” la colonia “primogenita”. L‟arrivo degli inglesi venne comunque percepito da molti italiani come una cesura e per questo numerosi furono coloro che scelsero di rimpatriare, così da far scendere la consistenza della comunità dalle 80.000 unità del 1941, alle 31.800 del 1946, alle 20.000 del marzo 19502, ed infine alle poco più di 17.400 dell‟aprile 19523. Dal punto di vista della sua composizione, per citare ancora Rampone, “siccome la grandissima maggioranza era arrivata con la guerra italo – etiopica, l‟80 per cento era costituito da maschi, il 95 per cento da adulti, tra cui pochi vecchi, e solo il cinque per cento da bambini”4. È noto come il periodo britannico abbia rappresentato per la storia dell‟Eritrea una fase di grande impegno politico per la popolazione nativa, aspetto che interessò in vero la stessa comunità italiana. La venuta britannica determinò la nascita di un singolare movimento antifascista cui fin da subito si contrappose la sconfitta, almeno in Eritrea, ideologia fascista, che nel tempo seppe poi tramutarsi in neofascismo. Un peculiare antifascismo ed un forte 1 O. RAMPONE, Avvenne in Eritrea, Milano, Editrice Nuovi Autori, 1985, p. 11. 2 A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale. Nostalgia delle colonie, Roma – Bari, Laterza, 1984, p. 120. 3 Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (d‟ora in poi ASDMAE), Direzione generale degli Affari politici (d‟ora in poi DGAP), 1950 – 57, Eritrea, b. 801, f. Italiani in Eritrea, Andamento demografico della collettività italiana in Eritrea, allegato a Capomazza a Esteri, telespresso n. 3480, 30 maggio 1952. 4 O. RAMPONE, op. cit., p. 14. 7 neofascismo sono i fenomeni a nostro avviso più importanti che interessarono, politicamente parlando, gli italiani. Fenomeni ascrivibili, entrambi, alle caratteristiche della società coloniale, di cui essi furono il prodotto. Una società che non aveva conosciuto la democrazia, basata su una spiccata gerarchizzazione del potere che produsse nei coloni una mentalità tendenzialmente conservatrice unitamente ad una buona dose di opportunismo. Siffatta mentalità permase negli anni successivi la fine del dominio italiano e prese la forma di una trasversale retorica colonialista adoperata per celebrare l‟opera civilizzatrice condotta da Roma a beneficio delle comunità eritree, un aspetto che mostrò l‟incapacità delle sedicenti formazioni democratiche di svincolarsi davvero dalla logica coloniale. Dal 1941 si assistette parimenti allo sviluppo di tutta una serie di protagonismi che fecero emergere alcune individualità sulle altre. Taluni italiani, anche quanti erano inseriti stabilmente negli apparati del regime fascista, non esitarono a collaborare con gli inglesi dichiarandosi oppositori della dittatura. Fatti eclatanti in varie occasioni accompagnarono questa forma di opposizione, insieme alle vicende di altri italiani che rispolverarono una precedente forma di antifascismo e si posero alla testa delle nascenti formazioni democratiche. È molto difficile stabilire la sincerità degli accenti antifascisti degli individui coinvolti, in che misura si sia trattato di atti motivati da un convincimento proprio o determinati piuttosto dalla volontà di preservare in qualche modo la propria persona dagli internamenti disposti dai nuovi occupanti. Pur tuttavia, alla luce del fatto che ogni fenomeno, e più ancora ogni individuo, possiede delle contraddizioni, va rilevato che l‟antifascismo asmarino si ritagliò comunque un proprio spazio di azione di una certa importanza. Si volle saldare alle vicende che stavano interessando la patria dando vita ad un Comitato di Liberazione Nazionale, composto dalle locali sezioni dei partiti democratici, che fu attivo dal 1944 al 1946. Questo dato di per sé molto rilevante e simbolico andò di pari passo con una propaganda democratica che prese le mosse dal giornale del movimento. Nei toni e nei modi fu un antifascismo per così dire “perfetto”, cui derivò una sorta di “autenticazione” dalla violenta opposizione che ricevette da parte di quanti, viceversa, rimasero “fedeli” all‟ideologia fascista. Al riguardo, si vedrà come fin dai primi tempi dell‟occupazione si sviluppò tra gli italiani un certo malessere nei confronti dei britannici, che assunse le più diverse forme, dal semplice fischio di opposizione, alla messa in circolazione di voci artefatte, alla meccanica esecuzione del saluto romano, alla resistenza passiva, fino ad arrivare in taluni casi alla conduzione di una sorta di guerriglia, una battaglia in vero persa in partenza per la sproporzione dei mezzi che 8 divideva i “resistenti” dagli occupanti, e spesso conclusasi con l‟internamento. Su questa base dalla fine del 1947 si installò il Movimento sociale italiano, destinato a divenire il partito di maggioranza relativa tra gli ex coloni. Tra antifascismo e fascismo, gli italiani declinarono le più differenti fedi politiche. Chi allestì un partito monarchico, chi un partito repubblicano, chi si riconobbe nei valori democratico – cristiani, chi in quelli liberali, chi in quelli qualunquisti, chi in quelli social – comunisti. Né mancò una sorta di “partecipazione” al referendum del 2 giugno ed alle elezioni del 18 aprile 1948. A svettare fu però l‟ideologia destrorsa. Esponenti dell‟ideologia fascista, parafascista e neofascista dominarono la scena polemizzando dalle colonne dei settimanali di area, e riuscendo ad inserirsi, spesso fino alle posizioni di vertice, in molti dei sodalizi che gli italiani si diedero lungo tutta la stagione dell‟Amministrazione inglese dell‟Eritrea. Antifascisti che avevano tradito, funzionari, membri del governo e le stesse scelte dell‟esecutivo in politica estera furono da costoro ferocemente osteggiati. Tutto questo sullo sfondo di un‟ambiguità che i britannici, accanto ad interventi repressivi, non mancarono di palesare nel rapportarsi all‟ideologia mussoliniana. Ad esempio quando mantennero in servizio funzionari “fascisti” o consentirono la pubblicazione, questo nell‟immediatezza del loro arrivo in Asmara, di un giornale la cui redazione era, nella sua quasi totalità, la stessa del vecchio organo della federazione fascista eritrea. Precisiamo fin d‟ora che i protagonisti di questa stagione politica furono una minoranza, ma una minoranza oltremodo attiva. Manifestazioni, conferenze, pubblicazioni, stampa di area furono gli strumenti con i quali la militanza venne vissuta. Alla luce di questo possiamo affermare che in Eritrea si ripropose, in scala ridotta, quella stessa stagione politica che interessò i connazionali sul suolo patrio. Questo insieme di partiti e di individui si ritrovò unito nella rivendicazione del possesso italiano dell‟Eritrea, con una riproposizione, anche in questo caso, di quella anacronistica battaglia per il perduto impero coloniale che sul territorio nazionale accomunò tutte le forze politiche, dal Movimento sociale al Partito comunista. Gli italiani d‟Eritrea vollero sempre e comunque sottolineare il ruolo propositivo da loro avuto nella storia e per la storia del territorio, cui molti avevano dedicato fatiche e denari per allestire concessioni agricole, fabbriche e per dotare la colonia di una rete infrastrutturale. Per difendere i loro interessi, gli ex coloni diedero vita ad un Comitato rappresentativo che pur rinnovandosi, anche attraverso una sorta di procedura elettorale, apparve più una vetrina per taluni italiani in vista che 9 qualcosa di veramente propositivo e capace di modificare una generale impostazione conservatrice del problema eritreo. Si trattò di un organismo nato per “rappresentare” sedicenti diritti acquisiti che gli sviluppi della storia stavano pesantemente mettendo in discussione. La vicenda del Comitato affiancò la contraddittoria azione “coloniale” portata avanti dall‟Italia nelle sedi internazionali. Italia che, pur firmando nel 1947 la rinuncia formale alle proprie colonie, non mancò di perorarne a lungo il possesso nella forma di un‟amministrazione fiduciaria, salvo poi appoggiarne, dopo essersi scontrata con un muro di opposizione ed essere stata preda di suggestioni “spartizioniste” (per Eritrea e Libia), l‟indipendenza5. La lunga risoluzione del destino politico dell‟Eritrea, per la quale Roma intervenne direttamente sul campo con massicci finanziamenti, fu accompagnata da una stagione di violenze che fece tramontare il ricordo di quella “pace coloniale” che aveva contraddistinto il territorio al tempo del dominio italiano. I protagonisti tristemente più famosi di questa stagione furono gli sciftà (talvolta riportati nelle fonti nella variante di scifta o di shifta). Assalti contro italiani, ma anche, e più ancora, assalti contro eritrei filoitaliani o indipendentisti e guerre tra gruppi etnici fecero piombare l‟Eritrea in una vera e propria guerra civile, che conobbe manifestazioni di violenza pressoché in tutto il territorio. A questi temi sommariamente richiamati, ci siamo rapportati attraverso un approccio per così dire “tradizionale”. Mentre la storiografia sta ormai da alcuni anni esplorando nuove impostazioni e nuovi metodi interpretativi, abbiamo scelto un approccio archivistico e giornalistico all‟argomento in oggetto. Abbiamo esplorato i vari fondi presso l‟Archivio e la Biblioteca del Ministero degli Affari Esteri e l‟Archivio Centrale dello Stato; le carte di Giuseppe Brusasca, all‟epoca dei fatti sottosegretario agli Esteri e ministro de facto dell‟Africa Italiana; i fondi del War Office e del Foreign Office presso i National Archives londinesi, congiuntamente ad altri significativi sondaggi presso l‟archivio del Museo storico della Guardia di Finanza, il Centro di documentazione inedita dell‟Istituto agronomico per l‟Oltremare, l‟archivio dell‟Istituto storico della Resistenza in Toscana ed il Research and Documentation Center di Asmara. Per avvicinarci il più possibile agli italiani abbiamo consultato la stampa asmarina, riuscendo ad avere un quadro quasi completo di un fenomeno davvero singolare. Dalla lettura della 5 Per un recente riesame della questione, cfr. A. M. MORONE, L‟eredità del colonialismo per la nuova Italia, in “„900”, n. 1/2009, pp. 73 – 90. 10
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