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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Non nisi amor plene capiat quae sunt divina. Guglielmo di PDF

217 Pages·2016·1.66 MB·Italian
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Studi Umanistici Dottorato di ricerca in Filosofia (XXVIII Ciclo) Non nisi amor plene capiat quae sunt divina. Guglielmo di Saint-Thierry e la grammatica della volontà Tesi di Dottorato di: Francesca Pullano Matr. R10024 Tutor: Chiar.mo Prof. Massimo Parodi Coordinatore: Chiar.mo Prof. Marcello Massimini Anno Accademico 2014/2015 1 Indice INTRODUZIONE 1. Il rinnovamento culturale del XII secolo. p. 5 2. Una vita significativa. p. 8 3. Il primo intervento pubblico. p. 16 CAPITOLO I: Amor Dei 1. Gli scritti giovanili p. 22 2. Due trattati complementari p. 24 3. Desiderio di Dio nel De contemplando Deo p. 28 4. Le origini del desiderium nel De natura et dignitate amoris p. 34 5. Unitas spiritus p. 38 6. L’amor sui diventa amor Dei p. 41 7. Le età dell’amore nel De natura et dignitate amoris p. 47 8. Conclusioni p. 54 CAPITOLO II: Un Cantico all’amore 1. Il Cantico dei Cantici nella tradizione. p. 58 2. L’Expositio super cantica canticorum. p. 60 3. Esegesi e tradizione p. 65 4. Senso storico secondo Guglielmo: potest esse argumentum. p. 68 5. L'itinearium mentis in Deum all'interno dell'Expositio. p. 74 6. Dall'amore carnale all'amore spirituale. p. 76 7. Scienza, sapienza e il bacio dello Sposo. p. 79 8. Uomo razionale. p. 90 9. I Canti mai scritti e la teoria dei sensi spirituali. p. 93 10. La dottrina dei sensi spirituali p. 94 2 CAPITOLO III: L’uomo come microcosmo 1. La nuova sensibilità del XII secolo p. 98 2. La creazione del mondo e il Timeo di Platone p. 100 3. Il mondo come cosmos e il Tractatus de sex dierum operibus di Teodorico p. 103 di Chartres 4. Dalle quattro cause al Verbo divino p. 106 5. La posizione di Guglielmo di Saint-Thierry p. 108 6. Il De natura corporis et animae di Guglielmo di Saint-Thierry p. 111 7. Un mosaico di fonti p. 114 8. La composizione del corpo p. 116 9. Il legame corpo-anima e il luogo del peccato p. 119 10. La polemica con Guglielmo di Conches p. 125 CAPITOLO IV: La polemica con Abelardo 1. Disputatio adversus Abaelardum p. 132 2. Quaggiù vediamo attraverso uno specchio e in un enigma p. 138 3. L’enigma della trinità p. 145 4. La logica di Abelardo p. 152 5. La teoria trinitaria di Abelardo p. 157 6. Guglielmo e Abelardo a confronto p. 162 3 CAPITOLO V: La Lettera d’oro 1. Sabbatum delicatum p. 167 2. La somiglianza primitiva p. 173 3. L’uomo animale e la cella p. 177 4. L’uomo razionale e l’uomo spirituale p. 183 5. Dalla contemplatio all’amor p. 186 CONCLUSIONI 1. Un monaco attento al linguaggio filosofico p. 189 2. Desiderium p. 191 3. Trinità p. 195 4. Unitas spiritus p. 197 5. Strategia conoscitiva p. 198 6. Dalla scienza alla sapienza p. 202 7. Ratio fidei e grammatica della volontà p. 203 8. L’eredità della filosofia monastica p. 205 p. 208 BIGLIOGRAFIA 4 Introduzione 1. Il rinnovamento culturale del XII secolo Il XII secolo è un momento di rinascita culturale che inizia con l’affermarsi delle scholae cattedrali e si chiude con la nascita delle università; il patrimonio di conoscenze dell'Occidente latino si amplia progressivamente grazie a un grandissimo lavoro di traduzione dall'ebraico, dal greco e dall'arabo. Vengono riscoperte le opere dei Padri greci, di Aristotele, di Tolomeo, di Euclide e testi di medicina greca e araba; la tradizione platonico- agostiniana diventa punto di riferimento anche per discussioni su problemi come la natura matematica del mondo, l'ordine del cosmo e i rapporti tra tempo ed eternità. Si afferma una nuova considerazione del sapere umano, in particolare di quello scientifico, che sembra non trovare più posto nella tradizionale articolazione delle arti liberali; vi sono quindi diversi tentativi di creare una nuova immagine complessiva del sapere, come l’Heptateucon di Teodorico di Chartres o il Didascalicon di Ugo di San Vittore. La scuola di Chartres è uno dei centri più vivaci e significativi di questa cultura: partendo dalle teorie platoniche, del Timeo in particolare, se ne sottolineano le implicazioni antropologiche, arrivando a concepire una nuova idea di natura, vista come insieme di cause contraddistinte da una propria coerenza ontologica; altro tema centrale è la continuità tra uomo e mondo naturale e quindi le analogie tra microcosmo e macrocosmo. Si fa strada inoltre un modo innovativo di affrontare la ricerca filosofica su Dio, che dimostra un'attenzione particolare ai problemi del linguaggio: l’uso raffinato di argomentazioni logiche e tecniche grammaticali, ha lo scopo di verificare se per l’uomo sia possibile affrontare i contenuti fondamentali della fede come trinità e incarnazione. Il fulcro di questo metodo innovativo è la quaestio, che acquista un grande valore filosofico proprio nel XII secolo, a partire dal modello presentato da Abelardo nel Sic et non: 5 presentazione di argomenti a favore e contro una particolare tesi, cui segue un’analisi suddivisa in articula, che si conclude con una soluzione fornita dal maestro1. È un periodo molto significativo in particolare per il monachesimo2, che in riveste un ruolo di rilievo, non solo perché i monasteri sono importanti centri in cui vengono raccolti e tramandati moltissimi testi, ma anche dal punto di vista sociale e a volte anche politico: il monachesimo rappresenta in un certo senso tutto il mondo civile e religioso, grazie alla sua fitta rete di intrecci e relazioni. Il secolo inizia con un periodo di grande splendore ed espansione del mondo monastico, simboleggiato nella ricchezza del monastero di Cluny; anche dal punto di vista culturale e filosofico la tradizione monastica raggiunge il suo momento di maggior maturità e splendore, in particolare grazie a figure come Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Saint-Thierry. Paradossalmente però nel XII secolo inizia anche un periodo di crisi profonda, che porta al declino del monachesimo e prepara la strada alla nascita degli ordini mendicanti, che avviene nel secolo successivo; vi sono tentativi di riforma all’interno del monachesimo, che hanno l’intento di riconquistare l’equilibrio e il senso della misura che caratterizza la Regula benedettina: un travagliato momento di crescita e un estremo e inutile tentativo di rinnovamento. Per questi motivi alcuni vedono nel XII secolo la fine del monachesimo, non perché sparisca totalmente ma perché viene meno la grande incisività storica e culturale che il monachesimo aveva; inoltre i monaci sembrano quasi lasciare la scena filosofica, e si può dire che siano gli ordini mendicanti, i Francescani in particolare, a raccogliere e rinnovare l’eredità agostiniana, che i monaci hanno rappresentato fino a quel momento. Ripercorrendo le tappe fondamentali della vita di Guglielmo e analizzando le sue principali opere, si può notare che egli è una figura emblematica per diversi motivi: per la riflessione filosofica, per l'attività riformatrice, per la sua storia personale e per il suo rapporto di stima e amicizia con Bernardo di Chiaravalle. Guglielmo di Saint-Thierry percorre le due strade che il monachesimo intraprende per cercare di uscire dalla crisi: da 1 Altro testo fondamentale sono le Sententiae tratte dai Padri e raccolte da Pietro Lombardo. 2 Cfr. M. Piazzoni, Guglielmo di Saint-Thierry: Il declino dell'ideale monastico nel secolo XII, Istituto storico per il Medio Evo, Roma, 1988, pp. 1-3. 6 una parte quella riformatrice, che spesso viene presentata come un ritorno alle origini, e dall’altra quella della ricerca contemplativa che però viene da lui affrontata in modo originale; verso la fine della sua vita diventa semplice monaco cistercense a Signy, facendosi partecipe anche delle nuove esperienze cenobitiche. Come si è anticipato, il XII secolo è un periodo molto significativo all’interno della storia della filosofia medievale, perché fa da sfondo non solo alla cultura monastica ma anche ai professori di Parigi e di Chartres, portatori di metodi innovativi e della nuova sensibilità scientifica del tempo. In questa prospettiva, è importante il ruolo che il monaco di Saint-Thierry svolge nei dibattiti contemporanei: avendo studiato anche nelle scholae cattedrali, conosce la dialettica e riesce a confrontarsi in modo peculiare con Abelardo e con i Maestri di Chartres. L’abate di Saint-Thierry comprende le esigenze del suo tempo, in particolare la necessità di un linguaggio più rigoroso per parlare delle realtà divine; ne vede però anche limiti ed errori: al razionalismo che giudica esasperato e falsamente innovativo, Guglielmo oppone un diverso e “corretto” uso della ragione nel processo della conoscenza. Anche se è Bernardo a sottoporre al Papa il caso di Abelardo, che viene poi condannato a Sens, è evidente la rilevanza che Guglielmo ha nella vicenda: è proprio il monaco di Saint-Thierry a scrivere per primo a Bernardo per avvertirlo delle “pericolose” teorie di Abelardo, che si stanno espandendo rapidamente e hanno già raggiunto Roma. Dal punto di vista della sua riflessione filosofica, Guglielmo di Saint-Thierry, riprende in modo interessante il tema dell’interiorità e del soggetto come imago Dei, delineato da Agostino; egli si ricollega alla tradizione agostiniana in termini originali, che risentono chiaramente dell’ispirazione monastica e della nuova sensibilità “umanistica” del suo periodo. Per Guglielmo la necessità di rinnovare la somiglianza tra Dio e uomo diventa un appello alla crescita continua dell’amore, che conduce a un’identità sempre più profonda tra Dio e creatura; l'abate di Saint-Thierry sembra andare oltre il carattere unitario della triade agostiniana – composta da memoria, intelligenza e volontà – per accentuare la centralità della volontà, l’intentio amorosa e conoscitiva. 7 Nella trinità delle facoltà conoscitive – immagine di Dio nell’uomo – la volontà è quella che mantiene fissa l’attenzione del soggetto sull’oggetto della conoscenza e che sceglie la direzione tra le tante possibili individuate dall’intelligenza. In un certo senso la volontà è il rapporto stesso tra memoria e intelligenza, perché rappresenta la relazione tra la tensione della memoria e la spinta analitica dell’intelligenza. Il centro della riflessione di Guglielmo è l’idea di relazione, sia quella tra uomo e Dio sia quella interna alla trinità divina; la tensione amorosa diventa lo strumento fondamentale dell’itinerarium mentis in Deum, il cui obiettivo è aderire al solo livello di realtà che conferisce senso al mondo. Il punto di partenza del mio lavoro di ricerca è l’analisi del testo delle principali opere di Guglielmo di Saint-Thierry: si tratta di considerare con particolare attenzione il linguaggio dell’autore, per chiarire il significato attribuito alle parole e ai termini tecnici che sceglie di usare; in questo modo è possibile mostrare il rilievo teoretico delle posizioni di Guglielmo. Una prospettiva di ricerca che si propone di essere sia storica che teoretica, valorizzando l’elemento gnoseologico intrinseco alla riflessione monastica e rafforzando l’interesse per quanto un autore così apparentemente lontani possono ancora comunicare alla nostra sensibilità. 2. Una vita significativa Guglielmo nasce a Liegi3, probabilmente intorno al 1070; non si conosce la data precisa della sua nascita e poco si sa della sua famiglia: lui stesso afferma che i genitori praticano la vita religiosa e gli hanno dato un’infanzia felice; negli anni della sua giovinezza studia sicuramente a Reims e probabilmente anche a Laon, alla grande scuola di Anselmo dove incontra Abelardo. Il giovane Guglielmo si rivela particolarmente interessato alle argomentazioni e ai metodi usati nelle scholae: dà prova di saperli usare con perizia, ne riconosce la capacità ermeneutica, andando contro le idee che sono solitamente diffuse nelle scuole monastiche. La vita all’interno delle scholae cattedrali è pulsante e vivace, molti monaci interpretano questo come disordine e come devianza dai valori dell’ideale 3 Cfr. M. Piazzoni, Il Declino…, cit., p. 7 sgg. 8 monastico; i luoghi della formazione del monaco di Saint-Thierry sono importanti, perché influenzano il suo atteggiamento filosofico e il suo metodo. Nel primo decennio del XII secolo, Guglielmo decide di farsi monaco: la sua è una vocazione tardiva4 come lui stesso sottolinea, che avviene dopo anni passati in ambienti in cui si sta diffondendo la nuova cultura. Potrebbe andare nel monastero della sua città, decide invece di recarsi a San Nicasio, forse perché meno conservatore e tradizionalista di quello di Liegi, a metà strada tra l’opulenza di Cluny e le rigorose forme di vita solitaria di Citaux; come per i suoi studi, il monaco sceglie un’istituzione che seppur legata alla tradizione benedettina, è indipendente da Cluny e ne rappresenta un’alternativa5. Gli anni di San Nicasio sono dedicati principalmente allo studio intenso, con cui il giovane Guglielmo cerca di recuperare le fonti della cultura monastica; in questo periodo ricopre probabilmente anche qualche incarico amministrativo6, finché nel 1121 diventa abate di Saint-Thierry: il ruolo di abate non gli piace particolarmente, poiché dovendo occuparsi di svariati incarichi istituzionali, ha meno tempo da dedicare allo studio e alla vita contemplativa, che è ciò che egli desidera di più. Probabilmente tra il 1119 e il 1121, durante un soggiorno a Chiaravalle, incontra Bernardo; inizia così un lungo e duraturo rapporto di amicizia e collaborazione. Guglielmo resta colpito dalla vita dei monaci cistercensi, dalla povertà e dalla semplicità di Bernardo e da subito manifesta il desiderio di abbandonare il suo abito nero di monaco benedettino e la sua carica di abate, per indossare quello bianco di monaco cistercense; Bernardo però rifiuta la sua richiesta, sostenendo che il ruolo di abate di Saint-Thierry è fondamentale, specialmente nell’ottica dei movimenti riformatori. 4 Lui parla di una vera e propria chiamata divina, anche se la esprime in modo un po’ generico richiamandosi al topos biblico vendi tutto quello che hai e seguimi. 5 Anche se in quel momento i cistercensi non hanno ancora raggiunto quella grande espansione che raggiungeranno nel giro di pochi anni grazie a Bernardo; nel momento in cui Guglielmo decide di farsi monaco, l’ordine cistercense probabilmente non sembra meno singolare e pittoresco di altri nuovi ordini. 6 Non abbiamo una documentazione certa dei suoi incarichi precedenti all’abbaziato, ma il fatto stesso che egli sia diventato abate fa supporre che abbia già ricoperto in precedenza qualche ruolo amministrativo all’interno del monastero. 9 Nonostante i numerosi impegni di abate, Guglielmo trova comunque il tempo per scrivere e in quegli anni vengono alla luce alcune delle sue prime opere: il De contemplando Deo, il De natura et dignitate amoris, e alcune Meditativae orationes; nello stesso periodo l’abate di Saint-Thierry avrebbe probabilmente preparato il materiale per i due florilegi del Cantico dei cantici tratti da Ambrogio e Gregorio Magno, nonché il De natura corporis et animae. Già nel De contemplando Deo7, si nota il suo approccio particolare: il tema della conoscenza di Dio è non solo un problema di esperienza ma anche di linguaggio appropriato; il desiderio di Dio nasce dall’intimo del cuore e si configura come conoscenza amorosa e forte tensione verso Dio. Il termine e il concetto di contemplatio rimane solo nel titolo: nel corso del trattato si parla sempre di desiderium e amor, e questo denota una particolare attenzione per il linguaggio filosofico. La volontà di entrare in contatto con Dio e il desiderio mistico di arrivare ad essere con lui una cosa sola, vengono espressi da un linguaggio che sottolinea più l’uguaglianza che la distanza tra creatore e creatura; soffermarsi più sulla vicinanza, piuttosto che sulla distanza, tra uomo e Dio è piuttosto raro nella tradizione monastica: grazie alla forza del linguaggio mistico, Guglielmo riesce a rendere bene questa immediatezza, porta la tradizione al culmine e perciò in un certo senso la esaurisce. La grandezza, lo splendore e la perfezione di Dio non vengono mai meno, ma Guglielmo sottolinea con forza l’importanza della dimensione umana di Dio; Francesco d’Assisi, qualche decennio più tardi, prosegue su questa strada, arrivando a vedere Dio nella povertà. Nel De natura et dignitate amoris l’amor è la forza che conduce l’anima al suo compimento, essa viene studiata in modo dettagliato dal monaco di Saint-Thierry, che ne descrive tutti gli stadi e le diverse età: dall’infanzia alla vecchiaia, passando attraverso la giovinezza e la maturità. L'amore carnale ha origine nel desiderium, che ha un carattere essenzialmente spirituale per natura; il tema del soggetto come imago Dei assume la forma di una continua crescita graduale dell'amore, che alla fine conduce a una sempre più profonda identità di 7 Cfr. Introduzione a cura di C. Leonardi, in Guillame de Saint-Thierry, La lettera d’oro, trad. it. di C. Piacentini e R. Scarcia, Sansoni, Firenze, 1983 (testo originale a fronte), pp. 24- 28. 10

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Quaggiù vediamo attraverso uno specchio e in un enigma p. 138. 3. L'enigma della come Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Saint-Thierry.
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