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Una nazione in coma. Dal 1793, due secoli PDF

783 Pages·2013·15.121 MB·Italian
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PIERO BUSCARGLI UNA NAZIONE IN COMA Dal 1793, due secoli Minerva Edizioni PIERO BUSCARGLI UNA NAZIONE IN COMA DAL 1793, DUE SECOLI Minerva Edizioni CLESSIDRA Collana di saggistica storica diretta da Giancarlo Mazzuca UNA NAZIONE IN COMA DAL 1793, DUE SECOLI Piero Buscaroli Direzione editoriale: Roberto Mugavero Impaginazione: Paolo Tassoni L’Editore ha cercato con ogni mezzo i titolari dei diritti iconografici senza riuscire a reperirli. Lo stesso resta a disposizione per gli eventuali aventi diritto. Le immagini di questo volume sono protette dalle leggi sui diritti di copyright internazionale. La loro riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo, è vietata senza il consenso del detentore del copyright. © 2013 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Prima edizione 2013 Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata. ISBN 978-88-7381-697-3 Minerva edizioni Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 http://www.minervaedizioni.com e-mail: [email protected] Sommario Memoria e memorie Lettera a un "preside" Revisionista in Vandea: Charette, l’eroe proibito Il Re di Vandea • “La grande armata cattolica” Le prime vittorie • Il mémorial de Vendée Meridiani e paralleli. La speranza che risplende in un attimo... Chi ha ucciso l’i talia? Poteva l’Italia restare neutrale? • Pietromarchi chiarisce... •... e Gerbore completa • Il blocco inglese • Quella “pugnalata alla schiena” • Dopo la guerra • Lina landa squallida • Usi e costumi intellettuali • Perché gli italiani sono antipatici • I vigliacconi del PCI • Il nostro e altri mondi • La “conquista dello spazio” • Così finisce l’Italia • La manna democristiana • Spettacolo indecente • Fascismo misterioso e incompiuto • La storia che scotta • Misera giovinezza di un misero Stato • Un Presidente “pericoloso” • L’America “vittoriosa" Il SOLO VINCITORE: HO CHI M INH Il suicidio dello Stato 1963: lo Stato a pezzi • Paolo VI, l’Italia e il comuniSmo • Le signore nello spazio • Lo Stato suicida • Sudiciume a Trento • E adesso è arrivata la macellazione statale dei corpi umani • Un regime di emergenza • Se il Fiihrer esce dagli armadi... Ventennio mortale 1947-1967: Anniversario del Trattato di Pace • Le braghe calate sulla storia del marxismo • Guerra e pace fra tragedie e farse • «Contra Sapientes» • Che sfortuna morire a Dallas • Con Mao o senza... • Per un milione di dollari • La «Rivoluzione Culturale»: le origini. 1789-1794 • Lo sbaglio di Svetlana • Perché querelo Bocca Maestri, amici Soffici • Leo Longanesi • Disgustato dall’antifascismo • Il primo revisionista • Toscanini e Longanesi • Le agonie di Cardarelli • Giovanni de Vergottini • Messina, l’unico • Ettore Paratore • Ancora Paratore, ovvero: come non diventai accademico dei Lincei • Mario Praz «Jacques Benoist-Méchin, uno scrittore tra Proust e Hitler • Stalingrado, un sortilegio • Due ritratti dalle Memorie di Jacques Benoist-Méchin: Proust, 1922 • Hitler, 1941 Il mio Vietnam Il generale Walters • Il maresciallo Ky e Silvio di Saigon • «Hué Antiques» • Agonia e morte di M.me Escalation... •... e intanto arriva l’eroica Contessa • Portolano asiatico La punizione del vinto E Churchill disse: distruggete l’Italia • Riaprire le sigillate carte, infangare gli assassini. Sangue di cosacchi. Viltà d’inglesi • Quando Amburgo bruciò come Gomorra • Gli anticomunisti mandati al macello • Dresda, una Auschwitz scesa dal cielo • L’infamia nella valle della Drava Dalmazia uccisa e perduta Zara, la rovina infame • Qui si svende • L’assassinio della Dalmazia • La grande Serbia. Il mito infranto • Olivi senza zecchini • Il partigiano caccia il leone • Il mostruoso mosaico • Qui c’era gente che pensava e sognava in latino Manuale per il coma eterno Indice dei nomi A mia figlia Beatrice MEMORIA E MEMORIE Le memorie. Perché, per chi si scrivono. Per vanità, suggerì Giuseppe Prezzolini che a 94 anni se ne sentiva crescere delusi rimorsi; mi aveva mandato nel 1976 l’appena suo stampato carteggio con don Giuseppe De Luca: «L’autobiografia è l’ultimo dei generi letterari, sorge quando si finisce per pensare a se stessi, l’egoismo dei vecchi non è un vizio, è un’autodifesa come l’incoscienza dei bambini. Ora, tu lo vedi, mi piace parlare di me». La dedica di Prezzolini insisteva: «Carissimo amico, autore, ancoratore», la parola desueta mi rammentava il ruolo di rammentatore del suo passato che tante volte avevo tenuto con lui, «d’uno che fissa il vascello perché presenti una fiancata al vento e si possa cannonare meglio», e ora ribatteva il dovere che m’ero assunto, ventenne, di strappare dalla spoglia del latinista mio padre, che intanto era morto a Venezia il 15 Febbraio 1949, la condanna per “concorso morale in omicidio” che una corte d’assise di partigiani bolognesi aveva emesso nel 1946. Questa sozzura era stata, come allora si diceva, cassata, ossia buttata nel pattume, molti anni più tardi, con le sozzure compagne. Il suo grado di professore di “latino e greco” era già stato restituito al Babbo nel licei classici, anzi, nel virgiliano sommo, di Mantova. Erano favole e progetti nati nel ministero amico, non vendicativo, ma privo di forze e di mezzi. La famiglia si sgretolava, un pezzo dopo l’altro; il Babbo, rinchiuso in uno dopo l’altro di carceri diversi. A Bologna, erano in dodici in una sola cella fatta per cinque; col Babbo erano pigiati tre generali dell’Esercito repubblicano e della GNR, un colonnello tedesco e poi questori, prefetti; l’ex direttore del “Carlino” Giorgio Pini, che presto rivelò d’essersi distaccato dai compagni vinti e incline ad un passaggio coi “vincitori” del PSI. La mamma, valentissima insegnante d’inglese, era “epurata”: guadagnava in decine di lezioni la vita per tutti noi, liberi e carcerati. La casa che lei e il Babbo avevano eretto nel 1936, ci era stata tolta per metà, la mamma costretta a lavare le stoviglie in una stanza qualunque, donne di servizio non ne avemmo più, non si poteva permettere che la sposa di un carcerato avesse aiuti dal popolo lavoratore. Rimase sola con la Paola, la mia sorella dolce e fragile, nel mezzo appartamento che la “Commissione degli alloggi” ci aveva lasciato. * * * La Roma “liberata” in cui lo zio Mario De Bernardi mi condusse alla fine del Maggio 1945 era uno spettacolo sguaiato e insieme affascinante, una fetta di cattivo partitismo variante, rissoso, trafficone. E lui tentava di cavare fuori da quel ch’era ridotta l’aviazione italiana qualche rottame, si esibiva nella sua bravura di progettista acrobata e collaudatore; riuscì a progettare e a far volare una coppia di monoplani da turismo,

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