ebook img

Un pensiero finito PDF

136 Pages·2002·25.277 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Un pensiero finito

JEAN-LUC NANCY Un pensiero finito MARCOS Y MARCOS INDICE Un pensiero finito 7 L'offerta sublime 63 Il cuore delle cose 125 L'amore in schegge 159 L'ìnsacrificabile 213 Post/azione 265 Un pensiero sublime Capitolo 1 UN PENSIERO FINITO Ha dunque l'esistenza in generale un senso? - quel quesito che soltanto per essere compreso e sentito in tutta la sua profondità avrà bisogno d'un paio di secoli. F. Nietzsche, La gaia sdenza, af. 357. Essendo la filosofia rivolta alla totalità dell'uomo e a ciò che vi è di più alto nell'uomo, nella filosofia la finitezza deve mostrarsi in modo del tutto radicale. • M. Heidegger, « Dibattito di Davos tra Ernest Cassirer e Martin Heidegger », in Kant e il problema della metafisica, p. 235. Il senso è ormai la cosa meno condivisa del mondo. Ma la questione del senso è ormai il nostro destino, senza riserve né scappatoie possibili. La questione, o_f orse più è meno di una questione: una preoccu pazione, un compito, una chance 1 • 1 Sia consentito riponare qui alcune righe comparse nella primavera del 1990 nella uttre internationale, n. 24, come eco degli avvenimenti europei di quell'anno. Esse s'intitolavano « Continua » - e qui ne vjene dato il seguito. Nesruno s'inganni. Non si trai/a più soltanto di una crt"sl e nemmeno di una /i• ne delle ~ideologie». Si traila di una sron/illa generale del senso. Il «senso» va qui inteso in tulli i senti: senso della ston'a, stnso della comunità, .renso dei 7 « Il senso » qui vuol dire, beninteso, il senso, as mancanza del quale non esisterebbe. E il senso che solutamente considerato: il senso della vita, dell'uo esiste, o che fa esistere, in mancanza di cui non sa mo, del mondo, della storia, il senso dell'esistenza. rebbe senso. In altri termini: l'esistenza che è o che fa senso, in * ** popoli o delle nazioni, senso dell'esistenu, senso di qualsivoglia immanenza o trascendenu. E c'è di più: 4 /fQVarsi invalidali non sono soltanto conlenuti di senso, sigmJicazioni - ogni nostra significazione-. È nel luogo stesso della /or• Il pensiero non si è mai occupato d'altro. Se pensie mazione, della nascita o della donazione di senso che si spalanca uno strano bu ro si dà, è perché v'è del senso, ed è secondo il sen a:, nero. Accade come se nel dissolversi di questa capaaìà ori'gin.aria di fare o di ricevere senso, le cui molteplici figure co111{Jongono fino a oggi la storia del Sog, so che ogni volta dà e si dà da pensare. Ma v'è an geuo moderno: soggeuo della filosofia, della politica, della storia, della prassi, della fede, della comunicazione, dell'arte. Accade come se sorgesse un mondo, o che l'intelligenza, o peggio, l'intellettualità: esse so dei mond,; o dei /rammenti di mondo, senza che vi sia nessuno per accoglierlo, no in grado di dedicarsi ai loro esercizi come se in coglierlo o raccoglierlo in quanto «mondo». L'« Ovest» non è capace di acro gliere l'« Est~ che va in frantumi. nanzitutto e unicamente non si trattasse del senso. « Ogni coscienZJl è coscienza di qualco1a », essendo innan1.itu110 « coscienza Questa debolezza o questa pigrizia sono sempre di sé>: era questo il compendio del nostro pensiero, ma eca:, che vi sono cose che proli/erano senza essere cose di coscienza alcuna, ed ecco dei «sé» e"anti, molto diffuse. Forse non possono evitare di intro svincolati dalla relazione di coscienza con se stessi. « Ogni azione è finalizzata alla casa comune di un regno della libertà»: raie era il compendio delle nostre dursi in ogni sforzo o in ogni inclinazione al pensie massime. Ma uco che su ognuno di queste parole grava il passivo di un disastro ro, dal momento che c'è discorso - e c'è sempre i"eparabHe. Nessuno s'inganni: nei falli, i migliori testimoni sono coloro che appro/illa· « discorso » (non si dà estasi silenziosa del senso, no pesanttmente dell'occasione per ripropo"e delle merci intelleuuali che di /at, benché sia al limite delle parole, il loro stesso limi to non sono nient'altro che merci, e la cui data di scadenza è inoltre largamtnte suptrala; «Liberalismo», «umanesimo», « ditllogo », « formazione degli u<r te). Sembra tuttavia ·che ci sia, in tal modo, un'indo mini», « socilllismo aperto», • dem0<:razia » sono parole pronunciate con pru• denza anche da coloro che le impiegar,o, i'n tono minore, con la preoccupai.ione lenza e una irresponsabilità intellettuali molto con di non smarrire quei pallidi brandelli di senso che vi restano a/laccali. Certo, si grue con questa fine di secolo: fare appunto come comprtnde e si condivide l'entu.sia.smo di quanti hanno potuto dare una piccona• ta al muro di Berlino. Di quelli che avevano potuto cacciare Marcos, e adesso, se la suddetta fine di secolo, non fosse altro che per Ceaucescu. Di quanti hanno potuto mani/es/art nelle strade di Pretoria. Ma fui• il suo valore simbolico (ma anche per alcune altre ti quanti, anche, senza dirlo troppo forte, comprendono e condividono la diScre ziOne che segue a quei momenti. Bisogna es-sere diScret;, ossia: nessuno si riro• circostanze politiche, tecniche, estetiche), non ci ri nosce più il diriuo, o la forza, d'essere indiscreto. Essere indiscreto potrebbe voler dire una cosa soltanto: sollevare il proble chiamasse con una certa rudezza alla questione, alla ma del senso, ovvero, se si preferisce una formula più classica, e dopo tulio più chance o alla preoccupazione del senso. Questo se- nella, il problema dei fini - o del(/a) fine, della finalità in generale. È appunto sulla finalità che le anime belle neo-liberali, neo-democratiche, neo•este1iche o neo-etiche sono più discrete. Esse, indubbiamente, non /anno che parlare in ter teramente rimtssa iiz gioco, squadernata davanti a noi senza riserve, e non sol milli di «fini• (di« ork:t.onti », d'« avvenire•>, poiChé si tratta Ml registro or tanto e prima di tu/lo come la domanda « quali fini?», ma come la questione dinan'o e obbligato del nostro pensiero (di cui è pure una forma di compendio). dell'idea stessa di «fine». Oppure, di «senso». Una buona parte dell'intelli• Ma quel che ci si guarda bene dal dire è cht ogni nostra finalità è stata intrinse• genza contemporanea è 01tinalamente impiegata a tirarsi indietro. aJmente legata a quei regimi di trascendenza o d'immanenza del senso orma,: Non che la questione non sia stata po1ta. Rimane da scrivere la stonà esatta discretamente, fuori gioco. di trent'anni di pensiero. Ma ,1 consenso r1eo--liberal.e, neo--sodalista si ostina a Si capitola e si tergiversa davanti al /allo che la questione dei fini i ormai in- guardare altrove ...( continua). 8 9 colo che finisce non sarà stato quello di molteplici sul proprio limite), alla maniera della marea più im naufragi del senso, della sua deriva, del suo stato di petuosa, che ritirandosi lascia vedere modificato il abbandono, della sua inedia - in breve, della sua limite della riva. Viene a noi, dunque, d'altra parte, fine? un pensiero ad altezza di fine, se cosl si può dire, Infine, penseremo la fine? L'ignavia intellettuale un pensiero che deve innanzitutto misurarsi con il reagisce male alla parola « fine »: « fine della filoso fatto che il « senso » è potuto finire, e che si potreb fia », « fine dell'arte», « fine della storia » ... Come be trattare di una finitezza essenziale del senso - la se temesse subito d'essere privata di alcune eviden quale a sua volta richiederebbe un'essenziale fini ze e certezze senza le quali si troverebbe costretta tezza del pensiero. In effetti, ed è la terza posta in proprio a quel che cerca di evitare: il carattere gioco del titolo, quale che debba essere il contenuto estremo, radicale, del pensiero 2• Ed è appunto di o il senso di quanto si chiama in questo modo « fi questo che si tratta, di cui si deve trattare senza nitezza» (e questo libro non si occupa d'altro, pur aspettare oltre: di pensare senza riserve questa fine lungi dall'esserne il trattato), è se non altro certo polimorfa e proliferante del senso, dal momento che il pensiero di un tale « oggetto >> deve adottarne che è là, soltanto, che noi abbiamo qualche possibi la forma o la condizione, facendosi esso stesso pen lità di pensare la provenienza del senso, e come del siero finito: un pensiero che, senza rinunziare alla . . senso, ancora, c1 perviene. verità, all'universalità, in breve al senso, può pensa re soltanto toccando in maniera identica il suo pro * prio limite e la sua singolarità. Come pensare tutto ** - tutto il senso, non se ne può fare a meno, poiché Il titolo « un pensiero finito » mette perciò in gioco è indivisibile - in un pensiero, nel limite di un solo tre cose, molto semplici: da una parte, vi è per noi infimo tracciato? E come pensare che questo limite un pensiero che è terminato, una modalità del pen è quello di tutto il senso? siero che è stata liquidata con il naufragio del senso, Non c'è tentativo di una risposta diretta, se non ossia con il compimento e l'intero arco delle possi per l'affermazione liminare di una necessità: « La bilità di significazione dell'Occidente (Dio, Storia, messa in luce dell'essenza della finitezza [ ... ] dev'es Uomo, Soggetto, Senso stesso ... ). Ma compiendosi sere essa medesima sempre radicalmente finita» 3 • e ritraendosi, questo pensiero fa sorgere una nuova configurazione (la sua, dunque, la sua che si disfa > M. Hcidegger, Kant t il problema della metafisica, tr. it. di M. E. Rcina e V. Verra, Laterza, Roma-Bari 1981, p. 20.3. U contesto immediato di questa frase non le rende giustizia: Heidegger sembra rimanere prigioniero di una 2 Simmetricamente esso ha fabbricato la formula della « 6nc delle ideo concezione in fondo relativista del « pensiero finito •• che rimarrebbe sempre logie •, che ~ per lui la buona fine, la fine dell'eccesso-di-senso. Ma intanto, soltanto « una possibilità » tra altre, non potendo pretendere di conoscere la non affronta la mancanza di senso. « verità in sé • della finitezza. Occorre almeno un chiarimento. Non si cono- 10 11 * ** forza della forza. (E tale appunto è l'assoluto del senso nel punto estremo di ogni metafisica del Sa Che cos'è il senso? Ossia, qual è il« senso» di que pere e del Verbo, della Filosofia e della Poesia). sta parola, « senso », e quale è la realtà di questa co Il senso non è ciò che è in sé se non in quanto è sa, « il senso»? Qual è il concetto, qual è il referen « per sé»~. te? Viene subito in mente che il concetto e il refe Lo stesso accade per l'altro senso della parola rente in questo caso devono confondersi, dal mo « senso », per il suo senso « sensibile»: sentire, è mento che è in quanto concetto (o come si vuol di necessariamente sentire che c'è sensazione. Il senti re, idea, pensiero ... ) che questa « cosa » esiste. Il re non sente niente, se non si sente sentire, proprio senso è il concetto del concetto. Si può analizzare come il comprendere niente comprende se non si questo concetto come significazione, comprensione, comprende comprendere. L' « altro » senso della voler-dire, eccetera 4• Ma quel che è implicato, arti parola è altro solo in· base a questa medesimezza 6 • colato e sfruttato in tutte queste analisi, è che il Il che richiama il chiasmo: quel che sente nel senti concetto in questione, in tutta la sua estensione e in re, è che comprende di sentire, e ciò che fa .senso tutta la sua comprensione, non può semplicemente nel senso, è il sentire stesso di fare senso. Si potrà essere il concetto (o il senso) di qualcosa che rimar obiettare che in questo modo non si fa che arretrare rebbe posto, situato in una realtà esterna, senza ad inftnitum la questione del senso del senso, oppu rapporto in sé con il suo concetto (nel modo in cui, re che si perde anche ogni possibilità di porla, in almeno, si concepirà correntemente il rapporto di questo gioco ossimorico dove niente ci fa sapere co una pietra, o di una forza, e del suo o dei suoi con sa potrebbe essere « sentire il senso », né « com cetti). Infatti il concetto di senso implica che il sen prendere il sentire». Non è senza dubbio un caso so si colga esso stesso in quanto senso. Questa mo se questa duplice aporia rimanda alla distinzione dalità, questo gesto di cogliersi-da-sé in quanto sen più potente di tutta la filosofia: quella del sensibile so fa il senso, il senso di ogni senso: in modo indis e dell'intelligibile (di ciò che ha senso). Del resto, si sociabile, il suo concetto e il suo referente. Come potrebbe mostrare senza difficoltà che non c'è una un concetto che avesse il pietroso della pietra, o la ' Naocy impiega qui l'espressione « à soi • e per tuno il saggio _cercherà di sfruttare l'ambiguità - indecidibile in italiano - tra un ~nso intenzionale cd scc la finit=• « in sé»: ma non per effetto di un prospWivismo, bensl per ùno puramente con-vocativo. È qucst'ul~o eh,~ Nancy ~tend~ _privilegiare, ché non c'è finitezza « in sé». È cli questo che si deve traruirc, non cli una re come dirà in nota più avanti, a proposito del! unposs1bili1à ~! in1en?•~ •~ torica della modestia del pensiero, nella quale Heidcgger resta, in questo ca• zum Tode sein heideggeriano come un telos (cfr. nota 12). Nel! unposs1b11à d1 so, intrappolato. poter rendere in italiano questo gioco, abbiamo volta per volta scelto la solu ' Presupposti, come ci si aspetta da tutto ciò, sono Nietzsche, Husserl, la zione migliore [N.d.T.J. lettura che cli quest'ultimo fa Derrida, poi Marion, e Heidegger, e Oclcuze. • Già Hegel ammirava il doppio senso di Si11n (nella sua Es1e1ica, ov Va da sé, ma è meglio dirlo. viamente). 12 13 filosofia, né una poesia, che non abbia preteso, in vuol dire: squadernamento di questo riassorbimen un modo o nell'altro, di superare, dissolvere o dia to del senso - ma anche questione di ciò che, del lettizzare questa duplice aporia. È questa sempre la senso, gli resiste, di nuovo lo intacca e lo apre an punta dell'estremo metafisico più sopra evocato. Il cora. compito che tocca alla filosofia, il nostro compito, è Il senso è l'apertura di un rapporto a [à) sé: ciò lo stesso, soltanto alterato, ma alterato senza limiti, che lo inizia, ciò che lo impegna e ciò che lo man dalla fine del senso 7• tiene a [à) sé nella e tramite la differenza del suo rapporto. (« Sé » qui designa sia il « se stesso » del * ** « senso », se se ne può parlare, che ogni costituzio ne di « sé », intesa come « identità » o come « sog Tutto il lavoro di un'epoca - quella della filosofia gettività », o come « proprietà », ecc.). L' a dell'a-sé, che scava in profondità la propria fine, decostruen con tutti i valori che gli si possono attribuire (desi do il suo proprio senso - ormai ci ha insegnato que derio, riconoscimento, specularità, appropriazione, sto altro modo di dispiegarsi della medesima aporia incorporazione, ecc.) è innanzitutto la spaccatura, (non la sua « soluzione », ma piuttosto il pensiero lo scarto, lo spaziarsi di una apertura. O ancora: della sua assenza di soluzione in quanto luogo stesso « La significatività (Bedeutsamkeit, la proprietà d'a del senso), che si può cercare di dire in questo mo vere o di fare senso) è ciò rispetto-a-cui il mondo è do: aperto come tale » 8 • Il senso attiene dunque a un rapporto a [à) sé in Mal'« apertura» oggi è diventata un motivo ba quanto a [à] un altro, o a [à] dell'altro. Aver senso, nale l'evocazione di una sorta di debole generosità o fare senso, o essere sensato, è essere per [à) sé in ' in un discorso benpensante alla moda (in cui figura- quanto dell'altro affetta questa ipseità, e questa af no pure, obbligatoriamente, l' « alterità », la << diffe fezione non si lascia ridurre né trattenere nell'ipse renza», ecc.): una proprietà morale, più che onto stesso. Al contrario se l'affezione del senso è rias logica. Ora, è l'essere ciò di cui si deve trattare: sorbita, anche il senso sparisce. Cosl è per la pietra quale senso sarebbe o farebbe senso, se non fosse il (almeno secondo quanto noi ci rappresentiamo), cosl è per i grandi monoliti, monumenti e mono • M. Heidegger, Essere e tempo, tr. it. di P. Chiodi, Longanesi, ~ano grammi della filosofia, Dio o Essere, Natura o Sto 19764, 31, p. 182. Si noterà di passaggio che,_benché questo bb~ definisca il ria Concetto o Intuizione. « Fine della filosofia » principio di una « decostruzione • del senso, 10 '!uant? senso d~/1 essere, Hci dcgger nondimeno rimane tributario di un doppio. regune, d~ss,co, della pre ' sentazione dcJ senso: una volta come « compren.s1onc ». un altra volta come « sentire » o «sentimento• (Befindlichkeit). Egli ripete d,e i due sono indis 7 Cfr. Jean-Luc Nancy, Une pensée /inie, GaJi!~. Paris 1991, il capitolo sociabili, ma i due restano due, e Heidegger non interroga esplicitamente « S<:ns dliptique • [Non tradotto nela presente edJZ1one, N.d.T.). questa dualità. 14 15 senso dell'essere? ... E quale essere sarebbe, se non appropriazione dell'inappropriabile del suo a-essere fosse senso (dell'essere)? 9 [à-etre] - del suo senso. L'apertura dell'a-sé [à-sot] deve dunque esser Il sé che sarebbe la sua origine, che si appropria pensata con questa radicalità ontologica (c hecché della sua fine (tale è, o sembra essere, il Sé hegelia debba accadere del« senso» dell'« ontologia>>). In no, e il Sé filosofico in generale, anche quando di fondo è quanto definisce, riguardo al nostro tempo, luisce questa appropriazione in « idea regolatrice», l'essenziale del lavoro del pensiero. o in tutti i tipi di relativismo, o ancora in « enigma dei fini », o in « incessante ricerca della questione », in poche parole in uno sbandamento del pensiero) * ** - il che sarebbe, esattamente, l'insensato. Un po' come in un gioco la cui regola volesse che il vincito L'essere che è aperto non è questo e quello, e, inol re fosse dato all'inizio. È questa insensatezza che tre, contrassegnato o distinto da un'apertura. L'es tocca, esattamente, la filosofia nella sua fine (sche sere che è aperto - ed è quanto noi cerchiamo come matismo/sapere assoluto/morte di Dio). Ed è esat l'essere del senso, o come l'essere-a-sé [etre-à-sot] - tamente un tale tocco che fa pensare la fine, in tutti è in questa apertura, in quanto tale: esso stesso ne è i sensi dell'espressione. l'aperto. Allo stesso modo, il sé che è a-sé tramite e Vi è senso a partire dal fatto che l'essere-a-sé non in una alterità non ha questo << altro » come un cor si appartiene, non ritorna a sé. A partire dal fatto relato, né come il termine di un rapporto che ver che è questo non-ritornare-a-sé: non ritornare a sé rebbe, per l'appunto, a « rapportarsi» al sé. Rigoro senza resto, e senza un resto che non « resta » aldi samente, non si tratta né d'« altro », né di « rappor fuori, come mancanza o sovrappiù, ma che è esso to». Si tratta di una dieresi o di una dissezione del stesso l' a dell'essere-a-sé, l'aperto della sua apertura. « sé » che precede ogni rapporto ad altro, come pu Il senso è l'a-sé in cui lo a determina il sé al punto re ogni identità del sé. In questa dieresi, l'altro è già da poter essere ~viamento del « sé », disinteresse lo stesso, ma quest' « essere » non è una confusione, del « sé », il suo stesso oblio, e anche l'intrico che vi e ancor meno una fusione: è l'esser-altro del sé in è in esso, che esso è, di un « tu », di un « noi», e quanto né « sé » né « altro », né un rapporto dei anche dello « egli » del mondo. due possono essergli attribuiti come origine. È me * no di un'origine, e più che un'origine: l'a-sé come ** Pensiero semplice, e duro, e difficile. Pensiero ri • Cfr. M. Loreau, La genèse du phlnomène, Minuit. Paris 1989, p. 301: • Non v'~ essere che sia distinto dal senso deU'esserc ». belle a ogni pensiero, e che il pensiero, tuttavia, co- 16 17 nosce - comprende e sente - come ciò stesso in cui « Quarido l'essere è posto come infinito, preci pensa. Pensiero in permanente insurrezione contro . samente allora è determinato. Se è posto come fini ogni possibilità di discorso, di giudizio, di significa to, allora è l'assenza-di-fondamento che è afferma zione, e anche d'intuizione, di evocazione o d'in ta» 10 • cantesimo. Ma pensiero presente soltanto grazie a L'assenza-di-fondamento (Abgriindlichkeit) è quei discorsi o quelle parole cui fa violenza - di cui quanto qui viene trascritto con« il senso». L'assen è la violenza. Questo è il motivo per cui questo pen za-di-fondamento non è un difetto dell'essere a es siero si chiama anche« scrittura», ossia inscrizione sere costante, giustificato, originato in quanto è e in di questa violenza, e di questo: che grazie ad esso ciò che è. Essa è: che l'essere non rinvia a niente, né ogni senso è escritto [excrit], non ritorna a sé senza a sostanza, né a soggetto, e nemmeno a « essere », resto, che ogni pensiero è un pensiero finito di que se non o per di un essere-per, per sé, al mondo, che sto eccesso infinito. fa tanto l'apertura, o il getto, l'essere-gettato dell' e Pensiero votato al pensiero di un solo senso - sistenza. poiché è chiaro che non vi possono essere più sensi, Ancor più rigorosamente: l'essere non è l'essere, né gerarchie, situazioni o condizioni più o meno né il sostantivo, né la sostanza. « L'essere» non è « piene», o più o meno « degne» di senso. (Quan che essere, il verbo - per quanto si possa desostanti to al male, ci si ritornerà: è l'autosoppressione del ficare il verbo stesso, e destabilizzare la grammatica. senso). Ma a questo senso, il senso assoluto nella E nòn questo verbo intransitivo che ci dà la lingua, sua assolutezza e nella sua singolarità, propriamente ma un verbo «essere» transitivo, che non esiste 11 : appartiene, per ragioni d'essenza (se vi è un'« essen « essere l'esistente », come si direbbe « fare, o fon za»), di non cogliere e di non presentare né la sua dare, o mangiare l'esistente », ma appunto, senza unità né la sua unicità. Questo « un solo » senso trasmettere alcuna qualità o proprietà, trasmetten- non ha né unità né unicità: è « un solo» senso (di « un solo» essere), perché ogni volta è il senso. Non •• M. He.idegger, Bdtriige zur Ph,1orophi'e (Vom Ereignis), Klostermann, lo è « in generale », e non lo è una volta per tutte. Frankfun a. M., 1989, pp. 268-269. 11 Heidegger ne evoca la possibilità in Che cor'i la /ihso/ia? (tr. it. di C. Lo sarebbe, se fosse compiuto, riassorbito, insensa Angelino, il melangolo, Genova 1981). In questo scn~, la differenz:i dell'esse to. Infinito e insensato. re e dell'ente non potrebbe essere designata come •differenza•· Lcssere che I (transitivamente) l'ente non differisce da quest'ultimo che nella maura u, La finitezza designa l'« essenziale » molteplicità e cui questa stessa differenza differisce _da un~ differenza dcli'~ essere? (um11n sitivo) rispetto a!J' • ente». Quest'ultuna differenza (quella tntcsa ptù spesso l'« essenziale » non-riassorbimento del senso, o del come il senso della « differenza ontico-ontologje11 •) differisce dunque da se l'essere. In altri termini, se è come esistenza, e uni SIC$Sa, e si di/ferisct: l'essere non vi accade come Essere. È quanto.Jac'!ues Den:ida ha voluto mettere in chiaro con la né-parola, néaconeetto d, « diffé camente come esistenza, che l'essere è in gioco: essa rance •· E come ha scritto in La voce e il fenomeno: • La differenza infinita ~ designa il senza-essenza dell'esistere. finita,. (tr. it. di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 1968, p. 146). - « Questa frase, temo, non ha senso» disse un giorno. Forse, ma senso vi è. 18 19 dosi soltanto, trasmettendo all'esistente null'altro Dicendolo in questo modo: quel che porta il che questo a della trasmissione, l'essere-a del senso, -pensiero in una espressione come « essere alla mor conferendo all'esistenza l'essere in quanto senso, te » (zum T ode sein) 12 non è in primo luogo « la , non il« senso dell'essere» come un contenuto di si morte», ma è lo a, di cui« la morte» indica soltan gnificazione, bensl l'esser-senso dell'essere. Non to che esso si mantiene, come struttura dell'essere, quindi «donandolo», ma essendo soltanto l'a - « fino alla fine» - che è assenza di «termine», di presentazione, tensione, direzione, abbandono - di estremo o di fine in cui si salderebbe il circolo infi un'offerta che di colpo, senza fondamento alcuno, nito di una appropriazione in-sensata. L'esser-a mette o rende l'esistente in «debito», ossia in ec « mette capo » all'essere-a, e non si tratta di un cir cesso della sua propria esistenza, avendo a esserlo colo, né di una tautologia - e meno ancora di un appello a morbosi eroismi, e molto meno ancora un (esistenza, sé), dovendo appropriarsi in quanto l'i invito a colpire la morte all'insegna di una missione nappropriabile di questo senza-fondo che sarà stato il suo essere, più e meno che origine. o di un servizio. Giacché è la morte appropriata a essere l'insensato. Il senso, è l'esistenza che ogni « Finitezza » vuol dire: non che il tutto del senso volta deve nascere e morire (deve nascere, cioè mo non è dato, e che bisogna rinviarne (abbandonarne) rire: non ritornare a sé). Questo nulla toglie alla du all'infinito l'appropriazione - ma piuttosto che tutto rezza della morte, all'angoscia davanti ad essa. Que il senso è nell'inappropriazione dell'« essere», la sto, propriamente parlando, non comporta né con cui esistenza (o il cui esistere) è l'appropriazione solazione, né compensazione. Questo indica soltan stessa. to che nella « finitezza » non è questione di « fine », Quanto, per l'esistente, fa senso, non è l'appro né come scopo, né come compimento, e che non è priazione di un Senso che renderebbe l'esistenza in questione che di una sospensione del senso, in sensata come un monolito d'essere. Al contrario, finito, ogni volta rimesso in gioco, riaperto, ogni ogni volta, per ogni nascita e per ogni morte, è l'ap volta esposto con una novità cosi' radicale che subi propriazione (a sé) del fatto che non c'è senso in to viene meno. questo ·senso in-sensato. È, per fare un esempio, quello che vuol dire un pensiero della morte quan * ** do pensa, non che la morte dia senso, ma al contra I rio che il senso fa senso perché la morte sospende la 12 Se si vuole 1.n1durre « per la mone •• si introduce una finalità es1ranca al testo. Ossia, occorre reinterpretare questo «per», questo :um, che un a sua appropriazione, e appropria l'inappropriabile traduce più esattamente. Comunque stiano le cose, occorre in questo caso dell'essere-a, che non è più, esso stesso, per [à] pensare la mone aldifuori di ogni logica sacrificale - cosa che richiederebbe pure una critica e una decostruzione di questo tema in Heidcgger stesso (cfr. nient'altro. più avanti il capitolo • L'insacrificabile »). 20 21

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.