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Tommaso d'Aquino nel pensiero contemporaneo PDF

203 Pages·2006·1.457 MB·Italian
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Umberto Galeazzi TOMMASO d’AQUINO nel pensiero contemporaneo INDICE Introduzione. Capitolo I SULLA SVOLTA SOGGETTIVISTICA DELLA MODERNITÀ DA CARTESIO A SARTRE. DIALOGO CRITICO NELLA PROSPETTIVA TOMMASIANA 19 1. Adomo e la svolta soggettivistica della modernità 19 2. Sartre, Cartesio e il punto di partenza del sapere. La prospettiva critica tommasiana 25 Capitolo II EDITH STEIN: L'INCONTRO CON IL PENSIERO DI TOMMASO D'AQUINO E IL DIALOGO CRITICO CON HUSSERL .... 37 1. Andare alle cose stesse. Liberazione dell'intelligenza dalla chiusura soggettiva 39 2. Critica della svolta idealistica husserliana 48 3. Idealismo trascendentale e presupposto naturalistico 51 Capitolo III SULLA PROSSIMITÀ SPIRITUALE A TOMMASO D'AQUINO NEL PENSIERO DI CHARLES TAYLOR. ASPETTI ANTROPOLOGICI ED ETICI 67 1. Vita piena, tensione al bene e fine ultimo 67 2. Momenti della libertà 90 Capitolo IV RAGIONE E PASSIONI IN TOMMASO D'AQUINO. TENTATIVO DI CONFRONTO CON L'ANTROPOLOGIA DI KANT 111 1. Legge morale e passioni in Kant. Per un confronto con l'antropologia tommasiana 112 2. Agire umano e passioni: la rilevanza etica 123 3. Le passioni e l'amore 132 CapitoloV. L'ETICA DELL'AMORE IN TOMMASO D'AQUINO. PER UN CONFRONTO CON PROSPETTIVE ETICHE CONTEMPORANEE 139 1. Il rapporto tra gli uomini in alcune posizioni filosofiche contemporanee .... 139 2. Tommaso d'Aquino e l'etica dell'amore 144 3. Il male morale nella prospettiva tommasiana 152 Capitolo VI RICONOSCIMENTO E DIGNITÀ UMANA. LA PROBLEMATICA CONTEMPORANEA E IL PENSIERO DI TOMMASO D'AQUINO 157 1. Società multiculturale e riconoscimento 157 2. Dignità umana e metafisica della creazione. La posizione di Tommaso d'Aquino 162 3. La radice del rispetto, dell'amore e della comunione 171 Capitolo VII PERCHÉ L'AMICIZIA? LE RAGIONI DI TOMMASO D'AQUINO 175 1. Amicizia, felicità e identità umana 175 2. Desiderio, amore di concupiscenza e gratuità 178 3. Il bisogno di riconoscimento 183 Capitolo Vili LIBERTÀ E FINE ULTIMO IN TOMMASO D'AQUINO NELLTNTERPRETAZIONE DI CORNELIO FABRO 185 1. Sulla possibile situazione aporetica 185 2. Tensione alla felicità e fine ultimo concreto. Linee di soluzione dell'aporia 191 3. Il fine come principio degli atti umani 196 4. Inevitabilità del fine ultimo e vita etica 198 Indice dei nomi 205 INTRODUZIONE Un classico della filosofia è tale perché riesce a parlare non solo a- gli uomini del proprio tempo, ma anche a quelli di epoche e secoli successivi, nei quali viene riscoperto, studiato con nuove prospettive, a partire da nuovi interrogativi, in base ai quali se ne indagano degli aspetti inediti, delle virtualità ancora ignorate. Per intenderlo va certamente contestualizzato nella propria situa- zione storica, ma non è certamente prigioniero del suo tempo, come se non riuscisse a comunicare oltre di esso, giacché, al contrario, viene letto, studiato, interpretato anche in altri contesti storici e culturali. La storia delle interpretazioni fa progredire, nel senso che amplia ed accresce, la comprensione del classico e ne evidenzia la vitalità, la ricchezza di senso e di pensiero, che, evidentemente, attinge all’hu- manum nel suo nucleo che permane nel tempo, pur nel variare dei contesti, dei saperi, degli strumenti tecnologici e delle condizioni ma- teriali dell’esistenza. Altrimenti, come spiegare il fatto che, per esem- pio, Platone viene letto con interesse ancora oggi, in cui tutte quelle circostanze appena menzionate sono mutate non lievemente, ma radi- calmente? Questo fatto indubitabile smentisce l’incomunicabilità tra le varie epoche e tra uomini vissuti in periodi diversi, incomunicabilità, che ridurrebbe la ricerca storica a evasione erudita nel passato, miscono- scendone la capacità di comprensione. La conoscenza storica e, quin- di, di autori del passato, presuppone un quid di comune tra uomini di epoche diverse, cioè tra i protagonisti dei fatti e quelli che indagano su di essi e li ricostruiscono, tra gli autori delle opere (letterarie, filosofi- che, artistiche, ecc.) e quelli che si impegnano a intenderle e a inter- pretarle. La significatività dei classici lungo la storia, che è anche sto- ria delle interpretazioni, manifesta inequivocabilmente quel quid di comune, confutando astratte teorizzazioni di presunta incomunicabili- tà, costruite prescindendo dall’esperienza concreta del comprendere e, quindi, sulla base di un presupposto ingiustificato. 7 8 Introduzione Giambattista Vico ha il grande merito di aver evidenziato che, affin- ché ci sia comunicazione tra uomini, pur molto diversi tra loro, ci deve essere qualcosa che li accomuni, qualcosa su cui si fonda la fecondità co- noscitiva delle domande dell’interprete. In questo caso le attese e le anti- cipazioni non fanno violenza, né falsificano la realtà indagata, perché si basano su qualcosa che le appartiene. Tra «sapienza volgare» e «sapienza riposta» non c’è una totale eterogeneità, né incomunicabilità, perché ci sono i contenuti del senso comune che si riscontrano, sia pur espressi in modi diversi, in tutti gli uomini, dai primi «autori» delle nazioni fino agli addottrinati e che, quindi, sono presenti fin da quando i primitivi «inco- minciarono a umanamente pensare» (SN, 338)1. Si tratta di riconoscere la diversità, rispetto al nostro mondo, degli inizi dell’incivilimento, senza cui non avrebbe ragion d’essere lo sforzo ermeneutico, la nuova arte cri- tica in cui consiste la Scienza nuova. Se l’altro fosse identico al soggetto conoscente, non ci sarebbe nulla da comprendere. Ma, nella prospettiva vichiana, l’interprete, pur appartenendo alla propria situazione storica, non ne è prigioniero in modo da essere incapace di riconoscere l’altro, come passato, come situazioni diverse, autori diversi, umanità diversa. E ciò in virtù di una sostanziale comunanza. Sicché, pur nella diversità, Vi- co mette l’accento su questa sostanziale comunanza — sottesa nel lin- guaggio — dell’ethos, sentito e inteso dagli uomini e dai popoli: «È ne- cessario che vi sia nella natura delle cose umane una lingua mentale co- mune a tutte le nazioni, la quale uniformemente intenda la sostanza delle cose agibili nell’umana vita socievole… siccome lo sperimentiamo vero ne’ proverbi, che sono massime di sapienza volgare, l’istesse in sostanza intese da tutte le nazioni antiche e moderne, quante elleno sono, per tanti diversi aspetti significate» (SN, 161). Ora, questo “dizionario mentale”, da cui si originano le diverse lingue, e in virtù del quale queste possono comunicare tra di loro, scaturisce dal «senso comune del genere umano» (SN, 145), che si sostanzia di «idee uniformi nate appo intieri popoli tra essoloro non conosciuti» (SN, 144). Si tratta di idee almeno implicita- 1 G. B. VICO, Principi di una Scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni (1744), in G. B. VICO, Opere, a cura di A. Battistini, due tomi, Mondatori, Milano 1990. Indico quest’opera con la sigla SN, il numero che segue designa il capoverso secondo la numerazione di F. Nicolini (riprodotta dal Battistini) in G. B. VICO, Opere, 8 voll., Laterza, Bari 1914–1941. Ho approfondito questi temi vichiani, qui accennati, nel libro: U. GALEAZZI, Ermeneutica e storia in Vico, Japadre, L’Aquila–Roma 1993. Introduzione 9 mente sentite, avvertite nei tre «costumi umani», custoditi da «tutte le na- zioni» pur diversissime e lontanissime nello spazio e nel tempo (SN, 333). In essi si esprime «l’unità fondamentale della natura umana»2. È comprensibile, allora, che dal senso comune scaturisca il «dizionario mentale», cioè quella grammatica di senso, presente in tutti gli uomini come fondamento della comunicazione. Tommaso d’Aquino è un interlocutore importante non solo per gli uomini del Medioevo, ma riesce a parlare anche a quelli dei secoli successivi, essendo letto, discusso e interpretato, o riuscendo a in- fluenzare anche non pochi che non ne hanno una conoscenza diretta e costituendo una fonte di orientamento nell’orizzonte della ricerca, co- me quadro di riferimento difficilmente eludibile. Qui, anche senza ri- percorrere la storia della fortuna e delle interpretazioni dell’Aqui-nate, che pure sarebbe molto istruttiva, basti, in riferimento al pensiero mo- derno nelle sue origini e nel suo cartesiano motivo di fondo, operante in tutto il suo percorso, fino a Kant e a Hegel, citare il prezioso contri- buto storiografico del Gilson3, che ha documentato il debito di Carte- sio nei confronti del pensiero medievale e in particolare del pensiero scolastico e tommasiano, presente nella sua formazione e non trascu- rabile nella genesi e struttura della sua filosofia4. E ciò nonostante i 2 A. PAGLIARO, Lingua e poesia secondo G. B. Vico, in ID., Altri saggi di critica semantica, D’Anna, Messina–Firenze 1951, ristampa, da cui cito, 1971, p. 385. 3 Cfr. É. GILSON, Index scolastico–cartésien, Alcan, Paris 1912; É. GILSON, La liberté chez Descartes et la théologie, Alcan, Paris 1913; R. DESCARTES, Discours de la méthode, Texte et commentaire de É. GILSON, Vrin, Paris 1925 [di questo grande Commentario — di cui abbiamo la trad. it. a cura di E. SCRIBANO, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003 — giustamente M. DAL PRA ha scritto che «è divenuto un classico della letteratura su Cartesio e raccoglie il frutto d’una cultura storica finissima e penetrante» (Presentazione di: É. GILSON, La filosofia nel Medioevo, trad. it. di M. A. Del Torre, La Nuova Italia, Firenze 1973, ristampa 1978, da cui cito, p. VIII) ]; É. GILSON, Études sur le rôle de la pensée médiévale dans la formation du système cartésien, Vrin, Paris 1930. Per inquadrare questi primi lavori nell’ambito degli sviluppi successivi di tutto il pensiero di Gilson devo richiamare i numerosi e importanti saggi di A. LIVI, che ne continua la ricerca specie sul piano teoretico. Qui basti citarne solo uno dei più recenti: A. LIVI, Étienne Gilson:una vera filosofia per l’intelligenza della fede, in R. DI CEGLIE (cur.), Verità della Rivelazione. I fainlocshoef:i Rm. oDdIe CrnEi GdLeIllEa, É«Ftieidnense eGt ilrsaotnio. »F,i lAosroefsi,a Me Riliavneola 2zi0o0n3e;, Ein. Sq.Iu.,e Nstaa pporloi s2p0e0t4ti.v a si veda 4 Per dar conto sinteticamente, ma efficacemente del lavoro del Gilson, da cui non si può prescindere negli studi cartesiani, si può citare ancora Mario DAL PRA: «Cartesio, il grande iniziatore del pensiero moderno, non si può spiegare, a giudizio del Gilson, senza la teologia e la filosofia scolastica, delle quali egli è debitore in alcuni punti decisivi della sua dottrina. 10 Introduzione propositi — manifestati nel Discorso sul metodo (1637) — di rico- minciare da zero nella ricerca filosofica. Anche un autore non incline a sopravvalutare l’influenza di Tommaso d’Aquino su Cartesio, come Eugenio Garin, deve ricono- scerla come «innegabile», anche se «mediata»5. Certamente negli anni di formazione a La Flèche Cartesio studiò filosofia sui manuali dei Gesuiti di Coimbra e su opere di altri autori della seconda o tarda Scolastica, per cui la conoscenza del pensiero tommasiano in questa fase iniziale della formazione di Cartesio fu mediata dalla lettura di questi autori di indirizzo tomista, ma ciò non esclude che poi sia so- praggiunta nel filosofo francese l’esigenza di una conoscenza diretta delle opere dell’Aquinate, come testimonia inequivocabilmente egli stesso in una lettera a Mersenne del 25 dicembre 1639 dall’Olanda, in cui dice di avere con sé una Summa di S. Tommaso e una Bibbia, evidentemente per una lettura non superficiale e per un’assidua fre- quentazione6. Viene così delineata la tesi storica della continuità tra medioevo ed età moderna, che è uno dei punti caratteristici dell’interpretazione gilsoniana del pensiero moderno e che tende da un lato a sminuire la pretesa autonomia della nuova riflessione e dall’altro a dare rilievo al debito che la lega al periodo aureo della filosofia cristiana…con questa grande operazione culturale, l’oscurità e l’oblio che il pensiero del grande innovatore aveva steso sulla tarda scolastica erano, per così dire, vendicati e la tradizione laica del pensiero francese denunciava apertamente la sua matrice cristiana e medievale; basta tuttavia por mente all’impegno diretto messo dal Gilson nella disamina del testo cartesiano, per accorgersi che si tratta di èua,ln ide’onupane qdruaaezll,ie oi nnfanec eiignlia bscoiulleiu ,i zlmi ocanr iibt eeisr oidoga lnolaer ivteenesdtia eptrirlvaeo ci ondn isc ifenotttneeds»io ( covopine. nlcaei t d.m,i specpdo.i naVttoiIn Iu–diVat àIu,I nIc)’o.i mnQdeua egalvilnave ec rortieng toainrnoucsihtaeà, M. L. FACCO (Étienne Gilson: storia e metafisica, Japadre Editore, L’Aquila–Roma 1992, pp. 42–55), che si richiama pure ad un saggio di J.–L. MARION (L’instauration de la srounp tuhriest:o Giriel,s oPna ràis la1 9l8ec0t)u. rIen deef fDetetsi cGariltseos,n inri lAevAa. sViaV l.a, Éc.o nGtiilnsuointà e rt isnpoeutsto: laal lpeh filoonstoi,p hsiiae elat novità e originalità del pensiero cartesiano: «Cartesio ci appare come un metafisico originale capace non solo di disporre materiali antichi secondo le regole di un metodo nuovo ma anche di rinnovare le risorse di cui viveva il pensiero metafisico e di apportarne nuove» (La liberté chez Descartes…, cit., p. 442); «Dalla scolastica a Cartesio la perdita di sostanza metafisica mi pareva immensa…Riguardo a tutti questi punti, il pensiero cartesiano segna, in rapporto alle fonti da cui deriva, molto meno un progresso che un impoverimento» (É. GILSON, La philosophie et la théologie, Fayard, Paris 1960, p. 99). 5 E. GARIN, Vita e opere di Cartesio, Laterza, Roma–Bari 1993, p. 13: «Innegabile, ma mediata, l’influenza di san Tommaso». 6 DESCARTES, Correspondance, pubbliée avec une introduction et des notes par Ch. Adam et G. Milhaud, Tome III, P. U. F., 1941; Kraus Reprint, Nendeln/Liechtenstein 1970 Introduzione 11 L’influenza di Tommaso sul pensiero moderno è mediata, in parti- colare, dal Suárez, le cui Disputationes metaphysicae (1597), con il loro tentativo di sintesi tra la posizione tomista e quella scotista, costi- tuiscono una sorta di lessico concettuale di riferimento — anche quando è discusso e criticato — per non pochi filosofi moderni7: da Cartesio a Spinoza, da Leibniz a Vico8, fino a Wolff e, quindi, a Kant; da Grozio a Berkeley, fino a Schopenhauer e a Brentano, che, com’è noto, fu maestro di Husserl e che contribuì a suscitare l’interesse di Heidegger per quest’opera, considerata decisiva dal filosofo di Mes- skirch. E ciò anche se sono discusse e discutibili le scelte interpretati- ve, in base alle quali si può ritenere, con valide ragioni, che il filosofo spagnolo si allontani dall’Aquinate9, pure in punti non secondari, po- nendo le premesse del razionalismo moderno. Nel nostro tempo postmoderno non solo filosofi come Maritain o Gilson o come tanti altri esponenti del tomismo e della neoscolastica — basti pensare alla Scuola di Lovanio o a quella che è fiorita nell’Università Cattolica di Milano10 e altrove con pensatori del valore di Bernard Lonergan, o di Joseph De Finance, o di Cornelio Fabro, o di Gustavo Bontadini, o di Sofia Vanni Rovighi, o di Carlo Giacon –, che più tematicamente e ampiamente hanno preso come punto di rife- (da cui cito): «je ne suis point si dépourvu de livres que vous pensez, j’ai encore ici une CSo. mE7ms Cpeof drs.ie tC oS,. . c EToShnPo tOmesSatIosT, leOatt ,iu nInnoet ra Bo fdirboulnzeit,oe qn, ueRe au j s’Fca.oi SnaUip, pÁMoRritlEéaenZ o,d De1 9Fis9rpa6un. tc aez»io (npi. m30e1ta)f.i siche I–III, a cura di 8 Per il debito di Vico nei confronti non solo di Suárez, ma anche del tomismo e dello stesso Tommaso si veda almeno: C. VASOLI, Vico, Tommaso d’Aquino e il tomismo, «Bollettino del Centro di studi vichiani», IV (1974), pp. 15–35, tenendo conto che dal filosofo spagnolo è mediato soprattutto l’inizio del rapporto con l’Aquinate da parte del filosofo ndiarpeottlaemtaennot,e c (hseu pcoiòi, mpeir òp,e rnmele tDtoir ditit or iunnviivaerer saall em (i1o7 2li0b–ro1,7 g21ià) cniotant om, aEnrcma ednie ucittiacrae eT sotmormiaa sion Vico). 9 Su questo punto si vedano almeno: C. FABRO, Neotomismo e Suarezismo, Editrice “Divus Thomas”, Piacenza 1941, ora in C. FABRO, Opere Complete, Vol. 4, a cura di M. Lattanzio, EDIVI (Editrice del Verbo Incarnato), Segni (Roma) 2005; J. VILLAGRASA (a cura di), Neotomismo e Suarezismo. Il confronto di C. Fabro, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma 2006. 10 Per una efficace presentazione di questa Scuola attraverso la storia della «Rivista di Filosofia neo–scolastica» si veda il recente saggio di M. LENOCI, «Rivista di Filosofia neo– scolastica». Filosofia classica e dialogo con la modernità, in P. DI GIOVANNI (a cura di), La cultura filosofica italiana attraverso le riviste. 1945–2000, Franco Angeli, Milano 2006, pp. 249–274. 12 Introduzione rimento per la loro ricerca il contributo speculativo tommasiano, te- stimoniano la vitalità del pensiero dell’Aquinate, ma anche tanti altri potrebbero essere citati per riconoscerlo come un interlocutore di ri- lievo nel dibattito filosofico contemporaneo. È interessante notare che filosofi come Romano Guardini11 e come Alasdair MacIntyre12, pur in contesti filosofico–culturali assai diversi, rivelano un debito o comun- que una prossimità spirituale nei confronti dell’Aquinate. Ma anche chi si considera su posizioni diverse, rispetto a quel pensiero, ne ri- prende dei temi, ne trae degli stimoli critici e comunque ne considera le posizioni come tali per cui è inevitabile confrontarsi e fare i conti con esse. Persino chi vuol segnare una radicale discontinuità rivela un rapporto dialettico e dialogico, non riuscendo a nascondere comunque un legame. Per esempio Max Horkheimer in Eclisse della ragione ri- tiene opportuno instaurare un dialogo critico con i “neotomisti” e con lo stesso Aquinate e, pur nel dissenso — le cui ragioni andrebbero in- dagate per discernere le reali divergenze rispetto ad equivoci e frain- tendimenti –, manifesta il suo apprezzamento per i primi13 e soprattut- to per il «poderoso apparato concettuale messo insieme da Tommaso d’Aquino»14. Nelle pagine che seguono sono date esemplificazioni significative, ol- tre a quelle appena richiamate, della vitalità del pensiero tommasiano nel dibattito filosofico contemporaneo, senza alcuna pretesa di esaustività, ma anzi con la convinzione che se ne possono dare tante altre e con l’auspicio di suscitare e di dar vita a ulteriori ricerche in questa direzione. 11 Per una ricostruzione fine, penetrante e documentata del pensiero di Guardini, in cui emerge anche la prossimità spirituale a Tommaso d’Aquino, si veda il libro: L. IANNASCOLI, Condizione umana e opposizione polare nella filosofia di Romano Guardini. Genesi, fonti e sviluppi di un pensiero, ARACNE Editrice, Roma 2005. 12 Per il debito nei confronti dell’Aquinate da parte di A. MacIntyre, specie nell’ultima fase del suo pensiero, si veda: C. RAPPOSELLI, Tradizioni e razionalità. La narrativa genealogica di A. McIntyre, ARACNE Editrice, Roma 2005. 13 Parlando dei «tomisti moderni» Horkheimer precisa: «A questa importante scuola metafisica appartengono alcuni tra gli storici e scrittori più responsabili dei nostri giorni. Le osservazioni critiche formulate nel testo riguardano solo la tendenza a un dogmatismo che nega libertà al pensiero filosofico» (Eclipse of reason, Oxford University Press, Inc., New York 1947, trad. it. di E. Vaccari Spagnol, Eclisse della ragione, Einaudi, Torino 1969, p. 58 n). 14 M. HORKHEIMER, op. cit., p. 62.

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