UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÁ DI SCIENZE POLITICHE LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI LA DOTTRINA REAGAN ED IL NICARAGUA NEGLI ANNI ‘80 Relatore: Prof.ssa Liliana Saiu Tesi di laurea di: Emanuela Mameli ANNO ACCADEMICO 2006 – 2008 1 Indice Introduzione Capitolo 1 1. La dottrina Reagan 1.1 Ronald Wilson Reagan 1.2 Le Origini 1.3 Lo sviluppo 1.4 La fine della dottrina Reagan 2. La crisi dell’America Centrale 2.1 La regione centroamericana 2.2 La Politica di Reagan in prospettiva storica 3. Il Nicaragua: le premesse 3.1 Il Frente Sandinista de Liberación Nacional 3.2 L’assassinio di Chamorro 3.3 Il dilemma di Carter 4. Il governo sandinista 4.1 La fine di Somoza 4.2 Gli aiuti degli USA 4.3 Reagan interviene 4.4 La propaganda dell’Amministrazione Reagan Capitolo 2 1 Ronald Reagan ed il Nicaragua 1.1 Il piano della CIA 1.2 Lo “special project” 1.3 Fuori i Cubani 2 USA ed Honduras 2.1 John Negroponte 2.2 L’Honduras come alleato 2.3 La Comunità Democratica Centroamericana 2.4 La controffensiva Nicaraguense-Messicana 2.5 Il Generale Álvarez 2.6 Aiuti militari all’Honduras 2 3. La Contra 3.1 Nascita ed evoluzione 3.2 Il battesimo negli Stati Uniti 3.3 Gli Argentini 3.4 La creazione dell’FDN 3.5 I Miskitos 4 I due volti dei contras 4.1 Buoni contras e cattivi contras 4.2 Inizia la guerra 4.3 Edén Pastora 4.4 Un nuovo volto per i contras 4.5 La nuova Cupola dell’FDN 4.6 Pastora e le sue pubbliche relazioni 5 Scandali e riappacificazioni 5.1 Reagan perde credibilità 5.2 La Contadora 5.3 Nicaragua e geostrategica 5.4 La bomba a La Penca Capitolo 3 1. Dalla guerra alla cooperazione 1.1 “Americanizzazione” e “Latinizzazione” 1.2 La cooperazione 1.3 Gli anni ‘70 2. Gli USA e i Sandinisti 2.1 Il post-Rivoluzione 2.2 La rivoluzione è inarrestabile 3 Il governo di Violeta Chamorro 3.1 le sfide del nuovo governo 3.2 L’eredità ricevuta 3.3 Un lavoro incompiuto 4 Strategie per l’emisfero occcidentale 4.1 L’ALCA 4.2 I vertici internazionali 4.3 L’ispanizzazione degli USA 3 Introduzione Lo scopo di questa ricerca è l’analisi delle politiche statunitensi verso l’America Centrale, ed in particolar modo verso il Nicaragua durante gli anni ’80 del XXI secolo. Questo decennio è stato caratterizzato dalla presenza da una parte di Reagan come presidente degli stati uniti e dall’altra di una crisi generalizzata che vide la regione ribollire di fermenti rivoluzionari. Il Nicaragua nel 1979 abbatté la dittatura ereditaria dei Somoza, che governava il Paese da più di 40 anni con il beneplacito e l’appoggio statunitense, per mezzo di una rivoluzione popolare sandinista ispirata all’ero nazionale antimperialista Sandino, ma anche ai movimenti marxisteggianti sorti dopo la rivoluzione castrista. Gli Stati Uniti si rapportavano ai moti nel loro così vicino e fin ad allora tranquillo “backyard”, in termini di scontro Est-Ovest, come un tentativo di penetrazione politica sovietica nei Caraibi usando come testa di ponte Cuba e si sarebbe diffuso come un effetto domino in quello che era da sempre stato un lago nordamericano. Reagan dunque intraprese la sua nuova Guerra Fredda con tutti i mezzi possibili, leciti ed illeciti. L’Honduras divenne uno stretto alleato della lotta anti-comunista, attraverso l’ambasciatore John Negroponte e l’aiuto anche di militari Argentini, gli Stati Uniti per mezzo di una azione coperta della CIA cominciarono ad addestrare un piccolo esercito di controrivoluzionari, la Contra appunto, con base in territorio honduregno. La CIA promosse azioni brutali da parte dei contras e dei militari honduregni, con responsabilità ancora non ben chiarite di violazioni dei diritti umani fino alla posa di mine nei porti del Nicaragua, fatto per cui gli Stati Uniti vennero portati davanti alla Corte Dell’Aja e condannati. Il presidente e la CIA per continuare questa battaglia nonostante lo stop di un Congresso che non voleva interferire nell’area, non esitò a usare le armi della propaganda ma per le armi vere, fondi privati o addirittura di provenienza illegale, culminando poi nello scandalo Iran-Contras. I documenti esaminati per la ricerca sono stati principalmente i report recentemente declassificati dell’Ambasciatore in Honduras John Negroponte durante il suo incarico dal novembre 1981 al maggio 1985. I Negroponte Files, sono reperibili sul National Security Archive1 dal 12 Aprile 2005. Il National Security Archive è un istituto di ricerca indipendente che si trova alla George Washington University e raccoglie e pubblica documenti declassificati consultabili grazie alla Freedom of Information Act (FOIA)2 che garantisce l’accesso al pubblico dei documenti del governo degli Stati Uniti. Su richiesta scritta le agenzie governative devono aprire i registri se non legittimamente rientranti in una delle 9 eccezioni contemplate dalla FOIA.3 La maggior parte dei Negroponte Files furono ottenuti dal Washington Post , ma parte vennero declassificati su richiesta dello stesso Negroponte nel Giugno 1998 quando si era temporaneamente ritirato dalla carriera di diplomatico. I 392 telegrammi e promemoria e della prima parte sono una cronaca dettagliata del “our special project”, cioè di come veniva chiamato da Negroponte il programma di supporto finanziario e logistico alla Contra nicaraguense in funzione anti-Sandinista. Nei telegrammi si può leggere quali fossero gli sforzi del diplomatico nel tentativo di indebolire le iniziative di pace della Contadora. Vi sono anche i promemoria e i rapporti delle conversazioni con i militari honduregni, in particolare il Generale Alvarez, i cui contatti personali gli permettevano di offrire supporto logistico per le operazioni coperte della CIA che nel frattempo stava supportando e addestrando i contras. Vi sono anche telegrammi 1 http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB151/) 2 http://www.gwu.edu/~nsarchiv/ 3 http://www.gwu.edu/~nsarchiv/nsa/foia.html 4 scambiati attraverso canali non ufficiali tra Negroponte il direttore della CIA William Casey in cui l’Ambasciatore chiede un aumento dei finanziamenti o consiglia su come rendere più appetibile il finanziamento delle azioni anti-Sandiniste al Congresso. Non si trova traccia nei telegrammi di riferimenti alle violazioni ai diritti umani o alle atrocità commesse sotto il comando del Generale Álvarez soprattutto dal Battaglione 316, il noto squadrone della morte della polizia segreta honduregna. 4 A corroborare la ricerca documentale e bibliografica sono stati effettuati due soggiorni di studio dell’autore nel Nicaragua dove si sono potute consultare le biblioteche delle università e di altre istituzioni private della capitale, ma non è stato possibile consultare documenti originali nicaraguensi che avrebbero dovuto essere presenti all’Archivio Nazionale ma sono invece andati perduti o distrutti. Molto interessante si è rivelata la possibilità per l’autore di realizzare un’intervista con un protagonista di quegli anni, il “comandante Cero” ossia Edén Pastora Gómez eroe della Rivoluzione, guerrigliero controrivoluzionario, lusingato e odiato dalla CIA, ed ora politico candidato prima a sindaco della capitale e, nelle ultime elezioni del Novembre 2006, anche alla Presidenza della Repubblica. Altrettanto interessanti sono state le conversazioni con i protagonisti, più o meno centrali di quegli anni, comuni cittadini che portano il ricordo di un periodo ricordato ancora con molta emozione e poca obiettività. Le risorse monografiche principali utilizzate per la ricerca sono state: William M. LeoGrande, “Our Own Backyard”, The United States in Central America 1977-1992, The University of North Carolina Press, Chapel Hill, London 1998. Un’opera esaustiva che analizza le relazioni fra Stati Uniti ed America centrale durante la crisi esaminando l’intero periodo dai prodromi all’epilogo delle vicende. Bosco Matamoros Hüeck,, La Contra: movimento nicaragüense, Immagine Ediciones, Madrid 2005 Un libro scritto da un protagonista di quegli anni, anche diplomatico in Italia dell’amministrazione Alemán, referente per gli Stati uniti del movimento controrivoluzionario che ci descrive il movimento dalla sua nascita spontanea all’ingerenza diretta della CIA nell’aiuto dei freedom fighters descrivendo i principali protagonisti. La monografia più recente sulla figura di Reagan invece è stata quella di John Diggins, Ronald Reagan, Fate, Freedom, and the Making of History, W.W. Norton & Company, Inc., New York 2007. Stampata questo stesso anno si incentra principalmente sulla figura del Presidente Reagan dal punto di vista filosofico e morale, cercando di inquadrarla in una prospettiva di ampio respiro storico (paragonandolo a Lincoln o a Roosvelt) ma non soffermandosi particolarmente sulle vicende che interessano la ricerca né apportando novità alla storiografia più datata. Lo scopo della ricerca è chiarire quali siano state realmente le responsabilità dirette degli Stati Uniti nella “guerra civile” che seguì al trionfo della rivoluzione sandinista. Dunque il ruolo della CIA e degli argentini nell’addestramento della Contra, se l’Ambasciatore Negroponte fosse a conoscenza delle violazioni che venivano commesse da contras e militari honduregni, quanto fosse realmente nei programmi dell’URSS e di Cuba di conquistare terreno nell’emisfero occidentale. Quanto la Nuova Guerra Fredda fu un pericolo reale o solo un’ossessione di Reagan. Il primo capitolo analizza le 4 Peter Kornbluh a cura di, The Negroponte File, National Security Archive, 25 aprile 2005, http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB151/ 5 origini, e lo sviluppo della dottrina Reagan di fronte alla crisi in atto nell’America Centrale, e in particolar modo come si posero le amministrazioni Carter e Reagan di fronte alla caduta di Somoza e al trionfo sandinista. Il secondo capitolo analizza i primi contatti degli stati Uniti con l’Honduras e con i controrivoluzionari nicaraguensi, esaminando l’episodio delle mine nei porti, i tentativi di ambedue le parti di intraprendere iniziative di pace fino alla formazione della Contadora. Il terzo capitolo invece si occupa dell’andamento della cooperazione statunitense in Nicaragua, fondi per la cooperazione utilizzati come mezzo politico, prima come rafforzamento di un’alleanza anticomunista con la famiglia Somoza o come ricatto per il rispetto dei diritti umani da parte della stessa. Dopo la rivoluzione sandinista gli aiuti sono stati utilizzati come arma per legare Managua al blocco occidentale e poi tagliati bruscamente quando fu certo il legame col blocco sovietico. Gli aiuti per la cooperazione rincominciarono poi con l’elezione nel 1990 della presidentessa violetta Barrios de Chamorro ma vennero principalmente utilizzati per sanare i debiti contratti precedentemente. Per finire si analizza brevemente l’ALCA, ossia una alleanza commerciale per l’emisfero americano di ideazione statunitense ed infine il ribaltamento di americanizzazione dell’ispanoamerica che è diventata latinizzazione degli Stati Uniti. 6 Capitolo 1 La dottrina Reagan Ronald Wilson Reagan Il 20 gennaio 1981 Reagan si insediò ufficialmente come quarantesimo presidente degli Stati Uniti d’America, all’età di 69 anni fu il presidente eletto più anziano che la Storia americana ricordi. Mentre Carter aveva cercato di portare la presidenza a un livello più umano, dopo gli anni da “corte bizantina” di Nixon, Reagan, un attore di cinema di successo per oltre vent’anni, affrontò la politica come un palcoscenico. Reagan era convinto che un leader dovesse prima di tutto cercare di creare un legame emotivo con il pubblico, quando l’eroe guadagna la fiducia dei suoi sostenitori essi lo seguiranno nonostante qualche errore e se la Storia nel suo svolgersi presenta dei lati oscuri. Il perfetto conservatore rassicurava che l’America poteva avere un nuovo inizio basandosi sui valori tradizionali come la dedizione alla famiglia, lavorare duro, l’amore per il paese e il senso di piccola comunità. La fedeltà alle virtù avrebbero fatto l’America di nuovo una grande nazione, al suo interno ma anche all’estero. Carter credeva che gli anni del dominio militare ed economico statunitense fossero finiti mentre Reagan cercava di rispondere al desiderio di riscatto degli americani che credevano nella “grandeur” morale e politica degli States.5 In politica estera si oppose diametralmente alle intenzioni Carter che aveva cercato di avviare una soluzione pacifica con l’Unione Sovietica, di guardare al Terzo Mondo con tolleranza del pluralismo ideologico e del non intervento, incentrandosi sulla tutela dei diritti umani. Reagan invece aveva cercato di ricomporre l’unità del Paese deluso dalla sconfitta del Vietnam e aveva intrapreso una nuova Guerra Fredda ed una nuova corsa agli armamenti.6 Se la prima Guerra Fredda era finita nella situazione di stallo in Europa quando le forze della NATO e quelle del Patto di Varsavia erano in equilibrio fra di loro, la seconda Guerra Fredda si combatté nel turbolento Terzo Mondo, dove le rivoluzioni e le controrivoluzioni sembravano esplodere ovunque.7 Il Terzo Mondo veniva visto sotto l’ottica di una lotta senza quartiere contro la minaccia sovietica, con la sua dottrina, Reagan avrebbe promosso decine di operazioni coperte paramilitari alleandosi con regimi autoritari pur se anti-comunisti. Le differenze fra le due politiche non risultarono mai così chiare negli otto anni di presidenza Reagan come in America Centrale che dominò l’agenda della politica estera e divise l’opinione pubblica americana. La regione centroamericana dove le rivoluzioni delle guerriglie marxisteggianti della fine degli anni 70 in Nicaragua, Salvador e Guatemala, spinsero a finanziamenti importanti a favore degli anti-comunisti. Il Nicaragua soprattutto fu parte della campagna di “roll back” contro il comunismo internazionale ed organizzò la Guardia Nazionale di Somoza in esilio in Honduras perché combattesse il governo rivoluzionario di Managua pur con l’opposizione del Congresso. Quando infine il Congresso votò per proibire gli aiuti alla Contra, alcuni ufficiali dell’amministrazione con a capo Oliver North dal suo incarico al National Security Council continuarono a finanziare i contras in segreto. Lo scandalo che venne fuori in seguito, con reminiscenze del Watergate, quasi distrusse la presidenza Reagan. Ma per il partito repubblicano il dibattito sul Centroamerica fu in gran parte una voglia di riscatto per il disastro del 5 LeoGrande, “Our Own Backyard”, cit., pp.3-5 6 Ivi, p.4 7 John Patrick Diggins, Ronald Reagan, p.227 7 Vietnam, il terreno di scontro fra la democrazia ed il comunismo. La sindrome del Vietnam sembrava interferire con la capacità americana di resistere agli attacchi sovietici nei Paesi del Terzo Mondo.8 La premessa era che l’Unione Sovietica era una potenza aggressiva che doveva essere contenuta o sarebbe diventata come la Germania di Hitler. Gli Stati Uniti come leader del mondo libero avevano la responsabilità di fermare questa avanzata. Le rivoluzioni nel Terzo Mondo erano un’opportunità per la penetrazione comunista e gli USA dovevano evitarla in qualsiasi remota regione del mondo. Il Vietnam era nella lontana Asia ma l’America Latina era il “cortile di casa” e gli Stati Uniti erano stati a lungo la potenza predominante nell’area. La dottrina del “Manifest Destiny” aveva giustificato che durante il XIX secolo per gli Stati Uniti fosse un diritto naturale espandere la sua influenza sull’emisfero come lo era stato espandersi sul continente. Roosvelt poi aggiunse nel 1904 il diritto di Washington di esercitare un ruolo di “polizia” per mantenere la stabilità e l’ordine dove i governi latino americani dimostravano di non riuscire a fare altrettanto.9 Una ridefinizione conservatrice del senso più profondo del così chiamato “Manifest Destiny” raggiunse la sua forma politica più concreta con la Presidenza Reagan. Fattori interni e internazionali favorirono un’ossessione quasi personale contro il Sandinismo e il Nicaragua. L’amministrazione Reagan ebbe il discutibile merito di accrescere in modo artificioso l’importanza dei processi politici e militari centroamericani. Non è una casualità che l’era della post-guerra, quando gli Stati Uniti manifestarono un interesse significativo nella regione, questa affondi in un vortice quasi infinito di depressione economica e frammentazione socio-politica. Non si tratta di una accusa fatta con leggerezza, l’Amministrazione Reagan è indissolubilmente legata a una moltitudine di avvenimenti regionali che comprendono non solo la guerra e le sue conseguenze nel Salvador e in Nicaragua, ma hanno collegamento con ciò che si potrebbe chiamare il cambiamento più recente degli Stati centroamericani. Sfortunatamente gli anni ’80 in America Centrale lasciarono un’eredità di distruzione materiale e sofferenza umana indescrivibile. Questa è la dimensione più cruda e predominante delle relazioni fra gli Stati Uniti e Centroamerica. Durante gli otto anni di presidenza, Reagan sostenne il confronto armato come strumento per la soluzione dei conflitti in America Centrale. 10 Le Origini L’8 giugno 1982 il presidente Reagan mentre si dirigeva al parlamento inglese pronunciò il discorso che per la prima volta enunciò la dottrina che prese il suo nome. Il presidente esortò l’assemblea a parlare chiaro a proposito dell’Unione Sovietica e soprattutto supportare “those fighting for freedom against communism wherever we find them”.11 Nel messaggio al Congresso sullo stato dell’Unione nel febbraio 1985 il Presidente Ronald Reagan enunciò la dottrina che prese il suo nome. Il discorso racchiude in termini retorici e perentori la sfida globale che il presidente dovrà affrontare nel suo mandato fornendo una soluzione alle delicate questioni di politica estera. La frase cruciale da lui pronunciata fu: “We must stand by all our democratic allies. And we must not break faith with those who are risking their lives-on every continent, from 8 LeoGrande, “Our Own Backyard”, cit., p.5, 6 9Ivi., pp.12, 13 10 Aguilera, Gabriel; Morales, Abelardo; Sojo, Carlos Centroamérica de Reagan a Bush, Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales (FLACSO), San José, Costa Rica ,1991 p. 14 11 John Patrick Diggins, Ronald Reagan, p.221 8 Afghanistan to Nicaragua-to defy Soviet-supported aggression and secure rights which have been ours from birth. Support for freedom fighters is self-defense”.12 Ossia gli Stati uniti avevano il dovere morale di supportare moralmente e finanziariamente i freedom fighters che lottavano per contrastare il Comunismo in tutto il mondo. Paesi alleati che guardavano agli Stati Uniti come il faro della democrazia e l’unica mano di aiuto per riconquistare ciò che gli era dovuto di diritto e gli era invece stato espropriato ingiustamente con l’aiuto dei Comunisti da governi usurpatori. Non per nulla quella di Reagan, dopo la pausa distensiva operata da Carter, venne chiamata la Nuova Guerra Fredda. Se negli ultimi anni della sua presidenza il Presidente Reagan smorzò i toni della sua retorica anti-sovietica nel clima di disgelo favorito da Gorbachev tutta l’acerrima opposizione dicotomica era evidente in occasione del conflitto in Nicaragua dove Reagan sostenne la lotta della Contra contro il regime Sandinista affermando senza mezzi termini che era un conflitto “between democracy and communism, elections and dictatorship, freedom and tyranny, between the light of liberty and the darkness of oppression”13 La lotta al comunismo presentata come la madre di tutte le guerre, quella fra il bene e il male in cui l’Unione Sovietica incarnava, com’egli l’aveva già precedentemente definita, l’Impero del Male. Questa definizione pare fosse ispirata dall’impero Galattico nel film “Star Wars” per identificare un regime che commette azioni contrarie alla morale. La frase fu coniata da Anthony R. Dolan che era l’incaricato di scrivere i discorsi di Reagan. La data esatta dove fu pronunciata la frase per la prima volta fu il discorso dell’8 marzo 1983 di fronte all’Assemblea Nazionale degli Evangelici ad Orlando Florida, in cui poteva permettersi di parlare di morale e non solo di Storia.14, “Cerchiamo di capire che mentre (i leader sovietici) proclamano la supremazia dello Stato, dichiarano la loro onnipotenza sull’individuo e predicono la loro finale dominazione su tutti popoli sulla terra, sono il centro del male nel mondo moderno…Quindi, nel vostro dibattito sulle proposte di disarmo nucleare, devo mettervi in guardia dalla tentazione dell’orgoglio, la tentazione di dichiarare allegramente superiori a tutto ciò e etichettare egualmente colpevoli entrambe le parti, ignorando i fatti storici e gli istinti aggressivi di un evil empire, chiamando semplicemente la corsa agli armamenti un gigantesco malinteso e così sottrarvi alla lotta fra la verità e l’errore il bene e il male.”15 Questo discorso lasciò perplessi in molti tra i governi d’Europa, anche uno stretto alleato della politica statunitense come Margaret Thatcher che sbiancò al sentire l’espressione. Reagan si affrettò a spiegare che il Male non è una cosa eccezionale ma come Hannah Arendt l’aveva ben spiegato vi può essere anche la “banalità del male”, 12 “Dobbiamo stare al fianco di tutti I nostri alleati democratici. Non dobbiamo tradire la fiducia di coloro che stanno rischiando la propria vita su tutti i continenti dall’Afghanistan al Nicaragua per resistere ad aggressioni supportate dai Sovietici e assicurarsi diritti che sono nostri dalla nascita. L’appoggio ai combattenti per la libertà è autodifesa” V. Harle, The Enemy with a Thousand Faces: The tradition of the other in western political thought and history, Preager, Westport, 2000 p.93 13 “tra la demorazia e il comunismo, l’indipendenza e la tirannia, fra la luce della libertà e l’oscurità dell’oppressione” Harle, The enemy with a thousand faces, cit. p.93 14 Diggins, Ronald Reagan,cit. p.222 15 :"Let us be aware that, while [the Soviet leaders] preach the supremacy of the state, declare its omnipotence over individual man, and predict its eventual domination of all peoples on the earth, they are the focus of evil in the modern world....So, in your discussions of the nuclear freeze proposals, I urge you to beware the temptation of pride, the temptation of blithely declaring yourselves above it all and label both sides equally at fault, to ignore the facts of history and the aggressive impulses of an evil empire, to simply call the arms race a giant misunderstanding and thereby remove yourself from the struggle between right and wrong and good and evil.” 9 tante persone, anche degli innocenti impiegati, possono portare avanti disegni diabolici senza alzare fisicamente un dito.16 Quando Reagan nell’82 parlava di “supportare i freedom fighters dovunque essi si trovino, scelse di non aiutare i polacchi che gli chiedevano aiuto per supportare Solidarnosc e invece di continuare a finanziare quelli che chiamava dittatori amichevoli, i leader di regimi di destra in America Centrale permettendo a John Negroponte, Ambasciatore in Honduras di ignorare nei report le atrocità commesse17 dalla Contra e dai militari honduregni. Reagan definì Jonas Savimbi l’Abramo Lincoln dell’Angola anche se i ribelli torturavano ed assassinavano i propri rivali, appoggiò il regime autocratico di Marcos nelle Filippine, inviò lanciamissili ai mujahideen afgani che poi divennero i terroristi contro cui l’America doveva combattere, supportò l’Irak con armi come i gas letali con cui Saddam Hussein uccise decine di miglia di irakeni e le stesse furono la giustificazione per intraprendere una guerra preventiva.18 I movimenti politici di estrema destra, o come vengono chiamati negli USA della “destra radicale” sono sempre stati vicini al Partito Repubblicano. Quando alla fine degli anni ’60 in un periodo di crisi muore la cosiddetta “sinistra” nascono i Neoconservatori che si caratterizzano per aggressività, sicurezza in se stessi e intellettualismo. Fra i grandi nomi ad appoggiare questa linea di pensiero: Irving Bristol, Daniel Bell, Samuel Huntigton, Seymur Lipset, Nathan Glanzer, Dave Moyinham.19 Lo sviluppo La dottrina Reagan rappresenta un brusco cambiamento nella politica estera statunitense del dopoguerra. L’abbandono della strategia del Containment, inaugurata dall’amministrazione Truman e che aveva caratterizzato tutta la Guerra Fredda, era stato fatto in favore del “roll back. Concetto questo che si rifaceva a John Foster Dulles che l’aveva elaborato negli anni 50, esso prevedeva che gli Stati Uniti dovessero fattivamente “spingere indietro” l’espansione dell’influenza sovietica. La politica di Reagan si basava su un confronto diretto con l’Unione Sovietica fornendo supporto a movimenti di ribelli che combattevano il dominio sovietico. I benefici di questa strategia erano il costo relativamente inferiore di fornire appoggio ai guerriglieri in confronto alle ingenti spese dell’URSS a finanziare i governi suoi alleati. Un altro considerevole beneficio era il non dover utilizzare direttamente truppe americane e quindi non avere vittime statunitensi nelle guerre che si stavano combattendo nel mondo. Questa strategia è forse meglio definita dalla NSC 75 del 1983, la direttiva individuava come prioritario per gli Stati Uniti nei confronti dell‘URSS “contenere e invertire la marcia dell’espansionismo sovietico” e ancora oltre “Gli Stati Uniti devono ricostruire la credibilità del suo impegno a resistere all’intrusione sovietica negli interessi statunitensi e quelli dei suoi alleati e amici, appoggiare gli Stati del Terzo mondo che desiderano resistere alle pressioni sovietiche o opporsi ad iniziative ostili dell’Urss nei confronti degli USA, o che siano obbiettivi speciali di politiche sovietiche”20 La strategia dell’appoggio ai freedom fighters ha però le sue origini durante l’ultimo anno di presidenza Carter ossia il 1980, quando le truppe sovietiche avevano invaso 16 Diggins, Ronald Reagan,cit. p.222 17 Ivi, p.224 18 Ibidem,. p.224 19 Luis Maira, La política de Reagan y la crisis en Centroamérica, EDUCA (Editorial Universitaria Centroaméricana), 1982, pp.13-16 20 http://www.state.gov/r/pa/ho/time/dr/17741.htm 10
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