12 Febbraio 2006 6 Aprile 2009 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA "TOR VERGATA" FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL'ARTE CICLO XXII LA CORNICE DELLA TRANSAVANGUARDIA. FENOMENOLOGIA DELLA CORNICE NELLE OPERE DI CHIA, CLEMENTE, CUCCHI, DE MARIA E PALADINO . Dottorando: ANGELA DI CURZIO A.A. 2009/2010 Docente Guida: Prof. Stefano Gallo Coordinatore: Prof.ssa Simonetta Prosperi Valenti INDICE Introduzione I Capitolo I Le cornici delle opere transavanguardiste 1.1 Chia. La cornice decorativa 2 1.2 Clemente. La cornice spaziale, simbolico-decorativa 17 1.3 Cucchi. La cornice come proiezione plastica 25 1.4 De Maria. La cornice spaziale architettonica 32 1.5 Paladino. La cornice scultura 37 Capitolo II Breve storia della cornice a) Dall’antichità fino al XVIII secolo 2.1 La cornice nel mondo antico 46 2.2 La cornice nel medioevo 55 2.3 La cornice nel quattrocento 62 2.4 La cornice nel cinquecento 66 2.5 La cornice nel sei e nel settecento 70 b) La crisi della cornice moderna. Nuovi linguaggi tra otto e novecento, nuove cornici, nuove idee di cornice 2.6 Sul rapporto tra parte e tutto, tra opera e ambiente. La riflessione di Simmel 75 2.7 La croce sulla montagna (o pala di Tetschen) di Caspar David Friedrich 81 2.8 I preraffaelliti 82 2.9 Gli impressionisti 86 2.10 James McNeill Whistler 89 2.11 Franz von Stuck e Gustav Klimt 92 2.12 Georges Seurat 96 2.13 Vincent Van Gogh 99 2.14 Francesco Paolo Michetti: “un ventaglio in cornice” 101 2.15 La frattura dell’avanguardia, dalla rappresentazione alla presentazione: Natura morta con sedia impagliata di Picasso 108 2.16 La cornice ironica. Le scelte di Picasso, Magritte e Dalí 114 2.17 Da oggetto a soggetto pittorico: la cornice mimetica. Le soluzioni di Robert Delaunay, Arthur Segal,Giacomo Balla 119 2.18 Il quadro senza cornice, ma anche la pittura-cornice. Piet Mondrian 123 2.19 La cornice senza quadro. L’apparente ironia di Francis Picabia e le scelte eretiche di Marcel Duchmap 126 Capitolo III La cornice e i linguaggi artistici nel secondo novecento 3.1 Il rilancio dell’avanguardia tra America, Europa e Oriente 131 3.2 Spazio interno e spazio esterno nei dipinti di Jackson Pollock 135 3.3 Spazio interno e spazio esterno nei dipinti di Mark Rothko 141 3.4 L’ambiguità del limite tra interno ed esterno nelle opere di Jasper Johns 157 3.5 L’idea di cornice in Pollock, Rothko e Johns 172 3.6 I Combine-paintings di Robert Rauschenberg 177 3.7 Roy Lichtenstein: la pittura che diventa fumetto, la cornice che diventa contorno 183 3.8 I primi anni sessanta: le nuove soluzioni formali di Lucio Fontana 191 3.9 Le cornici scatola di Piero Manzoni 199 3.10 Le cornici di Mario Schifano 206 3.11 L’ambiente come cornice. I land- artisti 221 3.12 L’Arte Povera: un nuovo modo di intendere l’arte, un nuovo modo di usare la cornice 223 3.13 Il valore concettuale delle cornici di Giulio Paolini 231 Capitolo IV Approfondimenti sul ruolo della cornice nelle opere della Transavanguardia 4.1 La Transavanguardia, la cornice e la cultura post-modern 236 4.2 Le cornici transavanguardiste a confronto con le cornici avanguardiste 245 4.3 Intervista ad Achille Bonito Oliva: “io sono la cornice della Transavanguardia” 266 CapitoloV Il rovesciamento del rapporto tra opera e cornice: le scelte di due collezionisti 280 CapitoloVI Der Bildrahmen di Herbert Szusich 290 Bibliografia 296 Indice delle illustrazioni 336 A Roma come nella Transavanguardia: “non vi è nulla di “archeologico” perduto e inghiottito nel passato, scomparso nel già irrimediabilmente trascorso, ma tutto è assolutamente vitale, palpitante e pieno di vita vissuta ancora nel movimento del presente. Convivono con esso, nel sempre attuale, l’eternità, l’antico, il vetusto o l’arcaico”. Guido Zingari, Campo de’ Fiori e Giordano Bruno I La Cornice della Transavanguardia Fenomenologia della cornice nelle opere di Chia, Clemente, Cucchi, De Maria e Paladino INTRODUZIONE L’intento di questa ricerca è un’analisi del ruolo della cornice nel linguaggio della Transavanguardia. Con la Transavanguardia, infatti, con il suo recupero della pittura, anche la cornice riconquista un ruolo da protagonista nell’attività artistica. I transavanguardisti, recuperando la tecnica pittorica e il linguaggio figurativo, hanno riacquisito anche sia il ruolo fisico che il valore concettuale della cornice. Attraverso un’ampia documentazione fotografica delle cornici adoperate da Chia, Clemente, Cucchi, De Maria e Paladino, si è anzitutto evidenziato un aspetto del lavoro di questi artisti che rimane generalmente più in ombra rispetto ai loro dipinti, perché nonostante nelle opere dei transavanguardisti le cornici svolgano una funzione difficilmente separabile da queste, continua a farsi sentire sulla cornice una fondamentale distrazione, dovuta al suo ruolo tradizionalmente gregario. Distrazione che è all’origine della mancata o parziale riproduzione fotografica delle cornici anche in cataloghi e pubblicazioni relative alla opere del gruppo cui diede un profilo critico-teorico Achille Bonito Oliva. Nel 1979 sulla rivista italiana “Flash Art” Bonito Oliva pubblicava un articolo dal titolo La Trans-Avanguardia italiana.1 Egli presentava la formazione di un nuovo orientamento artistico, col quale “l’arte finalmente ritorna ai suoi motivi interni, alle ragioni costitutive del suo operare, 1 Achille Bonito Oliva, La Trans-Avanguardia italiana, in “Flash Art”, Milano ottobre-novembre 1979, n.° 92-93, pp. 17-20. Lo stesso articolo è stato pubblicato integralmente in vari cataloghi. Nel 1980 Bonito Oliva pubblica un libro specifico sulla Transavanguardia italiana. La pubblicazione esce in tre lingue: in italiano, inglese e francese: A. Bonito Oliva, The Italian Trans-avantgarde, La Transavanguardia Italiana, Giancarlo Politi Ed., Milano 1980. Nel proseguo di questa analisi si farà riferimento a questa pubblicazione per le citazioni. II al suo luogo per eccellenza che è il labirinto, inteso come “lavoro dentro”, come escavo continuo dentro la sostanza della pittura”.2 Nell’incipit, dunque, delineava la caratteristica principale della nuova idea di arte, quella del ritorno alla pittura e alle sue problematiche intrinseche. Ritornare a scoprire il piacere e al tempo stesso il pericolo di lavorare con la pittura, di entrare in un mondo fatto di “materia dell’immaginario, fatto di derive e di sgomitate, di approssimazioni e mai di approdi definitivi”.3 Vale la pena riflettere sul verbo, ritornare, usato da Bonito Oliva. Il verbo così inserito all’inizio del saggio evidenzia la paradossale novità del linguaggio della Transavanguardia e la contrappone subito sia all’Arte Povera, che la pittura aveva abbandonato, sia più in generale alla linea dell’avanguardia, che avrebbe sempre operato all’interno di uno schema culturale lineare, evoluzionistico, tipico della mentalità propria del darwinismo linguistico.4 La nuova disposizione della Transavanguardia dimostrerebbe per Bonito Oliva come il concetto di arte non sia progressista ma progressivo e il suo andamento abbia una tendenza circolare5 e non lineare, in un’attitudine appunto al ritorno, al riattraversamento del passato. La nuova idea di arte sarebbe anche l’affermazione di un’ideologia di fondo condivisa da diverse persone, ma che non intendono omologarsi nella scelta di un medesimo linguaggio stilistico, come sarebbe accaduto nei gruppi dell’avanguardia: “ora invece l’arte tende a rimpossessarsi della soggettività dell’artista, di esprimerla attraverso le modalità interne del linguaggio. Il personale acquista una valenza antropologica, in quanto partecipa a riportare l’individuo, in questo caso l’artista, nello stato di una ripresa di un sentimento che è quello del sé”.6 La Transavanguardia si esprime secondo una creatività nomade, mettendo in atto “la possibilità di transitare liberamente dentro tutti i territori senza alcuna preclusione con rimandi 2 A. Bonito Oliva, The Italian Trans-avantgarde, La Transavanguardia Italiana, Giancarlo Politi Ed., Milano 1980, p. 44. 3 Ibidem. 4 A. Bonito Oliva, The Italian Trans-avantgarde, La Transavanguardia Italiana, cit., p. 46. 5 “La nozione dell’arte come catastrofe, come accidentalità non pianificata che rende ogni opera differente dall’altra, permette ai giovani artisti una transitabilità, anche nell’ambito dell’avanguardia e nella sua tradizione, non più lineare ma fatta di affondi e di scavalcamenti, di ritorni e di proiezioni in avanti ed una peripezia che non sono mai ripetitivi in quanto segnano la geometria sinuosa dell’ellissi e della spirale”, ivi, pp. 53-54. 6 Ivi, p. 51. III aperti a tutte le direzioni”.7 Si recuperano i linguaggi del passato, ma questo guardarsi indietro non implica “avere nostalgia di niente, in quanto tutto è continuamente raggiungibile, senza più categorie temporali e generiche di presente e passato”.8 Ora, guardando alle opere dei cinque artisti che rappresentano agli inizi questa nuova tendenza, e cioè Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino appare evidente questa volontà di riattraversare le avanguardia storiche e anche del secondo novecento con grande libertà, senza sentirsi limitati dall’essere imitatori e debitori del passato; di ritornare ad adoperare la pittura come massima fonte di espressione artistica; di ritornare ad usare il linguaggio figurativo; di considerare nuovamente i titoli dei dipinti come necessari per avvicinare l’osservatore alla comprensione delle opere; e anche, si deve aggiungere, di ritornare ad utilizzare le cornici per i propri lavori. Ma, come il linguaggio di questi artisti non appare banalmente retroverso, perché conserva in questa operazione nomade il taglio concettuale acquisito dall’arte moderna, così anche il ritorno alla cornice, che è un elemento fondamentale per riproporre l’idea del quadro, avviene secondo modi originali, raffinati e molto vari. Come la neofigurazione dei transavanguardisti è una figurazione concettuale, così anche il ritorno alla cornice non si presenta solo come il ristabilimento di un elemento fisico di protezione e separazione dell’opera dall’ambiente, ma come un suo ripensamento in rapporto allo specifico linguaggio di ciascun’opera. Nelle opere dei transavanguardisti viene ripreso e rielaborato anche il tema del limite o bordo del dipinto rispetto all’ambiente, tema nel quale la figura della cornice si ripresenta a partire dai linguaggi astratti europei del primo novecento e continua a riproporsi con novità importanti successivamente nei movimenti americani di metà e secondo novecento e negli sviluppi ulteriori europei. Proprio la natura nomade del linguaggio transavanguardista impone agli artisti di fare i conti con la forma e l’idea di cornice, vale a dire di ripensarla a fondo, facendola divenire in questa 7 Ivi, p. 52. 8 A. Bonito Oliva, The Italian Trans-avantgarde, La Transavanguardia Italiana, cit., p. 54. IV operazione, anche quando essa appare più tradizionale e dunque marginale, parte costitutiva dell’opera. Tornare ad usare la cornice conferma la caratteristica del linguaggio della Transavanguardia. Infatti, usare la cornice intorno ai propri lavori vuol dire riappropriarsi totalmente del linguaggio della pittura. La cornice, tradizionalmente, non solo circoscrive il dipinto, ma così facendo segnala e rappresenta il luogo della pittura. Un quadro è completo e presentabile al pubblico solo dopo che viene corredato da una cornice. Ovviamente, la cornice deve rispettare il gusto del dipinto che contiene. Nel caso specifico, ogni artista della Transavanguardia instaura un rapporto personale tra quadro e cornice. Le cornici riescono a completare il senso delle opere, rendendo così i lavori artistici indissolubili da esse. Ogni pittore della Transavanguardia, attraverso apposite soluzioni di tipo estetico e formale, dota i propri lavori di specifiche cornici. Si può parlare di cornici d’autore, in quanto ogni transavanguardista sceglie e, spesso crea ad hoc, apposite strutture perimetrali ai propri quadri. Oltre ad avere un ruolo decorativo, spesso la cornice rappresenta l’elemento che completa il senso del dipinto, avendo così una funzione significante in rapporto all’opera d’arte. Questa ricerca analizza nel primo capitolo le svariate tipologie di cornici impiegate dai cinque pittori, mettendo in evidenza somiglianze e soprattutto differenze. Si vuole sottolineare proprio l’eterogeneità delle cornici impiegate dai cinque artisti. Ecco, dunque, che nel capitolo iniziale vengono commentate le cornici decorative di Sandro Chia; le cornici spaziali e simbolico- decorative di Francesco Clemente; le cornici intese come proiezione plastica di Enzo Cucchi; le cornici spaziali e architettoniche di Nicola De Maria e le cornici-scultura realizzate da Mimmo Paladino. Ma, per comprendere il valore della cornice nell’arte di oggi, secondo l’esperienza nomade dei transavanguardisti, appare necessario guardare al passato e documentare il percorso di cambiamenti con cui la cornice ha accompagnato la storia secolare della produzione artistica. E dunque nel secondo capitolo si presenta una breve storia della cornice. Breve poiché ogni V qualvolta si tratta di delineare il lungo percorso storico di un argomento è inevitabile scontrarsi con l’impossibilità di essere esaustivi. Tuttavia è indispensabile fornire una mappa storica della fenomenologia della cornice. Il secondo capitolo, quindi, è suddiviso in due sezioni. Nella prima parte, la parte a, si presentano le tipologie della cornice in uso dall’antichità fino al XVIII secolo. Mentre nella seconda parte, la parte b, si affronta la cornice alla luce della crisi linguistica dell’età moderna. Passando per una breve ma importante riflessione filosofica di Georg Simmel sulla cornice, vengono esaminate esempi particolarmente significativi di cornici relative a opere realizzate a cavallo tra XIX e XX secolo. In questo periodo storico, infatti, si affermano una serie di nuovi linguaggi di rottura, come quello impressionista, neoimpressionista, cubista, futurista, surrealista, dadaista insieme a quelli del tutto astratti. Pur essendo pochi gli artisti esaminati, essi sono i massimi rappresentati dei nuovi linguaggi ed è utile ricordare che il discorso è accompagnato dalla presenza di molte immagini. Queste ultime offrono la visione delle opere corredate dalle cornici, circostanza sempre meno diffusa nell’editoria specializzata. Con il secondo capitolo, dunque, ci si si rende conto di come la cornice costituisca una parte fondamentale nella fruizione completa di un’opera d’arte. Tuttavia, se si chiedesse a un comune visitatore di una mostra o di un museo di ricordare le cornici intorno ai dipinti che ha osservato, sicuramente lo si metterebbe in difficoltà. Al contrario egli avrebbe certo notato opere, se esposte, prive di cornici o cornici prive di opere. Ciò accade in quanto il nostro modo di percepire un’opera d’arte è attraverso una cornice. Ovvero, consueta abitudine è quella di inserire un quadro in una cornice, quindi osservare un dipinto incorniciato rientra nella categoria delle cose ovvie e regolari. Quando, invece, tale abitudine è infranta, cioè quando un dipinto appare senza una cornice o si vede una cornice non occupata da un quadro, subito si nota l’anomalia fastidiosa e l’osservatore ricorda con curiosità, ma anche con disappunto, l’evento. Sappiamo, però, che non tutti i quadri hanno bisogno di una cornice. VI
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