ϊa Quadruplice radice, (cid:1761)teoria sintetica dell(cid:1758)intera facoltà conoscitiva(cid:1762), è non solo la struttura su cui si fonda il sistema di Schopenhauer, come dice l(cid:1758)autore stesso, ma anche un(cid:1758)introduzione ideale allo studio della (cid:3065)loso(cid:3065)aά Tesi di laurea rifatta in vecchiaia, questa opera prima e ultima di Schopenhauer ha una compattezza, un(cid:1758)unità e un(cid:1758)armonia che sono di(cid:3067)cili da trovare in un(cid:1758)altraά Secondo υiorgio ρolli, grande appassionato del (cid:3065)losofo tedesco, la sua esposizione (cid:1761)è profonda, rigorosa, limpida, spiritosa, varia, brillante(cid:1762)ι lo stile (cid:1761)non solo è ra(cid:3067)nato e ampio, equilibrato e concreto, ma riscalda, consola nella solitudine, è intimo, premuroso verso chi vuol capire(cid:1762)ι e l(cid:1758)intelletto (cid:1761)è lucido, i concetti si riannodano sempre all(cid:1758)intuizione, la ragione è sanaά ϊe stesse parole hanno ogni volta lo stesso signi(cid:3065)cato, le de(cid:3065)nizioni sono chiare, il ragionamento persuasivoά σ la coerenza è la perla dell(cid:1758)edificio(cid:1762)ά ςi Arthur Schopenhauer (1εζζ-1ζδ0) πUR ha pubblicato Aforismi per una vita saggia, Colloqui, Meta(cid:3052)sica dell’amore sessuale, Il mondo come volontà e rappresentazione, O si pensa o si crede, Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente. Arthur Schopenhauer SULLA QUADRUPLICE RADICE DEL PRINCIPIO DI RAGIONE SUFFICIENTE ο cura di Sossio υiametta ρϊοSSχρχ ςσϊ ώσNSχσRύ ώroprietà letteraria riservata © 1ηεε ςiogenes Verlag ου Zü̈rich © 1ηηγ RάράSά ϊibri & υrandi ύpere Sάpάοά, Milano © 200η RρS ϊibri Sάpάοά, Milano eχSπN ηεζ-ζζ-γζ-δγβεη-ζ Titolo originale dell(cid:1758)operaθ Über die vierfache Wurzel des Satzes vom zureichenden Grunde ώrima edizione digitale 201β da edizione πUR ρlassici del ώensiero agosto 200η χn copertinaθ illustrazione di οndrea Ventura ώrogetto grafico Mucca ςesign ώer conoscere il mondo πUR visita il sito wwwάburάeu Quest(cid:1758)opera è protetta dalla ϊegge sul diritto d(cid:1758)autoreά È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzataά INTRODUZIONE 1. DUE CONCEZIONI DELLA RAGIONE «χn questa (cid:3065)loso(cid:3065)a può dirsi che si compendî veramente tutta la storia precedente del pensieroά χl concetto di Socrate ha acquistato la realtà dell(cid:1758)idea di ώlatone, la concretezza del sinolo aristotelico, l(cid:1758)unità-opposizione del ρusano e del πruno, la conciliazione vichiana di (cid:3065)loso(cid:3065)a e (cid:3065)lologia, l(cid:1758)unità-distinzione della sintesi kantiana e la pieghevolezza estetica dell(cid:1758)intuizione intellettuale schellinghianaά» Si tratta della (cid:3065)loso(cid:3065)a di Schopenhauerν οhinoi, no, come già, per la verità, dovrebbe essere chiaro dalla «pieghevolezza estetica dell(cid:1758)intuizione intellettuale schellinghiana», dato che Schelling era per Schopenhauer il secondo grande ciarlatano, dopo τichte in ordine cronologico e dopo Hegel in ordine di importanzaά Si tratta invece proprio della (cid:3065)loso(cid:3065)a di Hegel, del primo ciarlatano, giudicata da πenedetto ρroceά1 È allora la citazione un cattivo scherzoν ο che, se no, riportare un tale giudizioν Sembra in e(cid:3064)etti un cattivo scherzo, ma non lo è veramenteά ϊa citazione è dovuta al fatto che proprio la (cid:3065)loso(cid:3065)a di Schopenhauer, la gnoseologia racchiusa nel presente trattato, ce l(cid:1758)ha richiamata alla mente, con il rammarico che non fosse attribuita a Schopenhauerά ςetta gnoseologia ci è infatti apparsa proprio come la punta di una piramide, come la cupola maestosa di una costruzione durata secoli, anche se essa resta aperta verso l(cid:1758)alto, nel senso che tosto spiegheremoά υià, perché il discorso di presentazione di questa grande piccola opera, che ci sembra ideale per chi voglia iniziare lo studio della (cid:3065)loso(cid:3065)a, deve purtroppo cominciare, per onestà, col riconoscimento di un suo non lieve limiteά Soltanto dopo si potranno segnalare e debitamente illustrare i suoi grandi meritiά χl fatto è che, se si percorre di vetta in vetta la storia non della (cid:3065)loso(cid:3065)a in generale, ma della logica, è normale che Schopenhauer non vi entriά Non perché non vi abbia i suoi meriti, bensì perché tra questi, per quanto notevoli, non (cid:3065)gura una creazione primaria come quelle sopra menzionateά ϊa sua concezione della potenza demoniaca della natura, la cosiddetta «volontà» o «volontà di vivere», è una creazione impressionante, non solo nel campo della (cid:3065)loso(cid:3065)a ma anche e più in quello della poesia, che certo si può fare anche con i concettiά χ valori primari che Schopenhauer difende in questo trattato, dove «viene fuori una teoria sintetica dell(cid:1758)intera facoltà conoscitiva», non sono suoi ma di ωantά ςice infatti ώaul ςeussen (cid:1752) iniziato allo studio di Schopenhauer dall(cid:1758)amico Nietzsche e poi divenuto grande schopenhaueriano (cid:1752) nell(cid:1758)introduzione alla sua edizione critica delle opere del maestro, che questo trattato «compendia in forma sistematica gli elementi permanenti della (cid:3065)loso(cid:3065)a kantiana, liberata dalle parti insostenibili»ά Ma dalle parti insostenibili, che Schopenhauer critica a giusto titolo, bisogna distinguerne una, che Schopenhauer anche critica, e però stavolta non a giusto titolo, a nostro parere, sicché su ciò il lettore è chiamato a giudicare autonomamenteά Si tratta appunto della nuova concezione della ragione, la ragione dei concetti puri e non quella dei concetti empirici, abbozzata, anzi fatta già valere da ωant, se è vero che la sintesi a priori non è altro che il concetto puro, come dice ρroce,2 ma pienamente sviluppata poi solo dagli idealisti, sicché non senza motivo Schopenhauer accusa ωant di aver aperto la via agli «stravolgimenti successivi» dei «professori di filosofia»ά 2. DOVE SCHOPENHAUER HA RAGIONE Non che le critiche di Schopenhauer siano da rigettare in bloccoά οl contrarioθ sono senz(cid:1758)altro da accogliere quando sono rivolte contro la concezione della ragione come «facoltà di conoscenze immediate, meta(cid:3065)siche, cioè oltrepassanti ogni possibilità di esperienza, abbraccianti il mondo delle cose in sé e le loro relazioni, la quale pertanto è prima di tutto una (cid:1761)coscienza di ςio(cid:1762), cioè conosce immediatamente ςomineddio, e ricostruisce a priori anche il modo e la guisa in cui egli ha creato il mondo o, se questo dovesse essere troppo triviale, la maniera in cui egli [άάά] lo ha espulso e in certo senso generato da sé, o anche, ciò che è più comodo sebbene altamente comico, lo ha semplicemente (cid:1761)congedato(cid:1762) alla (cid:3065)ne dell(cid:1758)udienza, secondo il costume e l(cid:1758)usanza dei gran signori, a(cid:3067)nché esso si mettesse poi in cammino per conto suo e se ne andasse dove gli pareva»ά Una volta, parlando con ψulius τrauenstädt, Schopenhauer disseθ «Nella seconda edizione della Quadruplice radice, cui lavoro adesso, porrò (cid:3065)ne alla millanteria della ragione da parte dei professori, i quali la considerano come una facoltà del soprasensibile»άα Ma se si concepiva la ragione come fatta di «ispirazioni dall(cid:1758)alto», come facoltà «con la quale si aveva per così dire una (cid:3065)nestrina aperta sul mondo soprallunare, anzi soprannaturale, e quindi attraverso di essa si potevano ricevere tutte le verità belle e pronte», di chi era la colpaν dove era stata covata la menzogna e come la favola era entrata nel mondoν «ϊ(cid:1758)occasione prossima» lamenta Schopenhauer «è stata purtroppo fornita dalla ragione pratica di ωant col suo imperativo categorico»ά Una volta che questa era a disposizione come modello, non c(cid:1758)era che da «aggiungerle, come suo pendant o come sua gemella, una ragione teoretica che fosse altrettanto immediata per diritto e quindi proclamasse ex tripode le verità metafisiche»ά 3. DOVE NO Tuttavia la validità delle critiche contro le esagerazioni e gli inopportuni tripudi della ragione kant-hegeliana, celebrati soprattutto da seguaci e ripetitori inintelligenti, ma anche inevitabili come frange caduche di ogni grande scoperta, non rende veramente accettabile la concezione schematica, povera e poco chiara, anche se sembra chiarissima, della ragione sostenuta da Schopenhauer stessoά Qual è questa concezioneν σssa è esposta nel capitolo quinto, dove si parla dei concetti come «rappresentazioni astratte, in contrasto con quelle intuitive, dalle quali però sono dedotte»ά ςal possesso di queste rappresentazioni ottenute per riduzione delle singole rappresentazioni e aggregazione dei residui, si fanno derivare «tutte quelle cose, molte e molto importanti, che distinguono la vita dell(cid:1758)uomo da quella dell(cid:1758)animale»ά ρome esempi di queste cose si enumeranoθ «l(cid:1758)agire di proposito, con premeditazione, secondo disegni, massime, di concerto con altri eccά», invece che per mero impulsoά Ma come la riduzione e aggregazione, cioè due fatti meccanici, rendano possibili le operazioni che fanno dell(cid:1758)uomo l(cid:1758)uomo, cioè più che superiore all(cid:1758)animale pari a se stesso e alla propria costituzione spirituale, fatto per nulla meccanico, non è chiaroά Mentre è chiaro che i concetti sono rappresentazioni di secondo grado, «compendi» delle cose, benché si parli poi anche di «proprietà e relazioni» di questeά ώer Schopenhauer ciascun concetto comprende sotto di sé innumerevoli cose singole, rappresentazioni tratte da rappresentazioniά χl concetto è il genus, che contiene tutte le species «dopo dedotto tutto quanto non spetta a tutte le species»ά Risultatoθ «Quanto più si sale nell(cid:1758)astrazione, tanto più si lascia cadere, quindi tanto meno si pensa ancoraά χ concetti più alti, cioè i più generali, sono anche i più svuotati e poveri, alla (cid:3065)ne nient(cid:1758)altro che gusci lievi, come per esempio essere, essenza, cosa, divenire e così via»ά Solo gusci lievi essere, essenza, cosa, divenireν Non anche, da un(cid:1758)altra parte, concetti elementariν l(cid:1758)involucro misterioso e il mistero insondabile di tutto ciò che conosciamo e no e quindi l(cid:1758)ultimo con(cid:3065)ne della verità drammatica della nostra vitaν χ sistemi (cid:3065)loso(cid:3065)ci, dice Schopenhauer, fatti di tali gusci vuoti, non valgono nullaά οnche il suoν ο questa domanda egli avrebbe probabilmente risposto che il suo, a di(cid:3064)erenza degli altri, è fatto di verità e di realtà, cioè che i suoi concetti sono veri, come i giudizi quando connettono rettamente la rappresentazione (il caso) e il concetto (la regola)ά 4. IL CONCETTO SCIENTIFICO E QUELLO FILOSOFICO Ma appunto i concetti veri sono i veri concetti, non quelli di cui lui parla, che sono soltanto classi(cid:3065)catori e hanno campo nelle scienze ma non in (cid:3065)loso(cid:3065)aά ρon ciò concorda anche il fatto che, a proposito dei concetti, egli parli sempre di generalità e non di universalità, di espressione e non di espressività, di astrattezza e non di concretezzaά χ concetti veri o puri non sono rappresentativi ma ultra e onnirappresentativiι non sono pratici ma conoscitiviι non rappresentano fenomeni ma relazioni e connessioniά ϊ(cid:1758)uomo rozzo che nondimeno nel parlare mostra «ricchezza di forme logiche, articolazioni, locuzioni, distinzioni e (cid:3065)nezze di ogni specie, correttamente espresse mediante le forme grammaticali e le loro (cid:3066)essioni e costruzioni, anche con frequente applicazione del sermo obliquus, dei diversi modi del verbo eccά, tutto in perfetta regola», suscita la meraviglia di Schopenhauer, il che è giustoά Ma non dovrebbe suscitarla per la sua astrattezza o capacità di astrazione, bensì per la sua concretezza o capacità di sintesi, cioè non perché usa la «ragione» descritta da Schopenhauer, ma perché usa l(cid:1758)arte e la logica puraά «Un uomo a(cid:3064)atto rozzo» potrà infatti arrivare anche ad astrarre, ma è soprattutto un organismo che crea organismi, qual è il linguaggio (di cui Schopenhauer ha una concezione nettamente logicistica, seguito in questo ancora da un Hegel attardato) e quale è anche la logicaά χl linguaggio che quest(cid:1758)uomo parla non viene certo dalla grammatica e dalla sintassi, ma dalla forza assimilatrice e creatrice, di cui il suo parlare è una manifestazione particolare, essendo un(cid:1758)interpretazione personale della lingua che parlaά ϊe lingue, così come le conosciamo, sono tutte praticizzate, e oggi più che mai a causa della civiltà tecnologicaι ma esse non sono sorte per astrazione, bensì per creazione poetica involontariaά Solo in seguito sono state sottoposte all(cid:1758)anatomia dell(cid:1758)astrazione ordinatrice e classi(cid:3065)catoriaά ςel resto, che grammatica e sintassi siano sistemazioni della lingua già creata è ormai risaputoά 5. LA FUNZIONE DELLA FILOSOFIA È importante comunque notare che quando si dice che i concetti puri sono i concetti veri non si vuol dire che essi colgono senz(cid:1758)altro la veritàι si vuol dire che essi sono semplicemente atti a coglierla, ma i soli atti, nella sempiterna lotta dell(cid:1758)uomo contro l(cid:1758)enigma del mondoά ρioè l(cid:1758)uomo non può che continuamente tentare di stringere con essi la realtà, o più esattamente di allargarne il possesso, come del resto fa anche con le immagini dell(cid:1758)arteά Ma proprio perché non può che tentar ciò sempre di nuovo, si può obiettare, come usa, che, dunque, la logica è destinata a non cogliere mai la verità, a non possedere mai la realtàά χl che è vero, ma solo limitatamente alla pretesa di totalità dei sistemi, la quale però si rivela, a un attento studio, frutto di titanismo, cioè pretesa naturale e spontanea quanto si vuole, ma in sé illegittimaά οltrimenti ogni (cid:3065)loso(cid:3065)a coglie la realtà del suo tempo, che, anche se non sembra così, è il vero problema da risolvereά ώoi, dai problemi risolti ne nascono altri, sulla scia della nuova realtà che si sviluppa dalla vecchia, e sulla base dei problemi di fondo che rimangono, certo, irrisolvibili, per quanto anch(cid:1758)essi non del tutto impenetrabiliά Non si può quindi negare la funzione della (cid:3065)loso(cid:3065)a, che è, come quella dell(cid:1758)arte, di penetrazione, assimilazione e impossessamento della realtà che si vive e in cui si vive, una realtà che comunque si sviluppa e che altrimenti sfuggirebbe all(cid:1758)uomo - all(cid:1758)umanità, alla società, allo Stato, alla nazione, al gruppo, alla categoria, a seconda del soggetto che si sceglie - e lo trascinerebbe senza che egli ne avesse coscienza e la forza d(cid:1758)intervento conferita dalla coscienzaά 6. DUE ANIME Ma questo problema della ragione e dei concetti si iscrive in realtà in un problema più ampio, che è quello della formazione di un autore e del pathos che lo ispira, due cose fortemente dipendenti dall(cid:1758)epoca in cui l(cid:1758)autore viveά χn Schopenhauer vivono due anime, una classica e una romanticaά ϊ(cid:1758)anima classica è quella formatasi anzitutto sui classici greci e latini, che Schopenhauer, quasi novello Montaigne, cita in tutte le sue opere (dando, secondo una dotta tradizione, la traduzione dei passi greci in latino, non in tedesco), ma poi anche sui classici di altri paesi ed epocheά Tra questi, un posto a parte hanno i francesi, non solo per la loro intrinseca importanza, ma anche per due altre ragioniθ che sono l(cid:1758)a(cid:3067)nità spirituale e il predominio della loro cultura e civiltà nel Settecento, secolo in cui Schopenhauer nasce (1εζζ) e ha le sue radiciά ρerto, poi c(cid:1758)era stata la grande cultura classica e romantica tedesca, nella e con la quale Schopenhauer era cresciuto e della quale era impregnato (aveva avuto rapporti personali con Wieland e soprattutto con υoethe, da lui sempre ammiratissimo e citatissimo, sebbene in un(cid:1758)occasione anche criticato)ά ϊa sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, spira un pessimismo che è di(cid:3067)cile non vedere come di ispirazione romantica, sebbene Schopenhauer detestasse, del romanticismo, la religiosità esaltata, la venerazione fantastica della donna e il valore cavallerescoά Quest(cid:1758)opera, secondo Nietzsche, attento e acuto scrutatore del suo maestro, «rimane l(cid:1758)immagine rispecchiante la giovinezza ardente e melanconica»άβ ςel primo volume di essa diceva Schopenhauer stesso da vecchioθ «Una cosa del genere la si può scrivere solo in gioventù e con ispirazione»άγ ύra la giovinezza ardente e melanconica è un fatto di sempreά Ma in questo caso è anche il consolidamento di una delle due tendenze in cui si divaricò il romanticismo, quella a esaltare e «genializzare» l(cid:1758)individuo, ma altresì ad isolarlo, interrompendone la continuità con la natura, la società e la storiaά Schopenhauer «non seppe mai liberarsi dal suo temperamento e gli conferì espressione cosmica» dice Nietzscheάδ σ ancheθ «la sua (cid:3065)loso(cid:3065)a non ha storia»ά ϊa storia appartiene infatti all(cid:1758)altra tendenza, opposta e complementare, quella popolareggiante e storicizzante appuntoά σssa, che ha la sua matrice nell(cid:1758)idea di divenire messa in auge da Hegel e divenuta dominante in tutta la cultura della sua epoca (si pensi solo all(cid:1758)evoluzionismo), segna un distacco dalla cultura che va da Montaigne e ρartesio a tutto il Settecento, quella del grande moralismo,