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Struttura soggetto prassi PDF

320 Pages·1994·12.999 MB·Italian
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ALDO MASULLO STRUTTURA SOGGETTO P R A S S I - Edizioni Scientifiche Italiane In memoria di mio padre che /,a sua vita e /,a sua morte patì con umiltà virile Avvertenza I materiali di ricostruzione storica e di riflessione teorica, rac colti nel presente volume, mi appaiono oggi, nella loro organicità, come il prospettico intreccio del lungo e complesso itinerario di ricerca che, delineatosi nel lontano 1960, in forte controtendenza rispetto alla cultura filosofica italiana di quel periodo, non ha mai cessato d'impegnarmi, come ancora nel 1990 documentava il libro Filosofie del soggetto e diritto del senso. Sollecitato da molti amici, italiani e stranieri, a restituire alla comune accessibilità quei materiali, mi sono ora deciso a pubblicar ne la revisione. L'autorevole collega prof. Bianca Maria d'Ippolito con la fedeltà dell'antica allieva e la competenza dell'assidua studiosa si è generosa mente impegnata nella selettiva e aggiornata sistemazione dell' ap parato bibliografico. Le esprimo la mia viva riconoscenza. Un cordiale ringraziamento debbo alla fattiva cortesia del dott. Michele Gallo per l'attenta cura editoriale. A.M. Napoli, maggio 1994 PARTE PRIMA LA NOZIONE DI STRUTTURA NEI LINGUAGGI SCIENTIFICI E L'APPROCCIO AL SOGGETTO «Qui si tratta di una effettiva protesta dell'empiria contro l'empirismo» (YORCK di WARTENBURG) I. - l LINGUAGGI E IL CAPIRE § 1. Compito e limiti della ricerca Un illustre storico della filosofia ha osservato che «uno dei tratti più rimarchevoli del pensiero contemporaneo è certamente il re gresso dei problemi di genesi, d'origine, d'evoluzione a profitto dei problemi di struttura»1 • È forse preferibile, per introdurre un discorso al proposito, tra durre questa osservazione in una forma più elementare e più guar dinga, e limitarsi a dire che nella cultura contemporanea, sopratutto a partire dalla fine del secolo scorso, si è venuto sempre più intensi ficando l'impiego del termine struttura, «una parola - come scrive va il Russell nel 1918 - che, malgrado la sua importanza, non è stata mai definita in termini precisi da chi l'ha usata»2 • La stessa espansione del suo impiego nelle più varie discipline, all'interno quindi dei più diversi linguaggi scientifici, attesta che il termine in questione non ha fino ad ora, a quaranta anni di distan za dall'appunto del Russell, ricevuto uno status semantico ben de finito. Tuttavia una così crescente fortuna della parola nel contesto di linguaggi, che peraltro tendono a farsi sempre più rigorosi, è un forte indizio che nel suo uso si nasconda una vera e propria cate- La nozione di struttura nei linguaggi scientifici 13 paginare la trama stessa del nostro essere, mettere a nudo l'intricata storia dei processi vissuti che in vario modo condizionano il pro cesso che attualmente viviamo. Così ognuno sperimenta, nella vita quotidiana e nel linguaggio che la esprime, le «cose tanto usuali e pur tanto oscure» di cui parla S. Agostino, e di cui un esempio limite è il tempo, il quale cosa sia «se nessun~ me lo domanda lo so: se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più». Perciò, come osserva Berkeley, «alla gran massa degli uomini, che va per la strada maestra del semplice senso comune, nulla di ciò ch'è familiare sembra strano o difficile a capire; ma, non appena ci scostiamo dai sensi e dallo istinto per seguire la luce di un principio superiore, per ragionare, meditare e riflettere sulla natura delle cose, mille scrupoli sorgono nella nostra mente su quelle cose, che innanzi ci pareva di com prendere pienamente». Nella lapidaria espressione hegeliana: «il noto in genere, appunto in quanto è noto, non è conosciuto»4. Questa considerazione getta luce sul senso stesso della filosofia. Proprio perché la filosofia mette in problema la vita ch'è la più usuale di tutte le cose, il suo oggetto è il più oscuro di tutti. Ciò che si vive si esprime in un linguaggio vissuto, spontaneo e quo tidiano: il linguaggio comune, proprio perché spontaneo, esprime la ricchezza della nostra realtà e delle sue leggi; ma appunto espri me tutto ciò; lo certifica, ma non lo spiega; lo presenta, ma non lo chiarisce; è in una parola altrettanto oscuro. I linguaggi scientifici sono anch'essi, come ogni linguaggio, vissu ti, ma non sono spontanei e quotidiani, bensì deliberatamente esco gitati per definire oggetti che non sono vissuti, appunto perché mediati dai linguaggi e da essi condizionati. Il vivere fonda il linguaggio quotidiano. I linguaggi scientifici sono invece essi che fondano i loro oggetti, gli oggetti scientifici. Pertanto gli oggetti scientifici non sono vissuti in sé, ma in quanto risolti nei linguaggi relativi: basta riferirli al lessico ed alla sintassi del linguaggio cui appartengono, per comprenderne il significato. Invece non si può interpretare il linguaggio spontaneo se non risalendo all'immediatamente vissuto che in esso si esprime, cioè proprio a ciò che, per essere la nostra stessa vita, è radicalmente irriducibile. Sono gli oggetti scientifici, attraverso i rispettivi lin guaggi, che cercano il proprio senso ultimo nella totalità concreta, la vita, da cui sono stati per altrettanti processi astrattivi enucleati, 12 Parte prima goria, valida a caratterizzare una certa situazione culturale e defini re in modo unitario un momento della storia scientifica3 • Questa ipotesi, ove fosse confermata dallo sviluppo della ricer ca, getterebbe luce su di un cospicuo esempio di connessione e solidarietà inter-linguistica, contribuendo a mostrare in tale connes sione e solidarietà un aspetto saliente di ogni situazione culturale e specificamente scientifica: la categoria di struttura apparirebbe così come la struttura d'un certo mondo culturale; la sua presenza in contesti linguistici diversi esprimerebbe in un caso particolare la connessione e solidarietà inter-linguistica come qualità .s trutturale d'ogni cultura. Di una simile indagine non si possono, in questa sede, che ab bozzare, a mo' di esemplificazione, alcuni aspetti, omettendo anche solo un cenno a proposito di molti altri. La presente ricerca, esaminando la trama evolutiva di alcuni linguaggi scientifici contemporanei, intende limitarsi a chiarire la portata della nozione di struttura nella stretta misura in cui ciò può permettere alla filosofia un più efficace approccio al concreto sogget to della realtà, all'uomo operante. § 2. Livello dei linguaggi spontanei e livelli dei linguaggi sdentifid La nostra odierna situazione culturale è spiccatamente caratte rizzata dalla pluralità dei linguaggi come pluralità di livelli analitici, variamente determinati secondo gli specifici problemi, cioè difficol tà vitali, alla cui impostazione in termini di risolvibilità quei linguaggi debbono servire. L'oggetto teoretico specifico d'ogni disciplina è invero determinato dal metodo relativo, il quale a sua volta si viene costituendo attraverso un processo di adattamento operativo del ricercante alle difficoltà vitali eh' egli avverte di dover superare. Ora, mentre il linguaggio quotidiano, cioè qualsiasi linguaggio storicamente parlato, preso a livello di uso, nella sua funzione pra gmatica, è immediatamente comprensibile, purché non lo si analiz zi, i linguaggi scientifici invece tanto meno immediatamente si com prendono quanto più sono formalizzati, e tuttavia, sottoposti ad analisi adeguate, quanto più sono formalizzati e quindi non imme diatamente comprensibili, tanto più consentono una comprensione piena e senza residui: Analizzare il linguaggio quotidiano è scom- La nozione di struttura nei linguaggi scientifici 15 teorema di geometria, per cui occorrono speciali conoscenze. Il teorema si capisce, risolvendo i termini che vi giocano nel sistema linguistico della geometria adottata, ossia nei riferimenti ad un complesso sistema di ben determinate relazioni di significanza. Capire il dolore altrui appare, a chi ben guardi, cosà, per quanto sémplice, ben più difficile che capire il teorema di geometria, che pur è complesso: basta invero possedere determinate cognizioni opportunamente apprese per capire del teorema il significato pieno e senza residui, per risolverlo, scioglierlo, vanificarne la proble maticità; per capire il dolore altrui invece, per quanto non occorrano speciali cognizioni , è necessario avere la disposizione ad assumere quello stesso atteggiamento psichico, avere la capacità di trasferirsi nell'altro e di superare il proprio chiuso egoismo: cioè non lo si può capire risolvendolo in una serie di riferimenti a ben determi nate relazioni, ma soltanto vivendolo, e lasciandolo tuttavia sempre chiuso in una sua problematica oscurità! Qui, in conclusione, il semplice è proprio il più difficile a capirsi, quel che S. Agostino chiama oscuro, poiché è ciò che si vive, e in quanto tale è usuale e non formalisticamente, e cioè operativamente, analizzabile. § 4. Il semplice ed il complesso Un secondo caso dell'opposizione tra semplice e complesso è quello della diversa portata del capire la costituzione di una mole cola di ferro e del capire la costituzione d'un tavolo di ferro: in un certo senso, il tavolo è più complesso rispetto alla molecola di ferro, eppure è enormemente più facile capire la costituzione del tavolo, del più complesso, che non quella della molecola di ferro, del più semplice. Quanto più una cosa è semplice, tanto più è difficile a comprendersi poiché una cosa complessa in linea di prin cipio può ricondursi prima o poi a cose più semplici, mentre una cosa semplicissima non può ricondursi a cose più semplici ancora. In linea di fatto, cose semplicissime in senso assoluto non ve ne sono: una cosa semplice è solo una cosa più difficilmente riducibile a cose più semplici. Una cosa molto complessa ha la sua difficoltà solo nella scelta e nel numero delle operazioni da compiere per ridurla a cose meno complesse. Una cosa molto semplice invece ha la sua difficoltà, ben più grave, nell'inesistenza, per lo meno allo 14 Pa,rte prima ma la totalità concreta non può essere ricondotta ad altro: non può essere fatta rientrare a sua volta come parte analitica di un tutto che sia esso stesso relativo, e perciò elemento di un linguaggio, all'in terno del quale sia· perfettamente definito nelle sue relazioni, e perciò determinabile nel suo significato. § 3. Capire d'uso e capire di riferimento Capire è possibile almeno in due modi fondamentali. L'uno è quello per cui le cose sono usuali, anche se restano oscure. L'altro è quello per cui le cose diventano chiare, anche se ciò le fa essere meno usuali che mai, a tal punto che, per acquistare un senso vitale, debbono trapassare a loro volta in cose usuali, e quindi ancora irrimediabilmente oscure. Il primo modo è un capire d'uso, cioè un ripetere la cosa capita. È un imitare. Perciò un filosofo della vita come Hamann poté scrivere che senza la legge perfetta della libertà, cioè senza lo stato naturale dei rapporti che legano l'uomo al tutto, «l'uomo non sa rebbe capace di nessuna imitazione, su cui è fondata tutta la sua educazione; giacché l'uomo è, fra tutti gli animali, il più grande pantomimo»5 • Il secondo modo di capire, invece, è un riportare la cosa ad altre, un esplicitarne i riferimenti ad altre, in tali riferimenti ritro vandosene il significato: ma ciò suppone che la cosa venga cifrata, secondo un sistema linguistico già definito, all'interno del quale essa assuma la .t itolarità di ben determinati rapporti con altre cose cifrate in base al medesimo sistema. La cosa allora è trasformata in oggetto ideale. · L'opposizione tra capire d'uso e capire di riferimento, ch'è poi l'opposizione tra comprensione del senso e comprensione del signi ficato, si configura variamente nella complessa fenomenologia del conoscere. In conseguenza si configura variamente l'opposizione tra il semplice, corrispondente all'usuale, ed il complesso, corrispon dente a ciò il cui significato si rinviene nei riferimenti in cui esso può risolversi. Un primo caso è quello dell'opposizione tra «capire un dolore altrui» e «capire un teorema di geometria»: semplice è capire il dolore altrui, può farlo anche un incolto; complesso è capire un La nozione di struttura nei linguaggi scientifici 17 d'una ruota a, poniamo, tremila giri al minuto, poiché non riesco ad imitarlo percettivamente: la percezione è infatti intricata con il movimento soggettivo in modo tale che l'impossibilità di questo è impossibilità della percezione, secondo le acute osservazioni del W eizsacker10 • È evidente che, se a ciò che viene capito imitativamente ed appare perciò usuale e semplice si volesse applicare un'intenzione di capire nell'altra maniera, in quella che risolve la cosa da capire, mercé la cifratura, in un termine di riferimenti relazionali all'interno di un contesto linguistico formalmente determinato, allora tutto ciò che appare per eccellenza semplice diverrebbe quanto di più oscuro si possa immaginare, chiaribile solo attraverso preliminari processi di traduzione dal linguaggio comune nei linguaggi formali appropriati. Tuttavia già la scelta del linguaggio formale, e del corrispondente metodo d'analisi del linguaggio comune, implicherebbe la volontà di cercare quel tipo di soluzione del problema, condizionato dal tipo di linguaggio adottato; non si escluderebbe pertanto la possi bilità di tradurre con un altro linguaggio quella stessa esperienza in un altro problema per un altro tipo di soluzione. Si precisa, a questo proposito, la distinzione tra la materia della indagine e l'oggetto dell'indagine. L'oggetto è definito dallo stesso linguaggio più o meno formalizzato della ricerca, direi che è il senso totale di questo linguaggio ed è perciò tanto più rigoroso ed univoco quanto più il linguaggio è formalizzato. La materia invece è il campo di esperienze vissute ed espresse nel linguaggio comune, entro il cui raggio operano la selezione e la cifratura di un certo linguaggio formalizzato. Le scienze cosiddette antropologiche, ad esempio, hanno tutte la medesima materia, l'uomo, ma l'oggetto dell'etnologia, quello della biologia umana e quello della psicologia esistenziale, poniamo, non sono certo un solo e medesimo oggetto. Il che spiega come sia possibile concordare il principio formale, che l'oggetto è definito dal linguaggio, con l'esperienza storica che ogni linguaggio è sempre costruito a partire da certi contenuti: ogni linguaggio formale invero, mentre condiziona logicamente il suo oggetto, è condizionato dalla sua materia, cioè dal settore del lin guaggio comune, ove si esprimono alcuni problemi del vivere, alla cui soluzione quel linguaggio formale è appunto destinato. Ogni capire di tipo scientifico resta una selezione ed un impove rimento dell'esperienza per determinarla alla luce di un certo siste-

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