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Storie. Libri I-II. Testo latino a fronte PDF

218 Pages·2007·8.351 MB·Italian
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BU^ Biblioteca Universale Rizzoli Publio Cornelio Tacito in BLR^ Publio Cornelio Tacito STORIE Annali (Cof. 2 voli.) Il racconto annalistico della preistoria del principato, dalla morte di Introduzione e commento di Luciano Lenaz Augusto (14 d.C.) a quella di Nerone (68 d.C.). Un potente affresco della Traduzione di Felice Dessi vita sotto i Cesari tratteggiato con colori tetri. Un capolavoro di Tacito (55-117 d.C.) che fonde storia e drammaturgia. Classici greci e latini - Pagine 944 - ISBN 1712309 VOLUME PRIMO (libri I-II) Dialogo sull'oratoria Testo latino a fronte Questo dialogo, ambientato nel 75-77 d.C., si riallaccia al corpus retorico ciceroniano. Il canto del cigno della tradizione oratoria destinata a un'anacronistica sopravvivenza in un contesto politico privo di conflitti come quello imperiale. Classici greci e latini - Pagine 208 - ISBN 1716916 ❖ La vita di Agricola La Germania Opuscoli storici pubblicati dopo la tirannide domizianea. L'Agricola è una biografìa di tono encomiastico del suocero, uno dei principali artefici della conquista della Britannia. Le digressioni geografiche ed etnografiche avvicinano quest'opera alla coeva Germania, l'unica testimo­ nianza a noi nota della fiorente letteratura geografica in lingua latina. Classici greci e latini -Pagine 320 - ISBN 1716781 BTR^ CLASSICI GRECI E LATINI INTRODUZIONE I. LE «HISTORIAE» Tacito compose la sua Vita di Agricola a circa quaran- t’anni, tra il 97 e il 98 d.C. Domiziano era stato assassi­ nato nel 96, Nerva sarebbe morto nel gennaio del 98, quando l’adozione di Traiano aveva già assicurato una Proprietà letteraria riservata successione senza problemi. A quella altezza cronologica © 1968,1992 RCS Rizzoli Libri S.p. A., Milano lo storico progettava, come appare dalle sue stesse parole © 1994 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., Milano {Agricola, 3), di tracciare nel prossimo futuro un quadro © 1998 RCS Libri S.p.A., Milano della tirannide domizianea {memoriam prioris servitutis) e del felice regno di Nerva (testimonium praesentium ho­ Titolo originale dell’opera: norum). Historiae Pochi anni dopo, però, il progetto appare mutato: il Libri I-II capitolo iniziale del I libro delle Historiae circoscrive con precisione un campo d’indagine spostato all’indietro di prima edizione agosto 1992 trent’anni. Il periodo che lo storico intende ora rappre­ settima edizione aprile 2007 sentare è quello che inizia al 10 gennaio del 69 e arriva al­ la eliminazione di Domiziano nel settembre del 96, ossia i regni di Galba, Otone, Vitellio, Vespasiano, Tito e Do­ ERRATA CORRIGE: miziano. Nerva e Traiano — scrive Tacito — sono argo­ A stampa avvenuta è stato riscontrato che sono saltati i numeri di pagina menti che mi riservo per la vecchiaia. È «materiale» più 192-193. Ixrrorc riguarda solo la numerazione; il testo è completo. ricco e da trattarsi con tutta tranquillità, consentita dalla piena libertà di pensiero e di espressione di cui ora go­ diamo. Per conoscere il mondo BUR visita il sito www.bur.eu E invece il programma fu ancora una volta cambiato. Col passare degli anni la materia si era fatta forse meno 5 secura, meno gradevole, dato l’accentuarsi dei tratti illi­ però supporre (ed è difficile supporlo) che nella parte berali e autoritari della politica di Traiano — e il fatto perduta del XVI degli Annales Tacito abbia esposto le vi­ che nel proemio delle Historiae il regno di Nerva sia det­ cende di più di due anni, dal 66 al 1° gennaio del 69, o to principatus, mentre per il dominio di Traiano il termi­ per lo meno al 9 giugno del 68, data del suicidio di Nero­ ne usato è imperium, potrebbe essere una spia significati­ ne. E così si è costretti a ritornare all’ipotesi precedente, va. Comunque, una supposta «delusione» di Tacito do­ che i libri degli Annales fossero 18 e quelli delle Historiae po l’avvento così promettente di Traiano non è l’unica 12. Oppure a pensare alla «disquieting possibility» che spiegazione del cambiamento dei suoi piani di lavoro. È gli Annales fossero sì composti di 16 libri, ma non arri­ anche possibile che la volontà di indagare sulla natura e vassero alla fine del regno di Nerone. In altre parole, si la genesi del principato abbia indotto lo scrittore a risali­ può anche ipotizzare che gli Annales non siano mai stati re sempre più indietro nel tempo. completati. Possono farlo sospettare anche talune carat­ Vennero così, negli anni tra il 114 e il 120, mentre Ta­ teristiche della scrittura dei libri XIII-XVI, in cui ad al­ cito superava la sessantina, gli Annales, che abbracciano cuni studiosi, subito contraddetti da altri, è sembrato di 11 periodo dalla morte di Augusto nel 14 d.C. alla morte notare minore accuratezza stilistica, minore compattezza di Nerone nell’estate del 68. E se la vita gli fosse bastata della struttura, qualche imprecisione: come se i libri non (si vitam produxero, Annales, III 24) Tacito avrebbe vo­ fossero stati accuratamente revisionati. luto risalire ancora più indietro, alla storia degli anni di Dodici o quattordici che fossero i libri delle Historiae, Augusto. Di Traiano non scrisse e non parlò più. quello che ne rimane è più o meno un quarto, un «tor­ Le Historiae abbracciavano dunque il periodo 69-96 so», come è stato detto, che ricopre meno di due anni (69 d.C., dall’anno «dei quattro imperatori» all’eliminazio­ e 70 d.C.) dei ventotto che intercorrono tra il 1° gennaio ne di Domiziano, ossia dalla tragica fine della dinastia del 69 e il settembre del 96. Più precisamente è la storia di giulio-claudia con Nerone all’altrettanto tragica fine del­ un anno o poco più, dal 1° gennaio del 69 a un periodo la dinastia flavia. In quanti libri, sui trenta complessivi imprecisato dell’anno successivo, al momento che vede che san Girolamo attribuisce alle Vitae Caesarum? Qui approssimarsi da una parte la fine dell’assedio di Gerusa­ possiamo solo accennare alla difficile e controversa que­ lemme e dall’altra la fine della rivolta batava. Ma questo stione1. C’è chi ha pensato a una struttura a esadi, 12 li­ «torso» è un testo «fra i più splendidi che siano stati bri per le Historiae e 18 per gli Annales, così come sono scritti in qualsiasi epoca e in qualsiasi lingua»2. 12 i libri delVEneide e 18 quelli degli Annali di Ennio; al­ L’inizio «annalistico», dalla data delle calende di gen­ tri attribuiscono 14 libri alle Historiae e 16 agli Annales, naio, anziché dal giugno 68, sottolinea l’intento dello e questa ipotesi ha il conforto della numerazione pro­ scrittore di porsi come continuatore della storiografia re­ gressiva del Mediceo II o delle sue copie, dove quello che pubblicana, e al tempo stesso lascia fuori dal quadro la per noi è il primo libro delle Historiae figura come XVII seconda metà del 68 (che rimase «scoperta» se gli Anna­ dell’opera «di Cornelio Tacito». In questo caso bisogna les furono terminati con la morte di Nerone), forse per «saltare» il delicato argomento della rivolta antineronia- 1 Del resto, non c’è aspetto che non sia controverso nell’opera di Ta­ na promossa in Gallia da Vindice, rivolta nella repressio- cito, «uno scrittore così affascinante e di cui sappiamo sostanzialmente così poco e, col procedere degli anni, sempre meno» (F. Arnaldi, Taci­ to, Napoli 1973, p. 11). 2 Martin, Tacitus, p. 68. 6 7 ne della quale aveva avuto una parte che non fu del tutto posto a personaggi più vicini ai giulio-claudii e più in sin­ chiarita il grande Virginio Rufo di cui Tacito, laudator tonia con la realtà in cui si muovevano. eloquentissimus, aveva pronunciato nel 97 l’elogio fu­ I molti errori di Galba (basta ricordare soltanto il ri­ nebre. fiuto del donativo ai pretoriani o il trasferimento in Pan- nonia della fida legione da lui creata in Spagna e che lo aveva accompagnato a Roma) derivarono tutti da un’er­ Con il suicidio di Nerone, nel giugno del 68, si era com­ rata valutazione della solidità del suo potere, e fu una piuta la vicenda della sua dinastia, ma non era stata com­ cattiva valutazione che lo portò ad agire con «repubbli­ promessa la sopravvivenza del regime imperiale, che non cana» e dispotica durezza contro chiunque in qualche fu messo in discussione nelle sanguinose vicende del 69. modo potesse costituire una minaccia. Infine, quando Al contrario, la guerra civile fu combattuta proprio per ebbe notizia della rivolta delle legioni germaniche che stabilire chi dovesse essere il nuovo principe: e, come ai avevano acclamato Vitellio, decise di associare all’impe­ tempi di Ottaviano e di Antonio, la decisione fu ancora ro un collaboratore e successore. Poteva essere un’inizia­ una volta nelle mani delle legioni, o dei pretoriani (signi­ tiva politicamente valida, e lo dimostrerà trent’anni più ficativamente, Vespasiano fu il primo che fissò il suo dies tardi l’adozione di Traiano da parte di Nerva. Ma Traia­ imperii al giorno dell’acclamazione da parte delle truppe, no era un generale, così sicuro della sua forza militare, e non al giorno del riconoscimento da parte del senato). quindi indirettamente politica, da restare sui confini del A Nerone era succeduto Galba, e il senato aveva san­ nord per quasi due anni, dopo la morte di Nerva, prima zionato la designazione dei militari. Apparentemente si di rientrare a Roma. realizzava l’ideale, o l’utopia, della scelta del principe da Pisone invece, il giovane adottato da Galba, era in­ parte dell’aristocrazia, in realtà il senato non aveva fatto dubbiamente un galantuomo, era discendente di grandi altro che dare una vernice legalitaria ad una scelta fatta famiglie aristocratiche, era stato perseguitato ed esiliato dall’esercito. Comunque, Galba poteva essere l’uomo da Nerone — ma era politicamente inesistente. giusto per l’inizio di una fase nuova. Apparteneva a una Conviene chiarire ulteriormente questo punto. «Tacito famiglia di antica nobiltà repubblicana e aveva al suo at­ scriveva le Historiae a oltre trent’anni di distanza dal 69; tivo una lunga carriera di magistrato e di comandante ma la ricostruzione degli avvenimenti dell’anno dei quat­ militare al servizio dell’impero. Purtroppo, anche a tro imperatori avveniva, con ogni probabilità, nel vivo causa della sua età (aveva 72 anni al momento dell’ascesa del dibattito politico che aveva accompagnato l’ascesa al al trono imperiale), ma non soltanto per la sua debolezza potere di Traiano. È stato notato un certo parallelismo senile, il vecchio, ricchissimo aristocratico non fu capace fra questa e gli avvenimenti del 69: il predecessore di di dominare la situazione a cui si trovò davanti al suo ri­ Traiano, Nerva, si era trovato come Galba ad affrontare torno dalla Spagna, gli indocili reparti della guardia pre­ una rivolta di pretoriani che faceva traballare le basi del toriana, i generali al comando dell’armata sul Reno, le suo potere; come Galba, aveva designato per adozione manovre di Otone. L’illusione di vedere realizzato un un successore. L’analogia si ferma a questo punto: Gal­ principato senatorio durò appena per qualche settimana ba — che Tacito descrive come un vecchio senza energie, e Galba, esponente della parte dell’aristocrazia meno rovinato da consiglieri sciagurati, inutilmente e anacro­ compromessa con la dinastia caduta, dovette lasciare il nisticamente atteggiato nelle pose della gravitas repubbli­ 8 9 cana — si era scelto come successore Pisone, un nobile di Tacito, con il pessimistico realismo che lo contraddistin­ antico stampo, dai costumi severi, poco adatto, per il suo gueva, non condividesse in toto l’entusiastica soddisfa­ rigorismo "arcaizzante”, a conciliarsi la benevolenza del­ zione dimostrata da Plinio il Giovane nel Panegyricus a la truppa: sostanzialmente un fantoccio, vittima dei suoi proposito della soluzione che la scelta di Traiano aveva illustri natali, dell’inettitudine di Galba, e delle criminali assicurato alla crisi dello stato: ma certamente egli avver­ ambizioni di Otone. Nerva aveva invece consolidato il tiva come improrogabile la necessità di sanare la frattu­ proprio potere associandosi nel governo Traiano, un ca­ ra, drammaticamente verificatasi nel 69, fra le virtutes po militare autorevole, comandante dell’armata della del modello etico antico-repubblicano e la capacità di in­ Germania Superiore. Non si può pertanto condividere staurare un reale rapporto con le masse militari» (G.B. l’interpretazione secondo la quale Tacito avrebbe visto in Conte, Letteratura latina, Firenze 1987, pp. 403-404)3. Galba uno sfortunato precursore della conciliazione del La coreggenza di Pisone durò cinque giorni. Otone, principato con la libertà, poi realizzata da Nerva e da che aveva fornito un valido aiuto a Galba in Spagna e Traiano. Probabilmente Tacito aveva preso parte al con­ aveva creduto di averne conquistato la simpatia e la rico­ siglio imperiale nel quale venne decisa l’adozione di noscenza, si era illuso di essere il naturale candidato al­ Traiano: in esso saranno riemerse, da parte di membri l’adozione, e per questo si era accortamente adoperato. tradizionalisti dell’aristocrazia senatoria, posizioni di un Deluso e offeso, seppe, al momento giusto, valersi spre­ anacronismo non dissimile da quello di Galba, ma il con­ giudicatamente dello strumento decisivo che aveva sotto­ siglio seppe evidentemente respingerle. Con il discorso mano: i pretoriani, di cui si era procurato il favore. Se fatto pronunciare a Galba nel primo libro delle Histo- l’acclamazione di Galba da parte delle truppe spagnole riae, in occasione dell’adozione di Pisone, lo storico ha aveva reso di pubblico dominio un grande «segreto» (ar- inteso chiarire, quasi per contrasto, attraverso le stesse canum imperii), che cioè l’imperatore poteva essere elet­ parole dell’imperatore, aspetti significativi della sua po­ to lontano da Roma, il tentativo di Ninfidio Sabino di sizione ideologico-politica. Tacito ha voluto mostrare in arrivare al trono servendosi dei pretoriani aveva rivelato Galba il divorzio ormai consumato fra il modello di com­ che anche le coorti della guardia potevano «fare» un im­ portamento rigorosamente ispirato al mos maiorum — peratore, e Otone aveva imparato la lezione. Il 15 gen­ un modello ormai votato al vuoto ossequio delle forme, e naio Galba e Pisone venivano scannati, e il giudizio sul noncurante di ogni realismo politico — e la reale capaci­ vecchio principe viene scolpito da Tacito in una sententia tà di dominare e controllare gli avvenimenti. Ispirandosi di bruciante e amara potenza: omnium consensu capax a quel modello, Galba non poteva fare una scelta in gra­ imperii, nisi imperasset (149). do di garantire davvero la sicurezza dello stato: ne seguì un periodo di sanguinosi conflitti civili. L’adozione di Alla morte di Galba, il senato decreta a Otone omnes Traiano — peraltro un comandante di vecchio stampo, principum honores. Il racconto degli eventi che portano che sapeva rendersi cari i soldati senza rinunciare alla se­ alla proclamazione del nuovo imperatore è tracciato, con verità e al decoro della sua carica — placò invece i tumul­ impressionante rapidità e forza di concentrazione, in pa- ti fra le legioni, e pose fine ad ogni rivalità. Traiano si ri­ velò capace di mantenere l’unità degli eserciti, e di con­ 3 Sul discorso di Galba e il problema dell’adozione v. anche, tra i trollarli senza farne gli arbitri dell’Impero. Può darsi che Giudizi critici, le pagine di R. Syme. 10 11 gine memorabili. Ricordiamo soltanto il quadro del lin­ diviso la «prostituta imperiale», Poppea. Ha governato ciaggio di Galba, prima sballottato qua e là nella sua let­ per dieci anni la Lusitania (ha ora 37 anni) e non è privo tiga, tra la calca stipata nel foro, poi finito a terra, stra­ di qualità positive. Quello che sappiamo del suo breve re­ ziato di colpi, decapitato, in uno spettrale, procelloso si­ gno, tra la metà di gennaio e l’aprile del 69, mostra una lenzio, «il silenzio delle grandi paure e delle grandi colle­ notevole capacità di muoversi in una situazione difficile, re», rotto soltanto dallo strepito sinistro degli zoccoli dopo il sanguinoso episodio che l’ha portato sul trono, della cavalleria e da qualche parola strozzata del vecchio. nei rapporti con il senato, con le province, con il popoli­ Sullo sfondo il Campidoglio, i templi, il muto, orgoglio­ no che rimpiange Nerone. Le province orientali e l’Afri­ so scenario della potenza di Roma4. ca sono dalla sua parte, i pretoriani hanno rifiutato l’of­ ferta di schierarsi con Vitellio. Ma Cecina e Valente, de­ Otone, portato sul trono dai pretoriani — i primi a muo­ signati da Vitellio al comando delle due armate che devo­ versi erano stati due sottufficiali! Suscepere duo manipu- no invadere l’Italia seguendo due diverse direttrici di lares imperium populì Romani transferendum et transtu- marcia, si sono messi in movimento con 70.000 uomini lerunt (I 25) — viene subito «riconosciuto» dal senato, ancora prima di avere saputo dell’assassinio di Galba, e come si è detto, e al senato e al popolo romano si erano verso la metà di marzo Cecina raggiunge Cremona. in un primo momento rimesse le legioni del Reno, ribelli Otone è ancora a Roma, e in attesa dell’arrivo delle le­ a Galba ai primi di gennaio5, per la scelta di un nuovo gioni della Dalmazia e della Pannonia, dispone di forze principe. Ma immediatamente dopo le stesse legioni han­ insufficienti, forse 25/27.000 uomini. Con queste deve no acclamato imperatore Vitellio. La guerra civile appa­ tentare di impedire che le truppe di Valente si congiunga­ re fin dal primo momento inevitabile. Otone è un aristo­ no con quelle di Cecina. Ma gli Otoniani si muovono cratico di recente nobiltà, già amico di Nerone con cui ha troppo tardi e seguendo una strategia sbagliata. Nel ten­ tativo di bloccare la marcia di Valente con uno sbarco 4 Prima di iniziare il racconto della tragedia di Galba Tacito si soffer­ sulle coste della Gallia meridionale indeboliscono ulte­ ma, in una magistrale introduzione, ad enunciare dapprima il suo pro­ riormente le loro forze sulla linea del Po. Quando però gramma di storico e il suo intento di lavorare incorrupta fide, di espor­ re fatti e vicende neque amore et sine odio: e sono fatti e vicende «atro­ Otone arriva sul teatro delle operazioni può contare an­ ci», quattro Cesari morti di morte violenta, tre guerre civili, guerre con­ che sulle avanguardie delle legioni illiriche (e si sono tro nemici esterni, spietata anche la pace. Segue poi la rassegna, una mosse anche quelle della Mesia, precedute come sempre performance eccezionale nella storiografia romana, della situazione di Roma e delle province, con particolare riguardo alle forze militari che da reparti ausiliari). La situazione non è quindi del tutto ormai, sbiadito il prestigio del tradizionale binomio senatus populus- sfavorevole agli Otoniani, che ottengono anche un chia­ que, si ergono come l’elemento extra-costituzionale che nei momenti di ro successo al Locus Castorum. Ma l’arrivo di Valente ri­ crisi si rivela brutalmente decisivo. 5 La rivolta delle legioni germaniche contro Galba era legata agli av­ dona ai Vitelliani una schiacciante superiorità numerica. venimenti dei mesi precedenti, la loro vittoria sul ribelle Vindice a Be- Agli Otoniani, in quella situazione, conviene attendere san?on — e Vindice aveva avuto contatti con Galba —, il richiamo a l’arrivo del grosso delle legioni illiriche e della Mesia, Roma del loro comandante, Virginio Rufo, dopo che questi aveva ri­ fiutato l’impero offertogli dai soldati, l’esempio dei loro camerati che presenti sul Po soltanto con una parte dei loro contingen­ avevano eletto Galba in Spagna. C’era anche un rancore più remoto, il ti, ed è questa la condotta strategica suggerita dai mare­ cattivo ricordo lasciato da Galba in Germania al tempo di Caligola. E, infine, la noia per la monotona vita di guarnigione, la voglia di disordi­ scialli di Otone. Ma l’imperatore vuole affrettare lo ni, di guerra, di bottino, in una eccitata atmosfera di attesa. scontro, non senza qualche ragione anche da parte sua, 12 13 approfittando dello spirito combattivo dei suoi soldati, che hanno dato il trono a Vitellio, si odiano a morte e in­ esaltati dai primi successi. Commette però un errore la­ tanto approfittano del successo per arricchirsi spudora­ sciando il campo di Bedriaco per spostarsi con un consi­ tamente, in una atmosfera di festa continua e di pazze­ stente reparto sull’altra riva del Po. sche dilapidazioni. Lo scontro — la prima battaglia cosiddetta di Bedria­ La tempesta viene dall’Oriente. Le legioni di stanza in co, o Cremona I, come viene più spesso definita — viene Siria e in Giudea agli ordini di Muciano e di Vespasiano, così affrontato dagli Otoniani, ora disorientati, al co­ legate da forti vincoli di solidarietà con le legioni del Da­ mando dell’inetto fratello dell’imperatore e dei generali nubio umiliate da Vitellio dopo Bedriaco, hanno an- sospetti ai soldati per il loro contegno esitante nelle pri­ ch’esse un candidato al trono imperiale, e quando ad me fasi della campagna, e si conclude con una sconfitta e Alessandria le truppe giurano nel nome di Vespasiano una strage. Non tutto è perduto, però, e le legioni della tutto l’Oriente si schiera dalla sua parte. Mesia sono già ad Aquileia, come si è saputo dai reparti Il comando della spedizione contro l’Italia viene as­ che le hanno precedute sotto Cremona. Ma Otone decide sunto da Muciano, mentre Vespasiano si incarica del di non sottoporre ad altre perdite i suoi uomini, e si ucci­ controllo dell’Egitto, da cui dipendono i rifornimenti di de stoicamente nella notte successiva alla battaglia. grano per la capitale. Ma le legioni del Danubio si muo­ vono senza aspettare Muciano, grazie al dinamismo di Vitellio è intanto in marcia dalla Germania con le residue Antonio Primo, il comandante della VII Galbiana, che forze della frontiera renana e ottomila uomini fatti arri­ sarà il protagonista della campagna d’Italia. Vitellio ri­ vare dalla Britannia. Riceve la notizia della vittoria a corre ancora a Valente e a Cecina (già pronto a tradirlo) Lione, dove lo raggiungono Valente e Cecina, e anche i che devono bloccare la linea del Po con le loro truppe, generali di Otone che vengono graziati avendo dichiarato numerose ma in cattive condizioni dopo i mesi della cal­ che a Bedriaco, per far trionfare i Vitelliani, hanno tradi­ da estate romana. Dopo una serie di contatti fra Ostiglia to il loro imperatore. e Cremona si arriva così alla seconda battaglia di Bedria­ Vitellio passa poi in Italia, dopo avere rimandato nelle co, o Cremona II, combattuta nella notte fra il 24 e il 25 loro guarnigioni le legioni sconfitte e sciolti i reparti pre­ ottobre con la vittoria dei Flaviani seguita dall’atroce toriani, ovviamente sospetti per il loro passato ruolo di sacco di Cremona. La strada verso Roma è ormai aperta, «elettori» di Otone, che saranno sostituiti da sedici coor­ e il resto sarà solo questione di tempo, fino alle ultime ti di nuova formazione, e fa la sua entrata trionfale a Ro­ convulsioni con l’incendio del tempio di Giove sul Cam­ ma. Il suo governo, nei pochi mesi tra aprile e dicembre, pidoglio e la battaglia per le strade di Roma. Vitellio vie­ è caratterizzato da iniziative disorganiche e da un senso ne linciato il 20 dicembre. Il 1° gennaio del 70 entrano in di provvisorietà, soprattutto dopo la notizia che la parte carica come consoli, benché assenti da Roma, Vespasia­ orientale dell’impero ha eletto un nuovo principe, Vespa­ ni e il figlio Tito. L’anno dei quattro imperatori era fi­ siano. E lui, Vitellio, usa del potere soltanto per abban­ nito. donarsi ad una crapula ottusa e animalesca, non senza momenti di sadica crudeltà. I reparti sistemati nella capi­ Gli ultimi focolai della guerra civile in Italia furono spen­ tale sono in preda all’indisciplina, la stagione calda e la ti rapidamente e Muciano, arrivato a Roma a cose fatte, malaria mietono vittime tra i Germani, Cecina e Valente, riuscì con altrettanta rapidità a sbarazzarsi di Antonio 14 15 Primo. Rimaneva tuttavia pericolosa la rivolta delle tri­ nelle sue copie, dove il Mediceo è lacunoso) il primo libro bù germaniche sul Reno, inizialmente promossa o auspi­ delle Historiae figura come XYII libro «di Cornelio Ta­ cata dai Flaviani per impedire che le legioni del Reno po­ cito», il II e il III come octavus decimus e nonus deci- tessero scendere in Italia a fianco di Vitellio. La rivolta, mus1. In questa «edizione» il titolo dell’opera, attestato che si protrasse per buona parte dell’anno 70, conobbe dalla tradizione manoscritta, doveva essere Ab excessu momenti tragici, con il passaggio di eccellenti truppe au- divi Augusti, probabilmente il titolo, o sottotitolo, scelto siliarie romane dalla parte dei ribelli e la resa e l’umilia­ da Tacito per gli Annales. Mancano invece, nella tradi­ zione delle legioni costrette a giurare fedeltà all’«impero zione manoscritta8, i due titoli, Annales e Historiae, en­ delle Gallie». La reazione romana non tardò tuttavia a trati in uso soltanto dal Cinquecento (per distinguere le domare i ribelli con il poderoso esercito inviato da Mu­ due opere fu decisivo l’intervento di Giusto Lipsio nella dano agli ordini di Petilio Ceriale. Anche la guerra giu­ sua edizione del 1574). daica terminava pressappoco negli stessi mesi, ma sulla Altrove l’opera di Tacito viene chiamata Historia Au­ fine di Gerusalemme così come sulla conclusione della ri­ gusta: l’imperatore Tacito, come risulta da un passo as­ volta baiava non abbiamo il racconto di Tacito. Le Hi- sai noto, pretendeva di discendere dallo storico e volle storiae si interrompono per noi al cap. 26 del quinto perciò che tutte le biblioteche fossero regolarmente rifor­ libro. nite di copie delle due opere maggiori di Tacito, definito scriptor historiae Augustae9. Alla fine del II secolo Tertulliano aveva usato invece il 2. IL TITOLO DELL’OPERA termine historiae, e proprio parlando dell’opera che noi Nel suo commento a Zaccaria6 san Girolamo afferma che chiamiamo con questo nome: Cornelius Tacitus in quar­ Tacito «scrisse in trenta libri le biografie degli imperatori to10 historiarum suarumn. Anche Plinio il Giovane (epi- (vitas Caesarum), dal periodo successivo ad Augusto fi­ st., VII 33) aveva usato il termine historia: auguror, nec no alla morte di Domiziano». Sembra dunque che nel me fallii augurium, historias tuas immortales futuras quarto secolo le due opere che noi chiamiamo Historiae e («Prevedo, e non credo di sbagliarmi, che le tue storie sa­ Annales circolassero unite in un unico corpus in cui gli ranno immortali»). La lettera è databile all’incirca al- Annales, scritti da Tacito negli ultimi anni della sua vita, precedevano le Historiae, composte parecchi anni prima, 7 Tertulliano però, alla fine del II secolo, v. infra, dispone di un testo formando una narrazione unitaria della storia di Roma, in cui i libri delle Historiae hanno una loro numerazione autonoma. 8 Cfr. R.J. Tarrant, in L.D. Reynolds, Texts and Transmission, Ox­ dal 14 al 96 d.C., che si poteva designare come Vitae ford 1983, p. 406. Caesarum. 9 Historia Augusta, Vita Taciti, 10, 3 (si tratta di un’opera sospettata di essere un’imponente falsificazione tardoantica, e quindi scarsamente I manoscritti giunti fino a noi confermano che nella attendibile). L’imperatore Tacito ebbe un regno brevissimo tra il 275 e tarda antichità esisteva una «edizione» di Tacito in cui il 276 d.C. Che Historia Augusta fosse il titolo usato per l’antica «edi­ Annales e Historiae si succedevano senza distinzione e zione» di Tacito è opinione di R.P. Oliver, The First Medicean MS of Tacitus and thè Titulature of Ancient Books, «Trans. Proc. American con i libri numerati progressivamente: nel Mediceo II (o Philol. Ass.», 82 (1950), pp. 232-261, a p. 259. 10 In realtà Tertulliano cita un passo del quinto libro (V 3). 11 Tertulliano, Ad nationes, 111= Apologeticum, 16, 1-3. Vedi il 6 III 14 (Patrologia Latina, voi. XXV, col. 1522). commento al passo relativo in questo volume. 16 17 l’anno 107, e quindi al periodo in cui Tacito lavorava alle sempre l’autore appone alla sua opera un titolo14: questo Historìae. viene estrapolato successivamente ai fini della cataloga­ Si può ricordare ancora la distinzione12 proposta da zione, e spesso ci si serve a questo scopo delle parole ini­ Servio alla fine del secolo IV o all’inizio del V, nel suo ziali (;incipit) dell’opera15. commento diVEneide (I 373): «tra historia e annaies c’è questa differenza, che la historia riguarda periodi che ab­ 3. LE FONTI biamo visto o avremmo potuto vedere — il termine deri­ Il problema delle fonti di Tacito, «legato a difficoltà va da historéin, vedere —, gli annaies si riferiscono a quasi insolubili», sembra destinato a rimanere anch’esso quei tempi che la nostra generazione non ha conosciuto. insolubile. Nonostante questo, o proprio per questo, non In Livio ci sono quindi annaies e historia. I due termini sono mancate e non mancano le ricerche di filologi «av­ vengono peraltro spesso scambiati arbitrariamente (con- venturosi», più o meno fruttuose nei risultati particolari, fonduntur licenter)»13. non molto redditizie come bilancio d’insieme. E non Nel caso delle due opere di Tacito l’opposizione di Ser­ manca chi ritiene che il problema delle fonti relativo a vio funziona, come nel caso delle Historìae di Sallustio Tacito sia, tutto sommato, «di interesse del tutto secon­ che, nato nell’86 a.C., inizia la sua opera con l’anno 78, dario»16. continuando le Historìae di Sisenna (nato nel 120 a.C.) Le difficoltà hanno origine soprattutto nel fatto, non che a sua volta aveva trattato nella sua opera solo il pe­ sorprendente in uno storico latino, che mancano quasi riodo 90-78, dalla guerra sociale alla morte di Siila. totalmente indicazioni dirette da parte dello scrittore. Se­ In rapporto agli Annaies, il titolo delle Historìae po­ condo una prassi costante nella storiografia romana, trebbe quindi essere tradotto anche con «Storia contem­ concepita generalmente come creazione letterario-orato- poranea». Ma nulla prova che Tacito abbia pensato a ria più che come ricerca scientifica17, Tacito non rinvia questo titolo per la sua opera (né che abbia pensato ad Annaies come titolo per l’ultima fatica, nonostante An­ 14 Di qui le note incertezze della tradizione, fra «epodi» e iambi, ser- naies III 65 e IV 33, dove leggiamo annalium e annaies mones e «satire» per Orazio, per esempio («molti dei titoli citati sono nostros). ricordati una sola volta, tanto che non è affatto sicuro che siano esistiti come titoli»: K.-E. Henriksson, Griechische BiXchertitel in der ròmi- Va inoltre tenuto presente che nel mondo antico non schen Literatur, Helsinki 1956, p. 184). Come titolo appropriato per ΓEneide fu proposto Gesta populi Romani (Servio, nel commento al- 12 Tenendo presente Syme: «The distinction is not helpful, and it l'Eneide, VI 752). Rare le testimonianze dirette degli scrittori, cfr. Cice­ may be fallacious» (The Senator as Historian, in Ten Studies — v. Bi­ rone, Epist. adfamiliares, XV 20, 1: «il mio Orator — perché così l’ho bliografia, § 5 —, p. 1. I due termini sono discussi anche in Gellio, intitolato» (sic enim inscrissi). Un’ampia ed esauriente analisi del ma­ Noctes Atticae, V 18, che riporta il parere di Verrio Fiacco, poco per­ teriale disponibile nel saggio di N. Horsfall, Some problems of Titula- suaso della validità della distinzione, e in Isidoro, Origines, 144. ture in Roman literary History, «Bull, of Inst. of Class. Studies», 28 13 II che è esatto, cfr. Giovenale, I 2, 99-109, i versi in cui il poeta (1981), pp. 103-114. 15 II nostro termine «titolo» è la continuazione del latino titulus, che rimprovera all’«invertito Otone» di essere partito per la guerra armato indicava il listello o targhetta attaccata all’esterno del rotolo (vo- di uno... specchio, res memoranda novis annalibus atque recenti / hi­ lumeri). storia. Giovenale scrive circa 30 anni dopo il 69; Livio, XLIII 13: meos 16 Le citazioni da Borzsàk, v. Bibliografia, § 5. annaies— Plinio, Nat. hist., Praef, 16: Livium in historiarum suarum 17 Cfr. Cicerone, De legibus, I 5: opus... oratorium maxime; Quinti­ quodam volumine. Cfr. da ultimo G.P. Verbrugghe, On thè Meaning liano, Inst. oratoria, X 31 : est enim proxima poetis (la storiografia) et of Annaies, on thè Meaning of Annalist, «Philologus», 133 (1989), pp. quodam modo carmen solutum («è simile alla poesia, in un certo senso 192-239 (i due termini sono usati «in modo quasi intercambiabile») poesia in prosa»). 18 19

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