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Storia della tradizione e critica del testo PDF

563 Pages·1988·44.498 MB·Italian
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Giorgio Pasquali STORIA DELLA TRADIZIONE E CRITICA DEL TESTO Premessa di Dino Pieraccioni BIBLIOTHECA GIORGIO PASQUALI STORIA DELLA TRADIZIONE E CRITICA DEL TESTO Premessa di DINO PIERACCIONI FIRENZE CASA EDITRICE LE LETTERE 1988 Per cortese concessione della Casa editrice Le Monnier, ristampa anastatica della seconda edizione, Firenze, 1952. Copyright © 1988 by Casa Editrice Le Lettere - Firenze PREMESSA Presentando nel 1952 la ristampa anastatica della sua Storia della tradizione e critica del testo, uscita nel '34 ed esaurita da tempo, Giorgio Pasquali riportava un passo del suo maestro Federico Leo (quip. XX): "Non si dovrebbe propriamente mai ripubblicare un libro costituito soltanto di ricerche. Che l’autore ha altro da fare che ricominciare da capo le ricerche terminate tanti anni prima, e tuttavia non può né passare sotto silenzio l'indagine che ha progredito per la stessa via, né nascondere ciò che si è mutato nelle sue vedute". Soltanto cedendo alle insistenze dell’editore e alle richieste particolarmen­ te di studiosi giovani, che non avevan fatto in tempo a procurarsi il libro quando era uscito la prima volta, si era deciso a una ristampa anastatica, uscita a metà del '52 con alcune correzioni e accresciuta da tre appendici. Pasquali accantonava così, almeno per il momento, il vecchio proposito di un rifacimento dell’opera, per il quale già nel '47, riprendendo la sua attività dopo la lunga malattia che lo aveva travagliato fin dai primi del '43, aveva chiesto la collaborazione dei lettori dei suoi ' 'Studi’’*. 1 «Studi ital. fil. class.» XXII, 1947, p. 261: «I miei editori mi avvertono contemporaneamen­ te che le due mie opere, Storia della tradizione e critica del testo (Firenze, Le Monnier, 1934) e Le lettere di Platone (Firenze, Le Monnier, ma ora Sansoni, 1938) sono sul punto di esauritsi, e mi offrono di ristamparle; la mia coscienza mi intima di rifarle. Io credo ora di sapere che autentiche sono parecchie altre lettere di Platone oltre quelle che quattordici anni or sono sostenevo tali; che Probo valeva molto meno e per nostra fortuna ha lasciato molto minor traccia nei testi latini di quanto ritenesse il Leo; che le due redazioni dell’Apologetico di Tertulliano non risalgono tutt’e due all'originale direttamente senza esser passate per un archetipo; che varianti di autore, frequenti in scritture medievali, rinascimentali, più moderne, in opere dell'antichità sono molto più rare di quanto allora credessi, e così via...». Nel presentare la ristampa del‘32 Pasquali si proponeva anche (qui p. XXIV) di aggiungere un volume nel quale avrebbe corretto quegli errori che la stereotipia non permetteva di correggere, aggiornando le varie questioni e aggiungendo trattazioni di problemi affini con la collaborazione di specialisti di varie specialità. Sarebbe stata (l’osservazione è di S. MARIOTTI, «Atene e Roma», 1932, p. 212) quasi un’enciclopedia di studi metodici sull’argomento. Un’analoga promessa faceva Pasquali nella presentazione dell’edizione italiana della Critica del testo del Maas, apparsa anch’essa nel ‘32 : «Ho promesso di aggiungere presto un altro volume di correzioni integrazioni sviluppi di questioni particolari. Manterrò la promessa, se non mi verrà meno la forza di lavoro e l’aiuto di compagni d’opera che me l’han fatto sperare» (p. IX). II PREMESSA A distanza di trentasei anni da quella ristampa, ormai da tempo introvabile, così com’è ormai esaurita la ristampa anastatica pubblicata da Mondadori nel ’74, questa nuova edizione, che esce ora grazie all’iniziativa di una casa editrice largamente benemerita nel campo degli studi, offre a tutti, in particolare agli studiosi più giovani, la ristampa anastatica dell’edizione del '52, curata personalmente dal Pasquali e uscita nelle librerie (la prefazione reca la data del 10 giugno) poco dopo la notizia della sua tragica fine, avvenuta a Belluno il 9 luglio 1952. Ragioni di spazio (sarebbe stato anzitutto necessario dividere l’opera in due volumi), ma soprattutto la coscienza delle difficoltà di affrontare anche solo sommariamente i vari problemi, hanno ragionevolmente sconsigliato di premettere a questa ristampa un quadro complessivo del Pasquali storico e critico del testo1 2. Le annotazioni che seguono vogliono soltanto offrire alcune informazioni dettagliate sulla genesi del libro e anche quelle altre indicazioni che permettano a chi lo desideri di approfondire i vari problemi3. A un’opera d’insieme sulla critica del testo Pasquali pensò concretamente soltanto dopo la celebre recensione alla Textkritik di Paul Maas, uscita nel '29, dalla quale nacque, com’è noto e come lo stesso Pasquali dichiarò (qui p. IX), l’idea della Storia della tradizione. Vi lavorò accanitamente per tutto il tempo che ebbe disponibile dalla scuola e dagli altri impegni, fin dai primi del ’31, mettendo in pratica la sua lunga esperienza di critica testuale, iniziata con l’eccellente edizione di Proclo (1908, Pasquali aveva appena 23 anni) e affermatasi poi decisamente con le lettere di Gregorio di Nissa apparse nel 1925, ma in pratica mai interrotta. Basterà ricordare gli importanti contributi al testo della Vita Constantini di Eusebio (1909) o al testo dei Caratteri di Teofrasto (1926), e infine l’ampia recensione, scritta quando ormai la Storia della tradizione era quasi compiuta, a La critique des textes del Collomp (1932)4. La prima notizia ufficiale del libro giunse tuttavia soltanto nel ’31 e fu data dallo stesso Pasquali in una comunicazione all’Accademia dei Lincei, di 1 Sulle caratteristiche della critica del testo di Pasquali non esiste per ora un lavoro d’insieme. Le migliori pagine sono quelle di S. TIMPANARO, La genesi del metodo del Lachmann, Liviana Editrice, Padova, 19822 (ristampa corretta con aggiunte, 1985); notevole anche S. MARIOTTI, Rileggendo la Storia della tradizione, in «Atene e Roma», cit. pp. 213 sgg. Più importante ora la relazione di JEAN IRIGOIN al Convegno fiorentino del dicembre 1985, in Giorgio Pasquali e la filologia classica del ’900, Firenze, Olschki, 1988. ’ A questo gioverà particolarmente la recente raccolta degli Scritti filologici di Pasquali, uscita in occasione del centenario della nascita, Fitenze, Olschki, volumi due, 1986, con un’importante introduzione di A. La PENNA (si vedano in particolare le pp. LXV sgg.). 4 Tutti questi contributi sono ora raccolti nel voi. JI degli Scritti filologici, cit. pp. 827 sgg., pp. 841 sgg. e 919 sgg. PREMESSA IU cui era socio corrispondente, nella seduta del 26 aprile. Eccone qui il testo integrale5: «Gli accademici che mi hanno preceduto, hanno avuto il vantaggio di parlare su libri compiuti e pubblicati: io oso dare all’Accademia qualche cenno di un’opera che è ancora in fieri, se pure è già tanto avanzata che io posso sperare di deporre già nel prossimo inverno uno dei primi esemplari sul banco della Vostra presidenza. Essa s’intitole­ rà: «Storia della tradizione e critica del testo», e cercherà di mostrare per mezzo di esempi quanto la disciplina della critica testuale abbia progredito, com'essa si sia trasformata dalla prefazione del Lachmann a Lucrezio, che è stata per lungo tempo considerata come il codice di questa scienza, sino a questi ultimi anni. Critica dei testi è dottrina metodica preliminare, ed essa è, in certo modo, in principio in­ dipendente dalla lingua nella quale i testi sono stati composti. Ma, poiché io sono filologo classico, i miei esempi sono presi per lo più dalle letterature greca e latina, se pure anche, non di rado, non dal periodo classico ma da quello medievale. Pure, per condizioni che noi possiamo per testi più antichi soltanto indurre, ma che per testi più recenti tocchiamo con mano, specie per rifacimenti di lettere che risalgono all’autore e in genere per doppie redazioni originali, ho tratto profitto dalla tradizione del Petrarca e del Boccaccio, ricca e contemporanea agli autori, spesso anzi autografa. Per questa parte ho chiesto non ’ «Rend. R. Acc. naz. Lincei», classe Scienze morali, voi. VII, 1931, pp. 243 sgg. Una sintesi anticipata della Storia della tradizione, che rivela anche un Pasquali capace di esporre in poche pagine l'essenziale di questa disciplina, è nella voce Edizione (critica) apparsa ndùtEnciclopedia Italiana, voi. XIII uscito nel 1932 (consegnata quindi certamente nel '31 ) ora anche in Rapsodia sul classico. Contributi all’Enciclopedia Italiana di Giorgio Pasquali, Roma, Istituto della Enciclopedia, 1986, pp. 235-267. Nella bibliografia è ancora affermato: «Un libro moderno sul metodo dell’edizione critica manca tuttora». Cenni alla laboriosa gestazione del libro sono sempre più frequenti nelle lettere di quegli anni, di cui ecco qui qualche esempio. Lettera a B. Migliorini, allora redattore àdHìEnciclopedia italiana, datata venerdì santo '31: «Non mi vorrei troppo caricare (di voci per l’Enciclopedia), specie finché combatto con questo mio lavoro su Tradizione che non vuol finire» (inedita, presso l’Archivio dell'Enciclopedia). Allo stesso il 27 aprile '31: «Un libro che mi prende tutti i momenti liberi e incatena tutto il inio interesse, quello su Tradizione, M'ero proposto di finirlo ora a giugno, dopo un anno di attività costante: invece sono solo a due terzi, e il terzo che rimane è il più difficile» (inedita, c.s.). Finalmente, in una lettera del 25 settembre '33 a M. Valgimigli (edita in Seminario Valgimigliano, Milazzo, Spes, 1980, p. 31) «Ora anche le ultime cento pagine del mio volume sono battute, ma non ancora fuse; saranno a giorni, appena finita la campagna scolastica. Poi ci sarà la correzione e, che è peggio, l'indice analitico. E poi usciremo finalmente...». Molto di più si potrà sapere dal riscoperto archivio Pasquali (1987), ora depositato all'Accademia della Crusca e in via di riordinamento, cfr. D. PlERACCIONI, Ricomparso l'archivio Pasquali, «Belfagor», 31 luglio 1987, pp. 481 s. IV PREMESSA invano Vaiato di un nostro collega, Vittorio Rossi, e di Giuseppe Vandelli. «Fu fortuna che il Lachmann prendesse le mosse da tre poeti latini difficili e poco letti nel medioevo, Properzio, Catullo, Lucrezio; perché, nelle condizioni d’allora della nostra disciplina, egli, se si fosse imbattuto in tradizioni più complicate, non avrebbe potuto, nonostante la forza del suo ingegno geometrico, scoprire le regole di quel suo metodo che operò per molti anni salutarmente. Ma a testi p. e. di poeti esametrici che nel Medioevo furono scolastici, a testi di prosatori che venivano proposti a modello stilistico quel metodo non si può legittimamente applicare. Esso suppone trasmissione meccanica o quasi: ora la trasmissione non è per lo più, per gli autori che intendo io, Giovenale, per citare un latino, e Plutarco o Eusebio, per citare due greci, niente affatto meccanica: per lo più le corruttele non derivano qui da errori di scrittura, ma da errori di pensiero. Ogni amanuense, ogni scriba innova o inconsciamente o seminconsciamente o conscia­ mente. Il Lachmann considerava le interpolazioni e la contaminazione come peculiari del Rinascimento, ma in ogni periodo nel quale ci è stato interesse per autori, nel quale quindi gli autori sono stati copiati, amanuensi dotti ed editori hanno cercato di migliorare il loro testo, sia mutando per congettura, sia collazionando esemplari che a loro parevano migliori. Spesso la contaminazione è anteriore alla nostra tradizione, sicché tutti i nostri codici sono contaminati. Al lume dei papiri e della tradizione indiretta appare chiaro che le varianti dei mss. medievali sono ben più antiche degli archetipi, che questi hanno raccolto in sé come in un bacino queste varianti e le hanno ridistribuite ai codici medievali. Il Lachmann gettava via qualunque codice presentasse interpolazioni; noi, ammaestrati dalle coincidenze dei papiri e delle testimonianze antiche con i deteriores, andiamo in cerca di tradizione genuina anche in questi, e ci sforziamo di trovare metodi che c’insegnino a sceverare ciò che deve o può essere autentico anche in documenti falsificati. Criteri interni, lectio difficilior e usus scriben­ di, riprendono così il disegno sull’autorità del singolo testimonio, alla quale spesso il Lachmann si rimetteva. Il compito del critico del testo diviene così più complicato ma anche più interessante: soprattutto egli conosce i limiti della propria opera, e non si abbandona a sicurezze fallaci». In un primo tempo, diciamo fino alla fine del '31, Pasquali dovette pensare anche a una contemporanea edizione tedesca: nella ricordata

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