. In copertina: Archinos curato da Asclepio – tavoletta votiva da Oropos – Atene:Museo Nazionale I N D I C E Prefazione Pag. 4 Medicina della Preistoria 5 Medicina Cinese Antica 7 Appendice: Medicina Giapponese antica 13 Medicina Indiana Antica 14 Medicina Mesopotamica 19 Medicina Egiziana antica 25 Medicina Ebraica antica 34 Medicina della Grecia antica – da Omero al Periodo Ellenistico 37 Medicina Italica Preromana 46 La Medicina a Roma – dai primordi al periodo imperiale 48 I° periodo o della Medicina Domestica 48 II° periodo o di transizione 49 III° periodo o delle Scuole Mediche 50 La Medicina a Roma – da Roma imperiale a Carlo Magno 57 L’Igiene nell’impero romano 57 Fine dell’impero romano – le epidemie – il Cristianesimo 58 Medicina di Occidente all’epoca dei Goti 61 Medicina Araba 64 I° periodo (tra VIII e IX secolo) 66 II° periodo (seconda metà del IX secolo) 68 III° periodo (tra X e XIII secolo) 71 Le Scuole Medievali di Medicina 73 Scuola Salernitana I° periodo (X secolo) 73 II° periodo (XI e XII secolo) 75 III° periodo (XIII e XIV secolo) 77 Scuola di Parma 78 Scuola di Montpellier 78 Igiene nel Medioevo – il Secolo XIV – La Peste e la Lebbra 81 Considerazioni riassuntive conclusive sulla Medicina del Tardo Medioevo 87 Arabismo 87 Filosofismo scientifico 88 Il Piccolo Rinascimento 90 Il Rinascimento e la Medicina del XV secolo 92 Note di storia della medicina dell’Africa Occidentale e Subsahariana 97 del Gabon, del Congo e del Durban 100 del Maghreb 101 Considerazioni d’ordine generale sulla Medicina Tradizionale Africana 102 Medicina Etiopica antica e tradizionale 105 Medicina antica dell’America precolombiana centrale e meridionale 109 Messico 109 Perù 112 Brasile 115 Il Secolo XVI e la ricerca del nuovo 117 Il Seicento – secolo della nascita scientifica 125 Medicina antica del Nord-America 137 Il Settecento – secolo dei lumi 142 Medicina e Magia degli aborigeni d’Australia 157 2 Gli uomini-medicina dei Melanesiani 160 I Polinesiani e la loro medicina tradizionale 164 L’Ottocento e la Medicina Moderna 167 Embriologia 168 Fisiologia 170 Teorie di patologia e loro evoluzione 174 Patologi e ricercatori – loro scoperte 175 Microbiologia 178 Semeiotica 182 Patologia Speciale Medica e specialità internistiche 185 Patologia Speciale Chirurgica 200 antisepsi e asepsi 200 anestesia 201 chirurgia plastica 203 chirurgia del collo e degli arti 204 chirurgia cavitaria 207 ortopedia e traumatologia 216 ostetricia e ginecologia 217 oculistica 219 otorinolaringologia 221 urologia 222 odontoiatria 223 Medicina militare e istituzione della Croce Rossa 224 Terapia farmacologica e fisica 226 Igiene 232 Legislazione Sanitaria e lotta contro le malattie sociali 234 Ospedali 236 BIBLIOGRAFIA 238 INDICE ANALITICO DEI NOMI 241 3 PREFAZIONE Negli anni dedicati allo studio e alla pratica della chirurgia generale e di quella specialistica di chirurgia della mano furono poche le occasioni per interessarmi di Storia della Medicina, Tuttavia, anche se del tutto episodiche e numericamente scarse, esse mi lasciarono un ricordo gradito e una curiosità insoddisfatta. Una volta entrato in quiescenza al compimento del 70° anno di età, questa disciplina mi si presentò di nuovo davanti quando mi fu chiesto di tenere un corso di lezioni su questa materia presso l’Università della Terza Età di San Vito al Tagliamento. Fu quella un’esperienza che mi risultò utile e interessante. Decisi dunque di continuare a preparare altre lezioni anche quando l’incarico d’insegnamento era venuto a mancare. Gli anni passarono e continuai in questo studio che diventava sempre più interessante. Non mancarono incertezze sull’utilità di quanto stavo raccogliendo e scrivendo. Erano dubbi ai quali contribuivano le difficoltà legate alla ricerca di materiale bibliografico. Mi è servito di stimolo nel superarli la decisione , presa molto presto, di dedicare tutto questo lavoro alla memoria dei miei Maestri di chirurgia, dei miei Collaboratori, e al Centro 9, circolo aziendale nato nell’Ospedale di San Vito al Tagliamento per iniziativa dell’indimenticabile amico mons. Luigi Botter cappellano dell’ospedale. Questo primo volume contiene soltanto la storia della medicina che va dalla preistoria alla fine dell’Ottocento. Seguirà la pubblicazione della storia della medicina del XX secolo che per il momento è raccolta in un testo ideato e scritto seguendo un criterio di tipo didattico ben diverso da quello realizzato in tono discorsivo – e riassuntivo – con il quale sono state vergate le pagine di questo primo volume. Le pagine che seguono non contengono nulla di originale, non sono il risultato di una ricerca storiografica che non avrei saputo impostare e tanto meno condurre a termine. Il lettore troverà semplicemente un lavoro di collage di dati e notizie attinti da testi di autori che furono studiosi specializzati in storia della medicina e in etnologia. L’impostazione di base è stata mutuata in parte da quella che Adalberto Pazzini ha adottato negli anni Sessanta del secolo scorso. Entro questa cornice sono entrate come in un puzzle un certo numero di notizie raccolte da altre pubblicazioni, alcune delle quali di contenuto etnografico che il lettore troverà elencate nella bibliografia Sono particolarmente debitore verso le pubblicazioni di Thorwald, Strümpell, Giordano, Cosmacini e Halioua. Alcuni capitoli che riguardano la storia della medicina dell’Africa, dell’India, della Cina, dell’America del Nord, dell’Australia e della Polinesia contengono aggiornamenti e notizie attinti anche da pubblicazioni del WHO, dell’Unesco, da Ivar Lissner e dagli autori del Bullettin P.Bishop Museum di Tahiti. 4 MEDICINA DELLA PREISTORIA La Paleopatologia è una disciplina molto recente che studia le malattie dell’uomo primitivo e che da qualche decennio si è allargata allo studio di malattie su resti umani di periodi storici ben definiti. In questa prima parte saranno trattate le tracce delle malattie riscontrate nei resti degli uomini preistorici. Si tratta di studi che sono stati svolti prevalentemente su ossa e denti. I primi paleopatologi celebri furono l’anatomopatologo tedesco Rudolph Virchow (1821-1902) e l’inglese sir Marc Armand Ruffer (1858-1917) che studiò sistematicamente per primo le tracce di patologie presenti nelle mummie egiziane. Nella prima metà del Novecento la pubblicazione di reperti di paleopatologia fu sostanzialmente episodica ma in seguito, con il rapido progresso delle conoscenze scientifiche e della tecnologia al servizio della medicina, si risvegliò un vivo interesse da parte di anatomopatologi e di antropologi per questo nuovo ramo della scienza che si pone a cavallo della archeologia e della medicina. Nella seconda metà del Novecento, oltre allo studio macroscopico dei resti umani, cominciarono ad essere eseguiti esami microscopici con varie modalità, esami radiologici, stratigrafici, densitometrici, biochimici, degli isotopi stabili carbonio e azoto e del DNA antico, quest’ultimo studiato estesamente da Paabo fra 1987 e 1990 su residui di materia organica aderente alle ossa. L’antropometria a sua volta apportò l’aiuto essenziale delle misure scheletriche e dei vari indici ( di Hall sul dimorfismo sessuale pubblicato nel 1982; indice della lateralizzazione degli arti destro e sinistro) e delle numerose formule per calcolare la statura delle persone cui appartennero le ossa trovate negli scavi (formule di Trotter e Gleser pubblicate negli anni 1955,1958, 1977 e usate di più in Europa). Particolarmente interessanti furono i risultati delle ricerche condotte su molti scheletri di sepolture collettive datanti dal 3° al 2° millennio a.C., ossia all’inizio dell’età del bronzo. Queste sepolture collettive misero in evidenza una elevata mortalità infantile (il 60% degli scheletri apparteneva a bambini di età inferiore ai 10 anni di vita) e valori di vita media degli adulti compresi tra i 30 e i 35 anni. I neolitici soffrirono certamente di gravi e diffuse forme di artrosi (anca, ginocchio, colonna vertebrale, ossa delle mani e dei piedi), osteofitosi, iperostosi scheletrica idiopatica del rachide e spondilite anchilosante (Rogers e Waldron 1995). Le fratture risultarono invece molto più rare in percentuale rispetto a quelle dei giorni nostri. Rari furono anche i reperti interpretabili come esiti di infezioni delle ossa (osteomieliti destruenti). Neoplasie ossee benigne e maligne furono pure osservate e, tra esse, le forme più frequenti erano le esostosi che sono accrescimenti benigni dell’osso. La carie dentaria era piuttosto rara ma nei pochi casi in cui fu riscontrata era accompagnata da forti modificazioni dell’osso mascellare, testimonianza dell’assenza di cure espletate ad hoc. Per quanto riguarda la medicina del neolitico si è ipotizzata la conoscenza e l’impiego di principi terapeutici di natura vegetale ma le ricerche finora espletate non hanno dato conferme in proposito. Appare certo invece che in quell’epoca si sapeva trattare correttamente una frattura di osso lungo perché furono trovate diverse fratture consolidate con callo osseo in posizione rettilinea senza accorciamento dell’osso stesso. Ci sono diversi esempi di crani trapanati che nel 70% dei casi mostrano segni sicuri di sopravvivenza del malato (riscontro di osso neoformato ai bordi del foro di trapano). Questi fori sono circolari o ellittici o anche rettangolari. L’asse maggiore raggiungeva i 7-8 cm. Essi erano situati sulla volta cranica a carico dei parietali o dei temporali. Gli studiosi, dall’esame dei fori hanno tratto la convinzione che le modalità di trapanazione fossero almeno tre: con un oggetto appuntito che veniva ruotato intorno al suo asse oppure incidendo la volta cranica con uno strumento pure appuntito e lungo e – terza modalità – con l’abrasione mediante una pietra appuntita e dalla superficie abradente. Questa sembra essere stata la modalità usata sul cranio del bambino di Fidene nel Lazio attualmente conservato nel Museo di Storia della medicina di Roma. Resta aperta la discussione tra chi sostiene che queste trapanazioni avevano un significato magico-religioso e chi invece crede che avessero un intento terapeutico. Fu naturalmente ipotizzato l’impiego di droghe anestetiche o soporifere data la assoluta necessità che il malato rimanesse immobile durante la trapanazione. In Italia i primi casi di trapanazione cranica risalgono al neolitico e furono visti aumentare nettamente di numero nell’età del bronzo. All’epoca precolombiana, in America Meridionale, risalgono le deformazioni della scatola cranica ottenute nei bambini piccoli con stretti bendaggi su tavolette applicate ai lati della testa. Fu ipotizzato che queste pratiche avessero il significato simbolico di appartenenza ad un determinato gruppo etnico o ad un rango privilegiato. Nelle popolazioni fossili epipaleolitiche del Nord Africa fu trovata traccia dell’avulsione intenzionale degli incisivi superiori (Ferembach 1962) e, in nuclei sociali ristretti di cacciatori e allevatori di bestiame, furono trovate mutilazioni dentarie intenzionali che vennero interpretate come segni distintivi di un rito di iniziazione. Sulle ossa lunghe furono documentate tracce inconfondibili di processi periostitici, presenza di sequestri ossei dentro a focolai di osteomielite e, a partire dal Neolitico, le caratteristiche lesioni lasciate dalla tubercolosi ossea del rachide (in Liguria - studi di V.Formicola e coll. 1987 e di A.Canci e coll. 1996). Sempre sul rachide furono trovate tipiche tracce (segno di Pons) della erosione ossea del bordo antero- 5 superiore del corpo vertebrale data dalla brucellosi (in Spagna, F.Exteberria 1996; a Ercolano. L.Capasso 1999). La atrofia del setto nasale e degli alveoli degli incisivi mascellari tipici della lebbra furono messi in luce da Moller-Christensen nel 1978. Le tracce ossee e dentarie e l’aspetto mammellonato del cranio lasciati dall’infezione sifilitica furono descritte da O.Dutour e coll.in scheletri la cui datazione consentì di intitolare nel 1994 la loro pubblicazione ”L’Origine de la Syphilis en Europe. Avant ou Aprés 1493”. Nel 1986 lo stesso Dutour aveva pubblicato uno studio sul significato delle tracce ossee delle entesopatie di origine professionale in scheletri umani di popolazioni sahariane del Neolitico. Anche le alterazioni scheletriche dovute a diversi tipi di anemia furono oggetto di recenti pubblicazioni come quella di A.C. Aufderheide e coll. (1998) sulla porosità epifisaria delle ossa lunghe e sulle loro deformazioni dovuta all’assottigliamento della corticale in scheletri di malati di talassemia il cui cranio presentava il tipico aspetto radiografico di “cranio a spazzola”. In genere nelle anemie di varia natura è il cranio l’osso più vistosamente interessato e le due caratteristiche di questa patologia furono identificate con la porosità diffusa alla volta (cribra cranii) e al tetto orbitale (cribra orbitalia) : quest’ultima nel 2004 fu trovata associata anche ad altre malattie (infezioni aspecifiche, avitaminosi, porosità e alterazioni postmortali) nel 56,5% di un gran numero di crani nubiani del II-VI secolo d.C. (U.Wapler e coll.). Gli studi delle ossa di ritrovamenti di scheletri preistorici e protostorici poterono evidenziare ancora segni sicuri di gravi carenze di vitamina C (scorbuto) e di vitamina D (rachitismo), di displasie ossee ereditarie e di entesopatie. Una sezione particolare della Paleopatologia nacque negli anni Ottanta del XX secolo anche in Italia quando la sezione di paleopatologia dell’università di Pisa si dedicò allo studio sistematico delle mummie conservate in Italia, soprattutto in Italia Meridionale dove la conservazione dei cadaveri è facilitata dalle particolari condizioni climatiche e del sottosuolo. I primi ritrovamenti importanti furono però frutto del lavoro di ricercatori americani dell’Università della Virginia e di quelli della città peruviana di Ica che negli anni ’70 del Novecento studiarono con metodi moderni e previa idratazione dei tessuti disseccati delle mummie i microrganismi - batteri e virus - che erano stati la causa delle malattie mortali in quei resti umani (un tipico papilloma virus fu identificato nella mummia di un bambino Inca deceduto poco prima della scoperta dell’America). Le ricerche fatte dal gruppo universitario di Pisa nella chiesa di S.Domenico a Napoli sulle mummie della cripta dei monarchi aragonesi con il sussidio dei mezzi di studio più avanzati (anticorpi specifici antivirali, amplificazione del DNA specifico applicando la PCR, ricerche immunologiche, studio all’immunofluorescenza e con l’ultramicroscopio) consentì di individuare nella mummia di una regina la causa mortis in abbondanti quantità di spirochete della lue nella mummia di un bambino del virus del vaiolo e, .nel caso di re Ferrante I, di un adenocarcinoma invadente i muscoli della pelvi ma di origine sicuramente gastrointestinale). Nella mummia naturale di Can Grande della Scala il gruppo di Pisa trovò tracce di digitale nel fegato e nelle feci e, nei polmoni, enfisema e antracosi. Nella mummia di una giovane donna esumata nella chiesa di S.Francesco di Arezzo fu utilizzato il laparoscopio per non rovinare il prezioso abito che rivestiva il cadavere. Al grande volume del ventre la laparoscopia rivelò corrispondere un utero di grandi dimensioni come di una gravidanza a termine e l’esame istologico portò alla diagnosi di utero postgravidico e di morte da febbre puerperale. Appare ovvio aspettarsi ulteriori interessanti sviluppi di questo nuovo ramo della paleopatologia. 6 MEDICINA CINESE ANTICA La Grande Muraglia detta anche Muraglia Cinese è forse l’unico resto della protostoria cinese classificato e considerato veramente un manufatto protostorico della Cina da parte degli occidentali. Come opera difensiva di gigantesche proporzioni con un decorso di 2200 kilometri sopra monti e valli e coronata da 250000 massicce torri di guardia di forma quadrangolare,, la muraglia è diventata il simbolo più impressionante della storia cinese. Ma quando l’imperatore cinese Shih Huang Ti, che regnò tra il 221 e il 210 a.C., decise di costruire questo muro oggi visto e fotografato dai satelliti, e lo fece per difendere il suo impero dalle invasioni dei nomadi che provenivano a ondate dalle steppe del Nord, la preistoria della Cina era in verità già terminata. Di fronte a questo esempio noi occidentali restiamo ammirati ma soprattutto stupiti e incontriamo una certa difficoltà a spiegarci i termini di questa mastodontica impresa sia sotto l’aspetto della sua reale utilità che sotto quello dell’impegno umano e finanziario che la sua realizzazione ha richiesto. Difficoltà anche maggiore hanno incontrato gli storici occidentali – e in particolare gli storici della medicina – nel cercare di comprendere una cultura che non risponde solo a dati reali ma anche ad indirizzi filosofici applicati alla vita dell’uomo e alle sue fragilità. Nel 1968 Nathan Sivin, storico della scienza cinese, scrisse che “la tradizione cinese è certamente scienza ma i suoi obiettivi divergono in modo così costante dai nostri che qualsiasi similitudine diviene gratuita”. Nell’affrontare quindi il tema della medicina cinese tradizionale antica è necessario anzitutto svestirsi della concezione occidentale della medicina come scienza il cui sviluppo, a partire dal XVII secolo, si basa sulla sperimentazione, e tenere sempre presente che la medicina cinese tradizionale affonda le sue radici nel pensiero umano sulla natura e sul suo rapporto con l’uomo e in un modo completamente diverso di sistematizzare il mondo e valutare i suoi problemi. La storia cinese risale nelle sue origini al 2852 a.C. Da questa data fino al 2205 a.C. è compreso il periodo di 600 anni detto “periodo dei tre primi imperatori” i quali furono seguiti dai cinque Dominatori e dagli imperatori Tao e Shun. A questi antichissimi signori la tradizione cinese assegnò per secoli scoperte di importanza fondamentale come quelle dell’agricoltura, delle barche e dei carri, degli archi e delle frecce, della caccia e della pesca, della produzione della seta, e molte altre ancora. In particolare il primo dei tre primi imperatori, Fu Xi, fu un “eroe della cultura”perché sviluppò la teoria degli otto trigrammi del Libro dei Cambiamenti (Yi Jing o I Ching) e creò nove aghi. Il secondo, Shen Nong, detto anche “il divino agricoltore” insegnò la coltivazione dei campi e l’allevamento, e fu il primo conoscitore delle piante medicinali e del loro eventuale potere tossico sperimentandone l’effetto sia tossico che terapeutico su sé stesso; inizia con lui la medicina delle erbe curative. Il terzo, Huang Di, lasciò il più antico testo di medicina del mondo, il Canone interno dell’Imperatore Giallo”, che oggi alcuni studiosi, pur considerandolo il più antico scritto della teoria medica cinese, tenuto conto dell’ampiezza. del numero e del contenuto delle materie trattate sotto forma di dialogo tra il leggendario imperatore giallo e il suo ministro, ritengono invece essere stato scritto tra l’800 e il 200 a.C. (v. più avanti dove si parla del Taoismo). Un sinologo dell’Università di Cambridge che pubblicò nel 1911 un libro sulla storia della Cina intitolato “La civiltà cinese dai tempi più antichi in poi” ritenne di non prendere in considerazione queste notizie contenute nell’opera cinese Shih-chi (memorie storiche) scritta tra il 145 e l’86 a.C. Evidentemente il sinologo britannico vide nelle figure dei primi cinque imperatori solo le fantastiche leggende ideate e tramandate da chi aveva scritto lo Shi-chi e da coloro che lo avevano preceduto nel corso del I1° millennio a.C. Il suo grave errore venne alla luce 25 anni dopo, nel 1936, quando lo storico britannico Creel diede alle stampe “La nascita della Cina”, un libro prevalentemente concentrato sul periodo della dinastia Shang (1766- 1122 a.C,) al quale destinò ben 200 pagine. Infatti, nel frattempo, la situazione degli studi storici si era profondamente modificata: gli archeologi avevano fatto scoperte decisive sulla importante dinastia Shang che unificò la Cina e tenne il potere per 644 anni. Attualmente (anno 2012) i termini cronologici sono stati modificati e si parla di dinastia XIA e SHANG (2100-1100 a.C.) Le dinastie che seguirono intramezzate da sanguinose guerre e da ripetute invasioni, lasciarono anch’esse importanti documenti che costituiscono ancor oggi un campo inesauribile di ricerca e di studio. Il sottosuolo dell’antica capitale cinese degli Xia e Shang, AN-YANG, che sorgeva nello Shansi, a Nord del corso del fiume Giallo, restituì agli archeologi una grande quantità di ossa del 2° millennio a.C. sulle quali erano scritte molte domande rivolte agli dei circa il tempo, la fortuna in guerra, il destino e le malattie. Queste ossa appartengono appunto al periodo della dinastia Xia e Shang. Le tombe degli Xia e Shang hanno dato reperti che rivelano una civiltà molto progredita testimoniata da erezione di palazzi imperiali, sfruttamento di miniere di zinco e rame, osservazioni astronomiche, contabilità, calendario, scritture su osso e su strisce di bambù e da un prodigioso sviluppo della tecnica di produzione e lavorazione del bronzo applicata alla vita civile e militare. La religione della dinastia Xia e Shang era connotata da diverse divinità, analogamente a quanto è avvenuto in tutti i popoli più antichi e, oltre a questi dei, la religione degli Xia e Shang riguardava anche i demoni e comprendeva il culto degli antenati. Il 7 culto della memoria dei predecessori diverrà nel passare dei secoli uno dei caratteri principali della cultura cinese fino in pieno secolo XX della nostra era. Una parte dell’anima di ogni defunto restava collegata alla famiglia dei suoi sopravvissuti e discendenti. L’anima veniva assegnata alle offerte che le venivano tributate e queste provvedevano a tenere lontani gli spiriti del male. La medicina e gli atti curativi si svolgevano dunque alla luce del culto degli antenati perché causa delle malattie era il dispiacere sofferto dagli antenati per la mancanza o diminuzione del loro ricordo. La diagnosi era la divinazione e la cura più efficace era l’esorcismo dei demoni inviati dagli avi in sofferenza. I sacerdoti del periodo Xia e Shang cercarono anche di spiegare con il pensiero – come già gli indiani - il mistero della creazione che attribuirono allo spirito del mondo che chiamarono TAO. Questo TAO compenetrava ogni divenire e ogni passaggio che si manifestava in due forze tra loro contrapposte: lo YANG, elemento maschile forte e creativo, e lo Yin, elemento femminile, debole ma capace di concepire una nuova vita. Nel campo dove si svolgeva la lotta tra queste due forze si svolgeva tutta la vita del cosmo e degli uomini. Alla dinastia Shang fece seguito la dinastia Chou (o Zhou) che dominò la Cina dal 1122 al 221 a.C. ossia per 900 anni – attualmente (2012) il periodo Chou va dal 1100 al 476 a.C.. Gli imperatori Chou che riconoscevano un unico dio detto “il figlio del cielo”, non distrussero le credenze, le strutture e le organizzazioni della vita civile lasciate dagli Shang e anzi elevarono il tenore di vita dei sacerdoti che finirono per formare una classe particolarmente privilegiata che fu detta dei “saggi”. Questi saggi avranno una notevole importanza fino ai tempi della Cina moderna. I saggi della dinastia Chou lasciarono molti libri in cui avevano condensato tutto il loro sapere. Questi sono i libri più importanti della protostoria cinese: Shu-Chingt che è il libro delle origini, I-li o libro delle cerimonie, Shih-ching ossia libro dei canti, I-ching che era il libro delle profezie. Dalle immagini più antiche del macrocosmo e del microcosmo, dell’intero mondo e dell’uomo, i saggi di corte svilupparono una teoria molto interessante: al dio TAO, alle due forze YANG e YING aggiunsero i Cinque Elementi che erano il fuoco, il legno, la terra, il metallo e l’acqua. A questi affiancarono i cinque pianeti, i cinque tempi del giorno e dell’anno, i cinque colori e le cinque tonalità, i cinque tipi di gusto e i cinque tipi di rapporti umani (padre-figlio; uomo-donna; fratello anziano-fratello giovane; principe- impiegato; amico-amici) detti anche Sistema delle Corrispondenze. Del periodo Chou sono rimaste molte testimonianze di ricette fitoterapiche scritte su ossa e strisce di bambù e verso il 500 a.C. si cominciano a usare l’agopuntura e le terapie a base di principi vegetali. La medicina è tuttavia dominata ancora dallo sciamanesimo e dalla demonologia perché la causa principale di ogni malattia veniva identificata con l’attacco di demoni tanto che la terapia più importante rimaneva l’esorcismo Alla fine della dinastia Chou la Cina entrò nel tempo detto “Periodo degli stati combattenti”in cui i feudatari condussero una lotta intestina senza quartiere e proprio in questo sanguinoso periodo di autodistruzione del regno nacque il saggio Chung-ni che in seguito divenne noto al mondo occidentale con il nome di Confucio (551-479 a.C.). Confucio pensò di ricostruire l’ordine sociale del suo paese predicando la virtù e il buon esempio: i principi, secondo la sua teoria, dovevano educare i sudditi con l’esempio dimostrando loro di essere virtuosi; il suo fu l’insegnamento dell’amore del prossimo inteso come coscienza del proprio dovere nei riguardi degli altri. Il popolo, per Confucio, non era un qualcosa di indifferenziato bensì un insieme di individui, ognuno dei quali doveva essere considerato come centro di relazioni che unendosi a quelle di altri individui finiva per formare anzitutto la famiglia e poi l’insieme delle famiglie, ossia la società. A chi gli chiedeva una sola parola che potesse valere di regola pratica per tutta la vita, Confucio rispose: “la reciprocità” intendendo con essa “il perdono” dipendendo ogni vivente, ogni cosa, ogni funzione, ogni conoscenza l’una dall’altra. Dalla “persona altolocata” disse ch’essa si muove in modo che i suoi movimenti aprono un sentiero comune a tutte le generazioni, che si comporta così che il suo comportamento diventa legge per tutte le generazioni, che parla in modo che le sue parole sono insegnamenti validi per tutte le generazioni. L’insegnamento di Confucio ebbe influsso profondo sulla formazione della famiglia cinese anche se, quando egli visse, non ebbe alcun riconoscimento e morì in età avanzata nella rassegnazione. Non fu infatti divinizzato e nemmeno considerato il fondatore di una religione, Nei suoi templi non c’è altro che una scritta con il suo nome e tavolette che riportano le sue sentenze. I suoi resti riposano a Chüfoo nello Shantung sotto una collinetta coperta da alberi giovani e secolari, morti e rinati spontaneamente senza che alcuno li abbia toccati. In mezzo c’è una piccola stele con i caratteri del suo nome e davanti sporge una piccola mensa per le offerte. Nel corso di oltre 2500 anni questa tomba non è stata mai violata. La rassegnazione fu invece proprio lo scopo di un altro gruppo di saggi guidato da Lao-Tse il quale predicò l’inutilità dell’azione umana e di tutte le attività tese a raggiungere scopi ideati dall’uomo, quindi artificiosi. La sua visione pessimistica del mondo e dell’uomo è concentrata in questi suoi pensieri: “…un tempo la natura fece semplici e pacifici gli uomini e la vita e tutto il mondo era felice ma, in seguito, l’uomo ha acquisito conoscenze e la vita si fece complicata. L’umanità fece le scoperte perdendo la sua innocenza, 8
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