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Storia degli Stati Uniti PDF

295 Pages·2010·1.033 MB·Italian
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Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina I Quadrante Laterza 165 Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina II Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina III Oliviero Bergamini Storia degli Stati Uniti Editori Laterza Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina IV © 2002, 2010, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2002 Nuova edizione aggiornata 2010 www.laterza.it Questo libro è stampato su carta amica delle foreste, certificata dal Forest Stewardship Council Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nell’ottobre 2010 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-9478-4 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina 1 Storia degli Stati Uniti Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina 2 Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina 3 Capitolo primo Dalle origini alla dottrina Monroe 1. Capitalismo, religione, abbondanza, libertà: i caratteri originari della colonizzazione inglese del Nord America Nel maggio del 1607, tre piccole navi giunsero in vista della costa orientale del Nord America. A bordo, un centinaio di persone; da- vanti ai loro occhi, spiagge paludose, orlate da una vegetazione lussureggiante che si distendeva all’interno a perdita d’occhio. Quegli uomini non potevano certo immaginare che l’insediamen- to che stavano per fondare sarebbe diventato il germe di una gran- de nazione, la quale nel giro di trecento anni avrebbe superato in ricchezza e potenza ogni altra. Quelle piccole navi, in realtà, erano spinte dalle forze podero- se del capitalismo e dell’espansione coloniale europea. Il viaggio era stato preparato a lungo, la spedizione aveva seguito rotte or- mai consolidate, facendo scalo alle Canarie, indugiando per setti- mane tra le isole dei Caraibi, dove l’equipaggio aveva commercia- to con gli indigeni locali, prima di dirigersi verso quella parte di costa già da tempo battezzata «Virginia», in onore della regina vergine Elisabetta. E i coloni erano decisi a far fruttare il cospicuo investimento con cui la loro impresa era stata finanziata. Un’im- presa non a caso definita nel resoconto del futuro leader della co- lonia, John Smith, «business». All’epoca del primo insediamento britannico permanente, la colonizzazione dell’America era già stata avviata da oltre un seco- 3 Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina 4 lo. Tra gli anni Dieci e Trenta del Cinquecento, Cortés e Pizarro avevano distrutto gli imperi degli Atzechi e degli Incas, fondando il dominio spagnolo americano. Successivamente, i portoghesi avevano impiantato insediamenti in Brasile. Nell’America centra- le, meridionale e caraibica gli indigeni erano stati sterminati e schiavizzati nelle piantagioni e nelle miniere, in quella che fu una delle più colossali e vergognose tragedie della storia. Dai loro domini centro-americani, gli spagnoli si erano spinti verso Nord, e avevano cominciato a stabilirsi anche nel territorio dei futuri Stati Uniti. Inseguendo il sogno dell’Eldorado, erano ri- saliti dal Messico per esplorare terre e fondare insediamenti nel cosiddetto Sud-Ovest (Arizona, Nuovo Messico, California, e poi anche in Florida); un’espansione che sarebbe continuata per tutto il Seicento e anche nel Settecento, con la creazione di strutture so- ciali ed economiche (la missione, il ranch) che avrebbero influen- zato significativamente la società nordamericana anglosassone. Anche la Francia nel corso del Cinquecento aveva posto le ba- si del proprio impero americano. I francesi erano partiti da Nord, dal fiume San Lorenzo, dall’attuale Canada, sviluppando la pesca atlantica e soprattutto il commercio di pellicce, che in Europa era diventato uno dei settori fondamentali del nuovo capitalismo commerciale. Esploratori, missionari, commercianti, militari francesi arriva- rono nel Nuovo Continente in numero limitato (nell’ordine delle decine di migliaia), ma dal Cinquecento al Settecento seppero co- struire una rete di alleanze e scambi con le popolazioni indigene che dal Canada si estese verso Sud lungo tutta l’enorme valle del Mississippi, assicurando così una vasta area di influenza fino a quella che ancora oggi si chiama Louisiana, dal nome del Re Sole. Sebbene tentativi fossero stati condotti per tutto il Cinque- cento, la colonizzazione inglese del territorio nordamericano pre- se invece il via relativamente tardi, e per oltre un secolo e mezzo dovette convivere e scontrarsi con le altre colonizzazioni europee. I nuclei originari delle colonie britanniche furono due; il pri- mo, appunto, fu costituito dalla colonia della Virginia, fondata nel 1607. Scesi a terra dalle loro navi, gli inglesi fondarono nella baia del fiume Chesapeake l’insediamento di Jamestown. La colonia ebbe vita difficilissima per alcuni anni, fino a che nel 1612 il nuo- vo leader John Rolfe introdusse la coltivazione del tabacco; da al- 4 Bergamini_new_Bergamini 06/10/10 13.47 Pagina 5 lora la Virginia cominciò a svilupparsi come fornitrice di materie prime per la madrepatria, germe originario di una fiorente eco- nomia coloniale. Anche se in seguito alcuni storici sudisti cerca- rono di sostenere che i primi colonizzatori virginiani erano «ca- valieri», aristocratici di nascita, la spedizione ebbe origine e natu- ra puramente commerciali, e fu composta per lo più da avventu- rieri che speravano di trovare in America l’occasione di arricchir- si. Per creare la colonia era stata formata in Inghilterra una società per azioni, la Compagnia della Virginia, cui la corona aveva affi- dato con una concessione (charter) il diritto di sfruttare una vasta e non ben precisata area del continente nordamericano. L’inizia- tiva non nasceva dal nulla; soprattutto nel secondo Cinquecento in Inghilterra personaggi come Humphrey Gilbert, i cugini (omo- nimi) Richard Hakluyt e il favorito della regina Elisabetta Walter Raleigh avevano sostenuto con studi, progetti, argomentazioni la necessità che Londra si dotasse di un impero coloniale così come stavano facendo le potenze rivali. Negli ambienti di corte piani e tentativi si erano susseguiti, insieme all’elaborazione di teorie or- ganiche sul virtuoso rapporto che si sarebbe creato tra domini co- loniali e madrepatria nell’aumentarne commerci, ricchezza, po- tenza economica, politica e militare. Questi progetti entravano in sinergia con lo sviluppo di un nuovo fiorente capitalismo maritti- mo-commerciale di cui la borghesia inglese stava assumendo la leadership. Molto più di quelle spagnola e francese, la colonizza- zione britannica nacque così nell’ambito di un’organica prospet- tiva di sviluppo nazionale, centrata sullo sviluppo di commerci e manifatture, piuttosto che sulla ricerca dell’oro o sul mero «pre- lievo» di ricchezze americane. Da subito, inoltre, quelle inglesi furono colonie di popola- mento. Verso l’America si riversarono in massa i disoccupati e i contadini rimasti senza terra, in seguito alle trasformazioni dell’e- conomia agricola e manifatturiera inglese; la colonizzazione, dun- que, fu vista anche come valvola di sfogo per i ceti popolari che sembravano minacciare la stabilità della società. Ma c’era di più. Dai tempi della Magna Chartal’Inghilterra si era andata configurando come il paese europeo dove il potere po- litico era circoscritto dalla legge. Le vicende successive, con il con- solidamento del Parlamento come contraltare della Corona, il de- finirsi di prassi e procedure cui anche il sovrano era soggetto, lo 5

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