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Stalin e l'Europa. La formazione dell'impero esterno sovietico (1941-1953) PDF

344 Pages·2006·1.31 MB·Italian
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Fabio Bettanin Stalin e l’Europa La formazione dell’impero esterno sovietico (-) Carocci editore Volume pubblicato con un contributo del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (fondo %), erogato attraverso l’Università degli Studi di Napoli - L’Orientale. aedizione, febbraio  © copyright by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nel febbraio  dalla Litografia Varo (Pisa) ISBN--- Riproduzione vietata ai sensi di legge (art.  della legge aprile, n.) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Indice zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Introduzione 9 Elenco delle sigle zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA I. La via sovietica all’impero 1.1. Imperoh 19 1.2. Che cosa non fare 38 1.3. L‘impero interno 47 2. La strada per Berlino (1945) 69 2.1. Una guerra diversa 69 2.2. Le zone d’influenza: i progetti 98 zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 2.3. Le zone d’influenza: la pratica 124 3. Sono esistite le democrazie popolari? I 61 3.1. Le vie nazionali: la teoria 161 3.2. Le vie nazionali: la pratica 181 3.3. Mosca 209 4. La strada per Mosca 229 4.1. Praga 229 7 zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA STALIN E L’EUROPA 4.2. Berlino 245 4.3. Belgrado 274 Epilogo. La strada per Berlino (1989) 297 zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA I. Prove di modello: i nuovi gruppi dirigenti 298 Prove di modello: le nuove società 2. 320 3. Prove di modello: l’impero isolazionista 330 Indice dei nomi 347 8 Introduzione Le vicende narrate nel testo segnano uno dei momenti centrali del- la storia del XX secolo. La nascita dell’impero esterno sovietico fu il preludio alla formazione del mondo bipolare, destinato a durare per più di mezzo secolo, sino alla scomparsa del blocco degli Stati socialisti, che ha lasciato al mondo d’oggi l’eredità di Stati mai pri- ma esistiti, o profondamente trasformati rispetto all’esperienza del periodo fra le due guerre mondiali. Gli avvenimenti degli anni pre- si in considerazione confermano l’unicità della storia sovietica, ma anche la sua comparabilità con esperienze storiche di un passato più o meno remoto, almeno per quanto riguarda il carattere impe- riale delle relazioni con gli Stati del blocco socialista, e con i sog- getti dell’Unione nata a pochi anni di distanza dalla rivoluzione d’Ottobre. La copiosa, importante e innovativa letteratura storica accumulatasi in merito nell’ultimo decennio, grazie all’apertura de- gli archivi della federazione russa, ha messo a disposizione degli studiosi, e anche di un più vasto pubblico di lettori, un ricco ma- teriale di documentazione, e, se si tiene conto del contributo degli studiosi russi alla pubblicazione dei molti, e fondamentali, saggi e raccolte di documenti sulla politica estera e interna sovietiche, ha smentito l’immagine stereotipata di una Russia tuttora ancorata al passato, incapace di un profondo rinnovamento intellettuale. Al- meno in questo, l’ottimismo degli anni della perestrojka, quando fu enunciata la volontà di colmare in tempi brevi le “macchie bian- che” della storia sovietica, ha trovato sostanziale conferma. Non tutti gli interrogativi sul passato sono stati sciolti. E, al contrario di quanto suggeriva la metafora semplificatrice delle “macchie bianche”, l’aver accumulato conoscenze su momenti  STALIN E L’EUROPA della storia sovietica sino a pochi anni fa avvolti nel mistero non ha facilitato la formazione di un consenso storico diffuso, né ha confermato in blocco una particolare interpretazione storica. Ciò riguarda anche il giudizio storico sulla genesi dell’impero esterno sovietico. La migliore e più completa conoscenza della strategia seguita dal regime sovietico ha consentito di apprezzare appieno il fondamentale ruolo svolto nel corso del processo dalla prece- dente fase di formazione delle repubbliche sovietiche, prolunga- tasi negli anni Venti e Trenta del XX secolo, sia in termini di defi- nizione di una efficace tecnologia del potere, sia per il senso di si- curezza in se stessi e nei mezzi a disposizione che conferì ai diri- genti sovietici un’esperienza nel corso della quale dimostrarono di potere essere costruttori, oltre che distruttori, di nazioni. In questo caso, più che di rovesciamento di precedenti inter- pretazioni storiche, si può parlare di una nuova definizione della gerarchia di fattori che consentirono la formazione del blocco dei paesi socialisti. Il recupero di pratiche, simboli e obiettivi strate- gici provenienti dal passato prerivoluzionario divenne compo- nente non secondaria della politica e della ideologia bolscevica a partire dalla seconda metà degli anni Trenta. Ma, come provere- mo a sostenere in modo più dettagliato, il recupero fu selettivo, non intaccò mai i dogmi del marxismo-leninismo, né una legitti- mità del potere incentrata sulla figura carismatica del vo=d’Stalin, erede di Lenin. La Realpolitikdivenne componente essenziale del- la politica estera sovietica ancor prima, a partire dalla firma del trattato di Rapallo con la Germania. Ma fu il realismo ad alimen- tare l’illusione di restare al di fuori della seconda guerra mondia- le. E, quando ormai si delineava la vittoria sulla Germania, furo- no i progetti per il futuro assetto dell’Europa, approntati dalla di- plomazia sovietica in ossequio ai dettami della Realpolitik, a far emergere un quadro inquietante: nonostante il prezzo pagato in vite umane e le energie profuse, la pretesa dell’URSSdi divenire una grande potenza, in grado di decidere le sorti del mondo, poggia- va su basi tutt’altro che solide. Lo spostamento della frontiera di qualche centinaio di chilometri a ovest, ai danni della Polonia, era elemento secondario rispetto all’emergere degli USA quale centro  INTRODUZIONE di potere militare e economico senza eguali, e al pericolo della ri- nascita del militarismo di Germania e Giappone, spettro che con- tinuò a perseguitare Stalin sino alla sua morte. Dai documenti noti non è emerso alcun grande piano sovieti- co per la conquista dell’Europa. Il carattere burocratico dei pro- cessi decisionali negli Stati moderni, e nell’Unione Sovietica in particolare, rappresenta sicuramente un’insidia per lo studioso, che può essere indotto a concentrare l’attenzione sulle questioni connesse alla gestione delle relazioni diplomatiche, sulle quali esi- ste ormai una copiosa documentazione, e ad attribuire un rilievo secondario all’analisi dei progetti politici e alle visioni ideologiche di più lungo periodo, sulle quali il giudizio storico è più incerto, e soggettivo, poiché essi non necessariamente (nell’URSS staliniana come nella Germania hitleriana) hanno trovato espressione scrit- ta. Per quanto riguarda il periodo storico preso in considerazione dal nostro scritto, si può osservare che fu la logica politica a sug- gerire, nei territori dell’Europa centrale e orientale occupati dal- l’Armata Rossa, la formazione dei cosiddetti regimi di democrazia popolare quale risposta più efficace e pragmatica ai problemi po- sti dalla volontà sovietica di assicurarsi il controllo prolungato del- l’area. Nei piani sovietici, la loro formazione avrebbe consentito di non rompere i ponti con USAe Gran Bretagna, e di rispettare la diversità dei paesi dell’Europa centrale e orientale, che l’URSSnon aveva la possibilità di annullare nel breve periodo, mantenendo al- lo stesso tempo un sistema di relazioni strutturate in modo gerar- chico, che avrebbe assicurato a Mosca un ruolo di guida. La mancata trasformazione della formula delle democrazie popolari in concreta realtà politica e istituzionale è da attribuire quindi, più che a una deliberata volontà di inganno, all’incapacità della cultura politica bolscevica di confrontarsi, con duttilità e creatività, con situazioni nuove. Dagli archivi è emersa la confer- ma, forse definitiva, di una realtà ripetitiva, nella quale il ruolo di deus ex machinadella politica sovietica è svolto da uno Stalin stan- co, convinto di poter usare con i suoi interlocutori stranieri, allea- ti o avversari, gli stessi metodi che gli avevano consentito la scala- ta e la conservazione del potere in patria, abile nel trattare con i  STALIN E L’EUROPA deboli, spaesato di fronte a statisti che potevano confrontarsi con lui alla pari, e comunque sempre certo che la Storia fosse dalla sua parte: da decenni, chi aveva osato contrapporsi a lui ne era uscito distrutto, e non v’era motivo perché il copione non si ripetesse. Accanto al vo=d’, si è delineato con maggiore precisione il quadro di un gruppo dirigente debole e indeciso, aggrappato al suo cari- sma, convinto della validità delle sue scelte di fondo e partecipe della stessa cultura. Che questi uomini potessero avviare una len- ta emarginazione di Stalin dal potere, e intraprendere una cauta riforma interna è ipotesi, allo stato attuale delle conoscenze, del tutto irrealistica: in questo caso, dagli archivi è giunta la conferma di un diffuso senso comune storico in merito. La migliore conoscenza dei meccanismi interni della leader- ship sovietica non è tuttavia inutile, poiché da essa emerge – al- meno a giudizio di chi scrive – che la crisi, mai superata, della stra- tegia della formazione dell’impero esterno sovietico in Europa centro-orientale giunse ancor prima dello scontro con i comunisti jugoslavi. Questo fu semmai la conseguenza di due eventi prece- denti, che avevano fatto emergere contraddizioni oggettive, non riconducibili a errori personali o all’ossessione di Stalin per la si- curezza. L’imposizione del rifiuto del Piano Marshall aveva colpi- to in modo particolare la Cecoslovacchia, unico paese dell’area per il quale la scelta di un regime di democrazia popolare non era stata imposta dal Cremlino, mostrando che un’URSS non riforma- ta, avvolta nella spirale dello =danovismo, non poteva tollerare il consolidamento di un regime potenzialmente alternativo al pro- prio, e aperto all’Occidente per necessità economica, oltre che per cultura. Il confronto con gli ex alleati nella Germania divisa dei primi anni del dopoguerra aveva mostrato in modo inequivocabi- le l’inferiorità politica, oltre che economica, dei sovietici, la loro incapacità di guidare società complesse, e anche di controllare e utilizzare al meglio i propri apparati burocratici. Una volta subite queste due sconfitte, l’imposizione di una rigida disciplina al cam- po socialista era per il gruppo dirigente bolscevico scelta obbliga- ta, che fu percorsa con una decisione in precedenza sconosciuta alla politica estera sovietica.  INTRODUZIONE Il resto è storia nota, assieme tragica e prosaica. Ai paesi del- l’Europa centrale e orientale fu imposta l’adozione del modello so- vietico, che non portò mai alla formazione di società omogenee fra loro, né consentì la nascita di gruppi dirigenti uniti da un’identica cultura politica. Non vi sono motivi per considerare il loro crollo, che a distanza di decenni, ha trascinato verso la rovina anche l’URSS, un esito necessario, o addirittura una vendetta della Storia. Di certo, la sorte dell’impero esterno sovietico non fu nemmeno sorprendente, poiché quasi tutti i grandi imperi del passato han- no descritto la stessa parabola, finendo travolti dalla rivolta delle periferie. Nemmeno in questo l’URSS è riuscita ad affermare sino all’ultimo l’unicità della propria esperienza storica. Questo lavoro deve molto alle conversazioni e agli scambi di opinioni con colleghi e amici, che mi hanno offerto spunti di riflessione e convinto dell’importanza di una ricerca sulla genesi dell’impero esterno sovietico. Un ringraziamento particolare va alla Fondazione Istituto Gramsci, e a Silvio Pons, per il sostegno concesso all’opera. Mia moglie Irma ha de- dicato il suo tempo alla lettura del manoscritto, e le sue osservazioni han- no consentito di apportare numerosi miglioramenti al testo: di questo le sono grato. 

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