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Shadowland. Un gulag americano: in cerca di Frances Farmer PDF

227 Pages·2016·3.57 MB·English
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WILLIAM ARNOLD SHADOWLAND UN GULAG AMERICANO Tra ateismo, cinema, comunismo e abusi psichiatrici: in cerca di Frances Farmer titolo originale: Shadowland anno di pubblicazione dell’edizione originale edita negli USA da McGraw-Hill: 1978 © edizione italiana tradotta e curata da Dario Recla (2015) Il libro “Si vendicherà di Seattle,” cantava Kurt Cobain della sua concittadina Frances Farmer (1913-1970), star hollywoodiana dal tragico destino, dalla quale era ossessionato. E come lui molti altri. “Saint Frances of Hollywood”, spiega la drammaturga canadese Sally Clark nell’introdurre il suo omonimo pezzo per il teatro, “non è un titolo ironico. Al giorno d'oggi, pensiamo ai santi come ad anime gentili, una condizione che implica una serenità di per sé miracolosa. Ma esiste una tradizione più antica di santi come agitatori di folle ribelli e determinati, che si battono contro l'autorità per servire la loro causa. Questi santi venivano puniti per la loro insubordinazione. Venivano torturati a morte. Bruciati sul rogo. Fino alla fine non tradivano le loro convinzioni. Credo che Frances Farmer sia una santa non riconosciuta del ventesimo secolo. Sfidò le autorità del suo tempo. Anche lei fu torturata, ma non ritrattò mai. La sua stessa vita è stata straordinaria per come racchiude in sé le ossessioni principali del secolo scorso: l'ateismo, il comunismo, la manipolazione dei media e la psichiatria. Frances Farmer era una leggenda al manicomio di Steilacoom. Organizzò i pazienti del suo reparto e li condusse alla ribellione contro le autorità. Le infermiere dell'istituto parlavano dello strano potere che emanava. Ho un lontano ricordo del programma televisivo This Is Your Life con Frances Farmer ospite della puntata. Rammento di essermi spaventata guardando questa donna confusa ma recalcitrante, che non riusciva a ricordare la sua vita e, per di più, non voleva nemmeno farlo. Perfino da lobotomizzata, Frances Farmer riusciva ad essere sovversiva. Da allora non ho più guardato al mezzo televisivo nello stesso modo.” Questo interesse, quasi morboso, intorno alla vita dell’attrice ha avuto inizio nel 1978, quando venne pubblicato Shadowland. Un gulag americano. Strutturato come un’avvincente indagine giornalistica radicata nel clima di paranoia dell'America anni '70, questo controverso resoconto della vita della Farmer ha contribuito in modo determinante al culto e al mistero che tutt’oggi avvolgono il personaggio, a cui sono stati dedicati libri, film, pezzi teatrali, canzoni, tra cui la celebre Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle dei Nirvana. L’autore, il giornalista e critico cinematografico William Arnold, afferma che la Farmer rappresenta per lui “un'ossessione”. Il suo libro racconta “la storia di un giornalista – Arnold stesso – che si innamora di una donna morta, che cerca e trova le prove del suo martirio, ma alla fine si rende conto che la verità sulla vita di lei è probabilmente inconoscibile”. L’indagine investigativa di Arnold ricrea la cronaca agghiacciante di un reato contro la personalità e diviene un viaggio nell’orrore di una scienza psichiatrica con ambizioni di onnipotenza, che agisce indisturbata. Da questo libro è stato tratto nel 1982 il film Frances, con protagonista una Jessica Lange candidata all’Oscar per la sua magistrale interpretazione della Farmer. È disponibile in appendice una filmografia di Frances Farmer commentata dal curatore. William Arnold, l’autore di Shadowland. Un gulag americano, nel 1978. Indice Shadowland Un gulag americano di William Arnold Filmografia commentata di Frances Farmer WILLIAM ARNOLD SHADOWLAND UN GULAG AMERICANO Frances Farmer (1913-1970) a Kathie Prologo. Nello Stato di Washington, in una località remota vicina all'estremità meridionale dello stretto di mare chiamato Puget Sound, sorge un vasto complesso di edifici conosciuto come l'ospedale Western State Hospital di Steilacoom. È situato sul più antico insediamento di bianchi dello stato che, durante le schermaglie contro gli indiani nel decennio dal 1850, era stato un vero avamposto militare di frontiera. Prima della fine del secolo, l'avamposto venne trasformato in un gigantesco manicomio di stato, ma la gente lo chiamava ancora “Fort Steilacoom” e, celato com’è di solito dalla nebbia e dalla foschia che si riversano di continuo dallo stretto, la sua presenza massiccia continua ad evocare quel nome, come fosse una fortezza carica di presagi. In una piovosa giornata autunnale del 1948, il sovrintendente di questo istituto, un uomo di scienza di nome William Keller, raggiunse il suo ufficio. Testimoni rammentano che aveva invariabilmente un'espressione di preoccupazione stampata sul volto. Era, infatti, un uomo oberato di guai. Da quando era finita la guerra, la popolazione interna del suo istituto era quasi raddoppiata e Keller era del tutto incapace di far fronte a tale aumento. Migliaia di pazienti erano ammassati, incustoditi, in quattordici corsie e la gente in visita affermava che il posto sembrava un “campo di concentramento nazista”. Qualche mese prima, i quotidiani di Seattle avevano riportato lo scandalo: pazienti che dormivano uno contro l'altro su pavimenti nudi e sporchi; un sovraffollamento così disastroso che i medici avevano iniziato a praticare elettroshock indiscriminatamente in modo da tenere i pazienti in uno stato passivo. I medici dello staff di Keller minacciavano di dimettersi se le condizioni non fossero migliorate e sembravano non esserci possibilità che nell’immediato futuro il governo stanziasse nuovi fondi. Mentre il sovraffollamento e le pietose condizioni erano divenuti intollerabili, Keller era convinto di aver trovato, infine, una soluzione. Quel mattino presto, aveva dato il benvenuto al più famoso neurochirurgo d'America per quello che poteva rivelarsi un evento storico. Questo illustre medico aveva messo a punto un'operazione “miracolosa” che avrebbe sortito un drastico effetto sulla scienza psichiatrica e avrebbe perfino mutato la natura degli istituti di igiene mentale per sempre. Il chirurgo affermava di poter infilare uno strumento, simile ad un rompighiaccio, nel cervello di un paziente e trasformare così il maniaco più insubordinato in un cittadino ubbidiente e ragionevole. Il chirurgo aveva viaggiato fino alle zone più impervie dello Stato di Washington per sperimentare

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