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Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali PDF

336 Pages·1984·8.409 MB·Italian
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8 COLLANA DI PSICOLOGIA diretta da: GIULIANA GIOVANELLI GIUSEPPE MUCC1ARELLI 1 Sezione A METODOLOGIA E STORIA DELLA PSICOLOGIA 1 7 f 1 Enzo Melandri SETTE VARIAZIONI IN TEMA DI PSICOLOGIA E SCIENZE SOCIALI ’ ILLLì^lLca *ì -^7 : • i C G O f ’ 3 ' •??!!□ Q }________________ Pitagora Editrice Bologna k 3 1 l ISBN 88-371-0296-8 © Copyright 1984 Pitagora Editrice, Via del Legatore 3, Bologna. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata. Composizione e stampa: Tecnoprint, Via del Legatore 3, Bologna. Codice: 19/114 ! A Giuseppe Mucciarelli INDICE Prefazione XI Poscritto . XV i KURT LEW1N: La psicologia come scienza galileiana 1964 i Appendice A Matematica e logica in psicologia: applicazione propria (detei minante) o impropria (analogico-riflettente) [1982] 39 Appendice B [1983] 49 II ALFRED SCHUTZ: Significato e verità nelle scienze sociali 1974 53 Appendice C La pragmatologia intesa quale prolegomeno alla metodologia del­ le scienze sociali [1975] 71 Appendice D La controversia sul metodo nelle scienze sociali [1980] 121 III ALEX1US MEINONG: Alla ricerca dell’oggetto inesistente 1979 155 IV ANONIMO SALISfìURCHESiì: Sulle proprietà percettivamente vuote ovvero prive di qualità figurale [1979] 179 Appendice E Sulla c.e. «ipotesi del mondo esterno», ovvero la fenomenologia del senso, o dei vari sensi assunti dal c.d. «reale» [1979] 213 ! V KARL BÙHLER: La crisi della psicologia come introduzione a una nuova teoria i linguistica [1981] 1983 251 VI LUDWIG WITTGENSTEIN: La psicologia come scienza umana [1982] 1983 ... 271 VII SIGMUND FREUD: L’inconscio c la dialettica [1982] 1983 299 L PREFAZIONE Sotto questo titolo consapevolmente rapsodico vengono qui riuniti in un volume tutti gli scritti editi e alcuni inediti, o solamente apparsi come dipense in roto- o foto-print a uso seminariale, che l’autore ha occasional­ mente disseminato nell’arco di tempo di circa un ventennio sul tema prin­ cipale del comprendere (o intendere), per contrasto con lo spiegare (o esplicare) di regola vigente nell’ambito delle scienze naturali. Il metodo comprendente riguarda in primo luogo la psicologia, non però esclusiva- mente; esso si presta infatti a essere esteso al campo delle scienze sociali e!o umane, anche se ne appare inevitabile una riformulazione autonoma, più adeguata di volta in volta alla specificità dell’oggetto. Dunque, la tematica psicologica è di gran lunga quella prevalente, sebbene non manchino escur­ sioni più o meno ampie in campi che con quella conservano non più che dei fili conduttori metodici. Ma essendo questi nessi di rilevanza numerosi e tenaci, è apparso più opportuno adottare un criterio d’inclusione piuttosto che d’esclusione. Gli scritti già editi sono stati ristampati tali e quali. Per gl’inediti si è prov­ veduto a tagli, concernenti quanto è apparso in altro luogo, a rimaneggia­ menti esteriori e formali di poco conto, nonché ad aggiunte che di quando in quando l’autore si è sentito in obbligo di interpolare allo scopo di cucire meglio insieme le disperse membra. In nessun luogo si sono tuttavia mani­ polate le opinioni già espresse, così da renderle meglio accettabili al presente stato di credenze dell’autore. Avvertire il lettore con zelo filologico di quando e come siano apparsi certi scritti, del modo più indolore e profìcuo XII di sorbirne la pozione con indulgente benevolenza, tutto questo è già abba­ stanza ridicolo. Doverne poi parlare in terza persona e con lo sguardo rivolto al passato, aggiunge allo stato d’animo di chi scrive la tonalità estraniante, da ultimo insopportabile, di un intervento d’oltretomba d’un autore già morto, o peggio ancora, costretto dalle buone maniere a palesarsi come tale. Mi si consenta pertanto un intervento più disinibito. 1 Non c’è nulla in quel che segue che non sia d’altronde risaputo. Nulla di < i nuovo, per lo psicologo, se non, forse, un diverso modo di riassimilare cose già apprese. Ma questo senz’altro interessa più il filosofo che lo psicologo, giacché quest’ultimo è impegnato nell’aumento delle conoscenze positive, * mentre il primo si fa un punto d’onore del non intervenire a favore del­ l’incremento delle informazioni. Si tratta dunque di saggi, al massimo, di filosofia non trascendentale, né sistematica e nemmeno pura, poiché essa dipende da quanto risulta d’altronde non solo come dato di fatto, ma anche come normale procedimento analitico d’indagine. Dietro a quanto si espri­ me in queste pagine nessuno perciò perderà il sonno a ricercarne il recon­ ; dito sistema di pensiero, né il lungimirante riduzionismo d’un metodo e né infine un filo conduttore che nel progredire indichi la meta da raggiungere. Questo però non mi esime dall’obbligo di dichiarare il mio personale punto di vista, sia retrospettivamente, su quanto qui appare ora, sia prospettiva- I mente, sulle ulteriori direzioni e tematiche di ricerca che eventualmente seguiranno. In breve, i pareri le idee i giudizi &c. espressi in merito a Lewin (I), » | Schùtz (II), Wittgenstein (VI) e Matte Bianco (VII) mi appaiono definitivi; e ciò nel senso che, soggettivamente, penso che nessuna immissione di ul­ teriori dati riuscirebbe a farmi cambiar d’avviso. Viceversa le ricerche inau­ gurate a proposito di Meinong (IH) e di Biihler ( V) non costituiscono per me molto di più che delle prove incoative o indicazioni di ulteriore appro­ fondimento, e di cui inoltre è difficile preconizzare l’esito a causa della crescente complessità di tali tematiche. Infine gli scritti dell’Anonimo salisburghese (IV) e l’inevitabile finzione del relativo ms. inedito sono bensì uno «scherzo», ma rappresentano al di là di questo un tentativo molto serio, anche se d’esito mediocre, di ripensare le stesse cose da un punto di vista che non è esattamente il mio proprio, ma che è costruito a partire da questo col metodo del riutilizzo dei residui antitetici d’un certo genere: quelli che, pur dimessi, uno non si rassegna a scartare e che quindi forse XIII vai la pena di mettere a fuoco attraverso la compiacenza d’un alter ego fit- tivo. (Le antitesi di cui parlo sono i residui d’una indigestione dovuta a una dieta troppo prolungata e uniforme a base di fenomenologia e percezione figurale per contorno). Le «appendici» alle varie sezioni (che diciamo «variazioni» affinchè non s’intendano quali capitoli) sono aggregate a ciascuna di queste secondo un criterio tematico e non cronologico. Chiaro che se una sezione ha più d’una appendice, allora queste ultime seguono in ordine di tempo. La data tra parentesi quadre indica il tempo della comparsa (in dispense, in ms. ripro­ dotto in molte copie, in fotocopia a uso di qualche collega e amico) dello scritto in questione, mentre la mancanza di data palesa che si tratta di una presente aggiunta dell’autore. E.M. Bologna, 7 ottobre 1983 POSCRITTO I. Sulla metodologia delle scienze sociali La mancanza di ogni riferimento all’opera di N. Luhmann non ha un si­ gnificato tendenzioso, ma corrisponde deplorevolmente alla mia, a suo tem­ po, completa ignoranza in merito. In seguito ho letto qualcuno dei suoi lavori, che mi hanno profondamente colpito per lo spessore storico della problematica e la consapevolezza filosoficamente avvertita della critica. Senza dubbio un riaggiusta mento del tiro sarebbe più che desiderabile, ma oggi come oggi io non sono in grado di farlo. Si consideri inoltre che lo scopo delle presenti inquisizioni metodologiche non è tanto l’aggiornamento al presente di uno «status quaestionis» putati­ vamente cumulativo di tutti i progressi registrabili in proposito, quanto piuttosto la retrospezione in un passato prossimo della cultura mitteleuro­ pea la cui importanza, a nostro parere, non viene minimamente inficiata dal fatto di non aver saputo o potuto attecchire nel terreno culturale d’oltre- oceano nel momento tragico della sua gran diaspora. Noi abbiamo consi­ derato o tuttora reputiamo indispensabile riallacciare più direttamente, senza troppe mediazioni transoceaniche, i fili che dopo tutto ancor ci colle­ gano a questo eccellente periodo critico del pensiero continentale compren­ dente l’arco di tempo 1880 - 1930 ca. Può benissimo darsi che l’insistenza a volte forse eccessivamente polemica con cui abbiam tentato di riproporre all’attenzione degli studiosi italiani concezioni tipicamente anti- o quanto meno non-naturalistiche, come la «teoria dell’azione», la «pragmatica degli oggetti d’uso» o della «causalità XVI imputativa», nel campo delle scienze sociali e/o umane, produca in chi legge uno spiacevole effetto di regressione indesiderata a problematiche oggi ormai sfocate in lontananza storica e quindi per ciò stesso dimesse. Ma resta pur sempre nostra convinzione che in assenza di un apprendimento adeguato, anche sotto l’aspetto teoretico, di queste e altre antitesi al pensiero natura­ listico e positivistico, e del senso che nella fattispecie assume tale opposizione (alla «chimica dell’anima» non meno che alla «fisica dei fatti sociali»), ogni proclamato superamento in nome d’una ancora fantomatica «socio- biologia» o d’una peraltro più promettente «teoria dei sistemi» possa da ultimo risultare decettivo e di fatto regrediente al di sotto del punto di partenza. In questo spirito regressivo, ma non reazionario, e antinaturalistico, ma non idealistico, sono state concepite le considerazioni che seguono. Per progredire, talvolta «il faut reculer pour mieux sauter»; e anche nelle scienze naturali è bene ricordarsi di tanto in tanto che l’«oggettività» non è di questo mondo, e che la sua sovrimpressione ai c. d. «dati di fatto» da parte dello scienziato non è molto di più che una sua personale dichiarazione di «poetica». II. Sulla «filosofia impura» Due parole, a uso dei filosofi, sul genere di filosofia qui coinvolta. Riman­ diamo anzitutto a una pungente osservazione di Enzo Paci, che reputo non essere il solo ad avere avuto la ventura di sentire. Infatti egli soleva dire che oggigiorno «nessuno fa meno filosofìa dei filosofi», frase che credo di ricor­ dare testualmente. La pointe naturalmente non era diretta contro la pur dilagande infingardaggine dei filosofi, o la codardia disanimante il discorso di loro spettanza, ma contro gli scienziati o comunque gli specialisti di un sapere accreditato proprio perchè anti- o quanto meno extra-filosofico. Se non intendo male, proprio questi ultimi, secondo Paci, protetti com’erano da una pregiudiziale professione d’estraneità, per non dire ostilità alla filo­ sofia, finivano col proporre senza inibizioni critiche e quindi insinuare in una cultura sempre meno immunizzata in merito le più spericolate, fanta­ siose e incredibili speculazioni teoretiche. D’altra parte, come d’altronde ripetuto innumerevoli volte, la filosofìa del XX sec. sembra da cima a fondo consenziente a Wittgenstein, là dove

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