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Sermones (I-IV). Filologia e maschera nel Quattrocento. Testo latino a fronte PDF

457 Pages·2013·12.093 MB·Italian
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BIBLIOTECA MEDIEVALE/ 144 Collana diretta da Mario Mancini, Luigi Milone e Francesco Zambon I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele II, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http:// www.carocci.it Antonio Urceo Codro Sermones (1-1v) Filologia e maschera nel Quattrocento A cura di Loredana Chines e Andrea Severi Con un saggio introduttivo di Ezio Raimondi Carocci editore Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell'Università degli Studi di Bologna e con i fondi PRIN 2008. lae dizione, novembre 2013 © copyright 2013 by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nel novembre 2013 dalla Litografia Varo (Pisa) ISBN 978-88-430-7025-1 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Indice Il mio incontro con Codro I 9 di Ezio Raimondi Antonio Urceo Codro Profilo bio-bibliografico I 18 Bibliografia / 23 Nota al testo/ 29 Un maestro per l'Europa/ 31 di Loredana Chines SERMONES I 48 DISCORSI I 49 Introduzione al Sermo I I 51 Sermo Primus I 60 Note esegetiche al Sermo I I 234 7 Introduzione al Sermo II I 27 1 Sermo Secundus / 276 Note esegetiche al Sermo II I 312 Introduzione al Sermo III I 319 Sermo Tertius / 324 Note esegetiche al Sermo III I 370 Introduzione al Sermo IV I 377 Sermo Quartus I 382 Note esegetiche al Sermo IV I 432 Indice dei nomi e delle opere / 439 8 Il mio incontro con Codro di Ezio Raimondi Ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile non essere som­ merso dal mucchio di libri che accumulavo all'Archiginnasio e alla Biblioteca universitaria di Bologna. Fu in quei locali, nel­ l'immediato dopoguerra, che cominciò la mia avventura con Codro, subito dopo la correzione delle bozze del volume Alma Mater Studiorum, compito che Calcaterra mi aveva affidato nel­ la speranza che prendessi gusto a qualcuno degli argomenti che erano nel suo testo1 In particolare, mi disse che questo Codro • era un personaggio che valeva la pena di riprendere e di studia­ re approfonditamente. Codro aveva dalla sua una biografia che è tra le più vivaci e le più intense. Fortuna voleva, infatti, che nel­ l'edizione postuma fosse stata stampata anche una biografia di 2 uno scolaro, di nome Bartolomeo Bianchini . Qui si parlava di un incendio dello studiolo di Antonio Urceo a Forlì, della sua rabbia disperata e del suo inveire contro gli dei, della sua pervi­ cace volontà di dormire all'aperto e della successiva assunzione del nome di Codro, ripreso dal disgraziato poeta di cui parla 1. C. Calcaterra, Alma Mater Studiorum. L'Universita di Bologna nella sto­ ria della cultura e della civilta, Zanichelli, Bologna 1948 (11 ed. a cura di E. Pa­ squini, E. Raimondi, BUP, Bologna 2009). 2. Codri vita a Bartholomaeo Bianchino Bononiensi condita ad Minum Ro­ scium senatorem Bononiensem, in A. Urceo Codro, Orationes, seu sermones ut ipse appellabat, epistolae, siluae, satyrae, eglogae, epigrammata, Per loannem An­ tonium Platonidem Benedictorum bibliopolam, Bononiae 1502, die vero 7 Mar­ cii, cc. 1.X2r-cqv. 9 Giovenale3• La scelta del nome era in questo caso un modello esi­ stenziale, qualcosa che andava nel profondo, non una semplice imitazione letteraria. Non è un caso che Calcaterra avesse il senso drammatico dei personaggi (lo si capisce bene sol che si pensi a co­ me riscopre Ludovico Di Breme4)S.o lo di recente, tuttavia, ho ve­ rificato che Calcaterra riprendeva le intuizioni di Burckhardt, il quale parlava di Codro in maniera molto significativa e dramma­ tica nell'ultimo importante capitolo del suo volume sul Rinasci­ mento italiano, quello dedicato agli effetti della religione5• Calca­ terra mi propose di studiare Codro, dunque, ma non mi diede nessuna direttiva precisa: il tema di ricerca era genericamente in­ dicato nella partecipazione del mondo universitario bolognese al moto umanistico-rinascimentale. Il modello erudito di Calcater­ ra, che continuava la vecchia lezione torinese di un positivismo agitato dalle forze dello spirito, consisteva nel vedere la storia co­ me storia del molteplice, entro cui mettere ordine interpretando i testi. Egli aveva ben vivo, prima ancora di Dionisotti, il senso del­ la geografia e quindi di una storia che diventava da nazionale re­ gionale con rapporti complessi e diversificati tra le varie parti. Quando non ero in biblioteca, studiavo e scrivevo in un'ex ca­ serma della Milizia che era stata occupata dagli sfollati, in parti­ colare in una cucina, una specie di camerina di prigione con le in­ ferriate alle finestre. Non c'era il riscaldamento centrale, quindi bi­ sognava stare tutti vicini alla stufa economica. Mia madre, men­ tre preparava il pranzo, mi sentiva ogni tanto mormorare delle pa- 3. Iuv. 1, 2; 3,203 (in entrambi i casi la tradizione manoscritta presenta la va­ riante adiafora con metatesi Codrus/Cordus). 4. C. Calcaterra, Dal Denina al Di Breme, in AA.VV., Mélanges de philologie, d'histoire et littérature ojferts a Henri Hauvette, Les Presses Françaises, Paris 1934, pp. 485-99. 5. J. Burckhardt, La civilta del Rinascimento in Italia, introduzione di E. Ga­ rin, premessa di M. Monaldi, Sansoni, Firenze 2000, parte VI (La morale e la re­ ligione), in particolare pp. 464-5. IO role, per cui Codro e Claricio6 erano diventati per lei due perso­ naggi familiari. Così ogni tanto mi chiedeva: «Che cosa hai fat­ to oggi con Codro e con Claricio? ». Erano dei fantasmi. Di qui il mio desiderio di parlare della letteratura per parlare della vita. Leggendo i testi e tentando di tenerli insieme, cominciai allora una esplorazione in cui lentamente componevo un insieme che ri­ prendeva la tradizione positiva dell'ultimo Ottocento -nel clima carducciano - ma introducendo nuove ragioni. Avevo una pre­ parazione disordinata, che poteva tuttavia contare su solidi stu­ di di latino e di filologia medievale, fatti per conto mio, e su let­ ture riguardanti il latino di Plauto (ma Lateinische Literatur und Sprache di Hofmann e Biichner venne solo nel 1951), che mi con­ sentivano di non bollare la lingua di Codro come un semplice fatto di scrittura indocile e irregolare, come forse avrebbe fatto uno studioso della stagione aurea della latinità. Può darsi che agisse nel mio inconscio la lezione di Longhi, che stava risco­ prendo un mondo classico-non classico e vedeva in Bologna il di­ panarsi di una novità e una nota di originalità. Il mio Codro è, per certi versi, un libro "longhiano': nel senso che in esso io faccio un profilo di una cultura che contempla un classicismo con venatu­ re anticlassiche e in cui al latino aureo si contrappone un latino successivo, più ricco e inquieto, già pronto a trasformazioni epo­ cali. Inoltre avevo alle spalle anche letture tedesche che arricchi­ vano il discorso italiano sulla funzione dell'università e sul pro­ blema dell'enciclopedia che gli umanisti promuovevano nel mo­ mento in cui si conquistavano un posto di rilievo nel panorama culturale. Devo anche dire che forse, per fermento negativo, agi­ vano in me anche le lezioni di storia della filosofia di Saitta, che nell'anno in cui frequentai il suo corso universitario vertevano su 6. Per il Claricio cfr. E. Raimondi, Il Claricio. Metodo di unfi lologo umani­ sta, in "Convivium", n.s., 1-3, 1948, pp. 3-110 (rise. a cura di M. Veglia, BUP, Bolo­ gna 2009). II

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