Vladimir Cadinu Sensibilità, bellezza e amore in Krishnamurti Tesi discussa il 13/12/2005 presso l'Unuversità di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Filosofia, in Estetica. Relatore: prof. Sergio Givone, controrelatore: Mari- no Rosso. Rivista per pubblicazione il 26/01/2008 Indice i Introduzione...............................................................................................p. III i L’arte dell’ascolto........................................................................................p. 1 i Sensazione, percezione, esperienza...............................................................13 1. L’incontro con Huxley.................................................13 2. Il circolo percettivo......................................................21 3. Sensazione e desiderio. Esperire ed esperienza...........26 4. Atteggiamento olistico................................................38 i La bellezza.....................................................................................................41 i Amore, compassione, morte..........................................................................56 i L’osservazione.............................................................................................71 i La creazione e l’arte.......................................................................................92 i Lo sviluppo dell’«insegnamento» di Krishnamurti...............................106 i Krishnamurti e la filosofia.....................................................................124 i L’estetica di Krishnamurti.....................................................................155 i Una valutazione finale...........................................................................157 i Bibliografia ……………………………………………………………159 Introduzione: L’educazione e la formazione di Krishnamurti Leggendo una qualsiasi pubblicazione di Krishnamurti si può avere l’impressione di numerose affinità e contrapposizioni con la storia della filosofia occidentale, la teologia negativa e alcune filosofie orientali (vedanta, buddismo, taoismo) come se l’autore avesse attinto da queste tradizioni per poi tentare di trascenderle. Sarà quindi necessario, per collocare adeguatamente la sua opera, chiarirne l’educazio- ne la formazione culturale e il suo atteggiamento di fronte ad esse. Jiddu Krishnamurti nacque il 12 Maggio 1895 a Madanapalle, un piccolo villag- gio dell’India meridionale, presso Madras, da una povera famiglia di brahmani di lingua Telugu. Dai genitori venne educato alla tradizione e ai riti induisti e venne così chiamato perché la madre era particolarmente devota alla figura di Krishna. Era un bambino svagato e sognatore e come studente aveva tante e tali difficoltà che a scuola alcuni insegnanti avevano l’impressione che fosse mentalmente ritar- dato. Il padre aderiva e lavorava nella Società Teosofica quando nel 1909 Krish- namurti fu individuato dai dirigenti dell’organizzazione che videro in quel ragaz- zino inizialmente le qualità di un grande maestro spirituale e in seguito il futuro veicolo del messaggio divino fra gli uomini come lo erano stati prima di lui Cri- III sto, Krishna e Buddha. Krishnamurti soppiantò così un ragazzo americano che era stato prescelto per questo ruolo. La società, che sorse nel 1875 a New York, ebbe una rapida diffusione in tutto il mondo, fu fondata dalla nobildonna russa H.P.Blavatsky, che ne delineò i fonda- menti teorici soprattutto nelle opere Iside svelata (1877) e nel La dottrina segreta (1888-1897), aveva finalità fondamentalmente sincretistiche e doveva costituire il primo nucleo di una fratellanza universale fra gli uomini senza distinzione di ses- so, credo, religione, casta, classe sociale, nazionalità. Nell’emblema dell’organiz- zazione, un insieme di simboli di eterogenea tradizione, possiamo leggere: “Non c’è religione più alta della verità”. Si poteva appartenere ad una qualsiasi religione e contemporaneamente aderire alla Società Teosofica. Blavatsky definì la teosofia una “forma di conoscenza e di esperienza religiosa che riguarda l’essenza di Dio” e la identificava con il mistici- smo, sostenendo la possibilità di un diretto rapporto conoscitivo col piano divino. In ogni religione vi sarebbe una struttura essoterica, rappresentata dai riti, dalle dottrine teologiche, dall’organizzazione esteriore, e una struttura esoterica e segre- ta costituita dalla “sapienza di Dio”. Tale sapienza è propriamente la teosofia, di cui gli elementi costitutivi sono l’imma- nenza e trascendenza di Dio, la solidarie- tà e fraternità fra tutti gli esseri viventi, e una tecnica di autoconoscenza, che per una corrispondenza fra microcosmo (uomo) e macrocosmo (Dio-mondo) si ri- solve in una vera e propria conoscenza di IV Dio. Ammonio Sacca sarebbe, secondo Blavatsky, il fondatore di questa dottrina, e i suoi discepoli, i neoplatonici e l’eclettismo, ne sono i divulgatori anche se era già conosciuta in Oriente col nome di Brhamavidya: “Lo scopo principale dei fon- datori della Scuola Teosofica Eclettica è uno scopo del suo moderno successore, la Società Teosofica, cioè riconciliare tutte le religioni, sette e nazioni, in un co- mune sistema di etica fondato su verità eterne”. Attraverso uno studio comparati- vo delle religioni un principio veniva accolto come teosofico se corrispondeva al principio di cattolicità, ossia se era stato universalmente accettato in forme diverse attraverso tutti i tempi. Blavatsky scrivendo di Pitagora, Socrate, Platone, Ammo- nio Sacca, Plotino, Porfirio, Origene, Longino, ma anche di Confucio, Zoroastro, Lao-Tse, la Bhagavad-Gita, Buddha, Gesù di Nazareth, afferma che “la teosofia è antica quanto il mondo, se non nel suo nome nei suoi insegnamenti e nella sua eti- ca”. Quando le verità religiose si atrofizzano in teologia, emerge un nuovo salva- tore che viene gradualmente elevato dal popolo comune da uomo ad adepto, da adepto a profeta e da profeta a semidio per riformare l’antico insegnamento o ri- stabilirlo nel suo stato originale. Tali semi-dei o teosofi furono tra gli altri Zoroa- stro, Buddha, Apollonio, Cristo, e la Società Teosofica si proponeva di preparare l’umanità all’avvento del futuro messia. Annie Besant che subentrò alla guida della Società, particolarmente attenta alle questioni di giustizia sociale, ampliò ed approfondì gli studi della fondatrice: Bibbia, Upanisad, Yoga, Purana, Buddismo mahayanico, Taoismo, Gatha iraniche, Libro dei morti egiziano, Qabbalah, Tal- mud, le dottrine della chiesa dei primi secoli, lo Gnosticismo, l’Islam, il Sufismo, i Rosa-Croce, l’alchimia, l’astrologia, la Massoneria, il folclore scandinavo e cel- tico e alcune aree di culture primitive. V Naturalmente molti degli studi e delle pubblicazioni dei teosofi, essendo forte- mente indirizzati al sincretismo, finivano spesso per trascurare la storicità e speci- ficità di ogni esperienza religiosa. Il movimento teosofico sviluppa una posizione che troviamo frequentemente in tutte le gnosi salvifiche fino ai Rosa-Croce e alla Massoneria, in particolare nelle massonerie di struttura ermetico-occultistica, e accoglie le suggestioni filosofiche e sociologiche dell’evoluzionismo e del positivismo. “Nonostante il piccolo nu- mero di membri, la Società Teosofica ha avuto un impatto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni sulla vita intellettuale di molte nazioni. Diplomatici e politici, letterati, pittori, studiosi e riformatori religiosi sono transitati o rimasti coinvolti nelle attività della Società e si sono interessati alle sue dottrine. La profondità in- tellettuale degli scritti della Blavatsky, la coesiva e chiara presentazione dei suoi insegnamenti negli scritti dei leader e membri a lei succeduti nella Società Teoso- fica hanno contribuito ad attrarre parti delle classi elevate e medie della popola- zione”.1 Tra i membri più conosciuti troviamo W. Butler Yeats, Alexander N. Scriabin, il presidente Nerhu, gli scienziati Thomas A. Edison e Camillo Flamma- rion, Pierre Loti, Edouard Schurè, Maria Montessori. Ma numerosissimi furono i collaboratori e i simpatizzanti fra i quali anche Gandhi. Tuttavia si ha spesso “la percezione che le dottrine teosofiche siano oltre il confi- ne della disputa”. “Per una società proclamatasi aperta a diversi punti di vista e che nello stesso tempo scoraggia ogni discussione di punti di vista diversi dal pro- prio, significa esporsi all’accusa di aver fatto nascere un’ortodossia, proprio quel- lo che la Società Teosofica ha sempre dichiarato di voler evitare. Si può facilmen- 11 James Santucci, La Società Teosofica, Ellenici, 1999, p. 88 VI te pervenire alla conclusione che i testi classici teosofici non sono diversi dalle letterature scritturali o autoritative delle maggiori tradizioni religiose”.2 Krishnamurti, allora quattordicenne, venne adottato dalla Società, in particolare la presidentessa Besant e il suo principale collaboratore C.W.Leabeater, un ex pasto- re della Chiesa d’Inghilterra, divennero di fatto i suoi tutori, e venne iniziato ai principi della teosofia. Nel 1910, in seguito ad esperienze mistiche vennero tra- scritte e pubblicate le sue parole in un inglese ancora incerto col titolo Ai piedi del Maestro che riflettono appieno la prospettiva teosofica e che tutt’oggi sono consi- derate dai teosofi uno dei principali testi di riferimento. Egli smise di andare a scuola e prese lezioni private nelle principali materie scolastiche, fra le quali fu data particolare importanza allo studio della lingua inglese. Nel 1911 Krishnamur- ti arrivò in Europa e dopo alcuni brevi periodi di ritorno in India si stabilì nel 1916 in Inghilterra presso famiglie aristocratiche di teosofi per prepararsi all’esame di ammissione all’università preparato dal reverendo Sanger, ma fallì in tutti i suoi tentativi. Sanger espresse l’opinione che il candidato aveva una mente profonda capace di una vasta comprensione degli argomenti, ma era ostacolato dal non riu- scire ad esprimere prontamente i suoi pensieri. Nel 1920 Krishnamurti si trasferì a Parigi e iniziò a frequentare la Sorbona con l’intenzione di iscriversi a Filosofia, ma i suoi impegni con la Società Teosofica lo distolsero da questo proposito. Comunque la sua credibilità, per gli articoli pubbli- cati sulle riviste dell’organizzazione e per le conferenze e i dibattiti che teneva, cresceva di anno in anno così come crescevano le ingenti donazioni. In un linguaggio semplice e poetico esprimeva compassione per ogni aspetto della vita, una forte esigenza di libertà interiore data dall’autoconoscenza dove il dub- 2 Ibidem p. 92 VII bio3 e lo spirito di rivolta nei confronti delle teorie e delle tradizioni erano avverti- ti come positivi4. Il giovane Krishnamurti in Europa, impegnato nell’insegnamen- to spirituale a stretto contatto con singoli gruppi, era già in fase di allontanamento dall’evoluzione graduale dello spirito promessa dalla teosofia e invitava a qualco- sa che era più simile a una rivoluzione interiore. 3 E’ di questo periodo una sua composizione poetica sul dubbio: Il dubbio è un prezioso unguento; benché bruci, pure guarisce. Io ti dico, invita il dubbio quando il desiderio ti incalza, invoca il dubbio quando la tua ambizione sorpassa gli altri in pensiero; risveglia il dubbio quando il tuo cuore esulta per un grande amore. Io ti dico: il dubbio crea l’amore eterno. Il dubbio purifica lo spirito dalla sua corruzione. Così la forza dei tuoi giorni sarà fatta di comprensione. Per la piena vita del cuore, per il volo dello spirito, lascia che il dubbio laceri i tuoi legami. Come freschi venti montani destano le ombre della valle, lascia che il dubbio inviti alla danza il languido amore di una mente soddisfatta. Non lasciare che il dubbio s’insinui oscuramente nel tuo cuore. Io ti dico: il dubbio è un prezioso unguento; benché bruci, pure guarisce. Krishnamurti ed. Blu International Studio pp. 53-54 4 “Per comprendere la ‘via’ dovete essere ribelli, scontenti e insoddisfatti. Molti ritengono di aver trovato la verità adottando questa o quella teoria e, quindi, di aver risolto l’intero problema della vita. La soddisfazione senza la comprensione è come uno stagno ricoperto di una schiuma verde, che non riflette il puro occhio del cielo. Una rivolta intelligente, piena di comprensione, è come un grande fiume pieno di forza. La rivolta è indispensabile per sfuggire alle strettoie della tradizione e delle teorie. Se volete comprendere la verità dovete ribellarvi, per poter sfuggire alle teorie, agli dei, alle superstizioni, a tutto ciò che non è veramente vostro! Questa è la differenza tra il genio e l’uomo meschino: il genio ha sempre dentro di sé un vulcano, che crea un’agitazione perpetua e lancia fiamme nei cieli. L’uomo meschino, invece, se ne va tranquillamente per la sua via, senza produrre fiamme, senza lanciare stelle nei cieli! Se avete voi quella fiamma, quella tremenda in- VIII
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