E D I T O R E B U L G A R I N I F I R E N Z E scrivere con... i poeti LABORATORIO DI SCRITTURA A cura di Vincenzo Viola E B F Copyright ©2008 DITORE ULGARINI IRENZE Prima edizione aprile 2008 Ristampe 1 2 3 4 5 6 2013 2012 2011 2010 2009 2008 Finito di stampare per i tipi della tipolitografia Stiav s.r.l. in Firenze Laboratorio di scrittura a cura di Vincenzo Viola Editing Francesca Muzzi Redazione Simona Ciuchini Progetto grafico Doriano Angelini Videoimpaginazione Doriano Angelini Testo conforme UNI EN ISO 9001 alle norme e avvertenze Copertina tecniche previste Sistema di gestione qualità dal D.M. 7-12-’99 n. 547 Andrea Moschitta certificato Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun vo- lume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comun- Editore Bulgarini Firenze, Via Petrolini, 8/10 – 50137 Firenze Tel.(055) 61611 Fax.(055) 6161230 www.bulgarini.it – [email protected] – [email protected] Premessa A considerare le letterature di tutti i popoli c’è da domandarsi perché mai in ogni luogo si compongono poesie: infatti si tratta di un modo di utilizzare la parola sicuramente più complesso di quello abituale della comunicazione in prosa sia per chi lo produce che per i destinatari. Inoltre, soprattutto nelle epoche passate (ma anche oggi, benché in maniera diversa) la scrittura poe- tica era sottoposta a numerosi vincoli, regole, norme derivate dalla consuetu- dine, dai generi e dalla finalità del testo stesso. Allora perché scrivere in poesia? Perché il linguaggio poetico ci permette di esprimere ciò che col linguaggio comune sarebbe più difficile o addirittura impossibile dire e lo fa solitamente avvalendosi di alcune caratteristiche parti- colari della parola, che ora analizzeremo. Partiamo proprio da qui: che cos’è una parola? Potremmo dire in termini generali che è un suono a cui viene dato un significato. Naturalmente non tutti i suoni che hanno un significato sono parole: se sentiamo il suono della sirena di un’ambulanza possiamo facilmente attribuirgli il significato di “Fer- matevi, lasciate libero il passaggio!”, ma quel suono trasmette il messaggio in maniera complessiva, non articolata: non è capace di sfumature di significato. La parola invece può avere molte articolazioni e unirsi con altre parole per esprimere pensieri e sensazioni ricche e complesse. Ma per esprimere le sue molte potenzialità la parola va trattata in maniera tale da valorizzare sia il suo aspetto fonetico, cioè relativo agli effetti del suono, sia quello evocativo, che appartiene maggiormente all’ambito del significato. Nelle pagine che seguono analizzeremo l’uso e le potenzialità della parola vista in questi suoi due aspetti fondamentali: quello del suono o significante, che costituisce essenzialmente il veicolo del messaggio che si intende tra- smettere, e quella del contenuto che viene trasmesso, cioè il significato, che non è solo concettuale, ma anche emotivo, psicologico, capace di suscitare sensazioni profonde. Per trattare con chiarezza entrambe queste prospettive il laboratorio è diviso in due parti principali; segue una breve sezione che pre- senta alcuni cenni relativi alla storia e alla trasformazioni del modo di pensare e di scrivere la poesia nel corso dei secoli. 4 PARTE PRIMA IL SUONO 5 Una particolare attenzione al suono ha caratterizzato in maniera specifica e fin dalle origini l’uso della parola in poesia in tutte le lingue e le tradizioni letterarie: a questo proposito non va trascurato il fatto che nell’antichità spesso la poesia era musicata e cantata. Il suono è un aspetto che appartiene a ogni parola, anzi più precisamente ogni parola è composta di suoni diversi: non vi sono solo quelli che complessivamente formano una parola di senso compiuto, ma anche quelli che formano le singole sillabe, che sono rappresentati dalle singole consonanti e vocali o da aggregazioni di segni ancora diversi. Così nelle vocali abbiamo suoni aperti, la A e la E (si pensi alle parole “mare”, “avanzare”, “ascoltare”), e suoni chiusi, rappresentati dalla O e dalla U (come si può cogliere nelle parole “cupo”, “lupo”, “notturno”); la I ha un suono piuttosto chiuso, acuto e penetrante soprattutto quando è accentata e ripetuta (“fili”, “tintinni”, “finissimi”). Anche tra le consonanti vi sono notevoli differenze: alcune, come P, B, T ecc., si pronunciano in maniera “esplosiva”, cioè con un’unica emissione di fiato dalla bocca, mentre altre, come M, N, R, S ecc., permettono di dare durata all’emissione del fiato e quindi di prolungare il suono. Come si combinano tutti questi suoni? Vi sono naturalmente molte possibilità, che ora cercheremo di imparare ad utilizzare. Ma prima di iniziare questo cammino, intratteniamoci un po’ con un poeta che attraverso i suoni si vuole proprio solo divertire: si tratta di Aldo Palazzeschi, vissuto nel primo Novecento. Con la “canzonetta” che riportiamo alla pagina seguente, assolutamente irriverente e tutta intrecciata di passaggi inattesi, egli è capace di mettere il lettore davanti a un’intelligente provocazione per spingerlo a riflettere. 6 PARTEPRIMA • ILSUONO Aldo Palazzeschi Lasciatemi divertire Tri tri tri, fru fru fru, uhi uhi uhi, ihu ihu ihu. 5 Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente. Non lo state a insolentire1. lasciatelo divertire 10 poveretto, queste piccole corbellerie2 sono il suo diletto3. Cucù rurù, rurù cucù, 15 cuccuccurucù! Cosa sono queste indecenze? Queste strofe bisbetiche4? Licenze, licenze, licenze poetiche5. 20 Sono la mia passione. Farafarafarafa, Tarataratarata, Paraparaparapa, Laralaralarala! 25 Sapete cosa sono? Sono robe avanzate, non sono grullerie6, sono la... spazzatura delle altre poesie. 1. insolentire: insultare e offendere. l’uso, permesso ai poeti per ragioni metriche o pro- 2. corbellerie: sciocchezze. sodiche, di parole disusate o scritte in maniera in- 3. diletto: piacere. consueta. 4. bisbetiche: stravaganti 6. grullerie: (termine toscano) balordaggini, cose 5. licenze poetiche: si chiama “licenza poetica” di nessun conto. PARTEPRIMA • ILSUONO 7 30 Bubububu, fufufufu, Friù! Friù! Se d’un qualunque nesso7 35 son prive, perché le scrive quel fesso? Bilobilobilobilobilo blum! 40 Filofilofilofilofilo flum! Bilolù. Filolù. U. Non è vero che non voglion dire, 45 vogliono dire qualcosa. Voglio dire… come quando uno si mette a cantare senza saper le parole. Una cosa molto volgare. 50 Ebbene, così mi piace di fare. Aaaaa! Eeeee! Iiiii! Ooooo! 55 Uuuuu! A! E! I! O! U! Ma giovinotto, diteci un poco una cosa, non è la vostra una posa, 60 di voler con così poco tenere alimentato8 un sì gran foco9? 7. nesso: legame logico. 8. alimentato: vivo, fiammeggiante. 9. un sì gran foco: il “sacro fuoco” della poesia. 8 PARTEPRIMA • ILSUONO Huisc… Huiusc… Huisciu... sciu sciu, 65 Sciukoku... Koku koku, Sciu ko ku Come si deve fare a capire? 70 Avete delle belle pretese, sembra ormai che scriviate in giapponese. Abì, alì, alarì. Riririri! Ri. 75 Lasciate pure che si sbizzarrisca10, anzi, è bene che non lo finisca, il divertimento gli costerà caro: gli daranno del somaro. Labala 80 falala eppoi lala... e lalala lalalalala lalala. Certo è un azzardo un po’ forte11 85 scrivere delle cose così, che ci son professori, oggidì12, a tutte le porte. Ahahahahahahah! Ahahahahahahah! 90 Ahahahahahahah! Infine, io ho pienamente ragione, i tempi sono cambiati, gli uomini non dimandano più nulla 95 dai poeti: e lasciatemi divertire! da Poeti italiani del Novecento, a cura di P. V. Mengaldo, Mondadori, Milano 1978 10. sbizzarrisca: faccia tutto quello che gli piace. 11. è un azzardo un po’ forte: ci vuole un bel coraggio. 12. oggidì: al giorno d’oggi. PARTEPRIMA • ILSUONO 9 Il testo è composto, lo si nota immediatamente, da versi formati da parole di senso compiuto intercalati con altri costituiti da suoni-rumore. Naturalmente siamo in presenza di una voluta esagerazione, mediante la quale il poeta ironizza anche su alcune mode letterarie del suo tempo, come ad esempio il Futurismo che proclamava la superiorità del suono e del rumore rispetto alle forme di comunicazione tradizionali e razionali. Ma al tempo stesso l’autore sottolinea che in un contesto poetico i suoni acquistano una loro autonomia, si impongono come il punto di riferimento attorno al quale il poeta deve costruire il verso: deve dare, cioè, una certa successione alle parole, scegliere un termine piuttosto che un altro, a volte creare una struttura sintattica particolare per poter porre una parola o una sillaba o un accento in una posizione precisa, avvicinare o allontanare tra loro delle vocali o delle consonanti. Tutto ciò per valorizzare il suono. 10 PARTEPRIMA • ILSUONO I versi Nella tradizione metrica della lingua italiana i versi che compongono un testo poetico sono definiti non dal numero delle parole, ma dal numero di sillabe. Tutte le parole sono costituite da sillabe, da un minimo di una (“me”, “te”, “su”, “giù” ecc.) a un massimo di undici (la parola più lunga è “precipitevolissimevolmente”); però la maggior parte delle parole della lingua italiana è costituita da un minimo di due (“mare”, “pane”, “casa” ecc.) a un massimo di quattro (“caramella”, “giocattolo” ecc.) sillabe. Le sillabe solitamente corrispondono alle vocali presenti in una parola, a meno che la vocale non abbia una pure funzione fonetica (come la “i” dopo “c” o “g” o la “u” dopo la “q”): la/vo/ra/re/ leg/ge/re/ in/co/rag/gia/re/ qua/der/no Si tengano però presenti due importanti eccezioni presenti nell’uso poetico. • I dittonghi di norma contano per una sillaba, a meno che siano segnati dalla dieresi, cioè due puntini posti sulla prima lettera del dittongo: in questo caso le due vocali valgono per due sillabe. nau/fra/ga/re/ /sei/ mae/stra/le/ dï/an/zi • Quando una parola finisce con una vocale e la successiva inizia con un’altra vocale le due sillabe contano per una. Questo fenomeno tecnicamente si chiama sinalefe. Dolce e chiara èla notte esenza vento... Ogni parola presenta un accento tonico, cioè una sillaba su cui si appoggia più fortemente la voce di chi la pronuncia: automòbile; palàzzo; città In base alla posizione dell’accento tonico in italiano le parole possono essere: piane: se l’accento cade sulla penultima sillaba (sono decisamente le più numerose); sdrucciole: se l’accento cade sulla terzultima sillaba; tronche: se l’accento cade sull’ultima sillaba. Ivari tipi di verso si distinguono in base al numero delle sillabe che li compongono e alla collocazione degli accenti tonici, alcuni obbligatori, altri variabili. Prendiamo il verso più diffuso nella produzione poetica italiana, l’endecasillabo: esso, co- me evidenzia il termine stesso, è formato da undici sillabe, ma non si tratta di undici sillabe messe a caso. Facciamo qualche esempio.