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Schelling. Tra tempo ed eternità PDF

258 Pages·2020·32.307 MB·Italian
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J ean- François Courtine Schelling Tra te,mpo ed ete,rnità IIScH,BBOLETH Presentazione Per quanto ciò possa risultare inatteso, se non addirittura para dossale, è dagli Stati Uniti e dal mondo anglofono in generale che proviene, in questo inizio del XXI secolo, un rinnovamen to radicale degli studi sull'idealismo tedesco in generale e sul pensiero di Schelling in particolare, proprio su colui che, più di Hegel o di Fichte, sembrava dover trovare uno spazio tran quillamente riservato negli annali della storiografia puramente erudita, nella misura in cui ha corso, sotto gli auspici dell'A c cademia delle Scienze di Baviera, l'interminabile e magistrale edizione storico-critica. Non vi è alcun dubbio che su un piano puramente «documentario», da cinquant'anni a questa parte i lavori e le pubblicazioni, in particolare quelle delle importanti Nachschriften dell'insegnamento di Monaco, e poi di Berlino, si sono moltiplicate e accelerate. È il 1954 l'anno che ha inau gurato, in quanto centenario della morte del filosofo, il primo grande «rinnovamento» degli studi schellinghiani, segnato in particolare dall'uscita del grande libro di Walter Schulz, Vie Vollendung des Deutschen Idealismm in der Spatphilosophie Schellings, che disperiamo di vedere mai tradotto nella no stra lingua. 10 Disponiamo oggi di numerose versioni inedite che hanno profondamente sconvolto il campo delle ricerche dedicate a Schelling, sia per quanto riguarda le Weltalter, sia per le filo sofie della mitologia e della rivelazione: Urfassung der Philoso phie der Offenbarong, curata da Walter E. Ehrhardt (Meiner, 1992; 2 voli.) e Weltalter-Fragmente, a cura di Klaus Grotsch (Fromman-Holzboog, 2002), per non parlare della regolare pubblicazione dei Tage"bucher conservati a Berlino, rimasti a lungo inaccessibili. Menzioniamo anche la recente pubbli cazione, all'interno dell'eccellente serie «Schellingiana», del primo seminario che Heidegger ha dedicato alle Ricerchefilo sofichesull'essenzadella libertà umana, nel 1927/1928, e dun que immediatamente dopo lap ubblicazione di Sein und Zeit1 • Ricordiamo anche, per memoria, che la Francia, la quale ave va giocato un ruolo eccezionale nell'ambito della Forschung internazionale, grazie alla summa di Xavier Tilliette2, ma an che grazie al lavoro, eccellente sotto ogni aspetto, di Jean François Marquet3 e di Miklos Vew•, disponeva già dagli anni 1. Heideggen Schelling-Seminar(l927-1928), a cura di L Hiihn e J. Jantt.en, «Schellingiana» 22, Frommann-Holzboog. Stuttgart-Bad Cannstatt 2010. Questo volume riporta, oltre alle note preparatorie di Heidegger, anche i «protocolli• redatti dai partecipanti, tra I quali Hans Jonas, Gerhard Krilger e Walter Brocker. Si veda anche all'interno della Gesamtausgabe di Heideg ger, il voi. 86, Seminare: Hege/,.Schelllng (1927-1957), a cura di P. Trawny, Klostermann, Frankfurt a.M. 2011. 2. X. Tilliette, SchellJng. Unephilosophle en deoenir, 2 voli., Vrin, Paris 1970; riedizione aumentata nel 1992, presso lo stesso editore. 3. li suo importante volume del 1976, Liberté et enstence. Étude sur la fonrurtionde la P.enséede Schelling, è stato ripubblicato nel 2006 gra:àe alla diligenza delle Editions du Ccrf. 4. La sua opera del 1977, Le fondement se/on Schelling, è stato anch'esso ripubblicato nel 2002, e i due volumi, De Kant à Schelling. Les dewc ooies de l'idlalisme allemand, pubblicati per i tipi di Jér6me Millon nel 1998 e nel 2000, testimoniano di un'attività infaticabile. 11 '90 di un numero decisamente importante di traduzioni eru dite (praticamente tutti i testi fondamentali e in particolare quelli dell'ultima filosofia, l'Introduzione filosofica alla Filoso fia della 1rnt-0logia, l'Esposizione della filosofia razionale pura, Il Monoteismo e la Filosofia della rivelazione), grazie principal mente ad una impresa collettiva, sostenuta dal Centre National de la Recherche Scientifique (la «RCP Schellingiana») diretta per otto anni da Jean-François Marquet e da Jean-François Courtiné. Altre importanti traduzioni, la Filosofia dell'arte, filo La filosofia della ,rnwlogia, l'Esposizione del 1rno sistema sofico (1801), in particolare6 si sono subito aggiunte. Il volu , me Schelling, che abbiamo recentemente curato e pubblicato, per le Éditions du Cerf, nella raffinata collana «Cahiers d'His toire de la Philosophie» (2010), intendeva testimoniare anche la vitalità delle ricerche schellinghiane alla quali si dedicano numerosi giovani ricercatori, in Francia, in Italia e natural mente anche in Germania, dove la Internationale Schelling Gesellschaft gioca un ruolo decisivo, di federazione e di nuovo impulso7 Se la filosofia di Schelling è ricca d'immagini sor • prendenti, la sua ricezione è sempre stata travagliata: ci si può augurare che, dopo qualche anno di bassa marea, sia di nuovo aperto un nuovo periodo fecondo. Ma, come dicevamo, sono stati i paesi anglofoni ad aver in trapreso più di recente, al termine di un notevole sfono di traduzioni o di ri-traduzioni iniziato una decina di anni fa, il lavoro per la proposta di un «nuovo Schelling>>, cosa della qua le ci danno testirnonian7.a in particolare i volumi: Schelling 5. Il CNRS non resta mai a corto di sigle e di acronimi, semprepilì o meno opachi e improbabili: «RCP» significa «ricerca coordinata su programma»! 6. La bibliografia, riportata alla fine del volume, si sforLa di dame una lista esaustiva. 7. http://www.schelling-gesellschaft.de. 12 Now. Contemporary Readings, opera collettiva curata da Ja son M. Wirth (Indiana University Press, 2005), e The New Schelling, opera collettiva curata da Judith Nonnan e Alistair Welchman ( Continuum Press, 2004), per non citare le inizia tive più «popolari» come quella di Slavoj '.Ziuk: The lndiois ible Remainder. An F.ssay on Schelling and Related Matters of of (Verso Press, 2007), The Abyss Freedom. Ages the W orld (University of Michigan Press, 1997) o, con Markus Gabriel, Myt"hology, Madness and Laughter. Subjectioity in Gennan ldealism (Continuum Publishing Group, 2009). È in parte questa situazione esegetica nuova che ci ha convin to circa l'opportunità di rivedere i lavori, gli studi più vecchi e di rimaneggiarli per proporne un volume (che dunque pro priamente non è una raccolta) incentrato sulla libertà uma na ( «l'abisso della libertà umana»), che costituisce l'oggetto dell'opera sen1.a dubbio più celebre di Schelling, le Ricerche del 1809, interessandoci alle trasformazioni di questo tema (la libertà per il bene e per il male) e alla sua articolazione con ciò che costituisce senza alcun dubbio, per noi oggi, la mag giore originalità del pensiero schellinghiano, vale a dire la sua indagine della temporalità: fino ad ora (scriveva Schelling ne Le età del 1nondo) i fìlosofi - a cominciare da Kant - non han no preso sul serio il tempo. Prendere il tempo sul serio significava considerarlo nella sua stratificazione, e non solo nella sua dimensione e-statica oriz zontale (passato, presente, avvenire), sia sul piano della co scienza individuale che della sua storia, come anche della sua preistoria e della sua archeologia: la coscienza mitica; ma an che sul piano della storicità delle religioni rivelate (e in pri mo luogo naturalmente per Schelling, del cristianesimo: fatto, piuttosto che dottrina), e addirittura di una storia divina: la ge nerazione del figlio, la processione trinitaria, la doppia crea zione. Si trattava propriamente, per Schelling, di «scavare fino 13 alla notte dei tempi», di scoprire le profondità temporali della cosciell7.a, la sua diacronia, confrontandola con le sue stratifi cazioni inconsce, sempre pronte a rimetterne in moto la pro fondità. Autori come Franz Rosenzweig, Gershom Scholem o Emmanuel Levinas non si erano sbagliati8. È per tale ragione che noi siamo partiti da uno studio incentra to sulle Ricerche del 1809 prima di esplorare - ma dovremmo dire per sondare, non tanto in una prospettiva «sistematica» - le conseguen7.e di questa nuova concezione dei tempi e delle età sul piano della filosofia della mitologia, come sul piano del la rivelazione e anche dell'ecclesiologia, accordando anche un posto speciale alle riflessioni originali di Schelling sull'e brai smo. Il capitolo II (L'eternità figlia del te,rrpo) si propone di comprendere, in modo più sistematico, i grandi tratti di que sto pensiero della storia, che non è propriamente né filosofia né teologia della storia o teodicea. Cli ultimi due capitoli approcciano il pensiero di Schelling in una prospettiva più determinata: il capitolo V, Un po-po'/o metafisiro?, presenta la sua concezione della storia moderna della filosofia, dopo Kant, nella diversità dei suoi orientamen ti nazionali e linguistici. L'ultimo capitolo, infine, dedicato a Ravaisson, si sfona di prendere sul serio una questione lan ciata un po' en passant da Alexandre Koyré, ossia sapere se Ravaisson non fosse il solo e più eminente discepolo di Schel ling in Francia nel XIX secolo. Anche in questo caso abbiamo privilegiato il pensiero di Ravaisson sulla mitologia, sui Mi- 8. Pubblichiamo, per le edizioni Hermann, una serie di studi: Leoinas. ui trame lcgtque de l'etre, che si sforauio di seguire alcuni dei prolungamenti della riflessione schellinghiana; tr. it. di G. Pìntus, Leoinas. ui trama lcf!.ca dell'=ere, lnschibboleth, Roma2013. 14 steri, sull'ellenismo, sull'ebraismo, e sul cristianesimo, sulla scia della filosofia «storica» e «positiva» dell'ultimo Schelling0 • Alghero, dicembre 2011, Paris, marzo 2012. 9. Ringraziamo i responsabili delle opere collettanee e delle riviste che han no accolto le prime vemoni dei seguenti capitoli: Alexandra Roux, curatrice del volume Schelling en 1809, Vrin, Paris 2010, che comprendeva una sorta di bo-u.a, qui profondamente rimaneggiata, corretta in alcuni punti fondamen tali e completata, del nostro primo capitolo; una prima vcmone del capitolo III dedicata alla filosofia della mitologia è stata pubblicata in un numero dell'«Archiviodi Filosofia» in omaggio al Prof. Mareo Maria Olivetti (n. 1-2, 2008); il capitolo IV si basa sullo studio pubblicato nell'opera collettanea curata da Gérard Bensussan, La phllo.sophle allemande dans la pensée julve, Puf, Paris 1997; il capitolo V aveva dato luogo a una pubblicazione nella «Re vue de Métaphysique et de Morale», settembre 2001, sul tema Phllosophies nationales? Controverses franco-allerrumdes; e infine, il capitolo V prende come punto di parte~ uno studio pubblicato all"intemo di un volume in omaggioa O. Poggeler, ldealismusmlt Folgen,Die Epodienschwelleum180Q In lwnst und Geisteswlssenschaften, a cura di H.-J. Gawoll e Ch. Jamme, Wilhelm Fink Verlag, Frankfurt a.M. 1994. Il capitolo Il rilancia in modo nuovo, da parte sua, le questioni della quali ci eravamo già occupati in uno studio dal titoloHlsù>ire supérieure ets ystème des temps se/on Schelllng, pub blicato nei «Cahiers de l'Univemté Saint-Jean-de-Jérusalem•, n. 14, 1998, e nell'operacollettanea curata da Jean-François Marquete da noi stessi, Le demler Schelllng. Roisan et positivité, Vrin, Paris 1994. Capitolo I Dalla libertà assoluta alla libertà finita La «metafisica del male» e l'abisso della libertà umana Il problema della libertà in quanto libertà per il bene e per il male così come la «metafisica del male», che questa proble matica contribuisce a elaborare, costituiscono senza dubbio il centro vitale del pensiero di Schelling. Vi troviamo infatti - lungo tutto un itinerario ricco di metamorfosi-, come una co stante forte, l'affermazione entusiasta della libertà assoluta o dell'assoluto come libertà; ma se il pat1ws della libertà rappre senta indiscutibilmente uno dei tratti fondamentali, tra i più salienti del pensiero schellinghiano, a partire dalle dichiarazio ni infuocate del giovane Stiftler fino alle ultime affermazioni della Filosofia della rivelazione manca ancora molto affinché 1, 1. F.W.J. Schelling,Philosophie derOjfenbarung, l, Schellings Werke (d'o ra in poi SW), riedizione anastatica di M. Schroter, Beek, Frankfurt a.M. 1927-1954 dell'edizione reali:aata dal figlio, K.F.A, dal 1856 al 1861, qui voi. XIII, p. 256; la tr. fr. collettiva di «RCP Schellingiana,,, è stata eseguita sotto la dirc:àone di Jean-François Courtine e Jean-François Marquet (l'uf, coli. «Épiméthée>o, l'aris 1989); tr. it. a cura di A. Bausola, Zanichelli, Bo logna 1972, p. 339: «La libertà è il nostro punto più alto, la nostra divinità, è es.sa che noi vogliamo come ultima causa di tutte le cose ..... Cfr. anche XIII, p. 359. - Per una presenta:àone rapida della situa:àone delle edi:àoni di Schelling, rinviamo alla nostra Bibliographie, in J.-F. Courtine (a cura di), Schelling, «Cahiers d'Histoire de la l'hilosophie-, Le Cerf, l'aris 2010. 16 questo motivo ostinato basti, foss' anche per sé solo, per aprire e determinare lo spazio di una autentica filosofia morale. Que sto è il primo punto sul quale vorrei porre l'accento. Da Kant, il quale decretava che «Il concetto di libertà [ ... ] costituisce la chia-ve di volta dell'intero edificio di un sistema della ragion pratica,,2 a Schelling, il quale annuncia con enfa , si a Hegel, il suo vecchio compagno dello Stift di TUbingen, il progetto della sua opera Dell'Io comeprincipio della filosofia, in questi termini: « ... Il principio supremo di ogni filosofia è [ ... ) l'Io nella misura in cui esso è puramente e semplicemen te Io, non ancora condizionato da un oggetto, ma posto nella libertà. L'alfa e l'omega di ogni filosofia è lalibertà»3 vi è mol , to più che un semplice cambiamento di metafora. Poiché con Per una bibliografia quasi esaustiva fìno al 2005, si veda http://www.philo sophie.uni-bremen.de/uploads/media/Schelling-Bibliographie-2004.pdfe http://www.schelling-gesellschaft.de/index.hhnl. [l'er ciò che riguarda le opere citate della presente tradu:done e le relative abbrevia:doni si rinvia alla nota bibliografica posta a fine volume]. 2. I. Kant, Kritik derpraktischen Verrwnft (d'ora in poi KpV), in Kants Wer ke. Alcademie-Textausgabe (d'ora in poi Ak.Aus. ), W. de Gruyter, Berlin-New York 1968, voi. V, pp. 3 s.; tr. it. di F. Capra, Critica della ragion pratica, con testo ted. a fronte Latera, Roma-Bari 1997, pp. 4 s. (tr. mod.). 3. F.W.J. Schelling, Lettera del 4 febbraio 1795, in Id., Briefe, voi. I, a cura di I. Mollere W. Schieche, Frommann-Holzboog. Stuttgart 2001, p. 22. [Una tradu:aone di questa lettera si trova in G.W.F. Hegel, Epistolario, Guida, Napoli 1983. Il testo è oggi fuori ed.i:done e di difficile reperibilità e non ci è stato possibile consultarlo. La tradu:aone è fatta direttamente dal testo citato da J.-F. Courtine: G.W.F. Hegel, Correspondance. I. 1715-1812, tr. fr. J. Carrère, a cura di J. Hoffmeister, Gallimard, l'aris 1962; N.cL T. ]. - Cfr. ancheSW, I, Vom Ich; tr.it. a curad i A. Moscati,Dell'Iocomeprincipiodella filosofia, Cronopio, Napoli 1991, § VI, p. 50: «li punto ultimo da cui dipen dono tutto il nostro sapere e l'intera serie dei cond.i:aonati non deve essere più cond.i:aonato da niente. Il tutto del nostro sapere non has ostegno se non è sorretto da qualcosa che è in grado di sostenersi con la sua propria forLa; e 17 l'abbandono della distinzione netta tra libertà pratica e libertà trascendentale, ne va correlativamente del rifiuto dell'artico lazione kantiana tra la legge morale come ratio oognoscendi della libertà, e la libertà come ratio essendi della legge mora le. È chiaro che questo «passo al di là del limite kantiano», che costituisce l'assolutizzazione della libertà, conduce Schelling, almeno in apparen:,.a, a mettere in secondo piano la legge mo rale in quanto tale fino al punto di ridurre la formula dell'ob bligazione alla sua espressione più semplice. Infatti, quando la ricerca trascendentale delle condizioni di possibilità crede di potersi radicalizzare in uno studio del l'« Incondizionato nel sapere umano», cos} come esso si offre all'intuizione intellettuale, la legge suprema per l'Io assoluto o infinito diviene in modo molto rigoroso - come sottolinea espressamente Schelling - quella dell'identità. L'Io assoluto, come autoposizione rillessiva, è cos} definito dall' «uguaglianza a sé», e la sua «forma originaria» diventa quella dell'identità: Poiché l'io è posto, secondo la sua essenza, dal suo sempli ce essere come assoluta identità, ti principio supremo si può esprimere indifferentemente nella forma: Io sono Io, oppu re: Io sono!• Imperativo etico o ontologico? Ma in ogni caso - ed è proprio ciò che qui ci interessa -, per l'Io assoluto una tale legge va intesa più come «legge natura le» che come morale, perché il vero e ultimo imperativo che si impone all'Io finito nel suo rapporto a se stesso, facendo ciò non è altro che quel che è determinato in virtù della libertà. L"inizio e la fine di ogni filosofia è libertà!». 4. SW, I,§ VJU,p. 179;DeU'lo. .. ,p. 53.

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