la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno viii n. 4 – aprile 2016 BIBLIOFILIA La raccolta Costabili: fine di una collezione di giancarlo petrella SUL NOLANO Schopenhauer e Giordano Bruno di guido del giudice NOVECENTO Quando Leopardi... chiuse l’«Omnibus» di massimo gatta LETTERATURA E FANTASIA Viaggi fantastici nella geografia dell’immaginario di gianfranco de turris BVS: EDITORIA Le avventure librarie di un picaro romagnolo di massimo gatta ISSN 2036-1394 la Biblioteca di via Senato – Milano MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO VIII – N.4/71 – MILANO, APRILE 2016 Sommario 4 Novecento 52 Letteratura e fantasia QUANDO LEOPARDI… VIAGGI FANTASTICI CHIUSE L’«OMNIBUS» NELLA GEOGRAFIA di Massimo Gatta DELL’IMMAGINARIO di Gianfranco de Turris 14 Bibliofilia LA RACCOLTA COSTABILI: 58 BvS: Editoria FINE DI UNA COLLEZIONE LE AVVENTURE LIBRARIE di Giancarlo Petrella DI UN PICARO ROMAGNOLO di Massimo Gatta 22 Sul Nolano SCHOPENHAUER 68 In Appendice –Feuilleton E GIORDANO BRUNO L.E.X. di Guido del Giudice LE BIBLIOTECHE PROFONDE di Errico Passaro 29 IN SEDICESIMO – Le rubriche LE MOSTRE –IL LIBRO – 71 BvS: il ristoro del buon lettore RIFLESSIONI E IL POETICO POISSON INTERPRETAZIONI – DI ÉLUARD NEI PIATTI LO SCAFFALE DEL SAN MARTINO a cura di Luca Pietro Nicoletti di Gianluca Montinaro e di Giovanni Sessa 72 HANNO COLLABORATO 45 La riflessione A QUESTO NUMERO LA FENOMENOLOGIA DELL’INTELLETTUALE ITALIANO di Claudio Bonvecchio 46 Libro del mese IL CARDINALE GIULIO MAZZARINO E LA GRANDEZZA DELLA FRANCIA di Stefano Tabacchi Ringraziamo le Aziende che ci sostengono con la loro comunicazione Biblioteca di via Senato Via Senato 14 - 20122 Milano Tel. 02 76215318 - Fax 02 798567 [email protected] [email protected] www.bibliotecadiviasenato.it Presidente Marcello Dell’Utri Direttore responsabile Gianluca Montinaro Servizi Generali Gaudio Saracino Coordinamento pubblicità Ines Lattuada Margherita Savarese Progetto grafico Elena Buffa Fotolito e stampa Galli Thierry, Milano Immagine di copertina A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, 1820 circa, olio su tela, Recanati, Casa Leopardi Stampato in Italia © 2016 – Biblioteca di via Senato Edizioni – Tutti i diritti riservati Reg. Trib. di Milano n. 104 del 11/03/2009 Per ricevere a domicilio (con il solo rimborso delle spese di spedizione, pari a 27 euro) gli undici numeri annuali della rivista «la Biblioteca di via Senato» scrivere a: [email protected] L’Editore si dichiara disponibile a regolare eventuali diritti per immagini o testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte Editoriale Una storia buffa, quasi ‘surreale’ ai racconti, condusse alla morte il grande (se non per gli esiti ultimi) quella poeta. E che, a distanza di tempo, come una che narra, su questo numero iattura (in fondo, trovandosi a Napoli, anche de «la Biblioteca di via Senato», il nostro quest’aspetto è da tenere in conto…) continuò Massimo Gatta. Protagonisti ne sono, da a colpire, portando alla chiusura la rivista una parte, il ‘venerato’ Giacomo Leopardi, «Omnibus». Certo, la causa vera del censorio dall’altra gli ironici ‘dissacratori’ provvedimento era un’altra: ma è simpatico Leo Longanesi e Alberto Savinio. In mezzo immaginare che fu una vendetta postuma del una passione di gola (così talmente smodata ‘contino’ ai danni di quei posteri ‘dissacratori’ che quasi giustifica l’esser stata bollata vizio che avevano osato metterlo alla berlina per la capitale) del conte recanatese: quella per sua golosità. gelati e sorbetti. Un amore folle che, stando Gianluca Montinaro 4 laBiblioteca di via Senato Milano – aprile 2016 aprile 2016 – laBiblioteca di via Senato Milano 5 Novecento (cid:2) QUANDO LEOPARDI… CHIUSE L’«OMNIBUS» Longanesi e i sorbetti del ‘contino’ recanatese MASSIMO GATTA Chissà se Giacomo Leo- delizioso sapore della crema pa- pardi conosceva il De’ sticciera.Leopardi amava anche sorbettidi Filippo Baldini le sale del più letterario Caffè (Napoli, 1775) oppure il Trattato d’Italia, in piazza San Ferdinan- istorico del caffè (1820) di Vincen- do,1chiuso nel ’36 in pieno fasci- zo Corrado, vivendo a Napoli smo. dal 2 ottobre del 1833, giuntovi I Borboni apprezzavano insieme all’amico Antonio Ra- molto i sorbetti, tanto da conce- nieri. Il volume di Baldini era dere titoli nobiliari ad alcuni arti- uno studio medico dedicato al- giani del settore, come appunto il l’alimento molto amato dal reca- nostro mastro gelatiereVito Pinto, natese, insieme ad altre tipologie che ebbe il titolo di barone, così di gelati, come mantecati, spu- come ricordato da Leopardi nei moni, cassate, cremolati, granite Nuovi credenti: «quella grand’arte al limone, tutti prodotti dal cele- onde barone è Vito».2Pinto verrà bre ‘barone’ napoletano Vito citato anche da Gino Doria nel Pinto (Zi’ Pinto), che quasi quoti- suo Sogno di un bibliofilo (1944): dianamente Leopardi golosa- «La lettera [falsa, di Leopardi a mente gustava seduto ai tavolini dello storico Caffè Vito Pinto del 9 maggio 1839, inventata da Doria, Due Sicilie, in Largo alla Carità a Napoli. La vec- N.d.A.] era indirizzata al “caro barone Vito”, cioè al chia insegna del locale, di memoria settecentesca, gelatiere Vito Pinto, al quale si ordinavano per il po- che recava la scritta “Bottega del Caffè”, fu riutilizza- meriggio del dì seguente 24 gelati, suddivisi in 8 ta da Pinto per la sua nuova attività. Il sagace don pezzi duri, 8 fette di spumone e 8 covigli».3 Vito non si limitava a offrire alla clientela soltanto Se avesse conosciuto il trattato di Baldini il del caffè, ma serviva anche una specialità originale poeta di Recanati avrebbe appreso preziose infor- e sublime che produceva personalmente nei suoi mazioni, sugli «effetti delle bevande ghiacciate laboratori, appunto il sorbetto, che recava in sé il dette Sorbetti», evitando così le esiziali conse- guenze che i gelati ebbero sulla sua precaria salu- A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, 1820 circa, olio su tela, te. Negli afosi pomeriggi napoletani, uscendo Recanati, Casa Leopardi dalla sua abitazione di Vico Pero 2,4proprietà di 6 laBiblioteca di via Senato Milano – aprile 2016 Prospero Jasillo (dove viveva dal 9 maggio del cameriere li portava, gli diceva di metterli l’uno 1835), per recarsi al Caffè Due Sicilie, (abitazione sull’altro».8Ma procediamo con ordine. Leopardi alternativa alla celebre Villa delle Ginestre,5a Tor- muore a Napoli il 14 giugno 1837, durante la ter- re del Greco, di proprietà di Giuseppe Ferrigni), ribile epidemia colerica,9una morte fitta di misteri scendeva per Santa Teresa degli Scalzi, costeg- che neppure il volume di Antonio Ranieri contri- giando la mole inquietante del Palazzo dell’Uni- buì a chiarire.10In una lettera al padre del 9 marzo versità, che il conte di Lemos aveva trasformato da del ’37, Leopardi però scriveva: «Io, grazie a Dio, caserma in Palazzo degli Studi, in seguito nella Bi- sono salvo dal colera, ma a gran costo. Dopo aver blioteca Nazionale (dov’era impiegato come bi- passato in campagna più mesi tra incredibili ago- bliotecario il poeta Salvatore Di Giacomo)6e infi- nie, correndo ciascun giorno sei pericoli di vita ne nel Museo Archeologico. Giungeva così in ben contati, il colera, oltre che è attualmente in vi- piazza del Mercatello (oggi Piazza Dante) e prose- gore in altre parti del Regno, non è mai cessato guendo per via Toledo (l’attuale Via Roma fasci- neppure a Napoli, essendovi ogni giorno, o quasi sta) si fermava al Caffè d’Italia in piazza San Ferdi- ogni giorno, de’ casi che il Governo cerca di na- nando, frequentato da scrittori e artisti. Non uno, scondere».11E invece… non due, ma di gelati ne voleva tre o quattro insie- Centodue anni dopo, in occasione delle cele- me e «se li faceva porre uno sopra l’altro, così da brazioni, Alberto Savinio gli dedicò un lungo arti- comporre una piccola montagna di sciroppi e cre- colo, Il sorbetto di Leopardi, pubblicato il 28 gen- me rapprese», come scrisse Alberto Savinio.7 naio del ’39 sul n. 4 di «Omnibus», settimanale Amava ordinare porzioni enormi, per le quali la che il geniaccio Leo Longanesi aveva fondato gente intorno lo derideva dicendo «che era più nell’aprile di due anni prima. Sarà quello l’ultimo grande il suogelato di lui».Treich, infatti, nel suo numero del primo grande rotocalco italiano,12co- Almanach des Lettresracconta che Leopardi era so- me ricordavano sia Oreste del Buono che Indro lito ordinare «tre grossi gelati per volta e quando il Montanelli.13 Giornale chiuso, con Longanesi e aprile 2016 – laBiblioteca di via Senato Milano 7 Savinio mandati a spasso14con provvedimento te- manzo di Bottone, il piacere che Leopardi provava legrafico datato 2 febbraio 1939 firmato Dino Al- nel gustare quei gelati, ma ancor più nell’osservare fieri, il ministro del famigerato Minculpop, e spe- le belle signore che se ne servivano, viene descritto dito al prefetto di Milano in quanto il settimanale in termini a dir poco lussuriosi: le dame accaldate era stampato in quella città da Angelo Rizzoli: facevano ressa al buffet per rinfrescarsi con quello «Prego V.E. disporre che settimanale “Omnibus” spumone “oblungo, con una testa rotonda in pun- edito da Rizzoli-Milano sospenda sue pubblica- ta, che si tiene in mano, che si lecca volentieri as- zioni per revoca riconoscimento del gerente re- sai»(G. Afeltra). Eppure Baldini nel suo trattato sponsabile Leo Longanesi causa atteggiamento era stato chiaro; al paragrafo XXXI scriveva: tenuto periodico in questi ultimi tempi».Ma quali «Quando dunque questi visceri ricevono tanto ali- fossero questi «atteggiamenti», tollerati da Mus- mento, che non lo possono digerire totalmente, le solini, ma fino a un certo punto, lo si intuisce tra le deiezioni sono liquide, bianchicce, e biliose. righe del telegramma che il giorno successivo il Quindi ne risulta che, trovandosi la natura oppres- podestà di Napoli, Giovanni Orgera, invierà ad sa per la facoltà espulsiva delle budella irritata da- Alfieri all’indomani della chiusura di «Omnibus», gli umori nocivi, si approfitta con i scoli ventrali dove esprimeva il «ringraziamento della città per per discacciar le crudità, dalle quali da per se pro- il vostro energico rapido salutare provvedimen- cura liberarsi».19 E poco prima20 aveva indicato: to».15Ma che c’entra il povero contino recanatese «Quando la forza de’ nostri umori diviene mag- con una faccenda dai chiaroscuri dichiaratamente politici? C’entra eccome, perché Savinio nel suo scritto metafisico, tra altre riflessioni ironiche, pungenti e criptiche, si dilungava sulla morte del grande poeta causata dalla di lui, sosteneva Savi- nio, sfrenata passione per «gelati, sorbetti, mante- cati, spumoni, cassate e cremolati», gustati al Caffè Due Sicilie, e forse anche al Caffè d’Italia, uno dei grandi caffè storici italiani16e gioiello, in- sieme al Gambrinus (nelle cui splendide sale si era seduta la grande letteratura fin de siècle: da Scarfo- glio a Di Giacomo, da Zola a d’Annunzio, a Oscar Wilde), della stagione della belle époquenapoleta- na.17Per tale ingordigia, che strideva con l’imma- gine seriosa del poeta dell’Infinito, lo stesso sareb- be morto, è sempre Savinio, «di una leggera colite che i napoletani chiamano ‘a cacarella’», termine dialettale a indicare una forte e ripetuta diarrea, lasciando intuire che quei gelati fossero confezio- nati con discutibili norme igieniche. Del resto l’a- spetto fin troppo umano e privato del poeta reca- natese, noto a suo tempo anche ad Alexandre Du- mas, compare anche in un romanzo di Vladimiro Bottone, L’ospite della vita:18«Nelle pagine del ro- 8 laBiblioteca di via Senato Milano – aprile 2016 giore del naturale, le parti, dalle quali si compon- mortali agli asini». Impareggiabile Savinio!22 gono, dovranno alquanto discostarsi dai loro con- Quanta arguzia simbolica in pochi millimetri di tatti; laonde l’intera lor massa costretta a occupare testo, con la categoria degli asini in prima fila a di- maggior volume, eserciterà maggiore impeto sulle re quanto le chiacchiere antifasciste («le rose»), pareti de’ vasi, per i quali ella circola, e continuan- che s’involavano dai tavolini del Gambrinus, fos- do i fluidi ad espandersi, la resistenza de’ solidi sero esiziali alle orecchie del prefetto di Napoli, verrà finalmente superata in modo, che o permet- Giovanni Battista Marziali (squadrista della prima terà il passaggio allo stato di speciale fluidità a ora ed elemento di spicco del fascismo fiorentino quegli umori, che ne sono più capaci, o cederà alla che, dopo l’agosto del ’39, verrà trasferito a Mila- forza impellente». In effetti la traduzione scatologi- no) e di sua moglie («gli asini» appunto) che pro- cadel tragico epilogo leopardiano fu in realtà una prio sopra le sale del Gambrinus affrescate da Mi- scusa con la quale il regime impugnò l’arma della gliaro, Caprile e Volpe,23avevano gli appartamen- censura contro un brillante settimanale, e il suo ti privati e venivano disturbati dalle chiacchiere, direttore, che da troppo tempo costituivano una durante il pomeridiano bridge. Il binomio asino- spina nel fianco e che, seppur tollerati, continua- prefettoera fin troppo evidente a chi avesse “orec- vano a pestare troppi piedi importanti. Leopardi, chie per leggere”: il regime le ebbe e il povero con- gloria nazionale, non andava offeso con riferi- te Leopardi ci andò di mezzo. Altri erano però i menti alle sue umane passioni di goloso, accostato bersagli, altre le idee da combattere, altri i giorna- poi alla prosaica cacarellaintestinale. Savinio, nel listi e scrittori di «Omnibus» da mettere a tacere, suo articolo, in un ironico e flautato passaggio, ri- come Montanelli, Pannunzio, Soldati, Barilli, cordava anche la chiusura, avvenuta pochi mesi Missiroli, Landolfi, Brancati, Moravia, Patti, Vit- prima, di un altro caffè napoletano, lo storico torini, altri i giornali da chiudere. Altro che Leo- Gambrinus, che ancora oggi accoglie il pubblico pardi! Il Gambrinus era stato chiuso, chiuso all’angolo di via Chiaia.21 Scriveva: «ma il Gam- «Omnibus», mandati a spasso Longanesi e Savi- brinus non c’è: il Gambrinus non c’è più. L’aria di nio. Come scrisse la moglie Maria: «Durante il fa- Napoli è esiziale ai bei caffè, come le rose sono scismo, Savinio fu uno dei rari intellettuali che
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