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SAPIENTI E PROFESSORI Pretese comparazioni tra il linguaggio metafisico di Ibn Arabi e di Renè ... PDF

138 Pages·2012·1 MB·Italian
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SAPIENTI E PROFESSORI Pretese comparazioni tra il linguaggio metafisico di Ibn Arabi e di Renè Guénon: scusa per un attacco all’Opera di Guénon, alla metafisica tradizionale e all’esoterismo autentico. Argomento tratto dall’ultimo capitolo dello studio: “Tra Gnomi e Genomi: la Conoscenza metafisica di fronte alla scienza moderna”. Il capitolo successivo del presente studio, “Sapienti e professori”, avrebbe potuto costituire benissimo un lavoro a sé stante separato dal presente studio con il quale potrebbe sembrare non avere molta attinenza ma, invero, ne è collegato più di quanto inizialmente non sembri esserlo. Infatti, poichè nel trattare gli argomenti sulle scienze tradizionali, la scienza moderna, i “segni” della natura e la corrispondenza con i principi metafisici di cui sono traduzione cosmico-simbolica e più profondo significato, noi abbiamo usato anche un linguaggio che, se rispetta sempre l’esatta corrispondenza di principio con quello usato dai vari Maestri spirituali delle varie tradizioni ed epoche, può tuttavia a volte apparire “nuovo” o poco usuale almeno quanto a certe espressioni di linguaggio che sono tuttavia sempre corrette e rigorosamente adeguate al concetto ed alla verità che vogliono esprimere nell’occasione. Poichè, inoltre, questo riguarda soltanto l’apparenza e la forma espressiva non avendo infatti, noi, alcuna pretesa di “originalità” che peraltro non sarebbe affatto qualcosa di positivo quando si abbia a che fare con le dottrine tradizionali ed il mondo della Tradizione, riteniamo non solo utile ma anche necessario precisare alcune cose. La necessità di affrontare, nel contenuto di questo libro, un argomento come quello del presente capitolo nasce, oltre che da un’esigenza di rispondere a quella che consideriamo un’intollerabile provocazione nei confronti dell’Opera di Guénon da parte di alcuni detrattori, palesi od occulti, anche dal fatto che vogliamo prevenire la possibile, falsa conclusione verso la quale, alcuni “professori”, attuali o futuri, sui quali meglio chiariremo, potrebbero, più o meno malevolmente, pilotare chi ancora non sia giunto a possedere quella “bussola infallibile” che Guénon indicava nella corretta conoscenza dottrinale dei principi e delle dottrine metafisiche. Falsa conclusione consistente nell’affermare o nel voler far credere che, la differenza di linguaggio, l’uso di certe espressioni e di certi simboli, possa costituire una nostra originalità di linguaggio, un nostro “pensiero”, una nostra “concezione personale” se non addirittura una nostra dottrina o filosofia. Guénon ha spiegato più volte come, le dottrine tradizionali non sono una filosofia o un pensiero di questo o quell’autore; e se qualcosa di “personale” esistesse in una qualche esposizione delle “dottrine tradizionali” e metafisiche, quella è la parte meno importante e forse persino meno autentica e meno vera. Infatti, nell’esposizione delle dottrine tradizionali non deve esserci proprio nulla di personale, di soggettivo, e di “proprio” se non la forma espressiva nei limiti in cui fosse necessario e dove questo rendesse più facile la comprensione senza peraltro mai semplificare, o ridurre la dottrina stessa facendola scendere ai livelli più grossolani ma proprio, invece, per permettere di salire ad essa. Tutto ciò che è emanazione puramente individuale non interessa affatto costituendo, anzi, proprio il limite di un’esposizione e niente affatto qualcosa di interessante. Il miglior Maestro spirituale, allorchè sia sua funzione anche la trasmissione della dottrina e non soltanto la guida dei discepoli, è colui che riesce a trasmettere la Verità universale nella sua forma più pura, senza contaminazioni e limiti individuali e condizionamento emozionali. La conclusione è pertanto che la Verità è Una, come Una è la Conoscenza che la concerne. In diretta relazione a ciò è che la Conoscenza tradizionale della Realtà metafisica e dei principi che la concernono è universale e sempre identica, immutabile come lo è l’ordine di Realtà cui si riferisce. Ciò che cambia sono soltanto le forme espressive che si adattano sia pure con limiti precisi, ai crescenti limiti di comprensione degli uomini. E se la conoscenza è unica lo è anche il vero esoterismo, presente dietro ogni forma tradizionale come un Cuore, motore intellettuale, che rende viva e mantiene la stessa forma. I Maestri spirituali, i Saggi e i sapienti di loro non mettono semmai che i limiti ma, in ogni caso, ove siano veramente tali, il loro linguaggio quale che sia, non impedisce mai di risalire alla Fonte universale della Conoscenza pura anche quando, eccezionalmente, possa non essere perfettamente adeguato nella forma ad esprimere l’ordine di realtà superiore che, le dottrine tradizionali hanno funzione di trasmettere a chi sia ancora capace di comprenderle. Se il tentativo di tracciare inesistenti differenze dottrinali tra l’esposizione della Conoscenza metafisica fatta da Guénon con il suo rigoroso linguaggio e quello di altri Maestri spirituali è stato fatto già nei suoi confronti con l’evidente fine di screditare lui e la stessa dottrina, possiamo immaginare che cosa potrebbe essere fatto nei nostri confronti quando abbiamo adottato in questo studio, ritenendolo nell’occasione utile e opportuno, espressioni che non sempre sono, a primo impatto, riconoscibili o riconducibili al linguaggio generalmente usato dai vari Maestri e dallo stesso Guénon ma che, nondimeno, contribuiscono a comprendere i concetti tradizionali già esposti da loro, confermandoli e mai contraddicendoli; cosa che ci avrebbe posto fuori di ogni ortodossia. E’ evidente, del resto, che non ci preoccupa affatto l’attacco personale che potrebbe essere fatto quanto il danno alla dottrina che, essendo esattamente la stessa trasmessa da quei Maestri compresa ovviamente quella dell’impareggiabile Maestro della più recente epoca, Guénon, l’attacco stesso si risolverebbe in un ennesimo tentativo, consapevole o meno poco importa, di relativizzazione l’universalità della dottrina e svilire l’evidenza e la forza di questa consapevolezza. SAPIENTI E PROFESSORI A Sapienti dello Spirito – Sapienti dell’esteriore – Professori ed eruditi – Professori dell’esoterismo Non riteniamo inutile o superfluo concludere il presente lavoro con qualche precisazione che, se avrebbe avuto soltanto una qualche ragione di porsi anche in una civiltà normale, cioè tradizionale, è diventato invece importante se non addirittura inevitabile farlo, soprattutto nelle attuali condizioni dell’umanità. Avrebbe avuto qualche ragione di porsi, dicevamo, anche in una civiltà normale perchè già da diversi secoli, ormai, la stessa distinzione nel mondo della Spiritualità tra “esoterismo” ed “exoterismo” stabilisce già in via naturale, nel primo caso, un’attitudine alla penetrazione e all’interiorizzazione degli argomenti in conformità, del resto, con la natura stessa della Spiritualità, e, nel secondo, un’esteriorizzazione che è collegata ai limiti di “qualificazione intellettuale” nel significato autentico di questo termine, della stragrande maggioranza degli uomini. La differenza tra un’attitudine “dottorale” e quella sapienziale, si era già stabilita all’interno delle varie civiltà tradizionali dove, appunto, i sapienti si sono trovati a dover fronteggiare l’esteriorismo e gli attacchi dei cosiddetti “sapienti dell’esteriore” e dei “dottori della legge”, il cui esteriorismo e letteralismo giungeva a volte addirittura ad impedire l’accesso “allo spirito oltre la lettera”; un passaggio che, ovviamente, non implicava affatto che quest’ultima venisse contradetta ma che, al contrario, rivelava così i suoi aspetti più elevati e le sue ragioni più profonde che la illuminavano e la giustificavano, facendone comprendere pienamente la ragione. Si tratta di una nota distinzione tra il “maestro” inteso come colui che ha accumulato in quantità i vari aspetti catechistici di una tradizione e colui che, “Vero Maestro”, è in grado di trasmettere lo spirito delle parole, di seguire, di guidare, di far progredire ed avanzare, perché ha operato innanzi tutto su sé stesso la comprensione profonda e l’applicazione degli insegnamenti appresi o ricevuti. Questa prima distinzione, però, se aveva una sua legittimità e ben valide ragioni di porsi perché era ed è collegata alla funzione stessa delle varie Rivelazioni e alla natura delle dottrine tradizionali, non ha invece nulla a che vedere con la distinzione della quale ci occuperemo in questo capitolo. La distinzione tra esteriore ed interiore, tra fede ed evidenza, tra erudizione e Conoscenza, tra devozionismo, virtù morali e misticismo, da una parte, e Conoscenza, Sapienza e Saggezza dall’altra ma anche tra Conoscenza ed ignoranza pura e semplice, è qualcosa che attiene ancora alla naturale differenza tra gli uomini e ai loro diversi livelli di qualificazione intellettuale. Da qualche tempo, invece, si è creata una figura nuova di soggetti interessati alle dottrine tradizionali e agli scritti dei Maestri spirituali delle varie tradizioni e delle varie epoche. Non alludiamo neppure a quelli che sono generalmente noti come “gli orientalisti”, categoria di studiosi della storia delle religioni o del pensiero tradizionale in genere e già sufficientemente catalogati tra gli ignoranti di quello che è l’autentico spirito tradizionale. Ignoranti, perchè, oltre a travisare il più delle volte il pensiero, la forma espressiva, il concetto e soprattutto i significati, rapportandoli alla loro mentalità e a quella della loro epoca, nonchè ai loro limiti di comprensione ed ai condizionamenti della loro traboccante sentimentalità e moralismo che sono estranei al contenuto delle dottrine tradizionali ma anche alla più vera attitudine tradizionale, pretendono di avvicinare e di commentare quegli insegnamenti il cui spirito e la cui verifica che deve tradursi in evidenza affinchè vi sia certezza che sono stati compresi, gli è assolutamente interdetta. Intendiamo parlare invece di una nuova specie di esploratori del pensiero e dell’esperienza umana che è più esatto qualificare “studiosi” o “analisti” di quelle dottrine che sono in realtà state riservate sempre e soltanto a neofiti, i quali, appresi i principi ed in concetti in modo teorico, dovevano poi realizzarne i contenuti conseguendo la Conoscenza effettiva che coincide con il superamento dei limiti stessi della condizione umana. Un fine che, secondo altre espressioni tradizionali, viene anticipato da un’“Illuminazione” che è propedeutica alla “Liberazione” o, secondo un altro modo di esprimersi, è il “Vertice ultimo” di quella che viene definita la “Realizzazione spirituale” o il “Termine del Cammino”, la “Meta Suprema”. Se i sapienti dell’esteriore e quelli dell’interiore appartengono entrambi, ognuno al loro legittimo livello e funzione, al mondo della Tradizione, gli “orientalisti” ed i vari “professori”, invece, non sono altro che una specie tutta moderna e relativamente recente: profani che curiosano in un mondo che non gli appartiene e dal quale restano esclusi.1 Il loro sapere è erudizione, cumulo di informazioni, estetismo, collezione di formule quasi sempre scorrette e collegate in sincretismi confusi e confusionari; imbevute di sentimentalismo e di pregiudizi di ogni sorta, anche quando non vogliano intenzionalmente screditare le dottrine alle quali si avvicinano. Il vizio di origine è attitudinale oltre che di metodo: per loro tutto quello che toccano non è altro che “pensiero”, “filosofia”; al massimo, dati di “fede” o credenze; deduzioni di questo o quel pensatore, per elevato che possa venir considerato sul piano del rigore logico e concettuale, del ragionamento, della morale, dell’acutezza, dello stile. Per paradossale che sia, questo “vizio” di origine accompagna anche quelli, tra i “professori”, che sono disposti ad ammettere che, in certe dottrine ed in certi Autori, può esserci qualcosa di più che il semplice 1 Sarà appena il caso di precisare che qui il termine “professori” non è usato per indicare l’intera categoria di coloro che esercitano questa professione, nel suo ambito onorevole. E’ all’attitudine “professorale” abusivamente assunta e trasferita in campi nei quali per loro stessa natura la escludono, che noi ci riferiamo in questo capitolo. “pensiero” e magari si dispongono ad accettare una determinata disciplina tradizionale cui quegli Autori stessi fanno riferimento. La loro autorità e il loro livello di comprensione, soprattutto quando rimangono all’esterno di quelle discipline quasi in un preteso distaccato giudizio che tale non è affatto, sono spesso al di sotto persino dei più esterioristi tra i “sapienti dell’esteriore” che, quanto meno partecipano, sia pure ad un livello esteriore e per via di “fede”, di una Luce che è pur sempre presente in tutti i livelli dal più basso al più elevato dell’autentica Spiritualità, sotto qualunque forma tradizionale si sia espressa. Questa condizione permane, persino quando essi diano l’apparenza, rispetto all’ottusità e magari alla stessa ostilità nei confronti dell’esoterismo da parte dei “sapienti dell’esteriore”, di un maggior rispetto, perché, quella considerazione, derivando da un’attitudine e da una posizione di laicismo e di disinteresse per una qualsiasi condivisione o partecipazione ad una qualunque forma tradizionale o pratica rituale, vale a dire da un’attitudine profana, non partecipa di alcuna sacralità ed autentica comprensione. Questo per quanto riguarda soprattutto gli “orientalisti” e gli studiosi in genere; quando poi si passi all’ultima categoria, quella alla quale abbiamo ancora appena accennato, le cose diventano veramente significative della condizione quale si è ormai ridotto l’uomo moderno anche quello che, sia pure di poco, sembrava ancora potersi elevare al di sopra della squalificazione della stragrande maggioranza. La nuova categoria, peraltro di recente formazione, è quella dei “professori dell’esoterismo” e non c’è nulla di più disdicevole ed anche di più antipatico e diremmo stomachevole, dover assistere alle loro performance. E’ facile capire il perché: l’ignoranza pura e semplice, l’incomprensione riscontrabile persino nell’esposizione letterale se non addirittura l’ostilità; il rigetto, la critica ed il rifiuto delle dottrine tradizionali è ancora qualcosa che permette di orientarsi, di capire, se non altro, chi si ha di fronte e di potersene difendere decidendo se spendere o meno il proprio tempo ad interloquire o a leggere quello con cui ci si viene ad imbattere. Nella nuova categoria, invece, avviene qualcosa che il passato ci aveva risparmiato: ai “professori” di filosofia, di storia o scienza delle religioni, di antropologia e sociologia si sono ora aggiunta la nuova categoria, appunto, quella dei “professori dell’esoterismo” e la ragione è probabilmente legata al fatto che, un tempo, certi testi e certi autori tradizionali erano veramente inaccessibili ed impenetrabili sicché: il ristrettissimo ambito di divulgazione, lo stesso stile e lo stesso linguaggio, facevano da schermo protettivo che non incoraggiava a procedere molto oltre la lettura. Avere invece appreso una serie di chiavi di lettura che hanno permesso e permettono sempre di più di aprire molti dei sigilli che racchiudevano certi testi e certi Autori, grazie soprattutto alla funzione che, ad esempio, ha svolto in Occidente René Guénon (lo Shaikh Abdel Wahid Yahya), ha messo in condizione certuni, oltre che per la sua chiarezza espositiva anche per il fatto che egli ha potuto esprimersi liberamente da costrizioni obbligatorie di linguaggio e da simboli necessariamente imposti da questa o quella determinata tradizione, da questo o quel dogmatismo e da un determinato specifico linguaggio o ambiente tradizionale, di poter accedere a certe tematiche. Aver potuto esprimersi in un contesto come l’Occidente moderno dove non è stata più necessaria alcuna cautela e alcuna prudenza se non l’obbligo interiore del rispetto della Verità e la serietà dell’espressione, ha permesso a Guénon di enunciare la dottrina metafisica nella più pura forma concettuale e con un pensiero il più libero da immagini ed esenti da sentimentalità non dovendo rendere conto ad alcun dogmatismo formale. Se egli ha usato, secondo i casi, espressioni e terminologie tratte dalla tradizione indù, taoista, islamica, massonica, cristiana, o ebraica, questo è perché egli espone una dottrina non sua; non un pensiero individuale o una filosofia personale ma l’insegnamento Unico ed Universale che appartiene alla metafisica pura e all’esoterismo tradizionale. La dottrina metafisica e l’insegnamento esoterico sono perfettamente gli stessi dietro ogni più diversa forma tradizionale.2 2 Non esistono “esoterismi” al plurale; l’esoterismo è unico. Ciò che si presenta sotto l’apparenza di una differenza formale di simboli e di espressioni o anche di applicazioni contingenti, appartiene alle varie espressioni dell’exoterismo non all’esoterismo. L’insegnamento esoterico è sempre identico in ogni epoca e tradizione per cui non ha veramente senso fare del termine “esoterico” qualcosa di misterioso come se ci fossero più esoterismi. Sono le “forme” a essere “rivestite” di veli non l’esoterismo. L‘esoterismo “svela”, chiarifica, dà significato a quello che è semmai nella forma che appare come qualcosa di non perfettamente riconoscibile e comprensibile proprio per il suo necessario letteralismo dogmatico di cui è necessariamente rivestito. Se c’è qualcosa che merita l’accusa di “occultismo” dovrebbe dunque paradossalmente applicarsi proprio all’exoterismo più estremista in ragione del fatto che è proprio il letteralismo ad ingenerare, non di rado e proprio per sua natura, le contraddizioni logiche più assurde nel campo dottrinale ed è del resto proprio su queste debolezze logiche che hanno buon gioco gli pseudofilosofi del materialismo scientifico e della critica dogmatico-religiosa. Ovviamente se l’insegnamento celato dietro le forme espressive, le immagini ed i simboli è uno e identico ovunque, anche la modalità di trasmissione di questo insegnamento può a volte doversi rivestire delle immagini stesse di cui è rivestita la forma tradizionale nella quale l’attività iniziatica ed esoterica si svolge proprio per non entrare in un conflitto che sarebbe comunque sempre e soltanto apparente, con essa; ed anche perchè è dall’esteriore che si parte per penetrare all’interiore cui si può pervenire e non viceversa. Quest’ultima ipotesi che sarebbe allora un procedimento “discendente” equivarrebbe infatti soltanto ad una funzione e pertanto non riguarda più personalmente colui che la svolge essendo presupposto logico che egli già possieda la Conoscenza ma riguarda invece coloro verso i quali l’Opera è compiuta. Soltanto questo può suscitare problemi di linguaggio e la necessità di un adattamento tale che trasferisca lentamente colui che vuole essere guidato, dall’esteriore all’interiore, dalla lettera allo Spirito, dall’immagine alla dottrina, dalla forma espressiva all’insegnamento unico ed universale. E’ esattamente questo il problema e la funzione degli autentici Maestri spirituali che svolgono questa funzione all’interno della loro rispettiva forma tradizionale nella quale si trovano ad operare. Soltanto chi non è strettamente obbligato per un vincolo sociale che può comportare l’accusa di “eresia” o il pericolo della stessa vita (come pur fu il caso di molti Maestri della Tradizione: da Socrate nel mondo greco a Gesù nell’ambito ebraico; da Al Hallaj nell’Islam a Giordano Bruno ed ai Templari nel Cristianesimo, ecc. ecc.) può permettersi di esprimere la pura dottrina completamente libera da ogni rivestimento e collegamento con la forma tradizionale dominante potendo, tuttavia, in ogni momento, dare prova ed evidenza che, quella dottrina non è altro che lo “spirito” di ciò che la forma stessa riveste in immagini i cui significati sono infinitamente più profondi, coerenti ed elevati di quelli che, non già la forma in sé stessa, ma solo il limite di coloro ai quali generalmente essa si rivolge, impedisce loro di penetrare. Questa straordinaria opportunità ha potuto verificarsi attraverso l’Opera di Guénon soltanto in quanto la forma tradizionale dell’Occidente ha perduto da qualche tempo quel potere che si era potuto esercitare sin nelle forme più estreme di persecuzione manifestatisi nell’inquisizione e nei roghi, contro coloro che, per una ragione o per l’altra, cadevano sotto il sospetto o l’accusa di eresia insieme ai veri o presunti praticanti di stregoneria, con ciò colpendo, invece, anche autentiche “vie iniziatiche” come l’Ordine dei Templari e giungendo minacciosamente vicino a quel che rimaneva dell’Ermetismo, dell’Alchimia e degli altri Ordini quali: la “Fede Santa” e i “Fedeli d’Amore” oltre che la stessa “iniziazione cavalleresca” e le “iniziazioni di mestiere” che ancora sopravvivevano in Occidente, nell’ultima fase del Medio Evo. Questa possibilità ha potuto consentire a Guénon di esporre le dottrine tradizionali nel linguaggio della più pura metafisica ed attraverso i puri concetti dottrinali liberi da veli ed immagini che non fossero altro che quelli imposti dai limiti del linguaggio umano, della logica e del concetto mentale.3 Ha potuto permetterselo operando il miracolo di esporre in capitoli di quattro, cinque pagine ciascuno, concetti sepolti da secoli ed avvolti nella confusione più inestricabile. Si pensi alla puntualizzazione e alla chiarificazione dei concetti di “infinito” ed “indefinito”, di “Principio supremo”, di “essere e non essere”, di “io e Sé”, di “Principio e manifestazione”, di “Possibilità totale”, di “creazione e manifestazione”, di “Demiurgo”, di “iniziazione e realizzazione spirituale”, di “salvezza e Liberazione”, di “Realizzazione ascendente e discendente”, di “iniziazione e misticismo”, di “esoterismo ed exoterismo”, di “piccoli misteri e grandi 3 Cogliere i “segni” della “Volontà del Cielo” o di quella che in termini religiosi è definita la “Provvidenza”, permette di comprendere sempre tutto quanto nella storia dell’umanità si è verificato anche di apparentemente “negativo” e “contraddittorio”. E’ evidente che allorchè l’exoterismo si allontana dalla sua Fonte originaria fino a poter diventare ostile ad essa trascinando con ciò sé stesso e la comunità nella quale deve svolgere la sua funzione “salvifica” e subendo una progressiva disfatta in favore delle forze oscure che caratterizzano la “civiltà moderna”, materiale e dissolvente, questo è “un segno dei tempi” che evidenzia lo scadimento intellettuale e spirituale non solo delle guide ma dell’intera umanità. Tuttavia, allorchè ciò consenta il manifestarsi del puro insegnamento dottrinale in tutta la sua potenza intellettuale, questo manifestarsi, se non deve far pensare ad un progresso o ad un miglioramento, deve vedersi tuttavia come il “bilanciamento provvidenziale” il cui scopo è arginare, con i mezzi più adeguati e dunque estremi ed efficaci, l’invadenza ormai dissolvente delle “orde di Gog e Magog”, secondo l’immagine tradizionale. E’ come se, nel massimo grado di caduta nel quale versa ormai l’intera Umanità, si rendesse infine necessario operare quella che è la scelta più estrema: scagliare la Verità, nella sua forma più libera e pura, contro l’errore, nel tentativo, ormai ultimo e finale di salvare i pochi che possono ancora essere salvati e di soccorrere gli ultimi ai quali può e deve ancora essere assicurato un risultato più elevato della semplice “salvezza” fornendo loro gli strumenti necessari. Ecco che l’una cosa non esclude e non contraddice l’altra: nel loro rispettivo piano le due prospettive sono entrambi vere. Vedere solo un aspetto della Verità è proprio quel limite che la Conoscenza, la Sapienza e la Saggezza hanno lo scopo di superare affinché l’essere possa compiere quella “realizzazione spirituale” che deve condurlo dall’ignoranza che lo paralizza nella visione relativa e contingente della realtà, all’Immutabile “Volto di Allah”, alla Realtà permanente ed effettiva, liberandolo dai limiti dell’esistenza condizionata verso l’incondizionato. Misteri”, di “salvezza e Liberazione”, di “psichico e spirituale”, di “molteplicità degli stati dell’essere e di stati superiori dell’essere”, di “Conoscenza teorica e Conoscenza effettiva”; di “iniziazione virtuale e iniziazione effettiva”, di “punto di vista rituale e punto di vista morale”, di “intellettualità e sentimentalità”, di “preghiera e incantazione”, di “Spirito ed intelletto”, di “riti e simboli”, di “influenza spirituale”, di “realizzazione ascendente e discendente”, di “essenza e sostanza”, di “Centro del Mondo”, di “situazione cosmica attuale e civiltà moderna” di “solidificazione del mondo”, di “pseudo-iniziazione e di contro-iniziazione”, di “cicli cosmici, fine del mondo e fine di un mondo”, di “eternità, perennità e immortalità”, di “tempo e durata”, ecc. ecc. Concetti che grandi Maestri del passato a qualunque forma tradizionale siano appartenuti, hanno dovuto impiegare qualcosa come cento, duecento pagine per ogni singolo argomento e per ogni capitolo, ripetendosi spesso attraverso immagini e formule in numerosi attraverso una prudente operazione di “svelamento” e di nuovi “velamenti” ad un tempo. Operazione lenta e prudente, progressiva e saggia di suggerimenti e rassicurazioni, di affermazioni audaci e di “retrocessioni”, almeno apparenti, per non cadere nell’accusa di eresia e rischiare il rogo o la lapidazione quando non era per ubbidire all’ingiunzione tradizionale di non turbare la “fede del semplice credente”. Sul piano operativo questo lavoro di meditazione, questo sforzo di passaggio dall’esteriore all’interiore che gli iniziati del passato dovevano compiere sopra le opere di quei grandi Maestri costituiva ovviamente un lavoro operativo, cioè, una meditazione che, attraverso la concentrazione dell’essere, favoriva il passaggio dalla “conoscenza teorica” e mentale a quella effettiva e realizzativa dove: “Conoscere” coincide esattamente con “essere”. Ciò implicava tuttavia anche un faticoso lavoro di discriminazione tra l’essenziale e il formale, tra l’accessorio e il necessariamente velato, tra ciò che apparteneva alla sfera della “purificazione” e della “devozione” e quello che apparteneva all’essenza della dottrina universale e alla Conoscenza pura. Certamente anche quest’ultimo processo interiore aveva la sua valenza operativa ed era una costante verifica della qualificazione più profonda ma la chiarezza dottrinale e concettuale poteva persino non giungere se non dopo certi gradi della realizzazione effettiva.4 4 Potrà affermarsi che questo ha il suo vantaggio perché, in questo modo, non sorgono le illusioni dell’”orgoglio intellettuale” ivi compreso lo stesso inganno rappresentato proprio dall’“orgoglio intellettuale” che fa ritenere il “viandante” di essere arrivato alla meta per il solo fatto di avere recepito mentalmente certi concetti di vertice della dottrina metafisica ancor prima di aver operato la “purificazione”, vale a dire, il distacco effettivo dagli attaccamenti, dalle passioni, dai limiti e dai vincoli dell’individualità che mantengono, confermano e rafforzano la condizione umana e che, soltanto la rimozione dei quali, può favorire quel più alto grado di Conoscenza, che sola, conduce colui che percorre la Via ad un diverso e superiore stato dell’“essere”. Quest’osservazione può essere vera ma se la “conoscenza teorica” porta in sé questo rischio non è una ragione per doverla ignorare o addirittura rifuggire visto che il suo scopo è proprio il passaggio alla “conoscenza effettiva”, cioè alla realizzazione dei suoi contenuti e di quelle che, se rimangono soltanto “enunciati concettuali” finché l’essere non realizza in sé quei contenuti stessi, restano tuttavia il mezzo più diretto e potente (e del resto forse proprio per questo più rischioso) per operare Che cosa è successo invece, allorché la categoria dei “professori dell’esoterismo” ha avuto l’occasione e la facile opportunità di accostarsi alle varie opere dei grandi Maestri successivamente all’opera di Guénon? Qualcosa che è inevitabile allorché si abbia a che fare, appunto, con “professori” e questo proprio perché certi argomenti ed insegnamenti non sono per professori ma per iniziati (neofiti, se non addirittura per adepti); e perché “iniziati” nel significato autentico del termine non significa essere stati facilmente ammessi a quel che oggi resta di una qualche Turuq (plurale di tariqa) cioè di una via iniziatica.5 B Subdoli attacchi all’Opera di Guénon René Guénon (lo Shaikh Abdel Wahid Yahya) non ha alcun bisogno di essere difeso da chicchessia; la sua Opera è la barriera difensiva più efficace ed imponente verso qualsiasi attacco e mistificazione diretta contro la Sua immagine, e soprattutto, contro la sua Opera quale espressione della Conoscenza metafisica e di un insegnamento universale che è poi ciò che, solo, realmente conta. Infatti, come lui stesso ha sempre precisato, non è la sua individualità che conta ma unicamente la dottrina universale, essendo, soltanto la Verità e i contenuti della Conoscenza tradizionale, le uniche cosa che contano visto che, l’individualità, non è altro che un occasionale supporto strumentale del tutto contingente rispetto alla perennità dei contenuti della dottrine tradizionali. quel rivolgimento dall’esteriore all’interiore, dal virtuale all’effettivo. La “conoscenza teorica e mentale” contiene, infatti, virtualmente la “conoscenza effettiva” della quale è espressione simbolica. Guénon insiste più volte nel precisare che la “conoscenza teorica” con la meditazione sui suoi contenuti è l’unico presupposto e l’unica cosa quasi assolutamente indispensabile, più che soltanto necessaria, nella nostra condizione cosmica attuale, per poter proficuamente aderire e poi percorrere con frutto una Via iniziatica sempre dopo aver ovviamente ricevuto una valida iniziazione; ed essendo, tutto il resto: riti, formule, discipline, regole, obblighi e divieti tradizionali, supporti di ordine più esteriore per quanto importantissimi e necessari. 5 E’ inteso che noi non ce l’abbiamo affatto con i professori come categoria; è quando la loro competenza pretende di portarsi in campi dai quali essi sono esclusi per la natura stessa delle cose che si genera quella maschera grottesca che definiamo “professorini” o “professoroni” perche, cessando di essere autentici professori nel loro ambito, evidenziano allora, almeno a chi può ancora capire il senso reale delle cose, tutto il ridicolo di un atteggiamento che ha dietro di sé soltanto il niente. Ma perchè non si pensi neppure che ce l’abbiamo contro tutti quelli che, con attitudine di indagine seria e qualificata in senso tradizionale, commentano l’Opera di Guénon con il sincero fine di farla veramente conoscere ed apprezzare, diciamo subito che uno studio comparato su Guénon e Ibn Arabi è stato condotto anche nella rivista francese “Science Sacrée” da Max Giraud ma con uno spirito, un’attitudine ed una competenza ben diversa all’esito della cui lettura ne esce un quadro veramente chiarificatore ed eccellente. Questo preliminare è assolutamente vero nella consapevolezza che, gli unici soggetti interessanti, nella prospettiva dottrinale guénoniana sono quelli che possono essere in grado di capire la sua Opera; e che, quelli qualificati a tanto, possiedono, già per ciò stesso, i mezzi e le difese, traendoli dalla loro stessa qualificazione e dall’Opera stessa, per potersi difendere e per poter ad un tempo difendere quest’ultima, da ogni tentativo di confusione, di riduzione e di mistificazione. In questo capitolo tralasceremo anche la serie dei detrattori accaniti, sia quelli interessati in quanto espressione cosciente di una funzione “contro-iniziatica” sia quelli più o meno stimolati da una presunzione che testimonia, secondo i casi, una sinistra deviazione intervenuta durante il percorso della Via o, più comunemente, soltanto un’invincibile ignoranza delle dottrine tradizionali ed una squalificazione assoluta di ordine intellettuale nel significato originario ed autentico del termine. Nel primo caso riteniamo di poter affermare che rientri F. Schuon mentre nel secondo rientrano senz’altro Umberto Eco, l’esimio professore di matematica Umberto Bottazini e qualcun altro. Quando parliamo di squalificazione per la comprensione di argomenti di autentica metafisica tradizionale e della Spiritualità non intendiamo che certi personaggi “non sono baciati dalla fede”, “non sono toccati nel cuoricino dalla grazia divina” o altre espressioni di una certa sentimentale religiosità che in fondo li rendono ancor più orgogliosamente felici; noi intendiamo che è presente in loro un insuperabile limite di intelligenza ed un’impossibilità naturale di attivazione dell’Intelletto universale (l’Intelligenza è la facoltà dell’Intelletto che è l’organo sottile che la consente) che impedisce loro di poter cogliere l’intuizione immediata di un certo ordine di realtà che anche di poco si discosti dalla mera grossolana percezione dei sensi corporei e dal ristretto uso della semplice ragione in tal modo condizionata dal sentimento capaci così di produrre un amplificato effetti di ignoranza delle cause. Ogni tentativo di penetrare oltre questa naturale barriera che costituisce un limite insuperabile è destinato a fallire. Ciò non di meno, trattandosi di soggetti nei quali una certa percezione fa loro presentire che, qualcosa che avvertono di non poter inquadrare in quel poco che è loro accessibile dell’idea di spiritualità, gli sfugge, si suscita in loro una incontenibile rabbia che mascherano dietro il sarcasmo o l’ironia.6 Quanto agli altri, quelli che non la comprendono affatto o che ritengono di 6 Dalle espressioni di scherno verso Guénon di Umberto Eco quando irride il suo rigore logico ed argomentativo con parafrasi quali “il presupposto della supposta è che si prende per via anale...” o significativi “marchi di grottesco” in ciò analoghi, alle “dotte” critiche del matematico Umberto Bottazini secondo il quale “..Guénon ha scritto un libro dal titolo “i principi del calcolo infinitesimale” senza neppure conoscere la materia”, sono tutte significative dell’incomprensione profonda dell’intero campo della metafisica tradizionale e dell’autentica Spiritualità in genere. Quando poi si consideri che il titolo dell’articolo è “Guénon confusione infinita,” riferendosi a Guénon (!) evidentemente con la stessa “colta” sicurezza e superiorità con la quale sarebbe capace di attribuirla anche al Profeta, ai grandi Maestri, ai Sapienti e ai Saggi del Mondo Tradizionale, non resta, se la Misericordia non imponesse sobriamente il contrario, che un sorriso di commiserazione con i quale si giudicano i poveretti. Interessante la risposta in internet di Enzo Iurato all’esimio “professore”, titolata: “La beata ignoranza,” alla quale rimandiamo. Credere che Guénon abbia avuto intenzione di scrivere un libro di matematica infinitesimale è veramente risibile ed è sconcertante scoprire che esista chi ne è pateticamente convinto tanto da

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Fonte universale della Conoscenza pura anche quando, eccezionalmente, possa non Guénon, di Ibn Arabi o di questo o quel Maestro spirituale.
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