Luciano Galassi Salœtame a s(cid:243)reta La dissacrazione di mamme e sorelle nelle espressioni napoletane Copyright ' 2015 Guida Editori www.guidaeditori.it [email protected] Redattore editoriale Beatrice Della Bella [email protected] Progetto grafico e copertina Maria Rosaria Vado [email protected] In copertina Teodoro DuclŁre,Pulcinella Propriet(cid:224) letteraria riservata Guida Editori srl via Bisignano,11 80121 Napoli Finito di stampare nel settembre 2015 da Print Sprint srl per conto della Guida Editori srl con Kair(cid:242)s Edizioni 978-88-6866-125-0 Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del presente volume dietro pagamento alla SIAEdel compenso previsto all(cid:146)art. 68,commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941 n.633. 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Tanto che ci Ł venuto il dubbio se affrontare un simile assunto o ignorarlo, come se il vastissimo giacimento in materia della nostra parlata locale non ci fosse. Abbiamo allora condiviso queste perplessit(cid:224) con l(cid:146)editore, il quale ci ha confortati con una osservazione piana e valida: «Non credo ti deb- ba preoccupare della scurrilit(cid:224) del contenuto del testo concepito: tu sei solo il cronista di un(cid:146)umanit(cid:224) degradata ma innegabilmente esistente... Quindi perchØ nascondere una realt(cid:224) vissuta, da tutti noi, tutti i giorni? Quelle parole e quelle frasi sono parte della nostra vita e hanno spesso una forte valenza evocativa». Ragioni ineccepibili, che ci hanno spronato a completare quest(cid:146)opera nella quale, come nelle precedenti, si riflette a pieno l(cid:146)animo, la fantasia, la genialit(cid:224),la concisione e la fulmineit(cid:224) del pensiero napoletano.Al cor- tese lettore chiediamo di vincere l(cid:146)istintiva e immediata avversione pro- curata dalle parole e dalle frasi che proporremo e di considerarle invece come un altro specchio di ci(cid:242) che siamo, di come siamo: in breve, della nostra (cid:147)napoletanit(cid:224)(cid:148). 5 Luciano Galassi Non a caso all(cid:146)ombra del Vesuvio le parolacce sono dette, s(cid:236), male pa- role,ma anche,sinteticamente e con assolutismo semantico,(cid:146)e parole,qua- si fossero le parole per eccellenza, quelle che, per dirla con Aldo Di Mauro, oltre a contenere (cid:147)una ricchezza di sfumature contenutistiche(cid:148), «sono un(cid:146)esplosione concettuale; sprigionano tutta la loro carica emoti- va;imprimono bonariamente maggior forza al pensiero;sono un assem- blaggio di considerazioni, di riflessioni che le portano a essere esempli- ficative,evidenti(cid:133) Non nascono dal nulla,ma sono la conclusione di un pregresso discorso mentale» e appaiono (cid:147)particolarmente efficaci per chiarire un concetto(cid:148). Un(cid:146)altra osservazione: in questo libro, come in quelli che l(cid:146)hanno pre- ceduto, manca ovviamente il suono delle parole, che nell(cid:146)attimo in cui sono pronunciate assumono risonanze, toni e scansioni che le fanno vi- vere e palpitare come lucertole saettanti giø da un muricciolo di tufo; manca,oseremmo dire,il meglio,ci(cid:242) che innerva il lemma di vita,di iro- nia,di sentimento,di spettacolarit(cid:224),rendendolo personalizzato e dinami- co,significante e assertivo,necessario e irrevocabile.Gi(cid:224) nel 1853 Enrico Cossovich rilev(cid:242) che Ł difficile trovare un dialetto, come quello napole- tano, che, all(cid:146)ascoltarlo, «piø al vivo ne faccia sentire nell(cid:146)animo tutto quello che esprime»;potremmo dire in altri termini che il suono della pa- rola Ł dinamicamente significante rispetto alla stessa parola scritta e stati- camente significata. Voglio dire, paziente lettore, che mai come nelle male parole si avverte la mancanza di un(cid:146)intermediazione orale che faccia apprezzare la creati- vit(cid:224), il sostrato, il contenuto, il fondo basilare dell(cid:146)ideazione linguistica: colta nella muta fissit(cid:224) del testo, essa, specie per la materia del presente elaborato, Ł una creatura che non vibra immediatamente e spesso non riesce a trasmette il meglio di sØ. In proposito ci sovviene quanto scritto nel 1892 da David Silvagni,che giudic(cid:242) la (cid:147)lingua parlata(cid:148)dal popolo na- poletano ricca (cid:147)di sali attici e di epigrammi assai pungenti(cid:148). Una recen- te testimonianza del giornalista Roberto Panetta (marzo del 2014) ci ri- corda che nella trattoria (cid:147)Nennella(cid:148), nei Quartieri Spagnoli, i gestori hanno un particolare stile,quello del «turpiloquio di classe,una raffica di insulti detti talmente con simpatia che Ł impossibile prendersela e non ri- derci su, con il fascino del dialetto napoletano a fare da contorno al tut- to». Piø che mai a Napoli poteva nascere (cid:147)questa geniale idea di creare 6 Salœtame a s(cid:243)reta un posto ad hoc dove regna l(cid:146)insulto(cid:148), articolato in tonalit(cid:224), inflessioni, pause, ipervocalizzazioni tutte partenopee, tutte intrise di quello spirito che solo noi sembriamo possedere. Non va taciuto un altro aspetto: quello della trasgressivit(cid:224) insita nella parolaccia, che Ł un forte catalizzatore delle energie interiori; Ł volgarit(cid:224) v(cid:237)ndice, liberatoria, compensatoria; e anche insolenza provocatoria, come uno sberleffo o - vesuvianamente - come un pernacchio. Non vo- gliamo proprio dire, come propone il sito Pulcinella291, che «nel dialetto napoletano la parolaccia Ł parte integrante del normale dizionario, ed esiste quindi sempre e comunque», ma Ł certo che, da noi, come Ł stato ben detto,«spesso l(cid:146)espressione apparentemente scurrile diventa un friz- zo, una battuta con un linguaggio spontaneo e colorito che manifesta quella praticit(cid:224) espressiva di utilizzo verbale che Ł caratteristica principa- le del bagaglio culturale popolare. Tale spontaneit(cid:224) Ł quindi priva di ini- bizioni ed affida la ricchezza dell(cid:146)espressione non tanto alla scelta del vo- cabolo quanto piuttosto alla sonorit(cid:224), al significato convenzionale e, spesso, al contesto. In questo senso, nel nostro dialetto, la parolaccia, la sconcezza(cid:133) nella maggior parte dei casi prescinde assolutamente dal suo significato letterale o comunque offensivo e - caratteristica frequen- te tra gli appartenenti al medesimo gruppo linguistico-dialettale - assume un senso simbolico comunemente accettato e riconosciuto».Parole scul- toree, da tenere sempre presenti nella lettura di questo testo. Dopo di ci(cid:242), e passando ad altro assunto, precisiamo che l(cid:146)ingiuria, come da corretta definizione, Ł l(cid:146)offesa all(cid:146)onore altrui con atti o parole che arrechino un grave danno morale.Pertanto non possono definirsi in- giurie in senso stretto gli epiteti di scherno e derisione su fattezze o di- fetti fisici,sulla poca disponibilit(cid:224) economica,sul discutibile gusto nel ve- stire, sulla smodata maniera di mangiare, sulle ore eccessive dedicate al sonno o all(cid:146)ozio e cos(cid:236) via, in un(cid:146)infinita variet(cid:224) di denigrazioni che at- tengono a modalit(cid:224) dell(cid:146)esistenza quotidiana e a stili di vita non implican- ti comunque una censura morale. Il vero e proprio oltraggio perci(cid:242) si struttura con parole spregiative che si riferiscono a modelli di comportamento, connotati da un forte di- svalore etico, che minano alla radice la reputazione di una persona: ale- viento(traditore),ammagagnato(sleale),cacasotto(vigliacco),f(cid:224)vuzo(ipocrita), 7 Luciano Galassi mariuolo (ladro), perucchiuso (sordidamente avaro), recuttaro (ruffiano, leno- ne), scurrutto (corrotto), trellØgno (tipo da forca, delinquente) ecc. A Napoli tuttavia si Ł giunti alla sottigliezza di colpire l(cid:146)offeso anche in maniera indiretta, attribuendogli un disonore (reale o immaginario, non importa) attinente alla sfera sessuale delle donne di famiglia a lui piø vicine: la mamma e la sorella. Dire «Tua sorella/tua madre Ł una prosti- tuta», specie in epoche in cui la (cid:147)virtø(cid:148) delle donne era ritenuto un vero e proprio (cid:147)bene(cid:148) sociale, integrava (e costituisce ancor(cid:146)oggi) un(cid:146)offesa ellittica molto piø sanguinosa e pesante di una contumelia diretta: puoi essere, o credi di essere, la persona migliore del mondo, ma tua madre/tua sorella Ł una poco di buono, si macchia di una colpa che per una donna non pu(cid:242) essere peggiore. ¨ stato poi compiuto un passo ulteriore:l(cid:146)utilizzo delle figure di ma- dre e sorella per richiamarne - nelle interiezioni e imprecazioni - le zone erogene come terminali e sigilli di rivalse verbali che tengono l(cid:146)uf- ficio di mortali pugnalate. Come dice Francesco Durante, Ł il fenome- no (cid:147)della grande, misteriosa, accogliente sfera femminile(cid:148) nel (cid:147)robusto orizzonte delle maleparole napoletane(cid:133) Un mondo di sorelle invaria- bilmente da salutare, di mamme da insaponare, e soprattutto di organi sessuali da evocare(cid:148). Si faccia caso alla circostanza che in tali contesti difficilmente viene coinvolta la figura della moglie, che, pur essendo connessa all(cid:146)offeso da un legame strettissimo, non ha con lui alcuna continuatio sanguinis. Pu(cid:242) certamente distruggere l(cid:146)onorabilit(cid:224) del marito con il suo comportamen- to,tanto da fargli piovere addosso espressioni come (cid:147)tiene (cid:146)e corna(cid:148)o (cid:147)mu- gliØreta Ł (cid:146)na z(cid:242)ccola(cid:148),ma difficilmente le zone erogene della donna-moglie sono coinvolte in frasi a dispetto o espressioni ritorsive: questo pare un campo rigorosamente riservato alla madre e alla sorella, perchØ donne dello stesso sangue; talvolta, ma raramente, anche alle zie o alle nonne. Sostanzialmente, le donne appena nominate danno spunto a un am- pio ventaglio di utilizzazioni: a) - con un semplice e secco richiamo,con un rinvio diretto e imme- diato, lapidario: a s(cid:242)reta!, o a m(cid:224)mmeta!, dove la gamma di sottintesi Ł va- sta: accidenti a tua sorella/madre, che Ł una sgualdrinaccia; vallo a dire a tua sorella/madre, che Ł una prostituta; a tua sorella/madre e al suo or- 8 Salœtame a s(cid:243)reta gano sessuale;a tua sorella/madre e al suo deretano;ma vai a fare in c(cid:133) a tua sorella/madre, e cos(cid:236) via; b) - con il richiamo diretto a parti anatomiche ((cid:147)(cid:145)A carci(cid:242)ffola (cid:146)e s(cid:242)re- ta(cid:148), (cid:147)(cid:145)O mazzo e m(cid:224)mmeta(cid:148)), come dire: ci(cid:242) che affermi o ci(cid:242) che fai fini- sce nella vagina di tua sorella/deretano di tua madre, ch(cid:146)Ł una donna pubblica; oppure maledetto il deretano di tua sorella/madre, che Ł lo strumento comportamentale di una donna immonda o prezzolata; c(cid:146)Ł sempre la vagina di tua sorella/madre, ch(cid:146)Ł il ricettacolo di ogni negati- vit(cid:224) e sudiciume morale; c) - con un epiteto che qualifica la stretta congiunta del destinatario ((cid:147)A chillu rinale (cid:146)e s(cid:242)reta(cid:148): a quell(cid:146)orinale di tua sorella; (cid:147)A chella cessa (cid:146)e m(cid:224)mmeta(cid:148): a quel gabinetto di tua madre), come a dire: accidenti a quel- l(cid:146)orinale di tua sorella;la tua azione si deve rivolgere contro quel gabinet- to di tua madre; d) - invitando l(cid:146)interlocutore a consumare, con la consanguinea, un rapporto incestuoso (Dint(cid:146) (cid:146)a fessa (cid:146)e s(cid:242)reta/m(cid:224)mmeta), spesso con l(cid:146)aggra- vante, se cos(cid:236) si pu(cid:242) dire, della sodomia (Va(cid:146) a fa(cid:146) (cid:146)nculo a m(cid:224)mmeta/s(cid:242)re- ta) o della pratica irrumativa (Va a fa(cid:146) (cid:146)mmocca a s(cid:242)reta/m(cid:224)mmeta); e) - enunciando, in maniera esplicita, che la donna di famiglia del de- stinatario Ł dedita a disonorevoli attivit(cid:224) sessuali con terzi (si sottintende per lucro o per dissolutezza di costumi): M(cid:224)mmeta fa dint(cid:146) (cid:146)e pacche (Tua madre pratica il sesso con le natiche), S(cid:242)reta se sciacqua (cid:146)a vocca (Tua sorel- la si sciacqua la bocca: con che cosa, Ł facile immaginare); f) - coinvolgendole a vario titolo nella sfera esistenziale e di interessi del destinatario: a m(cid:224)mmeta,(cid:146)e s(cid:242)reta, tu e m(cid:224)mmeta, cu(cid:146) s(cid:242)reta e cos(cid:236) via. C(cid:146)Ł da notare che, cos(cid:236) come in altri campi, anche nei confronti delle mamme e sorelle altrui,il napoletano,quando vuole offendere,adotta un linguaggio estremistico e barocco,feroce e iperbolico,corrosivo e irrive- rente, come a voler essere certo di compiere senza remissione l(cid:146)opera di distruzione verbale della figura presa di mira.Ci(cid:242) potr(cid:224) sembrare strano, specie per la mamma, se si considera l(cid:146)indole secolarmente riconosciuta ai figli di Partenope: tolleranti, pazienti, fatalisti, tutto sommato genero- si e comprensivi. E allora come si spiega la furia iconoclastica cui spes- so, in materia, si abbandonano con impegno e ingegno? Noi ci siamo data la seguente risposta: nel fondo, il napoletano ha grande, grandissi- 9 Luciano Galassi mo rispetto per la figura della mamma, e anche della sorella, sentendone con l(cid:146)istinto,prima che con la ragione,il ruolo sociale e affettivo che esse rivestono nella famiglia.S(cid:236),ma ci(cid:242) vale per la propriamadre,per la propria sorella(cid:133) Per cui si abbonda in offese e immagini terribili,triviali,demo- litrici, da lanciare in un fuoco di fila devastante e spietato: piø la mam- ma/sorella dell(cid:146)altro viene annullata nell(cid:146)identit(cid:224) e nella dignit(cid:224), piø la mia rifulge a contrario in tutta la sua virtø e integrit(cid:224); piø Ł z(cid:242)ccola, in tutte le sue declinazioni, la mamma/sorella del destinatario, piø santa e inat- taccabile Ł la mia. Peraltro sorelle e mamme, nelle imprecazioni partenopee, sono spes- so legate da un riflesso intimo e connaturato, forte e impulsivo, quasi ineliminabile: si colpisce con una mamma e si replica con una sorella o viceversa; sorelle e mamme, in un ritmo incalzante, vengono avvicenda- te in una spirale di volgarit(cid:224) da togliere il respiro, come fossero l(cid:146)una la faccia dell(cid:146)altra, in un interscambio che di solito si esaurisce solo per stanchezza dei contendenti. Ci(cid:242) ha creato in noi qualche difficolt(cid:224) nella sistematica del presente libro,che non pu(cid:242) ovviamente prescindere da fi- loni tematici di svolgimento, e alla fine abbiamo deciso di separare il la- voro in due ampi capitoli,uno dedicato alla mamma e uno alla sorella:le espressioni in cui compaiono entrambe le abbiamo inserite nell(cid:146)uno o nell(cid:146)altro nella logica dell(cid:146)equilibrio quantitativo fra le due figure. Va inoltre considerato che il piø delle volte,in un solo sintagma,si sus- seguono numerose ingiurie nell(cid:146)intento di arrecare il maggior disdoro possibile alla/e destinataria/e:in tali casi,nella catalogazione delle invet- tive,abbiamo scelto di mettere in maggiore evidenza quella sulla quale si Ł titolato il relativo paragrafo,pur riportando ovviamente tutte le altre in- vettive facenti parte dell(cid:146)espressione richiamata. Ci(cid:242) pu(cid:242) ingenerare, a tratti, qualche leggera disomogeneit(cid:224), che speriamo il cortese lettore vo- glia perdonarci. 10