I LIBRI DI BIBLIA ROMA E LA BIBBIA a cura di Piero Capelli MORCELLIANA --PPaaggiinnee ddii gguuaarrddiiaa..iinndddd 33 1177//0011//1111 0099..1199 © 2011 Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia Prima edizione: ?????????? 2011 In copertina: Frontespizio della Bibbia Reina, Amsterdam 1602 (“Quanto sono dolci al mio palato le tue parole: più del miele alla mia bocca”, Sal 119,103) www.morcelliana.com I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere ef- fettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dell’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS, SLSI e CNA, CONFARTIGIANATO, CASARTIGIA- NI, CLAAI e LEGACOOP il 17 novembre 2005. 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Quel titolo ci sembra adatto an- che a suggerire sinteticamente la rete di rapporti e di interazioni culturali che si distese sul Mediter- raneo orientale durante il dominio romano, tra il i secolo a.e.v. e il iv e.v. In quest’epoca anche la Palestina fu sotto la sovranità di Roma, mentre una diaspora ebraica era diffusa già da secoli per tutto il Mediterraneo ora interamente romano. Quello che chiamiamo per comodità “ebraismo” si confi gurava come «una sottocultura in un più ampio mondo me- diterraneo», secondo la precisa espressione di Seth Schwartz2, e benché si trattasse di un’etnia in cresci- ta demografi ca, è inverosimile che gli ebrei di Pale- stina fossero più di mezzo milione alla vigilia delle 1 A. Momigliano, Saggezza straniera. L’elleismo e altre culture, Einaudi, Torino 1980. 2 S. Schwartz, Imperialism and Jewish Society, 200 B.C.E. to 640 C.E., Princeton University Press, Princeton 2004, p. 3. 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 55 1177//0011//1111 0099..2200 6 Piero Capelli rivolte del i e ii secolo e.v., che decimarono le éli- tes scribali e sacerdotali come anche le masse3. Già da secoli, durante tutta la dominazione persiana e quella ellenistica, questo ebraismo di piccoli nume- ri aveva dovuto necessariamente elaborare modelli di confronto ideale e comportamentale verso poteri stranieri numericamente schiaccianti, per tanti versi lontani nella cultura e nello spirito, spesso politica- mente oppressivi, ma ricchissimi di prestigio e di attrattiva anche al di là della sola forza istituzionale. Questa lunga elaborazione, che aveva raggiunto esi- ti politici anche asperrimi (come durante le guerre maccabaiche del ii secolo a.e.v.), riceveva ora, sot- to la dominazione romana, nuovi impulsi e nuove ragioni, sui quali la minore distanza cronologica ci garantisce una documentazione ancora più ampia. Si discute se la chiave interpretativa più utile per capire il confronto tra Gerusalemme, la dia- spora e Roma sia quella dello «scontro di civiltà», come sembra suggerire il sottotitolo del libro Roma e Gerusalemme di Martin Goodman (2002), o piut- tosto quella della dialettica tra governanti stranieri da una parte e, dall’altra, una variegata popolazione di dominati, divisa tra elementi “collaborazionisti” – anche e soprattutto nel senso delle dinamiche di 3 Vedi le stime (basate sulla capacità di sostentamento fornita dal territorio e sulla densità di popolazione nelle aree urbanizzate) di M. Broshi, The Population of Western Palestine in the Roman-Byzantine Period, in «Bulletin of the Schools of Oriental Research» 236 (1979), pp. 1-10, e G. Hamel, Poverty and Charity in Roman Palestine, First Three Centuries C.E., University of California Press, Berkeley 1990, pp. 137-140 (discussione in Schwartz, Imperialism, cit., pp. 10-12). 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 66 1177//0011//1111 0099..2200 Prefazione 7 acculturazione – ed elementi “integralisti”. Già nel 1937, nel suo Der Gott der Makkabäer, Elias J. Bi- ckerman reinterpretava in questo senso le guerre maccabaiche, attraverso uno scavo documentario a monte della narrazione dei libri deuterocanonici dei Maccabei, tanto idealizzata (e ideologizzata) in sen- so epico-patriottico4. A partire dal lavoro di Bicker- man, anche nel pensare e presentare il confronto tra cultura ebraica e civiltà romana, le categorie su cui lungamente si era fatto affi damento (quelle di “or- todossia”, “deviazione”, “ellenizzazione”, “giudai- smo normativo”, e così via) hanno nel tempo ceduto il passo a quelle, più produttive, di acculturazione, adattamento, assimilazione5. Il quadro dei rappor- ti fra le due culture divenne nel tempo sempre più variegato, nella stessa Palestina ebraica non meno che nella diaspora, soprattutto dopo la repressione delle rivolte antiromane del 70 e del 135. Ne fanno fede, più che le fonti letterarie, alcuni casi archeo- logici spettacolari proprio in quella Galilea spesso ancora descritta come culla e roccaforte del nascente ebraismo rabbinico. Il grandioso mosaico dionisiaco della villa romana di Sefforis e l’edifi cio sacrale di Qasyon, dotato di altare, aquila romana in pietra e dedica in greco all’imperatore Settimio Severo e ai 4 Sull’opera di E.J. Bickerman e sulle tematiche culturali a essa sottese vedi oggi A.I. Baumgarten, Elias Bickerman as a Historian of the Jews. A Twentieth Century Tale, Mohr Siebeck, Tübingen 2010. 5 Cfr. p. es. le considerazioni metodologiche di A. Thomas Kraabel, recensione a J.M.G. Barclay, Jews in the Mediterranean Diaspora from Alexander to Trajan, T. & T. Clark, Edinburgh 1996, in «Journal of Theological Studies» 49 (1998), pp. 724-727: 726. 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 77 1177//0011//1111 0099..2200 8 Piero Capelli suoi fi gli «per voto degli ebrei (ioudaioi)», mostra- no che tra gli ebrei la perdurante consapevolezza di una propria identità separata coesisteva con la piena (ancorché obbligata) partecipazione alla vita religio- sa imperiale romana6. Perché il rabbinismo si affer- masse tra gli ebrei come paradigma di maggioranza, e perché tra Gerusalemme e Roma prendesse defi ni- tivamente piede una logica di contrapposizione etni- co-religiosa, furono necessari lo scorrere di diversi secoli e la cristianizzazione uffi ciale dell’impero. Intorno a questi temi, e a questi problemi meto- dologici, ruota la presente nuova edizione degli atti del convegno di Biblia tenuto a Verbania-Intra dal 31 gennaio al 3 febbraio 2002, riveduta in molti dei saggi che la compongono e ampliata con due nuo- vi contributi di Silvia Castelli e Liliana Rosso Ubi- gli. La successione degli eventi storici è delineata da Jan Alberto Soggin, mentre Günter Stemberger analizza il variegato e spesso confl ittuale panorama dei diversi movimenti ideologici in cui l’ebraismo di Palestina si articolava. Francesca Calabi e Silvia Castelli prendono in esame i casi emblematici di due ebrei come Giuseppe Flavio e Tiberio Giulio Alessandro, che riuscirono a percorrere, per vie e ragioni diverse, carriere di primissimo piano nella società e nell’amministrazione romane. Analizzata così la condizione dell’ebreo nella civiltà romana, principalmente in base alle fonti documentarie, i saggi di Giancarlo Lacerenza e Giancarlo Rinaldi 6 Cfr. Schwartz, Imperialism, cit., pp. 131-134. 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 88 1177//0011//1111 0099..2200 Prefazione 9 sono dedicati alla sua immagine e a quella della sua cultura e delle sue Scritture nelle fonti letterarie ro- mane d’epoca imperiale7. Corrispondentemente, gli altri saggi che compongono il volume sono dedicati all’immagine di Roma e della sua civiltà nella lette- ratura ebraica e protocristiana del periodo: il Nuovo Testamento (Giorgio Jossa), gli scritti apocalittici ebraici e cristiani (Liliana Rosso Ubigli e Piero Ste- fani) e le più tarde fonti rabbiniche (Alberto Mo- she Somekh). Chiude il volume un breve elenco di suggerimenti di letture qualifi cate e recenti, di facile accesso per il lettore italiano. L’intento di questo libro è di esporre le ragioni, le modalità e le circostanze in cui il confronto tra Gerusalemme e Roma sembrò produrre linguaggi comuni, o almeno reciprocamente comprensibili, e possibili interazioni pacifi che; e, dall’altra parte, anche i momenti in cui lo stesso confronto sfociò in attriti violenti. Come già avvertiva Momiglia- no, il mondo ellenistico-romano dell’antichità tar- da fornisce un vastissimo materiale di confronto all’interpretazione della mobile e diffi cile realtà a noi contemporanea. E così in particolare il perio- do della dominazione romana sulla Palestina e sugli ebrei è uno specchio lontano in cui vediamo rifl esse le categorie di imperialismo, fondamentalismo, re- sistenza, confronto, acculturazione, omologazione, 7 Cfr. le osservazioni di G. Lacerenza, recensione ad A. Lewin (cur.), Gli ebrei nell’impero romano. Saggi vari tr. it. Giuntina, Firen- ze 2001, in «Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli» 63 (2003) pp. 249-252: 251. 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 99 1177//0011//1111 0099..2200 10 Piero Capelli assimilazione. Le rifl essioni contenute in questo volume proporranno al lettore una consapevolezza storicamente più avvertita e un uso più adeguato di questa terminologia. Piero Capelli 0011 PPrreeffaazziioonnee..iinndddd 1100 1177//0011//1111 0099..2200 La Palestina sotto i romani, 63 a.C. - 135 d.C. 11 Jan Alberto Soggin LA PALESTINA SOTTO I ROMANI, 63 A.C. - 135 D.C. Nell’anno 63 a.e.v. Pompeo entrava in Giudea da Damasco ove si trovava, dietro invito degli ultimi discendenti della casa regnante asmonea, erede dei Maccabei, i quali nel ii secolo a.e.v. avevano libera- to Israele dal giogo dei Seleucidi di Siria. L’invito gli era stato rivolto al fi ne di dirimere il contenzio- so nato da una guerra civile, fi nita senza vincitori né vinti, per cui i contendenti si erano appellati a Roma. E Pompeo non si fece sfuggire l’occasione. Occupò Gerusalemme dopo un breve assedio, e pe- netrò nel tempio, dove entrò nel luogo santissimo, causando la comprensibile costernazione dei fedeli: il luogo santissimo infatti era accessibile soltanto una volta all’anno, nel giorno dell’espiazione (jom ha-kippurim), quando vi entrava il sommo sacerdo- te (e solo lui), per cui l’atto di Pompeo costituiva una vera e propria profanazione. Tacito (Storie 5,9) esprime, peraltro, tutto il disappunto del condottiero romano – il quale, si vede, pensava di trovarvi chi sa quali statue e altri oggetti di valore – nell’aver con- statato che il tempio era privo di immagini: vacuam sedeni et inania arcana, secondo la descrizione 0022 SSooggggiinn..iinndddd 1111 1177//0011//1111 0099..2200