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realtà argentina e identità ebraica nell'opera narrativa di mario goloboff PDF

271 Pages·2007·1.36 MB·Italian
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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA’ DI BOLOGNA Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne DOTTORATO DI RICERCA IN IBERISTICA Ciclo XIX Esame finale anno 2007 R EALTÀ ARGENTINA E IDENTITÀ EBRAICA ’ M G NELL OPERA NARRATIVA DI ARIO OLOBOFF Tesi dottorale presentata dalla Dott.ssa Elisabetta Noè Relatore: Chiar.mo Prof. Maurizio Fabbri Coordinatore: Chiar.mo Prof. Maurizio Fabbri L-LIN/05 LINGUA E LETTERATURA SPAGNOLA INDICE Premessa p. 5 1.0 Ebrei del Mar Dulce: note storiche sulla presenza ebraica in Argentina 13 1.1 L’epoca coloniale. - 1.2 Il ritorno di Sefarad. - 1.3 Dallo sthetl alla pampa: l’immigrazione ebraica alla fine del XIX secolo. - 1.4 L’impresa colonizzatrice della Jewish Colonization Association. - 1.5 Immigrazione ebraica e società argentina. - 1.6 Gli anni del primo conflitto mondiale e il dopoguerra. - 1.7 Mutamenti nella politica immigratoria argentina dagli anni Venti agli anni Sessanta. - 1.9 Presenze antisemite in Argentina. - 1.10 La Colonia Mauricio: un esempio di colonizzazione agraria. 2.0 Tra utopia e disincanto: il mito del gaucho judío nella narrativa di Alberto Gerchunoff e di Mario Goloboff 77 2.1 L’epopea agricola dei coloni ebrei e la letteratura: Los gaucho judíos di Alberto Gerchunoff. - 2.2 Il mito letterario del gaucho: alcune considerazioni. - 2.3 Sopravvivere al diluvio: l’abbandono del mito della Terra Promessa nella narrativa di Mario Goloboff. 3.0 La dimensione metaforica tra allegoria, enigma e sogno 129 3.1 La prosa lirica di Mario Goloboff. - 3.2 “Ma unica è la mia colomba” (Cantico dei Cantici 6,9): il mondo femminile tra passione amorosa e martirio. - 3.3 Neblís e altre colombe in due racconti de La pasión según San Martín. - 3.4 La “casa de la muerte” in Criador de palomas. - 3.5 I segni della desolazione ne La luna que cae. - 3.6 Il Sognatore di Smith e l’arca di Noè. 4.0 La poetica del silenzio e la presenza della Shoah 191 4.1 “Cerca di ascoltare anche chi tace”. - 4.2 “Nadie te espera in (cid:1)taca”. Il tema dell’esilio nella trilogia di Algarrobos. - 4.3 Il silenzio del corpo torturato: El hijo de Octavio. - 4.4 Enigma e silenzio: la morte delle colombe in Criador de palomas e i “pozos negros” di Algarrobos ne La luna que cae. - 4.5 Il silenzio e lo sguardo. Riconoscere i morti. - 4.6 Il silenzio di Dio. - 4.7 Il silenzio di Dio ad Auschwitz. - 4.8 La Shoah come paradigma del male. - 4.9 La “sacra inutilità” del silenzio. - 4.10 Riparare al male. 5.0 Mario Goloboff: cenni biografici 255 Bibliografia delle opere citate dell’autore 261 Bibliografia delle opere citate 263 Premessa Tra il 1881 e il 1948, oltre quattro milioni di ebrei emigrarono dall’Europa alla ricerca di una terra in cui stabilirsi. Circa 250.000 di loro raggiunsero l’Argentina1. Questo flusso migratorio, particolarmente intenso fino agli anni Trenta del XX secolo, ebbe molteplici conseguenze. Modificò la fisionomia e la distribuzione della diaspora, aggiungendo nuovi orizzonti all’articolata ‘geografia’ delle comunità ebraiche, e nuove problematiche alla loro già complessa e multiforme identità. Contribuì alla trasformazione sociale e politica del paese sudamericano, anche se, rispetto ad altri flussi migratori, l’apporto demografico fu limitato. Arricchì il variegato panorama culturale argentino, sommando agli apporti linguistici e culturali, tipici dei differenti Paesi di origine degli immigrati, elementi peculiari del mondo ebraico. In particolare, per quanto riguarda la cultura, la presenza ebraica nei territori rioplatensi lasciò, fin dagli inizi del XX secolo, un’impronta significativa in diversi ambiti, dal giornalismo al cinema, dal teatro alla musica, persino in un genere così specificamemente argentino come quello del ballo2. E, naturalmente, anche nella letteratura. Ma esiste una letteratura ebraico-argentina? E, più in generale, esiste una letteratura ebraico-latinoamericana? A partire dagli anni Ottanta del XX secolo, sono divenuti sempre più numerosi i saggi e gli articoli dedicati ad autori latinoamericani di origine ebraica e alle loro opere. Nel 1982 fu fondata la Asociación de Estudios Judaicos Latinoamericanos (LAJSA), finalizzata promuovere lo studio dell’ebraismo latino-americano e a integrarlo nell’ambito accademico. Nel 1987, per iniziativa della Asociación Internacional de Escritores Judíos en Lengua Hispana y Portuguesa, uscì il primo numero della rivista letteraria “Noaj”, edita a Gerusalemme. 1 S. Della Pergola, La trasformazione demografica della diaspora ebraica, Torino, Loescher, 1983, pp. 61 e segg. 2 Per quanto riguarda il contributo ebraico al tango, si veda F. Biagini, Il ballo proibito. Storie di ebrei e di tango, Firenze, Le Lettere, 2004. 5 Già ha fatto riflettere, in forma teorica, l’uso di quel ‘trattino’, di quella linea di separazione che divide e al tempo stesso unisce graficamente gli aggettivi ‘ebraico’ e ‘latinoamericano’3. (cid:2) possibile, in altre parole, individuare un oggetto di studio definibile come letteratura ‘ebraico-latinoamericana’? Senza pretendere di dare un contributo a questa discussione, ci si limita a osservare la difficoltà di poter giungere a una definizione teoricamente accettabile. Difficoltà analoghe si possono registrare anche in altri contesti geografici: infatti, quando ci si sofferma ad analizzare i criteri utilizzati in ambito statunitense, tedesco, italiano ecc., per mettere a fuoco ciò che un critico ha chiamato “la differenza ebraica”4, si nota che tali criteri si richiamano solitamente al contenuto o al fattore identitario: si tratta, in entrambi i casi, di prospettive scarsamente efficaci. Senza contare il fatto che la cultura ebraica, pur nella sua specificità, è intimamente intrecciata con la matrice cristiana del pensiero e della cultura occidentali, di cui è elemento fondante. Non può ritenersi sufficiente o significativa la presenza di temi, referenti o personaggi iscrivibili nell’universo culturale ebraico; d’altra parte, stabilire in modo esauriente la natura dell’identità ebraica appare come un compito estremamente complesso. Come ebbe ad affermare il filosofo Vladimir Jankélévitch, all’ebreo è connaturata la propensione a essere ‘altro da sé’, o meglio la contraddizione tra “il desiderio di cancellare la differenza e il desiderio di conservarla”5. La tendenza a valorizzare la differenza deriva anche dal fatto che la presenza ebraica nel mondo è il risultato di un processo peculiare, che non coincide in toto con il fenomeno migratorio: si tratta, infatti, della diaspora di una nazione che, priva fino al 1948 di uno Stato sovrano, ha fondato la propria sopravvivenza culturale non su una realtà territoriale, ma sulla trasmissione della propria identità storica, culturale e religiosa all’interno delle comunità della diaspora. Un processo che si è diversificato nello spazio e nel tempo, in un movimento dialettico tra conservazione e assimilazione. 3A questo riguardo, si vedano le considerazioni di S. Sosnowski, Sobre el inquietante y definitorio guión del escritor judeo-latinoamericano e di L. Senkman, Dos dilemas básicos e Exilio y literatura judía en la Argentina, in Aa.Vv., Pluralismo e identidad. Lo judío en la literatura latinoamericana, Buenos Aires, Milá, 1986. 4 L. De Angelis, «Qualcosa di più intimo». Alcune considerazioni sulla differenza ebraica in letteratura in M.Carlà, L. De Angelis, L’ebraismo nella letteratura italiana del Novecento, Palumbo, Palermo, 1995, pp.9-25. 5 V. Jankélévitch, La coscienza ebraica, Firenze, Giuntina, 1986, p. 13. 6 Nella cultura ebraica si è sempre manifestata una vocazione all’incontro, e la ‘distinzione’ non si è tradotta automaticamente in separatezza e isolamento6. Dunque, pur essendo comprensibile nelle sue motivazioni, risulta abbastanza problematico utilizzare l’espressione ‘letteratura ebraico-latinoamericana’, se non per indicare empiricamente un certo numero di autori e di opere, nelle quali l’identità ebraica assume un ruolo significativo nella dinamica testuale. La creazione di una sorta di genere letterario porrebbe molti più problemi di quanto non riesca a risolverne e, inoltre, separerebbe impropriamente alcuni scrittori dalla nazione d’appartenenza e dalla sua cultura, rinchiudendoli in uno spazio letterario eccessivamente angusto. È comunemente accettato che l’inizio della letteratura ebraico-latinoamericana, e più specificamente, ebraico-argentina, coincida con la pubblicazione, nel 1910, dell’antologia di racconti Los gauchos judíos di Alberto Gerchunoff. All’immagine idilliaca delle colonie ebraiche della pampa, proposta da Gerchunoff, si affianca la narrazione, avente per oggetto vicende fittizie o memorie autobiografiche, dei patimenti sofferti dagli ebrei immigrati. Anche il processo di integrazione nella società criolla venne diversamente tematizzato: la relazione tra identità argentina e identità ebraica, tra il senso civico nei confronti della nuova patria e l’eredità degli avi viene presentato come una convivenza difficile e problematica. Questo conflitto, insieme ai fallimenti degli immigrati della prima generazione, è narrato da autori come Samuel Glusberg, che nel 1924 pubblicò un’antologia di racconti intitolata La levita gris, “cuentos judíos de ambiente porteño”, come recita il sottotitolo; José Rabinovich, operaio nato a Cracovia e immigrato in Argentina nel 1924, che nei suoi racconti, scritti prima in yiddish e poi tradotti in castigliano (si vedano le raccolte Tercera Clase, del 1944 e Los acusados, del 1947), diede voce al dolore degli immigrati, oppressi dal sentimento della fatalità della sconfitta e dalla rassegnazione a un destino che sembra irredimibile; José Chudnovsky, che scrisse due romanzi (Dios era verde e Pueblo Pan, pubblicati rispettivamente nel 1963 e nel 1967) dove narrò la partecipazione della sua famiglia alla colonizzazione ebraica. 6 “Per l’ebreo l’emigrazione è qualcosa d’altro, è diaspora, storicamente e concretamente perenne, ma metafisicamente provvisoria” (S.Campailla, Ebraismo e letteratura, in Q. Principe (ed.), Ebrei e mitteleuropa. Cultura letteratura società, Brescia, Shakespeare and Company, 1984, pp. 24-32). 7 Nella varietà di stili e di strategie narrative, oltre che di esperienze personali, nella tensione tra memoria e oblio, tra alterità e appartenenza, il sentimento della lacerazione della propria identità, e lo sforzo per una sua ricomposizione, sono assunti come nuclei tematici della produzione letteraria. La scrittura diventa anche la ricreazione di un mondo remoto e (spesso) scomparso, nel tentativo di ritrovarne il senso e ristabilire un contatto vivo con esso. Magari per oltrepassare il cerchio delle esperienze famigliari, trasformando la biografia (o la storia) in finzione. Ne è un esempio la tendenza, frequente nella letteratura ebraico-latinoamericana, alla ricostruzione di ‘genealogie’: saghe familiari o, più semplicemente, narrazioni a sfondo autobiografico. Rientrano nel primo tipo le peripezie della famiglia Pechof, narrata con acre ironia dall’argentino Mario Szichman nei suoi tre romanzi, pubblicati tra il 1971 e il 1981 (Los judíos del Mar Dulce, La verdadera crónica falsa e A las 20.25 la Señora entró en la inmortalidad). Lo iato esistente nell’identità argentina dei protagonisti ebrei di questa grottesca saga familiare determina la creazione di una sorta di vaudeville yiddish, come ebbe a notare lo storico Leonardo Senkman, che si chiede se esta deformación hasta la caricatura y el desprecio de los inmigrantes judíos […], ¿acaso no pueden leerse como el revés de la trama de aquellas églogas virgilianas de Gerchunoff que cantaba loas a la integración de los gauchos judíos?7 Nel romanzo Mestizo (1994) di Ricardo Feierstein, la ricostruzione di un albero geneologico familiare, a partire da una vecchia foto di famiglia, si insinua nelle pieghe di un intrigo poliziesco: l’amnesia del protagonista, causata da un incidente, e lo sforzo per ritrovare la propria identità nello studio di uno psichiatra alludono alla dialettica tra oblio e memoria. Il riconoscimento delle proprie origini, respinte come un passato ingombrante o rimosse nel percorso di assimilazione alla società argentina, la necessità di ritrovare luoghi e tempi differenti, a volte anche remoti, si fanno più urgenti quando il presente è cupo e ostile, e l’integrazione si rivela essere più un percorso accidentato che una conquista definitiva. Volgersi al passato acquista un senso particolare quando viene messa in discussione l’identificazione con la storia nazionale e il futuro appare difficile da immaginare. In determinate circostanze, infatti, si scopre di essere divenuti ‘altri’ rispetto al ‘noi’ della collettività nazionale. Se durante la dittatura militare una parte 7 L. Senkman, La identidad judía en la literatura argentina, Buenos Aires, Pardes, 1983, p. 282. 8 della popolazione argentina ha scoperto di essere divenuta straniera e nemica della patria, gli ebrei, tra i perseguitati, hanno visto aggravata questa loro condizione di estraneità. La disposizione del materiale narrativo sotto forma di genealogia o di autobiografia sottolinea come, al di là della presenza di temi e motivi ricorrenti, il rapporto con la memoria rappresenti un filo tenace che attraversa la produzione letteraria degli scrittori ebrei dell’America Latina e, più specificamente, dell’Argentina. Letteratura della memoria e, insieme, letteratura dell’esilio. Quest’ultimo si configura sia come esperienza personale, legata alle vicende politiche del sub- continente sudamericano, sia come reincontro con vicende situate in altri tempi e in altri luoghi. La riappropriazione della diaspora come esperienza intima contribuisce a stabilire uno stretto legame tra memoria individuale e memoria collettiva, tra la propria identità e l’eredità ebraica, nella sua irriducibile molteplicità. Scrive Senkman che Desde el exilio forzoso o voluntario, desconfiados de la historia nacional, perplejos ante un pasado vuelto irreconocible, y sorprendidos de repetir al igual que sus abuelos la experiencia de ser extranjeros, los más talentuosos de estos escritores decidieron acometer la enorme empresa de reconstruir su propio pasado a nivel personal, familiar, étnico y cultural [...]. Fuera de la memoria nacional de la República liberal de los demócratas universalistas o, peor aun, desalojados de la memoria del Estado Católico autoritario y xenófobo, los escritores abandonaron la idea de una sucesión temporal homogénea con el fin de mostrar la inestabilidad, la heterogeneidad y las diferencias del pasado8. Di qui il particolare trattamento del tempo, una volta che la successione lineare della storia si sia interrotta. Il tempo non è più omogeneo (la storia della nazione), le cronologie si scompigliano e la continuità storica viene messa in crisi da “travesías imaginarias por tiempos discontinuos”. Luoghi e tempi diversi si sovrappongono: diaspore ed esili, avvenuti in epoche diverse, si richiamano gli uni con gli altri, mentre negli ‘scomparsi’, la cui sorte grava sulla memoria recente, si possono intravvedere i volti dei ‘sommersi’, delle vittime della Shoah. Molti degli aspetti fin qui ricordati fanno parte della scrittura dell’argentino Mario Goloboff. All’interno della sua produzione letteraria, che ha già ottenuto attenzione e 8 Idem, La nación imaginaria de los escritores judíos latinoamericanos in “Revista Iberoamericana”, 191 (2000), p. 281. Si veda anche S. Sosnowski, Fronteras en las letras judías-latinoamericanas, in “Revista Iberoamericana”, 191 (2000), pp. 263-275. 9 riconoscimenti da parte della critica, sono presi in esami tre romanzi: Criador de palomas, La luna que cae, El soñador de Smith. Essi (che insieme al più recente Comuna verdad costituiscono una sorta di tetralogia, ambientata nel borgo pampeano di Algarrobos) hanno in comune eventi, situazioni e personaggi. I tre romanzi, inoltre, sono legati dalla struttura del Bildungsroman, da non intendersi però come evoluzione lineare nel tempo del personaggio dall’infanzia alla maturità. Il racconto della formazione del protagonista, il Pibe, avviene in forma ellittica, lasciando in ombra numerose parti della sua vita. Vi è, comunque, un percorso evidente che conduce dall’infanzia alla maturità, il cui esito viene lasciato aperto. Infatti, al termine de El soñador de Smith, il Pibe si rimette di nuovo in cammino verso una meta sconosciuta. Non sappiamo come la visita al Sognatore abbia influito su di lui e non vi sono indizi che permettano di immaginare la sua vita futura, le sue decisioni, le sue azioni. Insomma il romanzo (e la trilogia) termina nel segno dell’incompiutezza: se l’esodo non si conclude, è perché c’è sempre un Egitto da cui uscire, un deserto da attraversare, una terra da raggiungere. L’analisi dei romanzi, preceduta da un inquadramento storico del fenomeno dell’immigrazione ebraica in Argentina, si sviluppa in tre direzioni: nel secondo capitolo, si esamina una particolare tipologia di personaggio, il gaucho judío. Inventato da Gerchunoff, rivestì un’importante funzione culturale e ideologica, in quanto attraverso esso prendeva forma l’utopia di un felice e armonioso inserimento degli immigrati ebrei nella società argentina. Oggetto del capitolo successivo sono i principali nuclei metaforici dei romanzi. Si tratta di referenti la cui valenza metaforica viene declinata con differenti strategie letterarie. La metafora, infatti, per complessità, ampiezza e dinamismo, ora tende a divenire allegoria (è il caso delle colombe in Criador de palomas); ora assume una forma più semplice, di estensione più circoscritta e statica, come un’‘immagine fissa’, di cui si esalta il carattere enigmatico (è il caso della pioggia di cenere ne La luna que cae); ora si presenta come narrazione onirica. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato al silenzio, come elemento che configura la poetica dell’autore, sia sul piano estetico, sia su quello etico. Da una parte, infatti, la poetica del silenzio influisce in modo determinante sulle scelte stilistiche e sulla strategia narrativa; dall’altra, sul piano etico, essa è collegata a quello che è un 10

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del escritor judeo-latinoamericano e di L. Senkman, Dos dilemas básicos e Exilio y literatura judía en la . 7 L. Senkman, La identidad judía en la literatura argentina, Buenos Aires, Pardes, 1983, p. 282. ebrei passaporti in regola e certificati di buona condotta da parte della polizia del paes
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