• • • SCIENZA I E D E E J ean-Pierre Changeux Ragione e piacere Dalla scienza all'arte ~ Raffaello Cortina Editore Titolo originale Raison et plaisir © 1994, Éditions OdileJacob, Paris Traduzione di Vittorio Beonio-Brocchieri Fotocomposizione Nuovo Gruppo Grafico -Milano ISBN 88-7078-337-5 © 1995 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 1995 INDICE Prefazione 1 Introduzione: Arte e neuroscienza 7 Parte prima Ragione e piacere 17 1. Ragione e piacere 19 2. La rappresentazione delle rappresentazioni mentali 57 Parte seconda Lo sguardo del collezionista 63 3. Lo sguardo del collezionista 65 4. Il reale e il sacro 85 5. Il caso e la necessità 87 6. A proposito di un quadro attribuito a Ja cques de Bellange 91 Parte terza Dalla scienza all'arte 97 7. Il nervo dell'arte 99 8. Dalla scienza all'arte 109 Conclusione: Il patrimonio artistico in pericolo 159 Note 169 V1I PREFAZIONE La scienza non si identifica con la ragione, né l'arte con il piacere; d'altra parte, non vi è scienza senza piacere né arte senza ragione. È una giustificazione sufficiente per il titolo di un libro che si occupa a un tempo di arte - in particolare di pittura - e del cervello, questo "organo dell'anima", "custode del pensiero e dell'intelligenza" e sede delle nostre passioni?1 Scienza e arte vengono spesso contrapposte. Fino a non molto tempo fa, sarebbe apparso un sacrilegio solo immagi nare che gli ineffabili misteri del bello e della creazione artisti ca potessero costituire l'oggetto di un'indagine scientifica. Nel corso degli ultimi decenni, però, le nostre conoscenze sul cervello dell'uomo e sulle sue funzioni cognitive sono progre dite in modo spettacolare. Il momento di proporre una qual che "spiegazione" scientifica del problema estetico non è an cora giunto, ma credo sia ormai legittimo discuterne, far ca dere quelle barriere che ostacolano il dibattito, esaminare la natura dei legami che uniscono la scienza all'arte. Non si vuo le effettuare una inutile "decostruzione", né invocare le im perscrutabili nebbie dell'essere, ma tentare, a partire dalle no stre ancora frammentarie conoscenze sul cervello, una pru dente e saggia "ricostruzione" delle modalità della creazione e della contemplazione dell'opera d'arte. Al punto attuale delle nostre conoscenze, qualsiasi riflessione di questa natura dovrebbe essere considerata un'ipotesi di lavoro per una ri cerca in corso, più che un punto d'arrivo. Il significato delle parole non ha né la precisione né l'im- 1 PREFAZIONE manenza delle Idee platoniche. Come la nostra conoscenza del mondo, le parole sono in continua evoluzione. Questo è vero anche per il significato del termine "comprendere". Nel latino classico comprehendere significa" afferrare", in senso fi sico, anche con la connotazione più violenta di "agguantare" .2 Nel corso del Medioevo questo significato sfuma progressiva mente in quello di "concepire", afferrare intellettualmente, "cogliere, scegliere, radunare". Potrei dire che la genesi in gran parte autobiografica di queste mie riflessioni ha ripercor so un cammino evolutivo analogo. La mia preparazione di biologo molecolare non mi predi sponeva alla riflessione sull'arte. La scomposizione dei mecca nismi elementari della vita cellulare, foss' anche di quelli delle cellule nervose, sembra a prima vista qualcosa di molto di stante dal piacere che ci procura la contemplazione dei Ciechi di Gerico di Poussin o della Danza di Matisse. È pur vero che molti scienziati, matematici e biologi, sentono il bisogno di riservare, accanto alla loro attività professionale, uno spazio della vita all'arte. Questa esperienza dell'arte rimane però qualcosa di estraneo alla quotidianità dell'attività di ricerca; è una pausa, una distrazione, un arricchimento umano ... in bre ve, un complemento di felicità. I due ambiti della vita dello scienziato rimangono così dissociati, salvo per il fatto che en trambe queste esperienze hanno luogo nel suo cervello. Nel corso del tempo da biologo molecolare sono diventato neurobiologo e mi sono legittimamente interrogato sulle mie stesse funzioni cerebrali, dedicandomi al "libero esame" degli "stati mentali" in cui mi trovo in quanto amatore d'arte. "L' af ferrare" si trasforma nel "cogliere", in una sorta di riflessione globale, anche se è ancora prematuro parlare di una compren sione di una cosa, l'arte, attraverso l'altra, la scienza. Il bambino scopre il mondo attraverso l'immediatezza di uno sguardo animato dal desiderio insaziabile di vedere, ordi nare e comprendere tutto. Sceglie, raduna, si appropria, in breve colleziona. Il dizionario illustrato è lo strumento che per un certo tempo soddisfa la sua bulimia di immagini e di oggetti di esperienza. Ma accedere a un significato non è la 2 PREFAZIONE stessa cosa che conquistarlo. Colui che possiede prova sem pre il bisogno di dimostrare, innanzitutto a coloro che gli so no vicini, la pertinenza delle scelte che gli sono costate tanta fatica. La collezione di francobolli, di figurine o di altre infini te cose, offre all'adolescente il mezzo per realizzare questo bi sogno di dimostrazione. Presto egli si rende conto, però, che il mondo della filatelia è un universo immobile, molto meno ricco di sorprese e misteri del mondo vivente e così, verso gli undici anni, passa dalla collezione di francobolli a quella di insetti. La cattura di un esemplare raro e ambito - una mosca, una vespa o un calabrone - richiede un'esplorazione paziente: l'abilità fisica fa parte del gioco (dobbiamo forse riconoscer vi la manifestazione di un primordiale istinto di caccia?). Tut tavia, lo scopo principale resta l'identificazione dell'animale ormai infilato sullo spillo. L'esame attento e sistematico delle omologie e delle differenze morfologiche rispetto ad altri esemplari già catturati (o descritti dalla letteratura specializ zata) conduce finalmente, dopo molte esitazioni, all' attribu zione del nome latino del genere e della specie. L'etichetta su cui viene riportato il nome "dà un senso" all'esemplare e lo distingue dalla folla degli incertae sedis, lo colloca in un grup po zoologico e, dettaglio importante, permette di apprezzar ne la rarità. Nomina si nescis perit et cognitio rerum, scriveva Linneo nel suo Systema naturae. La collezione è dunque uno strumento di conoscenza. Attribuire con precisione un nome all'esemplare catturato non esaurisce però la felicità del colle zionista. Al di là del nome, c'è il fascino esercitato dalle ele ganti proporzioni del corpo, dall'aspetto marezzato dei suoi occhi composti, dai riflessi metallici del corsaletto vellutato, dall'architettura "fiammeggiante" delle nervature alari. L'ani male ha una sua indubbia bellezza; ha esercitato un vero e proprio "potere estetico" sull'adolescente che ero. Malgrado l'attrazione per le "armonie naturali" del mondo vivente, quest'adolescente, diventato nel frattempo studente universitario, non poteva più accontentarsi di una visione es senzialistica così primitiva. La nascente biologia molecolare e l'eccezionale intelligenza del suo maestro Jacques Monod lo 3 PREFAZIONE spingevano a rifiutare un approccio troppo globale e necessa riamente vago, a favore di meccanismi elementari dotati di maggior potere esplicativo. Con convinzione egli rinuncia quindi al prodigioso repertorio d'immagini offerte dalla va rietà del mondo vivente. La collezione d'arte riempie presto questo vuoto, portandogli nuovi significati ed emozioni. Qualche icona russa o greca, acquistata durante i viaggi nei paesi mediterranei, qualche litografia e anche alcune tele con temporanee costituiscono il primo nucleo, ancora informe, della collezione. Questa prenderà veramente il via solo grazie alla scoperta, abbastanza sorprendente, che il mercato dell' ar te consentiva anche a chi non aveva grandi disponibilità eco nomiche l'acquisto di quadri di buona qualità, spesso anoni mi, dei secoli XVII e XVIII. Bisognava però saper apprezzare questa pittura di soggetto storico, oggi poco considerata, ma che nel XVII secolo si situava al vertice della gerarchia dei ge neri pittorici. Come diceva allora Félibien,3 il "paesaggio" è al di sopra "dei frutti, dei fiori e delle conchiglie", gli "animali vivi" al di sopra delle "cose morte e senza moto" e la "figura umana", "l'opera più perfetta di Dio sulla terra", ancora più in alto. Tuttavia, "il pittore che si dedica solo ai ritratti non ha ancora raggiunto l'alta perfezione dell'Arte [ ... ]. Occorre pas sare dalla figura isolata alla raffigurazione di un complesso di figure; bisogna trattare la storia e la favola, bisogna saper rap presentare le grandi azioni, come fanno gli Storici, o i soggetti gradevoli come fanno i Poeti; e, salendo ancora più in alto, bi sogna saper celare col velo della favola le virtù dei grandi uo mini e i misteri più alti in composizioni allegoriche". Come scrive Antoine Schnapper4 in un ammirevole studio dedicato al pittore Jean Jouvenet, questa pittura, essenzialmente reli giosa, è "il vero contraltare delle grandi opere dell'ultimo Ra cine, Esther o Athalie", ovvero ciò che vi è di più lontano dal petit gout, tanto amato dai Goncourt e dalla borghesia parigi na. Questa pittura è caratterizzata da "effetti semplici e com moventi, fondati su un 'ordine pittorico' ben calcolato, una composizione ordinata sottolineata dai gesti dei personaggi e dalla direzione dei loro sguardi". In equilibrio tra la rappre- 4