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Questo amore. Il sentimento misterioso che muove il mondo PDF

202 Pages·2011·1.1 MB·Italian
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Il libro «Vorrei aver scritto questo libro molto tempo prima. Avrei imparato a conoscere meglio gli uomini, le donne (soprattutto) e la vita.» Con questo incipit un sorprendente Bruno Vespa avverte il lettore di aver lasciato la crudezza dei fatti per avventurarsi nell‟affascinante e insidioso labirinto dei sentimenti. Questo amore è un libro molto diverso dai suoi precedenti best seller. Ma è anche il libro destinato, più di ogni altro, a penetrare nell‟animo del lettore e della lettrice. Perché parla di un sentimento che ciascuno di noi ha incontrato almeno una volta nella vita, venendone rapito o deluso, stregato o tormentato. Attraverso le persone che Vespa ha intervistato e le storie che racconta, emerge un ritratto inedito e singolare della società italiana. Ci sono gli adolescenti con le loro sempre più precoci esperienze sessuali e le ragazze ormai nel ruolo di dominatrici. I ricordi del primo batticuore di attrici smaliziate e di politici noti per la loro durezza, che affidano a queste pagine il saluto a una ragazza amata in gioventù. La crisi esistenziale dei trentenni, sentimentalmente sempre più incerti, e lo scalpitare delle loro coetanee che, affermatesi sul lavoro, vogliono un figlio a tutti i costi. E poi, le gelosie che portano le donne a controllare sms e mail dei loro compagni, scoprendone spesso i tradimenti che ricambiano con la stessa moneta. Il desiderio di tenerezza (insoddisfatto) di tante donne che dal partner non vogliono mazzi di fiori, ma che si accorga del cambio di pettinatura. La nuova sessualità delle cinquantenni e delle sessantenni e l‟esplosione ormonale degli uomini anziani, grazie a pasticche miracolose il cui uso però è bene tacere. Le storie straordinarie di mamme che fanno l‟impossibile per i figli e di padri separati in miseria. Le confidenze di personaggi famosi dello spettacolo che svelano i retroscena dei loro celebri amori. E quelle, raccolte in carcere, di Olindo e Rosa Romano, condannati all‟ergastolo per la strage di Erba, che si amano teneramente dal primo incontro e sognano una cella matrimoniale. Un capitolo racconta gli amori gay, un altro il sempre più affollato mondo degli scambi di coppia: secondo gli interessati, il migliore antidoto all‟infedeltà… In quello su amore e politica, Vespa si chiede perché la magistratura – dopo aver fallito i suoi molti attacchi a Berlusconi accusandolo di tutto, dalla corruzione alle stragi mafiose – è riuscita a metterlo all‟angolo frugando nella sua più intima debolezza: le donne. E, per finire, l‟«amore di Dio»: che cosa resta oggi dell‟esempio di san Francesco? Perché i missionari religiosi e laici che l‟autore ha incontrato in Kenya hanno rinunciato a ogni benessere materiale riversando sugli ultimi della terra la loro dedizione al Signore? Un libro, insomma, in cui ciascuno di noi può trovare una parte di sé. L’autore Bruno Vespa ha cominciato a sedici anni il mestiere di giornalista e a diciotto le collaborazioni con la Rai. Laureatosi in giurisprudenza, nel 1968 si è classificato al primo posto in un concorso nazionale per radiotelecronisti ed è stato assegnato al telegiornale. Dal 1990 al 1993 ha diretto il Tg1. Dal 1996 la sua trasmissione «Porta a porta» è il programma di politica, attualità e costume più seguito. Per la prima volta nella storia, vi è intervenuto un papa, Giovanni Paolo II, con una telefonata in diretta. Tra i premi più prestigiosi, ha vinto il Bancarella (2004), per due volte il Saint-Vincent per la televisione (1979 e 2000) e nel 2011 quello alla carriera; nello stesso anno ha vinto l‟Estense per il giornalismo. Da Mondadori ha pubblicato: Telecamera con vista (1993), Il cambio (1994), Il duello (1995), La svolta (1996), La sfida (1997), La corsa (1998), Dieci anni che hanno sconvolto l’Italia. 1989-2000 (1999), Scontro finale (2000), La scossa (2001), Rai, la grande guerra (2002), La Grande Muraglia (2002), Il Cavaliere e il Professore (2003), Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi (2004), Vincitori e vinti (2005), L’Italia spezzata (2006), L’amore e il potere (2007), Viaggio in un’Italia diversa (2008), Donne di cuori (2009), Nel segno del Cavaliere (2010) e Il cuore e la spada (2010). Bruno Vespa QUESTO AMORE Il sentimento misterioso che muove il mondo SPECIAL_IMAGE-mondadori_logotipo.svg-REPLACE_ME Premessa Vorrei aver scritto questo libro molto tempo prima. Avrei imparato a conoscere meglio gli uomini, le donne (soprattutto loro), e la vita. Finora mi ero sempre occupato di fatti. Fatti di ogni genere: storia, cronaca, costume, politica. Per la prima volta mi occupo di sentimenti. Ho frugato nell‟animo umano e ho scoperto un mondo che conoscevo solo in parte. Il mondo dell‟amore. Adesso, quando vedo persone che passeggiano, lavorano, guidano, aspettano l‟autobus, entrano in un cinema, in un teatro o a scuola, una donna splendida o dimessa, una ragazza in fiore, un uomo giovane o anziano, un manager o un mendicante, mi chiedo se abbiano conosciuto – e come e quando e quante volte – l‟esaltazione e i tormenti dell‟amore. Già, quale amore? Come ho potuto essere così imprudente da avventurarmi nell‟analisi e nel racconto di un sentimento che condiziona da sempre la vita dell‟uomo e che ha ispirato scrittori, pittori, musicisti di ogni epoca e di ogni civiltà? Lo stimolo a parlarne è venuto dall‟evidenza di un grande equivoco. La parola «amore» è la più ambigua e violentata del vocabolario. Dice Voltaire nel suo Dizionario filosofico: «Vi sono tante qualità d‟amore che non si sa a quale ricorrere per la definizione. Si suol chiamare audacemente “amore” un‟esaltazione di pochi giorni, una relazione senza affezione, un sentimento privo di stima, le cerimonie dei cicisbei, un‟arida consuetudine, una fantasia romanzesca, un capriccio del gusto seguito da un pronto disgusto: si suol dare questo nome a mille chimere». Hanno pronunciato la parola «amore», in ogni lingua e in ogni epoca, miliardi di donne all‟apice della tenerezza, del piacere e della menzogna. Ma l‟ha pronunciata pure santa Teresa nel tormento – cerebrale, ma anche fisico e sensuale – dell‟estasi divina. Dunque? Ho sentito parlare di amore con sorprendente diffidenza i giovanissimi, che quasi schivano la parola per non restarne prigionieri, e con sorprendente leggerezza le ragazze, che chiamano così al telefono Silvio Berlusconi (magari solo dopo il primo incontro) e, invertendo la tendenza storica, sono diventate le protagoniste dell‟approccio; le coppie anziane, che hanno costruito sull‟amore la loro esistenza; le donne, che lo inseguono sempre senza trovarlo mai; gli uomini, che lo promettono per ricevere piacere; gli «scambisti», che si giurano amore sfiorando un piede del partner abituale mentre fanno sesso con quello occasionale; Olindo e Rosa Romano, che si amano teneramente dal primo incontro, ma non hanno esitato a compiere una strage tremenda per i motivi più futili e ora la negano perché non è coerente con la vita che hanno vissuto; i missionari, che hanno fatto della parola «amore» la pietra miliare della loro vita e che per amore di Dio, attraverso il prossimo, hanno rinunciato a ogni benessere materiale. Ho cercato, poi, di capire perché la magistratura – dopo aver fallito i suoi molti attacchi a Berlusconi accusandolo di tutto, dalla corruzione alle stragi mafiose – è riuscita a metterlo all‟angolo frugando invece nella sua più intima debolezza: le donne. Ho parlato con persone comuni, gente dello spettacolo, leader politici. E mi ha sorpreso che nessuno di questi ultimi si sia rifiutato di rispondere alle domande sul loro primo amore: tutti, a distanza di decenni, ricordano benissimo nome, luogo e circostanze dell‟incontro. Confermando che, sotto la cinica corazza di chi ne ha dovuto far tante per sopravvivere, ci sono uomini che hanno sofferto, amato, vinto e perduto nei sentimenti, come chiunque. Così, il cronista abituato alla cruda semplicità dei fatti ha dovuto frugare nell‟affascinante e insidioso labirinto dell‟animo umano. E se il libro s‟intitola Questo amore, è perché ciascuno è diverso dagli altri e ognuno di noi – ricco o povero, bello o brutto, giovane o vecchio – custodisce dentro di sé un patrimonio che nessuno potrà mai rubargli. B.V. Roma, 25 ottobre 2011 Questo amore A chi mi vuole bene. A chi ho deluso qualche volta. A chi mi sopporta. Con amore. I Primo amore I ragazzi Il primo bacio, la prima volta «Mamma, non ce la faccio!» Gianni entrò ansimante nello studio dove la madre stava lavorando. Aveva portato in casa la sua ragazza per la prima volta. O meglio, ce l‟aveva già portata, ma quel pomeriggio, dopo la scuola, era la prima volta che vi erano entrati decisi a lasciarsi andare fino in fondo, ad avere, insomma, un rapporto completo. Al momento clou, però, lui aveva avuto una crisi di panico. A 17 anni, Gianni era ormai un ragazzo esperto: molti flirt con amiche e compagne di scuola, sesso frequente e, se non aveva spinto per concludere, era perché le sue conquiste erano ancora troppo giovani e lui stesso non se la sentiva di impegnarsi seriamente. Ma adesso che Luisa, tra i 15 e i 16 anni, aveva deciso di non restare indietro rispetto alle sue coetanee, ecco la crisi. Gianni sapeva che la mamma era in casa, ma l‟appartamento ai Parioli era grande e non c‟era il rischio di incontri imbarazzanti. «Vado un momento di là» disse alla ragazza, dissimulando al meglio il suo dramma, sicuro che la madre gli sarebbe stata ancora una volta d‟aiuto. Si era premurata per tempo di impartire ai due figli maschi approfondite lezioni di educazione sessuale, dalle quali il padre si era invece sempre tenuto accuratamente lontano. Gli aveva insegnato che cosa una donna si aspetta da un uomo: dolcezza, partecipazione, comprensione. Ed era andata anche oltre, spiegando quel che, a suo avviso, una ragazza desidera fisicamente da un ragazzo per essere felice. I venticinque anni di differenza tra madre e figli non contavano: le regole del gioco sono immutabili. Gianni, quindi, conosceva perfettamente ogni dettaglio, ma al momento di dimostrarlo era entrato in crisi, qualcosa di paragonabile ai vuoti di memoria all‟esame di maturità, che il ragazzo viveva già come un incubo, pur dovendolo sostenere l‟anno successivo. La mamma lo tranquillizzò, gli spiegò che inconvenienti del genere sono frequenti, gli consigliò di essere dolce e rilassato, e poi la natura avrebbe provveduto al resto. Gianni tornò di là, e tutto andò per il meglio. Ma le testimonianze che ho raccolto tra i giovanissimi sono diverse. «Tutte le mie compagne hanno fatto l‟amore tra i 14 e i 15 anni, e già a 12 hanno avuto le prime esperienze sessuali» mi dice Caterina, 15 anni, che frequenta la quinta ginnasio in un liceo di Roma. È una bella ragazza con gli occhi castani, la pelle chiara, i capelli lunghi, i jeans attillati come tutte le sue compagne. La incontro in compagnia del suo ragazzo, Andrea, 17 anni, seconda liceo classico, stesso istituto, alto, viso affilato e simpatico, sguardo ancora adolescente. Hanno fatto l‟amore dopo cinque mesi che stavano insieme, senza sapere che la media italiana delle donne fra i 23 e i 28 anni aspetta otto mesi di – come chiamarlo? – «fidanzamento» prima di arrivare al rapporto completo, mentre i maschi di pari età in genere concludono dopo cinque mesi. Ma anche qui, tra i giovanissimi, le cose vanno più in fretta. Caterina ha baciato per la prima volta un ragazzo tra la prima e la seconda media. «Lui aveva un anno più di me, era d‟estate, ero piccola e le occasioni per uscire erano poche. Però, avevo puntato quel ragazzo da tempo e, quando sono riuscita a raggiungere l‟obiettivo, ero felice…» Tra gli 11 e i 17 anni, Andrea ha avuto sei o sette altre piccole storie, durate da una settimana a due mesi. I rapporti sentimentali dei ragazzi sono come quelli del ghiozzo pigmeo, un pesciolino della barriera corallina australiana che resta in vita solo due mesi e in sessanta giorni deve fare tutto. Anche Caterina ha avuto le sue storielle, prima di viverne una importante a 14 anni: undici mesi! Poi lui l‟ha lasciata per un‟altra. Ho scoperto che le relazioni dei ragazzi passano per almeno tre stadi: il primo è quello di «affezionarsi», il secondo di «volersi bene», solo il terzo è di «amarsi». «Io mi ero affezionata a lui» mi dice Caterina parlando del grande amore ormai finito «molto più di quanto lui non si fosse affezionato a me. Se abbiamo fatto sesso, è perché pensavo che lui si sarebbe legato di più a me.» I lucchetti dell’amore a Ponte Milvio Quando chiedo ad Andrea e Caterina se abbiano appeso un loro lucchetto dell‟amore alla catena di Ponte Milvio, lui mi guarda dall‟alto in basso: «Alla mia età? Ma quelli sono ragazzetti mitomani…». Lei confessa, invece, di avere il suo lucchetto, ma firmato con un‟amica venuta da fuori, che voleva vedere il ponte degli innamorati. Un ponte, peraltro, carico di storia – Costantino vi sconfisse Massenzio nel 312 dopo aver visto in sogno la croce di Cristo (In hoc signo vinces); Garibaldi ne fece saltare i piloni nel 1849 per rallentare il fatale arrivo dei francesi che avrebbero abbattuto la fragile Repubblica romana – ma diventato famoso soprattutto da quando, nel 2007, Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti nel film Ho voglia di te, tratto dall‟omonimo romanzo di Federico Moccia, scrivono i loro nomi su un lucchetto, lo sigillano con una frase d‟amore e gettano le chiavi nel Tevere. Qualcuno sostiene che l‟idea non è nuova e chiama a testimone Benvenuto Cellini, incatenato da lucchetti amorosi sul Ponte Vecchio di Firenze ben prima che Moccia scrivesse il suo romanzo. Ma da tempo il comune fiorentino, dopo aver rimosso i vecchi lucchetti, ha proibito di metterne di nuovi e ha chiesto agli orafi di Ponte Vecchio di dare ai giovani innamorati l‟indicazione di agganciare i loro lucchetti a una catena davanti agli Uffizi. Moccia, in ogni caso, respinge con forza l‟accusa di plagio. «Io sono partito» mi dice «da un‟antica leggenda romana che parla di una statua di Venere sull‟Aventino dove andavano gli innamorati. Sapevo, poi, che a Trieste alla fine della guerra i soldati, per festeggiare il ritorno a casa, appendevano a una grata di confine i lucchetti che servivano per chiudere gli zaini e gettavano la chiave. Roma non aveva un punto di ritrovo per gli innamorati.» Alla Fontana di Trevi si gettano monete per tornare nella Città Eterna. Qualcuno va alla Bocca della Verità, il mascherone del I secolo dove si vuole che chi infila la mano tra le labbra di marmo, giurando al partner una fedeltà inesistente, si ritrova con la mano mozzata. («Non vi costringerò a sposarmi davvero. Non abbiate quell‟aria» dice Audrey Hepburn a Gregory Peck in Vacanze romane, prima che lui infili la mano nella Bocca simulando poi un‟amputazione.) «Per costruire una leggenda d‟amore» continua Moccia «ho pensato ai lucchetti mentre scrivevo Ho voglia di te.» Il giorno prima della pubblicazione, una mano maliziosa andò a collocare il primo lucchetto a Ponte Milvio perché, con il secondo, già si parlasse di una moda. All‟inizio, suggeriva lo stesso scrittore, per rendere eterno l‟amore bisognava lucchettare il terzo lampione a sinistra, venendo dal piazzale di Ponte Milvio. Prima che nel 2007 la moda esplodesse con l‟uscita del film, una banda di nomadi aveva provveduto a ripulire il lampione dai primi seicento lucchetti per vendere il metallo a peso. I lucchetti furono recuperati dalla polizia, e questo contribuì a lanciare ancora di più il fenomeno. Ma il povero lampione, appesantito di nuovo da tanto ferro e da tanto sentimento, cedette di schianto. Il comune di Roma corse ai ripari e mise a disposizione degli innamorati ben sette catene, pronte ad accogliere ciascuna centinaia di lucchetti: tre su ogni spalletta del ponte e la settima a chiuderne un accesso. Nel film, al momento di giurarsi eterno amore gettando dal ponte nel Tevere le chiavi del lucchetto, il personaggio interpretato da Scamarcio ha 22 anni e quello della Chiatti 19. Ma la moda – esportata ormai da Ponte Milvio al Ponte di Rialto a Venezia, da Parigi a San Pietroburgo, da Madrid a Vilnius, alla Grande Muraglia cinese – è diventata trasversale per età, nazione, sesso. A Parigi, i ponti con i lucchetti sono addirittura tre. Il Pont des Arts, vicino al Louvre, ha subìto una misteriosa razzia notturna di lucchetti di cui furono seriamente sospettati il comune e la polizia, e da allora i giovani di mezzo mondo si sono riversati sul Ponte dell‟Arcivescovado, che attraversa la Senna tra la Rive Gauche e i giardini di Notre-Dame. Una passeggiata di sabato pomeriggio a Ponte Milvio (a pochi passi da un palazzo dove, oltre quarant‟anni fa, feci il concorso che mi avrebbe portato in Rai) è rivelatrice di un mondo di sognatori che, nonostante la moda dei lucchetti sia oggi meno travolgente, continua a credere nella favola. Più che al Ponte Vecchio di Firenze e al veneziano Ponte di Rialto, da secoli ingombri di botteghe, Ponte Milvio assomiglia semmai, per la forma architettonica e la struttura dei lampioni, al Ponte Carlo di Praga, ieri testimone delle lugubri passeggiate notturne di Franz Kafka e dei misteriosi alchimisti della «città d‟oro», oggi luogo di romanticissime soste di giovani (e non solo) di tutto il mondo. Ma se il Ponte Carlo è gremito di venditori degli oggetti più svariati e di musicisti di strada di buon livello, Ponte Milvio è splendidamente sgombro. Delle due sole minuscole bancarelle tenute da extracomunitari, una offre occhiali similgriffati e l‟altra, ovviamente, lucchetti. Ne ho contati di cinque tipi e altrettanti prezzi: 10 euro il più grande, 3 il più piccolo. «A seconda dell‟intensità del sentimento…» commenta perfido Moccia. (A Parigi il prezzo oscilla fra i 3 e i 5 euro.) L‟uomo dei lucchetti vende anche pennarelli e mi dice di smerciarne non meno di cinque al giorno, nei periodi di magra. Una coppia di bei ragazzi venuti da Milano «a curiosare», precisano, ci pensa un po‟ e poi decide di non comprare il lucchetto. Perché? «Il nostro amore va oltre» e non arrugginisce come i lucchetti. Tutti i lucchetti portano un nome o una sigla e la scritta «X sempre». La gran parte dei nomi si riferisce a coppie eterosessuali, ma non mancano quelli con soli nomi femminili. Sotto i miei occhi, due turiste spagnole sulla quarantina, non potendo lucchettare il loro amore per assenza di partner, scrivono sulla spalletta del ponte frasi struggenti piene di «Te quiero», «ti amo», con tanto di cuore dipinto. Poi fotografano il tutto e trasmettono per posta elettronica la testimonianza del loro amore al destinatario lontano. Lì accanto, un romanista d‟importazione ha scritto: «Giallurussu è lu culure comu lu sule, comu lu core!». Se Andrea e Caterina non hanno scritto «X sempre» su un lucchetto di Ponte Milvio, è perché nessuno dei due, ma soprattutto lui, si azzarda a programmare il futuro. In ogni caso, dopo quasi un anno stavano ancora insieme. Ed era lei a condurre il gioco… L’amore, che cos’è? Racconto l‟esperienza di Federico e Giulia, entrambi quindicenni, perché nessuno dei due sa che cos‟è l‟amore. Si sono fidanzati il giorno di San Valentino del 2011 (e a ottobre erano ancora insieme), lei ha avuto il primo filarino a 10 anni, la prima storia «importante» in seconda media, a 12, le prime esperienze sessuali a 14, ma senza arrivare al rapporto completo, che invece lui ha avuto. «Ci avevo provato già prima» ammette Federico «ma avevo fatto il passo più lungo della gamba. Abbiamo continuato a frequentarci per un po‟, poi abbiamo deciso di stabilire ufficialmente un rapporto. Le ho chiesto se voleva fidanzarsi con me e lei ha detto di sì.» Possono vedersi quasi soltanto a scuola, perché abitano a molti chilometri di distanza l‟uno dall‟altra e impiegano un‟ora per raggiungere l‟istituto dove frequentano la quarta ginnasio. Non si sentono pronti per legarsi a un lucchetto di Ponte Milvio, in compenso indossano una catenina con la metà di un cuore. Quando chiedo a entrambi che cosa significhi essere innamorati, non sanno rispondere. «Io non sono sicura di essere innamorata, non credo di aver incontrato l‟amore e non saprei spiegare che cosa significa» risponde Giulia. E Federico: «Sono ancora alla ricerca di un amore e non ho termini di paragone rispetto alla storia che sto vivendo. Ho avuto un‟altra esperienza importante e anche stavolta provo per Giulia un sentimento grande, ma non ho ancora capito se si sia trattato e se si tratti di un‟infatuazione, di attrazione o di amore vero e proprio». Che significa allora essere fidanzati? Che differenza c‟è con una forte amicizia? Si guardano e dicono all‟unisono: «Fidanzarsi significa passare più tempo insieme e stabilire un forte legame fisico». E l‟ideale di amore qual è? Lunga pausa. Poi lei si nega: «Non ce l‟ho ancora. Noi ragazze

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