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Procedimenti scolastici e linee di pensiero nell'opera di Giovanni Boccaccio PDF

304 Pages·2011·2.085 MB·Italian
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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI Per vedere questa immagine DI SALERNO occorre QuickTime™ e un decompressore Photo - JPEG. DIPARTIMENTO DI LATINITA‟ E MEDIOEVO DOTTORATO DI RICERCA IN F ILOSOFIA, SCIENZE E CULTURA DELL‟ETÀ TARDOANTICA, MEDIEVALE E UMANISTICA Coordinatore: Ch.mo Prof. Giulio d‟Onofrio CONCETTA DI FRANZA PROCEDIMENTI SCOLASTICI E LINEE DI PENSIERO NELL‟OPERA DI GIOVANNI BOCCACCIO TESI DI DOTTORATO Tutor: Chiar.mo Prof. Iolanda Ventura Co-Tutor: Chiar.mo Prof. Giulio D‟Onofrio ANNO ACCADEMICO 2010-2011 INDICE PREMESSA p. III PARTE PRIMA. IL BACKGROUND CULTURALE I. LA QUAESTIO DISPUTATA: LINGUAGGIO SCIENTIFICO E FORMA DEL PENSIERO NEL p. 1 MEDIOEVO 1. La disputatio: natura e funzione p. 1 2. Breve storia della disputatio p. 4 2.1 La lectio e la quaestio p. 5 2.2 La disputatio p. 8 2.3 Testimonianze scritte e rapporto con l‟oralità: la struttura della disputa e il p. 11 ruolo del magister 3. La disputatio presso la Facoltà di Teologia e delle Arti p. 12 3.1 Quaestio disputata e sophismata p. 12 3.2 Il quodlibet p. 16 3.3 I commenti per questioni e le summae p. 18 4. La quaestio disputata nello studio del diritto p. 20 5. Disputatio e letteratura p. 29 II. LA DISPUTATIO OLTRE I CONFINI DELL’UNIVERSITÀ p. 33 1. L‟Università e la nascita della letteratura volgare p. 33 2. Temi dottrinali tra università e poesia p. 37 3. La questio disputata in letteratura p. 48 3.1 Disputa scolastica e generi letterari: il joc partit p. 48 3.2 Disputa scolastica come investitura autoriale: la similitudine dantesca del p. 52 baccelliere 4. Modello scolastico e ruolo intellettuale p. 61 PARTE SECONDA. MODELLI SCOLASTICI NELL’OPERA DI BOCCACCIO III. LA FORMAZIONE DI BOCCACCIO. FONDAMENTI DI UN’IDEA DI POESIA p. 63 1. Boccaccio a Napoli: vita e letteratura p. 63 1.1 La Napoli di Roberto d‟Angiò p. 63 1.2 Diritto canonico vs poesia (?) p. 65 1.3 La cultura della corte angioina p. 74 2. Prove tecniche di scrittura: una vista sulla cultura dell‟autore p. 78 2.1 Tra i codici del Boccaccio p. 78 2.2 I quattro dictamina del „39 p. 83 2.3 La lettera napoletana a Francesco de‟ Bardi p. 95 2.4 La Caccia di Diana p. 98 IV. IL MODULO QUESTIONATIVO NELLA PRODUZIONE DEL BOCCACCIO NAPOLETANO p. 103 I 1. Il Proemio del Filostrato p. 103 2. Le «questioni d‟amore» del Filocolo p. 112 V. BOCCACCIO A FIRENZE: STRUTTURE SCOLASTICHE TRA PRATICA NARRATIVA ED p. 138 IDEOLOGIA LETTERARIA 1. L‟Elegia di madonna Fiammetta p. 138 1.1 Da Napoli a Firenze p. 138 1.2 I dibattiti della Fiammetta: modelli scolastici in funzione narrativa p. 140 1.3 Il capitolo VIII: quaestio disputata e prospettive metaletterarie p. 155 2. Il Decameron p. 175 2.1 Le novelle: la quaestio tra parodia e dibattito morale p. 175 2.2 La voce dell‟autore: una poetica in forma di quaestio p. 199 PARTE TERZA. L’IMPEGNO INTELLETTUALE DEL TARDO BOCCACCIO VI. IL PROBLEMA DELL’ANIMA NELLE GENEALOGIE DEORUM GENTILIUM p. 217 1. Il Boccaccio erudito e i suoi auctores p. 217 2. Il pensiero platonico in Boccaccio p. 224 3. Il caso del Timeo p. 228 4. L‟anima nell‟esegesi della favola di Psiche p. 236 4.1 L‟origine dell‟anima p. 240 4.2 L‟endelechia come anima mundi in Scoto e Remigio p. 247 4.4 L‟endelechia boccacciana come condizione morale p. 249 4.4 La struttura dell‟anima. p. 254 4.5 La natura divina dell‟anima e il suo destino escatologico: il ritorno a Dio. p. 260 5. Un ideale armonico di uomo p. 268 CONCLUSIONI p. 273 BIBLIOGRAFIA p. 279 II PREMESSA L‟attraversamento dell‟intera produzione di Boccaccio, al fine di verificare se e in qual misura vi giochino un ruolo quei procedimenti scolastici che improntano ancora la cultura tardo-medievale ad una diffusa mentalità oppositiva: questo l‟obiettivo di uno studio ispirato dall‟evidenza della tessitura retorica sottostante allo stile boccacciano, ma insieme dalla sua insufficienza a spiegare la robusta razionalità che ne innerva le compagini testuali. Il rapporto, rivelatosi costante già ai primi sondaggi, tra la presenza del modello scolastico nelle opere di Boccaccio e l‟espressione di una volontà di teorizzazione (soprattutto, ma non solo poetica) si è fatto immediato indizio di una ripresa né meccanica né solo letterariamente mediata, bensì diretta e mirata da parte dell‟autore. Una forma, quale la quaestio disputata, specializzata in ambito universitario nella ricerca ed esposizione didattica e specialistica della verità, viene dunque probabilmente fruita in modo consapevole dal nostro autore; ma a qual fine? Forse in funzione della messa a punto dell‟ideologia, che egli comincia a delineare fin dai primi suoi esperimenti letterari? Ma in che relazione con l‟elaborazione delle strutture più specificamente narrative? E con quali adattamenti alla materia, ai generi, alle forme ed alle teorie letterarie di volta in volta sperimentate o proprio “fondate” dal più grande innovatore della nostra letteratura? Per rispondere a queste domande, si è presa in considerazione una scelta di testi opportuni, in vista dell‟indagine, a rappresentare le fasi salienti della scrittura boccacciana: l‟apprendistato letterario, il periodo napoletano, la maturità, le opere tarde. Due sono i punti di riferimento, peraltro in ovvia reciproca connessione, di cui si è tenuto conto: il contesto intellettuale e la cultura dell‟autore. Circa il primo aspetto, l‟indagine sul background culturale del XIV secolo ha confermato la centralità del modello scolastico, operante sia al livello più comune della formazione di una classe mediamente colta (che costituisce il pubblico della nuova letteratura volgare), sia al livello specialistico di chi questa nuova letteratura contribuisce a creare, attingendo tra l‟altro alle forme disputative universitarie con diverse gradazioni di serietà e cognizione: dal puro gioco dialettico del joc partit, che valorizza soprattutto l‟aspetto “drammatico e sociale” della quaestio disputata, alla funzione di mezzo espositivo ed investitura autoriale ad essa invece assegnata da Dante. III Per il secondo punto, la cultura dell‟autore, un ruolo fondamentale risulta aver giocato la giovanile esperienza napoletana del Boccaccio, una formazione eterodossa i cui molteplici apporti (non solo letterari, ma anche eruditi, giuridici, mercantili) hanno contribuito ad una personale concezione del fare poetico; accolti ed integrati nella fictio, elementi allotri vi adducono la vitalità del loro carattere originario, spesso segnato da un orientamento sul lettore che nel caso della disputa scolastica può farsi intento didattico, declinato tuttavia da Boccaccio secondo modalità del tutto specifiche. Ma la formazione acquisita nella capitale partenopea costruisce anche le fondamenta sulle quali si svilupperà nell‟autore (e diffonderà nel suo entourage fiorentino) un amplissimo parterre di interessi, testimoniati dagli autografi e dalla sua biblioteca, oltre che dalle opere in proprio: dalla filologia all‟enciclopedismo, dalla critica letteraria (gli accessus a Dante e il commento alla Divina Commedia) all‟interesse per un platonismo che, mediato secondo tradizione dalla trafila neoplatonico-cristiana, si integra nei testi del tardo Boccaccio in un solido sistema etico di matrice aristotelico-tomista. Da questi presupposti ha preso le mosse la ricerca, che, per indagare presenza e funzione dei procedimenti scolastici nella scrittura boccacciana, si è servita di un doppio ordine di strumenti metodologici: per un verso gli studi incentrati su terminologie e tecniche del lavoro intellettuale nel medioevo, per l‟altro l‟ausilio che la critica letteraria, la narratologia e gli studi di retorica potevano fornire al necessario inquadramento delle formule e dei modelli scolastici in quell‟organismo vivente che è l‟opera letteraria. Un passaggio continuo dal testo al contesto delinea insomma l‟orizzonte di un impegno euristico, che ha tentato di rendere conto dell‟osmosi culturale in cui matura non solo l‟opera del Boccaccio, ma la sua stessa alta idea della poesia: intesa fin dai suoi esordi dall‟autore come momento centrale di un percorso di formazione, che muove dalle arti liberali per giungere alla teologia, la concezione della letteratura viene definendosi sempre più chiaramente nelle proprie prerogative attraverso un confronto con la filosofia, nel quale l‟unità di misura è ancora una volta la disputa scolastica. Viene così a maturazione un processo la cui origine coincide con quella della stessa letteratura volgare, cui i risultati della riflessione filosofica e in generale dell‟attività intellettuale comunicano, mediandolo soprattutto l‟esperienza dello stilnovo, la coscienza che la poesia è una forma di conoscenza, una meditazione su problemi profondamente sentiti, quali l‟amore, la felicità e la nobiltà. Su questa scia si muove l‟interrogativo che soggiace a questo studio: se alla quaestio disputata la scrittura boccacciana conservi, pur nel passaggio da un ambito all‟altro, il suo statutario ruolo di ricerca; se il modello scolastico continui cioè a rappresentarvi, con gli adattamenti e IV le reinterpretazioni richieste da un intelligente ri-uso letterario, il luogo deputato alla definizione del vero. V PARTE PRIMA IL BACKGROUND CULTURALE CAPITOLO PRIMO LA QUAESTIO DISPUTATA: LINGUAGGIO SCIENTIFICO E FORMA DEL PENSIERO NEL MEDIOEVO 1. LA DISPUTATIO: NATURA E FUNZIONE La disputatio rappresenta per la Scolastica il metodo didattico e di ricerca per eccellenza, impiegato tanto nell‟Università, quanto negli Studia degli ordini religiosi; accompagna infatti il sorgere e l‟affermarsi dell‟istituzione universitaria e si evolve con essa, come attestano gli Statuti dei secoli XIII e XIV, che alla disputa assegnano il compito di trasmettere conoscenze e competenze, nonché di verificarne il possesso da parte sia degli allievi, sia dei candidati ai successivi gradi dell‟insegnamento. Uno strumento dunque importante, la cui precisa (e condivisa) definizione ci è data dal De fallaciis, attribuito a Tommaso D‟Aquino: «Disputatio est actus syllogisticus unius ad alterum ad aliquod propositum ostendendum»1; questa formula, nel definire la disputatio come un «atto sillogistico rivolto da uno ad un altro, al fine di dimostrare una tesi», ne esalta principalmente l‟obiettivo, «cioè la dimostrazione (ostensio) della verità relativa ad una 1 THOMAE AQUINATIS, De fallaciis, in Opuscula philosophica, cura et studio Raymundi M. Spiazzi, Torino- Roma 1954, pp. 225-240. Nel cap. 1 (De disputatione in genere) si legge: «Disputatio est actus syllogisticus unius ad alterum ad aliquod propositum ostendendum. Per hoc quod dicitur actus, tangitur disputationis genus; et per hoc quod dicitur syllogisticus, tangitur disputationis instrumentum, scilicet syllogismus, sub quo comprehenduntur omnes aliae species argumentationis et disputationis sicut imperfectum sub perfecto; et per hoc distinguitur disputatio ab actibus corporalibus, ut currere vel comedere; et ab actibus voluntariis, ut amare et odire. Nam per hoc quod dicitur syllogismus ostenditur esse actus rationis, per hoc autem quod dicitur unius ad alterum tanguntur duae personae opponentis et respondentis, inter quas vertitur disputatio; etiam hoc additur ad differentiam ratiocinationis quam habet qui secum ratiocinatur. Per hoc autem quod dicit ad propositum ostendendum tangitur disputationis effectus, sive terminus aut finis proximus, et per hoc distinguitur disputatio a syllogismis exemplaribus, qui non inducuntur ad ostendendum propositum aliquod, sed ad formam syllogisticam exemplificandam». 1 questione sollevata o proposta (propositum)»2. La natura di metodo scientifico ne viene così esaltata, forse a danno – lamenta Bernardo Bazàn – degli altri ruoli che la disputatio ricopre nell‟università medievale, in quanto «metodo di insegnamento, esercizio di apprendimento, prova di competenza-idoneità professionale»3. Nella sua essenzialità, tuttavia, questa definizione coglie della disputa proprio quell‟aspetto tecnico, che, restando invariato da una forma all‟altra, ne rappresenta forse il tratto caratterizzante. Tre sono gli elementi sui quali, secondo il De Fallaciis, si fonda infatti la tecnica questionativa: il ricorso al sillogismo, che ne fa un «actus rationis» e conferisce ai suoi risultati la garanzia della veridicità; la presenza di due attori, cioè le «duae personae opponentis et respondentis, inter quas vertitur disputatio», e la finalità dimostrativa, che mira alla dimostrazione della verità di una delle due parti che si contrappongono. Si ha l‟impressione di essere di fronte ad una macchina perfetta, il cui alto grado di formalizzazione e ritualizzazione garantisce della qualità del risultato. Anche nel caso della disputa come esercitazione scolastica, il procedimento sul quale gli allievi vengono instradati è quello che deve garantire l‟approdo alla verità, anche se su un percorso già battuto dai maestri, ai quali il risultato è noto in partenza; parimenti, il baccelliere che accede alle prove di idoneità deve dimostrare di saper padroneggiare questa “macchina della verità” per poter accedere a ruoli superiori. Insomma, nella misura in cui la scienza è creazione di rigorosi modelli di indagine, la disputatio è sempre un metodo scientifico: che deve essere insegnato, appreso, verificato come bagaglio del futuro maestro, e infine tout court, impiegato dai maestri nella veste di ricercatori. Due riflessioni scaturiscono da quanto detto. In primo luogo, la disputatio è definita atto sillogistico in base al suo strumento principe, «sub quo comprehenduntur omnes aliae species argumentationis et disputationis sicut imperfectum sub perfecto»4; ciò vuol dire che sotto il nome di sillogismo si racchiude l‟intero contesto dell‟argomentazione, rappresentata dalla sua forma più perfetta. Ne troviamo conferma nel VII trattato delle Summulae logicales di Pietro Ispano, che, dedicato anch‟esso alle fallacie, presenta molti punti di contatto con l‟omonimo testo attribuito a Tommaso: «sillogismus est instrumentum perfectum et completum disputandi, inductio vero diminutum, et entimema et exemplum» 2 B. C. BAZAN, Les questions disputées, principalement dans les Facultés de Théologie, in B. C. Bazàn, J. W. Wippel, G. Fransen, D. Jacquart, Les questions disputées et les questions quodlibétiques dans les Facultés de Théologie, de Droit et de Médecine, Turnhout 1985, pp. 13-149, a p. 23; si cita (qui e altrove) nella nostra traduzione. 3 Ibidem. 4 THOMAE AQUINATIS, De fallaciis, cap. I (De disputatione in genere). 2 (Tractatus, VII, 3)5. In secondo luogo il rapporto della disputatio con la verità; il ragionamento, recita sempre il Proemio del De fallaciis, può essere corretto o non corretto: nel primo caso giunge «ad rei veram cognitionem», nel secondo produce «errorem falsitatis». Questo spiega perché entrambi i trattati dedicati alle fallacie si aprano con una definizione della disputatio e delle sue quattro specie («doctrinalis, dialectica, tentativa et sophistica»): la disputa, a seconda del tipo di sillogismo cui ricorre (dimostrativo, dialettico, tentativo, sofistico)6 e del grado di verità delle sue premesse (vere, probabili, probabili per chi risponde, false), raggiunge vari livelli di verità, dalla verità assoluta e scientifica della disputatio doctrinalis (sillogismo dimostrativo), alla falsità della disputatio sofistica, basata sul sillogismo sofistico. Quest‟ultima si serve appunto delle fallacie, cioè degli argomenti ingannevoli di vario genere, che costituiscono l‟oggetto della successiva analisi. Nella disputatio, quindi, potrebbe anche vincere chi è più abile a manipolare pensieri e parole, ma, se si segue la corretta procedura di questo particolare ragionamento tra due, il risultato di verità è garantito. Il fatto stesso che si ponga tanta cura per distinguere i vari tipi di disputatio, specificando che può essere vera o falsa, è forse significativo della necessità di difenderla proprio in quanto strumento di ricerca della verità. Si può dunque amplificare la definizione del De Fallaciis ricorrendo ancora a Bazàn, che descrive la disputatio come un «atto caratterizzato dall‟esame critico e dal confronto di opinioni fondate (sull‟autorità e/o sulla ragione), in un dialogo rigoroso in cui la verità è scoperta, insegnata o appresa tramite il confronto di argomenti provenienti dalla tradizione e dalla ragione»7. Questa definizione pertiene alla disputa, che, nei suoi diversi ruoli universitari, possiamo genericamente chiamare disputatio; la denominazione di quaestio disputata spetterà specificamente al testo della disputa edito dal maestro, corrispondente al 5 PIETRO ISPANO, Trattato di logica, a c. di A. Ponzio, Milano 2004, p. 211. I rapporti di dare e avere tra il testo di Pietro Ispano e quello attribuito a Tommaso, molto simili, non vanno forse dati per scontati, vista l‟attribuzione dubitativa del De Fallaciis a Tommaso e i dubbi recentemente sollevati sull‟autenticità del Tractatus septimus dell‟opera di Pietro Ispano. In un rapido confronto tra le due opere, si nota come esclusivamente nell‟opera attribuita a Tommaso compaiano i termini opponens e respondens, non solo nella definizione iniziale, ma anche quando (cap. III) si descrive la disputa sofistica secondo il procedimento dei Sofismata, con riferimento chiaro alla tecnica riportata nelle obligationes, trattati sofismatici dove si insegna, tra l‟altro, a mettere in difficoltà il respondens facendolo cadere in contraddizione rispetto alla positio iniziale. Cfr. O. WEIJERS, La disputatio à la Faculté des arts de Paris (1200-1350 environ) : esquisse d'une typologie, Turnhout 1995, p. 90. 6 La fonte citata in nota a Ispano, p. 621 è ARISTOTELE, Elenchi sofistici. Ma cfr. anche l‟inizio dei Topica, dove la quadripartizione in dialettico, apodittico, retorico e sofistico, è praticamente coincidente con questa. 7 BAZAN, Les questions disputées, p. 24. 3

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