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Prima lezione di fisica PDF

149 Pages·2010·0.637 MB·Italian
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Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina I Universale Laterza 882 Bernardini.qxp 24-11-2009 9:31 Pagina II PRIMELEZIONI ULTIMI VOLUMIPUBBLICATI Scienze cognitive Grammatica di Paolo Legrenzi di Luca Serianni Paleografia Storia delle relazioni di Armando Petrucci internazionali di Ennio Di Nolfo Sul linguaggio di Tullio De Mauro Letteratura di Piero Boitani Neuroscienze Storia contemporanea di Alberto Oliverio di Claudio Pavone Letteratura latina Sociologia di Antonio La Penna di Arnaldo Bagnasco Estetica Fisica di Sergio Givone di Carlo Bernardini Diritto Scienza politica di Paolo Grossi di Gianfranco Pasquino Letteratura greca Storia moderna di Franco Montanari di Giuseppe Galasso Archeologia Medicina di Daniele Manacorda di Giorgio Cosmacini Sociolinguistica Letteratura italiana di Gaetano Berruto di Giulio Ferroni Archeologia orientale Sociologia del diritto di Paolo Matthiae di Vincenzo Ferrari Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina III Carlo Bernardini Prima lezione di fisica Editori Laterza Bernardini.qxp 24-11-2009 9:31 Pagina IV © 2007, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2007 Seconda edizione 2010 Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel gennaio 2010 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-8311-5 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina V With each new freshman class, I again must face the fact that the human mind wasn’t designed to study physics. (Ogni qual volta comincio le lezioni in una classe di nuovi allievi, devo constatare che la mente umana non è stata concepita per studiare fisica.) Alan Cromer Uncommon Sense, 1993 Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina VI Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina VII Prologo Non posso dimenticare l’emozione con cui, prove- nendo da un pur prestigioso liceo del profondo Sud, il Regio Liceo Classico G. Palmieri di Lecce, misi pie- de per la prima volta in un’aula dell’Istituto di Fisica G. Marconi nella Città Universitaria di Roma, a quei tempi unica università romana. Non avrei più trova- to «il mio banco», nessun registro mi aspettava, i compagni erano perfetti sconosciuti destinati a obiet- tivi professionali diversi (ingegneria, matematica, fi- sica, principalmente) ma accomunati da un unico spettacolo didattico, la lezione di «Fisica sperimenta- le», come allora si chiamava, nell’omonima aula (og- gi, di Fisica Generale: aula Amaldi, in onore di Edoardo Amaldi, 1908-1989). All’ora prevista, a cui andava aggiunto il «quarto d’ora accademico», il grande maestro entrava, e si dirigeva, tentennando assorto il capo, verso la cattedra centrale; giunto alla quale, appoggiava la mano destra al piano e alzava gli occhi verso la gradinata dei circa 280 posti pieni zep- pi. Non si sentiva che il fruscio dei respiri, forse trat- tenuti anche quelli. Il fatto è che quel maestro non era un professore qualsiasi, come quelli delle scuole da cui venivamo. Quello era un esponente della scienza Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina VIII VIII Prologo mondiale; uno che aveva dimestichezza con Enrico Fermi (1901-1954), con Albert Einstein (1879-1955), con il danese Niels Bohr (1985-1962), gente che si trovava già nei libri di mitologia moderna. Molti dei nostri professori erano stati bravi; ma questo tra- scendeva l’idea stessa di bravura. Oggi, forse, questa sorta di culto si è spento, i ra- gazzi non vedono le aureole che, pure, continuano a illuminare i grandi maestri. Non saprei dire se è il cer- chio luminoso a splendere di meno o se sono le nuo- ve generazioni ad avere un visusmeno efficiente. Fu in quella occasione che imparai, quasi ses- sant’anni fa, che scendere sul palcoscenico in modo «plateale» – come ben sapeva Wanda Osiris – ha la sua importanza: deposita un volto e un carattere nel- la testa di una generazione nuova di zecca e riesce a far sì che quel carattere e quel volto restino indelebi- li. È in occasioni come questa, è in questo clima che nasce quella sensazione sottile ma esaltante di essere sul punto di entrare a far parte di una famiglia. Una famiglia molto esclusiva (se è vero che fuori di lì nes- suno sembra capire di che cosa esattamente ci si oc- cupi in un «Istituto di Fisica») e ben diversa da quel- la che ci ha accolto nella vita scolastica precedente. Nell’immediato, quei grandi professori non sembra- no occuparsi di te personalmente; ma cominci a fan- tasticare che prima o poi lo faranno; dipenderà solo da ciò che farai, e assai prima di avere quella temuta occasione di impatto frontale che si chiama «esame». Gli studenti di fisica sono pochi e nel corso delle le- zioni vi è la possibilità di fare domande. La domanda è sempre una forma embrionale di ricerca e ne costi- Bernardini.qxp 3-07-2007 20:57 Pagina IX Prologo IX tuisce una buona premessa. Una domanda ben posta e intelligente lascia indubbiamente una traccia, nel docente e nella classe. I bravi docenti, infatti, sono ben contenti di ricevere domande, anzi la loro bra- vura si misura anche nella capacità di dialogare effi- cacemente su ciò che si dice insegnando. Nella mia lunga vita accademica, solo talvolta – all’inizio – mi sono preoccupato delle domande per il timore di non saper rispondere alle più insidiose dei miei allievi; col tempo ho semmai temuto con trepidazione che di do- mande non ce ne fossero abbastanza. Non è affatto vero che, se nessuno fa domande, è segno che la le- zione che si sta tenendo è chiara. In un certo senso, una buona lezione è proprio quella che induce buo- ne domande, cioè che fa lavorare la testa degli allievi; non si finisce mai di elaborare ciò che si apprende e questa opportunità va assolutamente colta, sia da chi insegna sia da chi impara. Ma c’è una risorsa a cui non è assolutamente il ca- so di rinunciare: la fisica, come anche la matematica e la biologia e, talvolta, le altre scienze, può contare su un «effetto sorpresa». Cerco di spiegare di che co- sa si tratta, ma se non lo si prova non è facile perce- pirne la forza. Spesso, un ricercatore che sta lavoran- do a un problema nuovo si imbatte in qualche risul- tato che sembra avere implicazioni più generali di quelle che riguardano il problema di cui aveva inco- minciato a occuparsi. L’esempio più celebre è quello detto dell’equivalenza massa-energia, associato alla formuletta E= mc2, che si usa (a sproposito) persino nella pubblicità commerciale. La storia di questa «scoperta» di Albert Einstein è piuttosto interessan-

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