Milano, 2006; br., pp. XII-444, cm 14x20. (Saggi Paperback. 53). Prigionieri del silenzio, ma anche dei gulag e delle carceri politiche del maresciallo Tito, in Jugoslavia. Le vittime erano tutti comunisti, come chi li imprigionava e li vessava. Giampaolo Pansa ricostruisce la vita di uno di loro con puntiglio e partecipazione. Emblematica e nello stesso tempo tragica, la storia del sardo Andrea Scano ricalca quella di molti uomini generosi che, come lui, si batterono contro il fascismo e il nazismo ma, dopo la Liberazione, furono colpiti con durezza proprio dal regime che, insieme all'Urss, consideravano il più vicino. Nel caso di Scano, l'accusa di aver nascosto armi per la tanto sospirata rivoluzione innescò una spirale perversa, che lo condusse a scontare anni di deportazione e torture all'Isola Calva, il più famigerato tra i lager di Tito. Scampato a quell'orrore e rientrato in Italia, per ordine del Pci fu costretto a tacere sulle sofferenze patite, per il resto dei suoi anni fino alla morte. Un racconto duro e drammatico, che come molti dei libri di Pansa - apre una porta rimasta chiusa per troppo tempo su pagine oscure e ambigue della nostra storia recente.
**