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Presi nella rete. La mente ai tempi del web PDF

229 Pages·2012·3.91 MB·Italian
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PRESI NELLA RETE Dello stesso autore in edizione Garzanti: n paese del pressappoco fl Mostro Mite Le passioni dell'anima RAFFAELE SIMONE PRESI NELLA RETE La mente ai tempi del web BIBLIOTECA PENI Via Dino Penazzato, 1 Inventario N. .. ~. m- Garzanti PROLOGO IN TRENO L'UBIQUITÀ DEI MEDIA 1. La «mediasfera» Internet rende stupidi? Questa domanda non è priva di senso, se nel 2010 un intero libro è stato dedicato al tentati vo di darle risposta.1 Un'analisi apparsa una decina di anni prima attribuiva già alla rete la capacità di trascinare il navi gatore in una «estasi inquietante»,2 e altre posizioni apoca littiche dello stesso timbro abbondano. Tuttavia, anche chi considera esagerato questo tipo di preoccupazione è d'ac cordo sul fatto che il web ha modificato radicalmente il nostro modo di pensare e di comportarci. I viaggiatori seduti attorno a me in questo affollato vago ne del treno ad alta velocità danno di ciò una prova imme diata. Sono donne e uomini adulti. Tutti, nessuno escluso, armeggiano da ore col telefonino, senza interruzione: stru sciano il dito sullo schermo, premono tasti, fanno chiamate, provano e riprovano numeri che non hanno risposto, apro no e chiudono il coperchio (si chiama cover); ogni tanto ti rano fuori il telefonino e gli gettano uno sguardo, come per assicurarsi che dal piccolo schermo non sia uscito qualcosa di cui non si sono accorti. Due di loro in particolare, che so no in coppia, seduti ai lati dèl corridoio, si lanciano ogni tanto gridolini, di soddisfazione o di rabbia. Ciascuno ma neggia simultaneamente un telefonino e un computer, ten tando, a quanto capisco, una complessa operazione paralle- 1 Mi riferisco a Carr (2010). 2 Alludo a Finkielkraut & Soriano (2000). 9 la: scaricare dal proprio telefonino delle applicazioni (si chiamano app) e poi provare a trasferirle sul computer del partner. Ma il partner è proprio lì accanto! La soddisfazione segnala che l'operazione è riuscita, altrimenti uno sbuffo di fastidio. Se allungo lo sguardo nel corridoio, non ci vuol molto a vedere che la maggior parte dei viaggiatori, salvo quelli·che dormono, sono presi in operazioni somiglianti: armeggiare col telefonino e il computer, parlare e ascoltare servendosi di un qualche apparecchio, digitare numeri o far scorrere sullo schermo immagini, guardare film, spesso ascoltando !!UOni portati al loro orecchio da una cuffietta. . In parole povere, quasi l'intera popolazione del vagone, e forse di tutto il treno, passa ore maneggiando attrezzi elet~ tronici, la maggior parte dei quali connessi con la rete. Ma dicendo «passa ore» non dico nulla su quel che stanno fa cendo in realtà con questi attrezzi. Chiaramente, non se ne stanno servendo per un bisogno effettivo, per un 'urgenza ·seria. Sembra piuttosto che sperimentino, quasi lottando con una sorta di ginnastica forzosa, qualcosa di misterioso .. Ma in questa ginnastica mettono un fare ossessivo e nello stesso tempo testardamente infantile, che lascia capire che quel che hanno in mano è un oggetto inquietante ed enig matico, che li attrae e li tenta con un richiamo a cui non pos sono dire no. Scrutano lo schermo come fosse un buco da cui può uscire di tutto, anche roba pericolosa, e picchiano -sulle tastiere proprio per vedere che cos'è che può venir fuo ri da quella ignota cavità. La maggior parte parla nel telefo ·nino, a gran voce, raccontando di consigli di amministrazio ne, di madri in attesa, di figli in ansia, di vacanze da fare, di soldi, e ripetendo in continuazione le stesse cose, con un ef fetto di vaniloquio dawero sconcertante: «È difficile vivere con. gli uomini, proprio perché tacere è così difficile.»3 3 Friedrich Nietzsche, Così parlò 7arathustra, in opere, VI I (tr. it. di Maz zino Montini:iri), Adelphi, Milano 1979, p. 173. 10 In ogni caso, il comportamento dei miei compagni di viag gio urta sul mio e lo influenza: a ogni tocco i tasti emettono un bip, dentro il proprio apparecchio ognuno parla ad alta voce, da alcuni di questi aggeggi esce musica, i telefoni squil lano con jingle invadenti, la luce azzurrina dello schermo si spande attorno, mentre leggo sono costretto a vedere le im magini sullo schermino del passeggero accanto ... Inoltre, mi viene imposto di sentire le loro storie: quel che raccontano, le loro pronunce locali (non tutte per me gradevoli), il lin guaggio punteggiato dalle espressioni scurrili che ormai l'u so frequente ha nobilitato ... A nulla serve augurarsi che si ri peta la miracolosa situazione descritta nell'Apocalisse (8, 1): «Nel cielo si fece silenzio per quasi mezz'ora»! Il mio ambiente, la mia ecologia personale, è deciso da queste persone e dal loro armamentario, non da me. Siamo insomma tutti avvolti nella mediasfera, un ambiente cioè in cui i media elettronici in rete giocano un ruolo fondamen tale, non più come strumenti ma ormai come presenze ar roganti. 2. Mediasfera e noosfera Questa premessa vagamente narrativa serve a indicare i temi di cui questo libro si occupa. Li presento ora in termi ni più generali. Ubiquità e convergenza dei media. La fase attuale è caratteriz zata da un'ubiquità dei media che non ha precedenti nella storia. Per riprendere il termine che ho appena introdotto, siamo immersi in permanenza nella mediasfera. Media di va ria natura, personali e no, sono infatti ovunque: addosso alle persone, per le strade, nei posti di lavoro, sui mezzi di tra sporto, negli spazi pubblici e privati, nei negozi, nelle stazio ni, negli ospedali, nelle banche ... Ciascuno ne ha addosso uno o più, siano essi materiali (hardware) o immateriali 11 (software): da una parte telefonini, computer connessi in re te, tabl,ets, fotocamere, webcam; dall'altra le applicazioni (le app) che possono girare su quelli: dai socia[ forum ai pro grammi per i più vari scòpi. Questa rete ricopre l'intero pia neta: non c'è praticamente alcun punto geografico che non possa esser raggiunto dalla rete, in cui non sia possibile te lefonare, mandare e ricevere posta elettronica, scaricare fil,es dal web, perfino farsi localizzare e vedere se, attorno a noi, ci sono persone che conosciamo. Ciò significa anche, più alla radice, che non c'è più nessun punto del globo dove si possa essere veramente soli, appartati e in silenzio. Anche se que sto luogo esistesse, sopra la nostra testa ci sarebbe ugual mente un satellite a fotografarci, per poi mandare in rete le immagini che riprende (compresa quella della nostra perso na). Analogamente, quasi tutto quel che accade è sotto gli occhi di una telecamera o di una fotocamera: sulla rete spun tano di continuo immagini delle cose più singolari, rare, im: pensabili e anche sconvolgenti, inclusa la morte e la violenza. C'è poi un altro lato importante: i contenuti. L'ubiquità dei media ha messo a disposizione di chicchessia, di qua lunque paese, credo politico e religioso e cultura, contenuti per l'innanzi inaccessibili e introvabili: informazioni, cono scenze, immagini, suoni, testi. Si tratta di conoscenze di ogni livello, da quelle andanti e generiche a quelle specialistiche. E, oltre che conoscenze, la rete mette a disposizione im mense quantità di informazioni minute (orari ferroviari, da te di nascita e di morte, nomi e opere, immagini e filmati, dati geografici ed economici, e così via continuando). La convergenza di più media nello stesso supporto ha ac centuato il fenomeno in misura drammatica. Paventata co me un grave pericolo dai primi analisti della mediasfera, 4 la convergenza è ormai trionfante e inarrestabile, anche se non ha ancora completato il suo cammino. Il cosiddetto 4 Come Paul Virilio (vedi per es. Virilio 1998) e Ignacio Ramonet (per es. Ramonet 1999) in Francia, e, in Italia, Franco Ferrarotti (cfr. Ferrarot ti 1997). 12

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