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Presentazione del volume Antonio Di Vita, Scritti africani PDF

36 Pages·2016·4.85 MB·Italian
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Cartagine. Studi e Ricerche, 1 (2016) Sezione: Notizie e Resoconti Rivista della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine Articolo presentato il 17/11/2016 http://ojs.unica.it/index.php/caster/index Accettato in data 18/11/2016 doi: 10.13125/caster/2505 Pubblicato in data 23/12/2016 CaSteR, 1 (2016) Presentazione del volume Antonio Di Vita, Scritti africani a cura di Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginette Di Vita Evrard Collana Monografie di Archeologia libica XXXVIII 2015. L’Erma di Bretschneider, Roma. Roma, 6 ottobre 2016 – Istituto Nazionale di Studi Romani, Piazza Cavalieri di Malta, 2 per iniziativa di: Istituto Nazionale di Studi Romani (prof. Paolo Sommella) Programma Interventi di Attilio Mastino, Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari Giorgio Rocco, Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura, Politecnico di Bari 1. Presentazione di Attilio Mastino Ho letto con emozione questi due volumi pasa, Caesarea, la Numidia. L’ho fatto però di Scritti Africani di Antonino Di Vita, curati solo dopo aver sfogliato la straordinaria XL da Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginet- monografia di archeologia libica pubblicata te Di Vita Evrard, ritrovando luoghi che mi anch’essa da L’Erma di Bretschneider dedica- sono cari e scoprendo un filo rosso che unisce ta ai 45 anni di ricerche in Libia dell’Ateneo tanti frammenti sparsi e tante storie diverse, di Macerata (Macerata e l’archeologia in Li- raccontate in quasi mille pagine, 52 artico- bia. 45 anni di ricerche dell’Ateneo maceratese, li, 5 voci di enciclopedia, 17 tra recensioni, a cura di Maria Antonietta Rizzo, Quaderni presentazioni e ricordi: con una vivacità che di archeologia libica, XL, L’Erma di Bretsch- impressiona emerge una Tripolitania inedita, neider, Roma 2016): un’opera ricchissima, ma anche la Cirenaica, il Fezzan dei Gara- che attraverso tanti punti di vista, attraverso manti, Cartagine, il teatro di Althiburos, Ti- le parole dei colleghi e degli allievi, attraver- Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita Il Prof. Antonino Di Vita. so le immagini della Libia di oggi, consente lumi ci restituiscono lo studioso, l’archeologo di capire in profondità, di scavalcare questi colto, il filologo capace anche di pignolerie e decenni, di ricostruire un percorso lungo fa- di interventi puntualissimi su aspetti di det- ticoso fatto di sacrifici personali, di fatiche taglio, come quando a Sassari nel 1989 mi fisiche che possiamo solo immaginare, di aveva tormentato sui proiettori speciali che polemiche scientifiche, soprattutto permette erano necessari per le sue rare grandi diaposi- di avere un quadro di quella che è davvero tive che accompagnavano al VII convegno de l’eredità lasciata da Antonino Di Vita, un gi- L’Africa Romana il suo intervento su Antico gante dei nostri studi e insieme un maestro e tardo antico in Tripolitania: sopravvivenze e capace di stimolare, creare curiosità e inte- metodologie, ripubblicato in questa sede con resse tra i giovani, mobilitare risorse e forze le spettacolari immagini della tomba del de- nuove fino agli ultimi giorni, fino alla guerra funto eroizzato di Sabratha e di sua moglie, sanguinosa che la Libia sta ancora vivendo in sepolti in età giulio-claudia. Allora aveva un una interminabile fase post-coloniale. Le sue poco approfittato della nostra gratitudine, grandi imprese africane testimoniano capa- pubblicando nelle 16 costosissime tavole a cità organizzative e direzionali non comuni, colori i tondi dei 4 venti della villa di Tagiu- che bene si sono manifestate negli anni in ra, gli emblemata di Oceano e di Artemide cui fu Rettore dell’Università di Macerata tra Selene da Sabratha, l’incredibile Anfitrite tra il 1974 e il 1977, quando fu nominato di- le Nereidi e la tomba di Aelia Arisuth di Gar- rettore della Scuola Archeologica Italiana di gharesc. Ci aveva fatto scoprire un mondo Atene al posto di Doro Levi, un incarico che colorato e emozionante, che ora ritroviamo sembrava assorbirlo interamente. Questi vo- in queste pagine nelle quali sono pubblicate 2 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita tante foto a colori originali, recuperate negli costruzione di una linea di difesa appoggiata ordinatissimi archivi del Centro di Macerata. su forti come Bu Ngem, Gheriat el-Gharbia, Per quanto mi riguarda personalmente, Ghadames: infine per lo stanziamento di gen- io l’avevo conosciuto per la prima volta ad tiles-limitanei. Ne avrebbe parlato ancora nel Atene ai primi di ottobre del 1982, una set- 1996 su “Antike Welt” e nell’articolo postu- timana dopo la nascita di mio figlio Paolo, mo sul tesoro di Misurata. L’uomo aveva già in occasione dell’VIII congresso internazio- le idee chiare e pochi anni dopo, nel 1965, nale di epigrafia greca e latina, dove Ginette la scoperta della grande iscrizione sulla fon- aveva voluto presentare con molta indulgen- dazione del forte di Gheriat el-Gharbia con- za il mio volume su Caracalla e Geta, fresco fermava l’opera dei Severi tra il 198 e il 201, di stampa, che le era stato passato da Claude con l’intervento di una vexillatio della legione Nicolet e che Pietro Romanelli, Guido Bar- III Augusta negli anni del legato Q. Anicio bieri, Giancarlo Susini e Margherita Guar- Fausto. ducci avevano rivisto con severità. Allora Ci saremmo poi incrociati spesso in biblio- Antonino e Ginette ci avevano festeggiato, teca a Roma, soprattutto ci avrebbe seguito noi italiani, nella Scuola Archeologica Italia- nei convegni de L’Africa Romana a Sassari nel na, con un brindisi ai piedi del Partenone, 1989, poi a Oristano nel 1992, a Tozeur nel che tanto ci aveva emozionato. Rileggendo il 2002, a Rabat nel 2004, con interventi che primo articolo di questa raccolta, pubblica- ho potuto riscoprire con sorpresa. Proprio a to sul I numero della rivista “Libya antiqua” Tozeur si era divertito moltissimo, assieme a fondata da lui assieme a R. Goodchild, dedi- Maria Antonietta, quando avevo voluto com- cato nel 1964 a Il limes romano di Tripolitania mentare un poco provocatoriamente davanti nella sua concretezza archeologica e nella sua alle Autorità presenti e ad un pubblico inter- realtà storica, credo di aver capito le ragioni nazionale una proposta formulata da Andrea di quella simpatia che ha sempre avuto nei Carandini, nel volume Giornale di scavo. miei confronti, soprattutto per merito di Pensieri sparsi di un archeologo, pubblicato Settimio Severo e dei suoi figli. Per Di Vita da Einaudi nel 2000, nel pieno della pole- fu la politica dei Severi a dare un’impronta mica sul rinnovo della direzione della Scuo- fondamentale a Leptis Magna (basti pensare la Archeologica Italiana di Atene. Carandini all’arco quadrifronte o all’epigrafe di Plauzia- proponeva la nascita a Tunisi di una scuola no venuta alla luce nel 1964 dall’esedra del stabile aperta agli studenti italiani e magrebi- Foro Vecchio), così come a Sabratha o a tante ni, un progetto che è ormai maturo e che si città della Tripolitania e della Cirenaica ro- è andato concretizzando a partire dal 22 feb- mana; lo sosteneva in rapporto alle costruzio- braio di quest’anno, quando la Scuola è stata ni in perfetta opera isodomica nel predeserto formalmente istituita e subito riconosciuta orientale tripolitano, partendo dalle premes- con personalità giuridica. Ieri abbiamo visi- se puniche e dalla complessità della cultura tato i nuovi locali per la Biblioteca Sabatino romano-africana; lo scriveva raccontando le Moscati a Tunisi-Montplaisir e per la SAIC fasi severiane della villa di Tagiura; ma so- al VI piano del nuovo palazzo dell’Agence de prattutto ipotizzando il piano originario del mise en valeur du patrimoine et de promotion Forum Novum Severianum di Leptis, le due culturelle. piazze progettate, separate dalla monumenta- Sfogliando queste pagine si capiscono le basilica con al margine il tempio della Gens tante cose, come rileggendo l’articolo “Que- Septimia. Soprattutto sul piano militare gli stioni di metodo” su Archeologia Classica del sembrava che l’opera fondamentale di Setti- 1964, che è sostanzialmente una deliziosa mio Severo dovesse essere rivalutata alquan- ma feroce risposta al giovane ventisettenne to, per la sua sistematicità strategica, per la dott. Carandini, che con qualche ragione la- 3 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita mentava il ritardo con il quale gli archeologi neroniano e del gigantesco kothon severiano italiani pubblicavano i risultati degli scavi di che così bene ora conosciamo con le sue ban- Sabratha e di Leptis; ma tutto era documen- chine di attracco che conservano sorprenden- tato nei giornali di scavo conservati nel ca- temente intatti i modiglioni di ormeggio, per stello di Tripoli; lo scontro era concentrato quanto l’interramento provocato dalle sabbie sulla cronologia dei mosaici di Zliten, con le e dalle esondazioni del fiume abbiano progres- immagini delle stagioni che sono espressione sivamente soffocato le attività portuali. Con di ateliers e di maestranze locali, che non van- Carandini avrebbe condotto vere e proprie no collocate in una fase troppo avanzata. Di missioni di topografia, come quella di Leptis Vita avrebbe ripreso la discussione con più Minus nel 1973, assieme a Giulio Schiemdt, garbo al VII Convegno de L’Africa Romana con l’intervento della nave per ricerche ocea- a Sassari nel 1989, cercando di convincere i nografiche Marsili del CNR. Ma già nel 1973 suoi interlocutori sul sapore arcaico, “puni- Di Vita assieme a Beschaouch volle Carandi- co” dei mosaici di Zliten, con questi gigante- ni direttore della missione a Cartagine e dieci schi occhi bovini, con le pupille dilatate, che anni dopo avrebbe recensito positivamente il ricordano modi espressivi di arte “popolare” volume sugli scavi conclusi nel 1977 nell’am- . Del resto in Libia pochissimi archeologi bito del progetto Unesco; per non parlare del- italiani si erano visti caricati della responsa- la collaborazione con «il giovane incaricato bilità di studiare uno sterminato numero di dell’Università di Siena e a capo dell’équipe monumenti antichi: l’intervento era forse del ‘cantinone’ in cui brillava già Tina Panella» indirizzato a difendere Salvatore Aurigemma nello scavo del Castellum del Nador tra Tipasa (morto proprio in quel 1964), ma si può pen- e Caesarea di cui al volume del 1989, con l’e- sare a Ernesto Vergara Caffarelli, scomparso dizione dell’iscrizione del flamine quinquen- tre anni prima (ho letto il commosso ricordo nale M. Cincius Hilarinus che data una delle su Libya Antiqua) e forse a Giacomo Caputo, fasi della fattoria algerina; ne avrebbe parlato che nel 1948 aveva inaugurato con le sculture nel 2011 nelle conclusioni al volume su I Fe- di Tolemaide la serie delle Monografie di ar- nici in Algeria. Del resto sappiamo che l’uo- cheologia libica e proprio nel 1964 pubblicava mo, Nino Di Vita, era effettivamente spigo- il volume su Leptis Magna assieme a Bianchi loso, coraggioso, addirittura avventato, aveva Bandinelli; infine a Gennaro Pesce (rima- aperto altre polemiche ad esempio col Sandro sto a Tripoli fino a novembre 1945, autore Stucchi tripolitano; con Claude Lepelley sui del volume sul tempio di Iside a Sabrata del terremoti; con J.B. Ward Perkins sullo svilup- 1953; morto a Cagliari nel 1984). po urbano di Leptis Magna e Sabratha in età Ma c’è, incombente, anche la figura di Pie- tardo-neroniana proprio con un richiamo alla tro Romanelli. Tutta giocata tra archeologia e colpa comune a italiani e inglesi di non aver fi- storia dell’arte, con ruoli che mi pare si siano nora pubblicato in maniera adeguata gli scavi poi ribaltati, la polemica Di Vita-Carandini di Sabratha; eppure col tempo si era addolcito. che si è estesa da Tagiura a Piazza Armerina Negli ultimi tempi lo avevo incontrato a non ha impedito ai due di collaborare attiva- Roma, a casa sua, con Maria Antonietta, a mente; del resto il dialogo col Carandini rima- parlare del rapporto tra arte e archeologia, il ne sotto traccia come a proposito dell’assen- tema affrontato da Ettore Janulardo nel vo- za di un porto alla foce dell’uadi Lebda visto lume su Macerata, come - per tornare al mio che la polis di Leptis in età ellenistica liména piccolo mondo - a proposito di Melkiorre dè ouk echei; fu Di Vita a ritrovare prima del Melis, il pittore in fuga da Tripoli liberata da- 1974 il porto arcaico col molo più antico, al gli Alleati, direttore della Scuola musulmana capo Hermaion, oggi sul promontorio occi- di arti e mestieri, all’epoca di Italo Balbo, ri- dentale di Homs, ben prima del porto-canale fugiatosi nel 1944 nel più piccolo paese della 4 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita Sardegna, Modolo (dove contemporanea- di quell’aggettivo non è, non deve essere, un mente arrivava dall’Istria bambino il poeta popolo imperiale che si espande risucchiando Orlando Biddau, che parlando del padre sol- l’altro al suo interno, ma il “noi” mediterra- dato avrebbe scritto: «giunse l’uomo spezzato neo. Quell’espressione non sarà ingannevole dalla guerra, / faceva vino cattivo, era intrat- solo se sarà detta con convinzione e contem- tabile»). poraneamente in più lingue». Se c’è una cosa che Di Vita ci ha insegnato Allora possiamo mettere da parte il volu- è soprattutto questa voglia di costruire pon- me di Macerata, che illustra l’eredità di Di ti, reti, relazioni con i colleghi del Maghreb; Vita testimoniata dai tanti giovani studiosi questo rispetto per la cultura araba; la piena ormai attivamente all’opera, come i colleghi coscienza della necessità di un approccio che del Politecnico di Bari e di tante altre Uni- si liberasse dai condizionamenti acritici con- versità, del CNR, del Dipartimento alle an- temporanei, legati alla colonizzazione e alla tichità della Libia, dell’Institut National du successiva incerta fase di decolonizzazione Patrimoine di Tunisi, temi sintetizzati nella dei paesi africani, al tema di una romanizza- bella mostra agli antichi forni di Macerata zione imposta o di una resistenza affermata del marzo 2014. Oggi non possiamo certo acriticamente senza fare i conti con i luoghi, dimenticare la crisi internazionale in atto, la i tempi, la profondità dei sostrati libico e pu- nuova frontiera che come ai tempi delle Arae nico. Infine il riconoscimento generoso del Philenorum separa Cirenaica e Tripolitania contributo individuale di ciascuno dei suoi (un tema caro a Di Vita, che vedeva la Tripo- valenti collaboratori, operai, restauratori, litania proiettata attraverso il Gebel verso oc- capi cantiere, specialisti; questa volontà di cidente, lungo la strada per Tacapae-Gabes), “lavorare insieme”, respingendo categorica- la presenza di truppe del Daesh e di eserciti mente la prospettiva falsamente progressista contrapposti in una Libia orfana di Gheddafi del rapporto tra culture egemoni e culture su- e bombardata dall’aviazione occidentale, con balterne, la voglia di immaginare per la riva negli occhi l’immagine della stazione aero- sud del Mediterraneo ma per noi stessi un portuale di Tripoli completamente devastata futuro desiderabile anche senza prevederlo e, o l’auto Wolkswagen del colonnello sventra- per usare un’espressione felice di Bibo Cec- ta nella prima sala del museo archeologico chini e di Ivan Blečić, di programmare una del castello di Tripoli. Di Vita era contro il fase nuova di un mondo futuro animato da terrorismo islamico, anche se ne parlava al città che vorremmo antifragili, partendo dal- passato a proposito ad esempio della rovino- la profondità della storia e dalla complessità sa conquista del Maghreb ad opera dei Bani delle culture diverse. Hilal e dei Bani Suléim. «Tale conquista, per Le Corbusier nel 1965 sosteneva: «Essere quanto certa critica modernissima, di estra- moderni non è una moda, è uno stato: Bi- zione francese ed araba, cerchi di farla appa- sogna capire la storia: e chi capisce la storia rire come quasi pacifica e civilizzatrice, dal sa trovare la continuità tra ciò che era, che punto di vista archeologico è testimoniata è e che sarà». Credo che una lezione di que- in Tripolitania, almeno, da profonde distru- sto tipo nel mondo sanguinoso e violento zioni e gli scavi condotti dal Dipartimento che stiamo vivendo sia davvero preziosa, so- libico alle antichità nella città alto-islamica di prattutto se metteremo da parte quell’idea Medinet Sultan oggi Sort tra il 1963 e il 1965 di “mare nostrum” che Franco Cassano ne Il sono, al riguardo, più che significativi». A pensiero meridiano considera «odiosa per il San Leucio di Caserta all’incontro promosso suo senso proprietario»: essa «oggi può essere da Serena Ensoli avevamo parlato del disa- pronunziata solo se si accetta uno slittamen- stro libico dopo il bombardamento del mar- to del suo significato. Il soggetto proprietario zo 2011, poche settimane prima della morte 5 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita di Mu’ammar Gheddafi (avvenuta il 20 ot- del 1979 e del 1993 dell’Enciclopedia Italiana: tobre), seguita due giorni dopo da quella di a Leptis Magna raccontano la via colonnata, Di Vita: allora avevo rievocato l’emozione il porto, il grandioso circo e l’anfiteatro quasi del viaggio compiuto con Raimondo Zucca, inedito con la piccola edicola dell’Artemide Piero Cappuccinelli, Salvatore Rubino, a Ci- efesia del 56 d.C, sul lato meridionale, con rene, Sabratha, Tripoli, l’antica Oea, Tagiura, la fondamentale scoperta dell’iscrizione nero- Leptis Magna, dove rimane evidente e visibile niana pubblicata da Ginette, il Serapeo, poi l’orma imponente dell’imperatore Settimio studiato frontalmente nei Quaderni del 2003, Severo e dei suoi figli; in quell’occasione a Sa- con specifica attenzione per le provenienze bratha a settembre 2008 avevamo incontrato dei marmi assieme a Lorenzo Lazzarini e Bru- Nicola Bonacasa, purtroppo scomparso a di- no Turi, soprattutto il pentelico delle statue cembre dell’anno scorso e Rosa Maria Carra, (anche dei capitelli del foro severiano), il mar- con i loro colleghi libici e i loro allievi, che mo lunense delle teste isiache, il docimio del scavavano ai piedi del mausoleo punico-elle- Marco Aurelio e del Serapide nero (con il cor- nistico B. po in marmo lesbio), il marmo greco scritto e Sono allora tornato ai due volumi di Scritti il proconnesio; e poi le pietre colorate, tra le Africani che presento aiutato da Giorgio Rocco quali emerge per bellezza la breccia nuvolata che leggerà dall’interno le principali imprese o la breccia corallina (marmor Sagarium) del- internazionali guidate da Di Vita e ho potuto le crustae parietali, proveniente dalla Bitinia; ripercorrere una strada davvero emozionante il marmor Lucullaeum, Scireticum, Chalcidi- che inizia nel 1962 in Libia e che documenta cum, Taenarium. Temi che rimandano ad una lo sviluppo nel tempo di tante grandi scoperte ricca committenza e alla grande importanza archeologiche, partendo dal Gebel tripolitano e prestigio del Serapeo: in questo quadro si- e dai due mausolei di Sabratha appena liberati gnificative appaiono le numerose dediche epi- dalle macerie: gli interventi pubblicati «spa- grafiche a Serapide in lingua greca presentate ziano – scrivono le curatrici – dalla topografia da Ginette: tra le iscrizioni latine si segnala il all’urbanistica e all’architettura, dalla pittura donario per Serapide e Iside del cittadino ro- ai mosaici, dalla scultura alle produzioni ce- mano Q. Titleis C.f. che si data alla metà del I ramiche, dall’epigrafia alla numismatica, alla secolo a.C. e dunque rappresenta la più antica storia delle istituzioni», partendo dal dato iscrizione latina di Leptis; ma ad indicarci il archeologico per ricostruire anche attraverso fascio di relazioni mediterranee si aggiungono la cultura materiale il più ampio e complesso le epigrafi relative ad un personaggio alessan- contesto socio-economico e storico della Li- drino signo Doulkiti, un Aur(elius) Sempronius bia antica. Mi pare che la presentazione dei Serenus e(ques) r(omanus) principalis Alexan- testi in ordine di pubblicazione –anche in dr(iae). questa sede– restituisca il senso di un conti- E poi l’arco di Marco Aurelio e quello di nuo progresso negli studi, di una sostanziale Settimio Severo; il tempio d’età flavia; ancora maturazione, con non pochi ripensamenti e di questi primissimi anni sono le indagini a qualche salutare polemica tra studiosi. Medinet Sultan, il Gebel e il predeserto con Il tema ricorrente del terremoto del 21 lu- il Gasr Laussàgia, il medio e basso Soffegin, glio 365 compare già nel primo articolo e per- con il gasr di età imperiale sull’Uadi Gar- corre tutti questi due volumi, dove passo passo giuma, il mausoleo di Uadi Mesueggi o di scopriamo una riflessione sempre più profon- Gasr el Banat. E poi le nuove acquisizioni del da e radicata. Le sue rassegne “Archeological Museo di Tripoli, come il misterioso ostracon News” su Libya Antiqua che dal 1964 arriva- inscritto di Assenamat, il doccione di Gasr no al V numero della nuova serie del 2010, el Banat, le lucerne di Zuara; a Sabratha era ma anche nella voce Libia delle “Appendici” in corso la redazione del volume di Elda Joly 6 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita dell’Università di Palermo sulle lucerne; si con la sua complessa planimetria, le sue ter- ripetevano i soggiorni di Pierre Salama che me, i suoi straordinari pavimenti musivi, in studiava i miliari dioclezianei, negando con particolare i mosaici figurati con le quattro soddisfazione di Di Vita l’ipotesi di un ab- Nereidi che corrono ritte sul dorso di altret- bandono della Tripolitania costiera durante tanti mostri marini, dei quali le tre perden- la tetrarchia. ti eccitano il corso mentre la vincitrice della Salama in realtà era arrivato in Libia per gara lo raffrena. Temi che rispondono ad una pubblicare, da buon numismatico, gli 8000 concezione decisamente barocca, aperta a folles di Massenzio dall’anfora ripescata a sviluppi futuri, ben distinti dai tondi (quel- Marsa Marcan (di cui all’articolo con Annali- li dei 4 venti) che appaiono più tradizionali, sa Polosa sui Quaderni del 2009, con 27000 accademici e concepiti secondo i dettami del pezzi). Dopo la guerra dei sei giorni Salama realismo pittorico. E poi i mosaici della se- non sarebbe più potuto tornare in Libia. E conda fase, che colgono già quelle tendenze poi le basiliche cristiane in area gebelica, la dettate dalla nuova estetica dell’età severiana, testimonianza di Henscir Taglissi con l’iscri- descritta ad esempio dal Picard e dal Fou- zione di Emiliano che disposuit, instituit, per- cher: Di Vita riconosceva nei loro confron- fecit la basilica, richiamando le laudes domino ti un debito, pur non trascurando critiche e omnipotenti deo e di suo figlio Cristo: un testo suggestioni. Allora si poteva accertare la di- dal vago sapore donatista già per Goodchild struzione alla metà del IV secolo in relazio- e Ward Perkins. Le aree cimiteriali cristiane ne al terremoto del 365 o alla scorreria degli con le cupae monolitiche secondo lo Gsell di Austuriani collocata da Ammiano Marcellino lontana tradizione punica. tra il 364 e il 366. E poi la parziale riutilizza- Fu Di Vita a dare nel 1964 alle terme zione. Ma l’aspetto più singolare è rappresen- di Tagiura la denominazione di “Villa della tato dall’ampio, informato e documentato gara delle Nereidi” (così ad altri monumenti quadro di confronti con altre ville di Oea e di come la tomba della Gorgone a Sabratha o la Leptis, come la villa del Nilo o quella di Dar tomba del defunto eroizzato), anche se an- Buc Annérea a Zliten. cora completamente da scrivere gli sembrava Negli anni successivi Di Vita avrebbe pun- la storia dei mosaici della Tripolitania. Due tualmente pubblicato altre rassegne, come anni dopo lui stesso ne avrebbe dato un fon- quella sull’attività a Sabratha e a Leptis nel damentale acutissimo contributo, 50 pagine, quadriennio 1976-79 uscita sui Quaderni del nei “Supplementi” a Libya antiqua, nel mo- 1985: l’area sacro-funeraria pagana di Sidret mento in cui –scriveva nel 1966– «lascio la el-Balik, l’acquedotto di Sabratha, il tophet carica di Consulente presso il Dipartimento di Ras el-Munfah con le sue 300 stele, i due per le Antichità della Tripolitania». mausolei con i blocchi originali del mausoleo Sarebbe stato l’ultimo europeo a rivesti- B all’insaputa di Di Vita «restaurati e sotto- re questo incarico: il quadro rispondeva ad posti ad un assemblage non privo d’errori nel un’esigenza, quella di ancorare il linguaggio nuovo museo». E poi il catalogo delle 1080 artistico alle fasi storiche della Tripolitania lucerne di Leptis studiate dalla P. Procaccini, romana. Si poteva ora partire dai bolli laterizi la fattoria di Umm Mbarka, i tre miliari di urbani sesquipedali e bipedali delle notissi- Sorman, uno dei quali - il più antico della me officine urbane di Domizia Lucilla, ma- Tipolitania - si data nell’età del proconsole A. dre di Marco Aurelio, datati al 155 (Severo et Caecina Severus, dunque attorno al 10 d.C. Sabiniano coss.) ed al 157 (Barbaro et Regulo Nel 1997 una rassegna di sintesi è quel- coss.), dunque nella piena età Antonina. Ora la pubblicata nel volume del Ministero degli era possibile accertare lo sviluppo della “villa Esteri sulle Missioni archeologiche italiane, di piacere” che si affacciava sul Mare Africum La ricerca archeologica, antropologica, etnolo- 7 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita gica, dove anch’io avevo presentato i primi sui MEFRA del 1968, sulle influenze greche risultati degli scavi di Uchi Maius: emerge tra e tradizione orientale nell’arte punica della tutti il tophet di Sabratha (monete studiate Tripolitania, che poggia su alcuni punti fer- da Lorenza Ilia Manfredi) e l’area sacro-fu- mi: l’improvviso sviluppo delle città autono- neraria di Sidret el Balik, che definiva il più me della Tripolitania dopo Zama, divenute esteso e importante complesso pittorico del civitates liberae et immunes dopo la caduta di IV secolo ritrovato finora non solo in Africa Giugurta; l’utilizzo della lingua punica, l’atti- ma nel mondo romanizzato o il più grande vità del tophet di Oea, gli stimoli greci e ales- complesso di pitture di IV secolo mai trovato sandrini sulle maestranze puniche che hanno in Africa, con la spaventosa difficoltà di rial- costruito il mausoleo B di Sabratha sotto la zare le pareti abbattute dal terremoto de 365; guida di un vero artista; più ancora di un arti- area salvata proprio prima che si costruisse la sta che visse e lavorò in una fase non tradizio- strada per la nuova città; inoltre il mosaico nalista dell’architettura ellenistica e in pieno della basilica giustinianea. E insieme le cri- clima barocco, elementi tutti ben leggibili tiche all’Unesco per il mancato intervento a dopo la difficile anastilosi; la precocissima Leptis dopo le alluvioni del 1987-88, il nuovo consapevolezza di un contatto con i mausolei museo, il foro vecchio, studiato frontalmen- regali della Numidia, penso alle ultime sco- te nel volume pubblicato nel 2005 assieme a perte algerine o –sull’altro lato del Mediter- Monica Livadotti, con i tre templi dei dii pa- raneo– con la facciata del Khazné a Petra nel trii e di Roma e Augusto sui quali non ha na- I secolo a.C., un tema rimasto in sordina ma scosto il garbato dissenso con le posizioni di ripreso nel 1989. Ricordiamo poi la scultura Nicolò Masturzo. Per noi è però quanto mai come nella stele di Ghadamés, nella statua interessante il tentativo di sintesi per definire di divinità di Leptis Magna, nelle teste di dei la lenta evoluzione delle classi dirigenti e del- provenienti dal Museo di Tripoli, nella statua la popolazione libica e punica, attraverso gli di offerente da Sabrata e nella bizzarra testa ordinamenti cittadini, i culti, la lingua parla- di “Dioniso”, che affermano un antropomor- ta e scritta, verso l’impatto della romanità e i fismo sorprendente in ambito punico. modelli romano-italici. Temi che percorrono Infine la pittura. tutta la produzione scientifica, facendo leva Il tema è quello dell’influenza di Alessan- sull’iscrizione relativa a quel M. Vipsanius dria sul mondo punico, dell’autonomia della Clemens redem(p)tor marmorarius templi Li- Tripolitania da Cartagine, pure esposta alle beri Patris pubblicata da Giacomo Guidi nel influenze egiziane, culturali, religiose, arti- 1934, IRT 275, ritrovata nell’ambiente im- stiche; anche se inaccettabile gli sembra la mediatamente ad ovest della cella, che lo por- posizione di quegli studiosi che denunciano tano a respingere l’ipotesi di un Campidoglio presso i Cartaginesi un’incapacità quasi strut- già in età augustea nel tempio di Liber Pater, turale di produrre un’arte autonoma. Il tema mentre il “lealismo” si esprimeva nel vicino è ripreso in più occasioni come nell’articolo tempio ottastilo di Roma e Augusto studiato sulle influenze alessandrine nel mondo gre- da Monica Livadotti e Giorgio Rocco ispira- co e punico del nord Africa, pubblicato ne- to al tempio del foro romano di Cesare divi- gli atti del congresso del Cairo del 1989 su nizzato, per quanto siano ben chiare le tracce Roma e l’Egitto e nell’articolo sui mausolei di di un edificio di un secolo più antico dell’età Sabratha e sulla tomba dipinta di Zanzur di augustea. Infine il piccolo tempio attribuito cui al convegno di Mainz del 2001. da Di Vita a Melkart-Eracle nel foro vecchio Al 1968 risale (su “Orientalia”) l’articolo è stato studiato da Maria Ricciardi. che chiarisce la destinazione dei tre templi La dimensione storica dei suoi interventi è del lato nord ovest del foro vecchio leptita- fortemente presente nell’articolo, pubblicato no: ben prima dell’età romana si veneravano 8 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita due divinità virili, Shadrapa e Milk’Ashtart, calcare grigio delle cave di Ras el-Hammam, sui quali si sarebbe prodotto il calco dei due cavato fino a Marco Aurelio usando il brac- dii patrii di Leptis, Liber Pater-Dioniso ed Er- cio punico, mentre nel corso della fase seve- cole, affiancati da Astarte: l’aspetto davvero riana il monumento sarebbe stato sommerso da sviluppare mi pare il fecondo contatto con dal marmo cavato utilizzando come unità di il culto imperiale di Roma e Augusto, docu- misura il piede romano. Stucchi ironizzava a mentato già nell’8 a.C. con i flamines di anti- sua volta sui “Quaderni” del 1976 sulla pos- che famiglie puniche addetti alle celebrazioni sibilità che l’arco fosse stato costruito solo previste dal calendario ufficiale. Temi che si per assicurare refrigerio ai passanti, “a scopo sarebbero estesi enormemente sotto Settimio umbratile”. Severo a Roma e in tutto l’impero con Cara- Di Vita rispondeva l’anno dopo con un calla, devoto di Libero e di Eracle negli anni breve e fulminante intervento di 8 pagine, della “ripresa cosmocratica”. con l’intento di ristabilire una verità scien- Al 1969 risale la presentazione di un di- tifica –scriveva– duramente maltrattata; la segno acquerellato settecentesco inedito collocazione urbanistica dell’arco all’ingresso dell’arco di Marco Aurelio e Lucio Vero a dalla strada Oea-Alessandria e la presenza dei Tripoli, che è senza dubbio la più antica e gradini gli sembravano portare obbligatoria- attenta veduta dell’arco: un documento più mente all’età della grande dinastia leptitana. eloquente e originale delle successive tavole C’è sullo sfondo la necessità di difendere di Ferdinand Hoefer con la nota Lemaitre di- Carmelo Catanuso, che aveva operato con rexit, di Mary Wortley Montague del 1816, piccole risorse, «senza aver potuto mai fruire di A. Baumeister del 1888, che appaiono di nessuno dei mezzi cospicui di cui fruisce «di ricostruzione», non eseguite davanti al da anni lo Stucchi». Tutta la questione è ri- monumento. Pochi anni dopo, nel 1975 sui presa sui “Quaderni” nel 2003, dove viene “Quaderni”, Di Vita discuteva con accenti presentata la “filosofia e prassi del restauro”, critici la proposta di restituzione dell’arco dei con riferimento ai pannelli dei rilievi figurati Severi a Leptis Magna presentata da Giovanni trasferiti al museo di Tripoli e riprodotti in Ioppolo e da Sandro Stucchi e pubblicava la calco nei fornici (come l’assedio di città e le ricostruzione di Carmelo Catanuso, che sa- due scene di sacrificio), grazie all’impegno di rebbe stata alla base dei restauri che conoscia- un restauratore dell’Università di Urbino. Ho mo. Non possiamo non condividere l’obie- visto che i rapporti tra i due erano migliorati zione sulla collocazione e la pertinenza dell’e- nel tempo, anche se Stucchi non aveva con- pigrafe dedicata ad un imperatore Divus, il diviso le posizioni di Di Vita sul foro severia- che obbligherebbe a immaginare che l’arco fu no. Del resto ancora sul necrologio di Sandro costruito dopo la morte di Settimio Severo Stucchi pubblicato sui “Quaderni” del 1992, o addirittura di Caracalla. Molto acute sem- Di Vita insisteva sulla dimensione “cirenaica” brano oggi le osservazioni, a valle del saggio degli studi del collega urbinate, di cui rico- di scavo di dieci anni prima, sulla colloca- nosceva i meriti, l’originalità, l’ampiezza del zione del monumentale tetrapilo all’incrocio contributo, partendo dalla positiva recensio- tra cardo e decumanus presso la porta Augusta ne sulla monografia sull’agorà di Cirene pub- salutaris, con la posizione presentata a Tarra- blicata nel 1965: «non così felici né il restau- gona nel 1993, interrompendo il percorso dei ro dell’arco di Settimio Severo a Leptis né gli carri nel punto più centrale della colonia Ul- studi leptitani dello Stucchi, alla cui cultura pia Traiana Leptis a causa della presenza di tre e preparazione la Tripolitania rimase sostan- gradinate interne. Più discusso il tentativo di zialmente estranea». Come non apprezzare retrodatare di un secolo il monumento origi- oggi questa sincerità senza limiti? A distanza nario, forse di età traianea, realizzato nel bel di oltre un decennio il tema del tetrapilo dei 9 Presentazione del volume Scritti Africani di Antonino Di Vita Severi di Leptis ritorna nel convegno de L’A- parzialmente felice. Solo sei su otto sono i frica Romana di Rabat del dicembre 2004 e pannelli superstiti con rilievi figurati a sog- ancora su “Libya antiqua” nel 2010: superate getto storico e allegorico, collocati negli in- le polemiche, ora viene ricostruita la storia cassi delle fronti interne dei piloni dell’arco, davvero complessa del restauro del monu- alcuni sicuramente sistemati dallo Stucchi in mento dalla spedizione di Federico Halberrr modo improprio, l’assedio di città (Seleucia del 1910, allo scavo di Renato Bartoccini del per Ward Perkins), le divinità, i sacrifici, la 1923-24, di Giacomo Guidi (1930-31), di acclamazione di Caracalla e Geta. Niente di Sandro Stucchi (dal 1970 al 1992) e di Li- tutto ciò inficia il valore profondo dell’arco, diano Bacchielli (1992-96), la cui prematura con i quattro grandi rilievi che rappresen- scomparsa ancora ci commuove. Di Lidiano tano due solenni parate militari, una scena conservo un ricordo prezioso, il suo soggior- di sacrificio, Settimio Severo e Caracalla che no in Sardegna appena concluso il concorso si stringono la mano davanti a Geta Cesare: che lo aveva portato in cattedra ad Urbino. emerge la propaganda di corte, la vita milita- Un sorriso aperto e leale, una grande gioia di re, la pietà religiosa, l’armonia e la concordia vivere, una serie di progetti straordinari, nei interna, il diritto alla successione dinastica. quali pensava di coinvolgerci tutti. È stato Nello stesso anno per gli Hommages à Mar- un grande dolore averlo perduto: un dolore cel Renard, Di Vita poneva il tema dell’epoca, che avevamo espresso nelle conclusioni del del contesto e delle circostanze della fonda- convegno cirenaico di Roma del dicembre zione di Leptis e Sabratha, che non può essere 1996 promosso da Lidio Gasperini. Di Vita avvenuta senza il concorso o l’assenso di Car- ricorda le lunghe interruzioni negli interventi tagine, prima ancora della formazione dell’e- sull’arco «una delle maggiori imprese di re- parchia siciliana o sarda: dunque per Leptis stauro monumentale che dopo il 1951 ab- già alla fine del VII secolo a.C., quando la biano avuto luogo in Tripolitania», i marmi colonia inizia apparentemente ad obbedire ai arbitrariamente spartiti tra i musei di Tripoli disegni e alle necessità della nuova metropoli. e Leptis, i calchi dei rilievi storici, la nuova Al IV secolo sarebbe da ricondurre Sabratha; cupola in vetroresina, l’iscrizione collocata temi che determinano la successiva riflessione sulla fronte verso Tripoli che non è pertinen- del 1971 sugli “Annali di Macerata” su Fenici te all’arco, ma non è stata rimossa in quan- e Punici in Libia, dove si sottolineano i rap- to preziosa testimonianza del pensiero dello porti più antichi con il mondo miceneo da Stucchi. Rimane l’idea di un primo arco, tra- un lato e dall’altro il saldo possesso delle co- ianeo, in calcare di Ras el Hamman sulla stra- ste della Tripolitania da parte della Cartagine da Cartagine-Alessandria. La complessa ana- ellenistica, pervasa da influssi alessandrini. stilosi completata tra il 1997 e il 2004 grazie Commentando il volume dell’Enciclope- all’impegno dell’équipe tecnica guidata da dia Classica del 1970 dedicato da Pietro Ro- Gastone Buttarini dell’Università di Urbino, manelli alla Topografia e archeologia dell’Africa con l’ausilio di Paolo Frigerio e Mohammed romana, bilancio di un secolo intero di ricer- Drughi, si è realizzata grazie al finanziamento che archeologiche, la nostra Bibbia di archeo- di quasi mezzo milione di euro del Ministe- logia provinciale, Di Vita presenta un quadro ro degli Affari Esteri, del Murst e del CNR davvero complesso di «considerazioni, note ed ha compreso la realizzazione della cupola segnalazioni», in realtà di critiche e di aggior- centrale in vetroresina e la collocazione dei namenti che si estendono dalla Tripolitania calchi dei pannelli figurati, realizzati in tempi a tutto il Maghreb, dimostrando insieme diversi e dunque non sempre uniformi; infi- ammirazione per il Maestro ma anche piena ne le otto lesene angolari dell’ordine inferiore libertà di discuterne metodi, categorie inter- scolpite con girali animati e trofei è stata solo pretative, cronologie, limiti in una documen- 10

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Ho letto con emozione questi due volumi di Scritti Africani di Antonino Di Vita, curati da Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginet- te Di Vita Evrard,
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