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Potere senza stato PDF

203 Pages·1985·9.513 MB·Italian
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Universale scienze sociali ANGIONI ASAD AUGÉ BERNARDI BROMBERGER CIRESE GALUNI SIGNORELLI SOLINAS POTERE SENZA STATO A cura di Carla Pasquinelli Editori Riuniti Indice VII Nota IX Carla Pasquinelli Perché potere senza Stato L Società senza Stato 3 Bernardo Bernardi Il potere nelle società acefa ie 21 Pier Giorgio Solinas Guerra e matrimonio IL Corpo e potere 51 Talal Asad Potere e rituale nella Chiesa medievale. Note sulle pene corporali e la verità 83 Clara Gallini Il corpo e la sua immagine: forme del po tere penale HL Immagini del potere 101 Mare Augé Ideo/logiche del potere 115 Christian Bromberger La seduzione del potere. Procedure simboliche di legittimazione nell'Islam rivoluzionario 135 Giulio Angioni Dominio ed egemonia: problemi di defi nizione e di estensione IV. Potere e modernità 151 Amalia Signorelli Patroni e clienti 163 Alberto M. Cirese Il potere del computer: come coman dare a un servo che non ha paura della morte? Nota Questo volume raccoglie gli atti del convegno « Potere senza Stato », organizzato dall'istituto di discipline socio-antropologiche della facoltà di magistero della Università di Cagliari, nei giorni 10 e 11 maggio 1984. Si ringrazia il preside prof. Silvano T agliagambe e i docenti dell'istituto di discipline socio-antropologiche, e in particolare i professori Paola Atzeni e Chiarella Rapallo, il dott. Benedetto Caltagirone, la dott.ssa Giannetta Corriga e la dott.ssa Gabriella Da Re per quanto hanno fatto collaborando alla organizzazione ed alla riuscita del convegno. Carla Pasquinelli Perché potere senza Stato 1. Un lungo silenzio Mi rendo conto che una espressione come « potere senza Stato » può risultare abbastanza ambigua perché fa pensai:e alle cose piu diverse. Per quanto mi riguarda voglio con essa indicare due fenomeni ben distinti e cioè tanto quelle società in cui il po tere non è localizzato nello Stato e nei suoi apparati che quelle forme di potere diffuse nel corpo sociale delle società statuali, sviluppatesi al di fuori o contro lo Stato. Ma forse piu che ambigua può apparire arbitraria per la pretesa che ha di mettere insieme culture e storie che siamo sempre stati abituati a considerare se parate e cioè società primitive e mondo occidentale. Tanto piu che si tratta di un accostamento basato su una definizione in ne gativo e come tale debole, perché, se anche permette in qualche misura di delimitare l'oggetto di indagine, questo rischia comun que di rimanere indeterminato, per il venir meno di quell'anco raggio allo Stato su cui si è formata la nostra immagine(zione) del potere. Di potere sénza Stato si è cominciato a parlare da quando la antropologia politica ha preso ad interrogarsi sulla presenza e sul la qualità del potere nelle società acefale. Cosi come è ormai d'ob bligo, dopo Foucault, parlare di potere diffuso ogniqualvolta si accenna alla società post-industriale. Ma queste analisi sono sem pre state condotte isolate l'una dall'altra. Credo invece che si sia no intersecate in piu di un punto ed in particolare mi sembra che la ricerca delle forme del potere nelle società primitive sia stata non senza rilievo per l'orientamento che da qualche anno ha as sunto l'analisi e la morfologia del potere nelle società complesse. Vorrei quindi cercare di ritrovare questi nessi, ricostruire la tra ma di questo rapporto per porre un'interrogazione sul potere che X aiuti a ridisegnarne la mappa. Perché il potere sfugge ad ogni messa in scena che lo disveli, si nasconde, si maschera, assume al tri sembianti ogni volta che si cambia prospettiva o che si sceglie un punto di vista diverso. Eppure è là, presente, è una costante della società e della storia, non si tratta che di renderlo visibile. Nelle società primitive il potere è rimasto per lungo tempo invisibile almeno ad un occhio occidentale. Finché veniva inter rogato a partire dallo Stato il potere restava muto, assente. Abi tuati a quella visibilità e riconoscibilità che ha nel mondo occi dentale, localizzato com'è in un luogo suo proprio (nello Stato e nei suoi apparati), se lo Stato non c'era voleva allora dire che non c'era nemmeno il potere. E cosf le società primitive sono state giudicate società senza potere. Poi sono venuti i funzionali sti che ci hanno spiegato che società di tal fatta non possono esi stere, dal momento che il potere è quello che tiene insieme una società, difendendola dall'entropia che minaccia di distruggerla. Se si voleva saperne di piu bisognava mettere da parte ogni re siduo eurocentrico, smettendo di guardare alle società primitive per ritrovarvi anticipata e deformata la nostra immagine. Restava comunque vero che il potere era nascosto. In assenza di circuiti specializzati bisognava andare a cercarlo altrove, per trovarlo là dove meno ce lo saremmo aspettato e cioè in quelle istituzioni che noi siamo abituati a considerare private come la famiglia, la parentela, il lignaggio ecc. 2. Le società senza Stato A rompere il ghiaccio sono stati due libri, African Politica! Systems a cura di Fortes ed Evans-Pritchard e I Nuer di Evans Pritchard, usciti entrambi nel 1940, anno a cui si fa ormai con cordemente risalire la data di nascita della antropologia politica. Cominciamo dal primo perché tra i due è quello che piu diretta mente si è misurato con i problemi metodologici e teorici posti dall'analisi del potere in società sprovviste di istituzioni specializ zate a rappresentarlo. Un'impresa da pionieri dunque visto che i pochi strumenti a portata di mano erano quelli forniti dalla poli tologia e dalla filosofia politica occidentale, che alla prova dei fatti dovevano rivelarsi, se non proprio inservibili, del tutto insuf ficienti. In particolare il concetto di potere a loro disposizione era XI quello elaborato in riferimento ad una tipologia molto ristretta e soprattutto formatasi attorno ad un oggetto troppo circoscritto. A notarlo è un nome di tutto rispetto della antropologia sociale britannica, come Radcliffe-Brown, che, nella prefazione ad African Political Systems, cerca di porvi in qualche modo rimedio, for nendo una definizione di potere abbastanza ampia o comunque tale da poter soddisfare al compito non facile di fare da guida alle analisi di quanti si venivano mettendo sulle sue tracce nelle società primitive. Stando a questa definizione il potere viene a coincidere con « il mantenimento o l'instaurazione dell'ordine sociale nei limiti di un territorio, mediante l'esercizio organizzato di un'autorità capace di imporre le proprie decisioni ricorrendo all'uso o alla possibilità dell'uso della forza fisica» (Radcliffo-Brown, 1940, XIV). Come noterà Beattie molti anni piu tardi, Radcliffe-Brown cerca qui di mettere insieme due criteri diversi, facendo riferi mento « in primo luogo al fine a cui è diretta l'attività politica, cioè il regolamento e il controllo dell'ordine sociale entro un dato territorio e, in secondo luogo, agli strumenti mediante i quali il fine citato è conseguito, vale a dire all'esercizio dell'autorità, so stenuto dalla forza» (Beattie, 1972, p. 203). Mentre il secondo di questi due criteri è ancora tutto interno alla logica weberiana, in quanto ancora fondato sulla relazione comando/obbedienza e come tale si rivelerà inadeguato a spiegare un gran numero di società primitive, è solo il primo criterio che appare invece utiliz zabile nell'analisi delle società senza Stato. Ma nonostante che Radcliffe-Brown sia riuscito solo parzialmente nel suo proposito di attrezzare l'antropologia di un concetto di potere adeguato al suo oggetto di studio, ha messo gli antropologi sulla buona strada, con il suggerire loro che studiare il potere non vuol dire altro che scoprire in quale modo una società realizza l'ordine sociale. Non esistono infatti società le cui norme, come ci ricorda Luty Mair, « siano automaticamente osservate» (Mair, 1982, p. 18). Se que sto è vero, non resta che indagare quali sono per ogni società i meccanismi e le strutture che inducono al rispetto delle regole, che la fondano e che la difendono dalle proprie contraddizioni. Tra le prime a beneficiare di questa impostazione sono state le società di lignaggio, che hanno cosi finalmente rivelato un or dine ed una regola là dove per lungo tempo era stato visto solo anarchia e caso. A parlarcene oltre ad African Politica! Systems è XII la bella monografia di Evans-Pritchard su I Nuer. Per società di lignaggio si intende - conviene forse qui brevemente ricordar lo - quelle società formate da gruppi di persone collegate per via maschile da rapporti di parentela effettivamente determina bili (discendenza patrilineare). La struttura del lignaggio costi tuisce la base del sistema politico: ogni lignaggio si suddivide in un numero molto vasto di lignaggi minori (segmenti) ed ogni membro è legato al proprio lignaggio da vincoli di solidarietà. I lignaggi costituiscono infatti dei gruppi corporativi, che preve dono un alto livello di cooperazione, tanto che se un suo mem bro viene offeso od ucciso tutti gli altri membri del lignaggio si impegnano nell'esigere un compenso per il danno subito, compen so che poi viene diviso tra tutti. Se l'offesa non viene debitamen te riparata allora il contenzioso degenera nella faida. Per Evans-Pritchard la faida diventa una delle chiavi di let tura del potere primitivo. Dietro l'apparente insensatezza e cru deltà di una serie ininterrotta di omicidi e di vendette si delinea una delle principali istituzioni politiche dei Nuer. Il perseguimento della vendetta è infatti il segnale dell'esistenza di una norma che è stata violata e che va fatta in qualche modo rispettare. Tanto il compenso che la vendetta non sono altro che un implicito rico noscimento che l'assassinio è una infrazione alle regole. Ma c'è anche dell'altro: la faida è efficace non solo come sanzione so ciale, in quanto il timore di subirla può essere un importante in centivo a rispettare le regole, ma è anche il mezzo grazie al quale si rafforza la solidarietà di gruppo, delimitandone i confini e ren dendo visibile la comunità politica. Se infatti per comunità poli tica si intende quel gruppo formato da tutti coloro che accettano una norma comune di legge, allora la comunità politica dei Nuer è quel gruppo al cui interno si paga un compenso per l'omicidio. Negli scontri tribali non viene invece accettato nessun pagamen to in riparazione ad un'uccisione e quindi al posto della faida subentra la guerra. Ma anche la guerra è un indice per scoprire il sistema politico, perché rende visibile la comunità di lignag gio, nel momento stesso in cui si contrappone e si scontra con gli altri lignaggi. Del resto in tutte queste società in cui il po tere resta una sorta di energia diffusa, esso può venire piu facil mente colto dall'esame delle relazioni esterne. Lo scontro con l'Altro è infatti uno dei mezzi attraverso cui il potere si cristalliz za e si manifesta, essendo la guerra tra le altre cose la maniera in XIII cui un gruppo acquisisce cosdenza di sé come gruppo perché sta bilisce ogni volta chi deve riunirsi e contro chi. L'indicazione di Radcliffe-Brown ha finito dunque per dare i suoi frutti. Grazie ad essa il potere è emerso dal corpo sociale svincolandosi da istituzioni che, invece di rappresentarlo, lo na scondono. Con gli anni e con il moltiplicarsi delle ricerche sulle società acefale la definizione di Radcliffe-Brown (che pure resta alla base delle analisi degli antropologi britannici) verrà precisata in una direzione che finirà per metterne definitivamente in luce il carattere positivo relegando sempre piu sullo sfondo il riferimento alla forza. Dall'ordine sociale, con il cui mantenimento Radcliffe Brown faceva coincidere il potere, l'accento si sposta sulla coope razione tra i membri del gruppo. Cosi per Schapera il potere di venta « quell'aspetto dell'intera organizzazione che .è interessato alla instaurazione e al mantenimento della cooperazione interna » (Schapera, 1956, p. 218). La ricerca delle regole che sottostanno e guidano la cooperazione tra i membri di un gruppo diventa ora il punto di vista privilegiato che permette di mettere a fuoco le forme che il potere assume nelle società acefale. Ad essere analiz zate saranno ora soprattutto quelle istituzioni che servono a ce mentare i vincoli comunitari e a rafforzare la solidarietà di grup po. Come ad esempio i riti e le cerimonie che, assicurando una rimessa a nuovo periodica od occasionale della società, contribui scono a mantenere e a ricreare la cooperazione interna. Con Gluck man il rito diventa una modalità per esprimere e dare visibilità ai conflitti ma anche per ricomporli riconfermando l'unità della so cietà e portando all'accettazione dell'ordine sociale in maniera mol to piu efficace e radicale di quanto non faccia la minaccia della forza. Ma oltre ad essere una forma di controllo sociale, il rito è anche una epifania del potere, una maniera attraverso cui si rende visibile la comunità e la sua articolazione interna, perché è solo con la partecipazione al rito che le differenze di status si mani festano, scomponendo l'apparenza egualitaria delle società primiti ve in una serie distinta di ruoli e di funzioni. I funzionalisti sono stati piu volte criticati, e molto spesso a ragione, per la loro esclusiva attenzione al funzionamento del si stema sociale e delle sue istituzioni piu che all'analisi delle istitu zioni stesse. Ma a ben guardare è proprio questa impostazione che li ha messi in grado di vedere quello che altre metodologie non XIV erano riuscite a portare in luce. Nel caso specifico del potere l'analisi funzionale ha permesso, in assenza di circuiti specializ zati come lo Stato, di cogliere la sua presenza in molte istituzioni che noi consideriamo pre-politiche. Con piu precisione a mettere gli antropologi britannici sulle tracce del potere è stata la sco perta che ogni istituzione primitiva assolve a piu di una funzione. Si tratta di quella plurifunzionalità delle istituzioni primitive di cui hanno parlato Beattie e Schneider riferendosi in particolare alla parentela e che è stata in tempi piu recenti ripresa anche da Gode lier. Cosi la parentela non ha un contenuto ptoprio ma è piuttosto un contenitore, o meglio è la forma simbolica in cui si esprimono i vari contenuti della vita sociale, le relazioni economiche, politiche religiose ecc. In altre parole in molte società acefale i rapporti di parentela funzionano da rapporti politici. Come ad esempio tra le bande dei Boscimani la struttura politica si fonde e si confonde con la parentela. O tra i Somali del nord, studiati da Lewis, una genealogia non è un semplice albero genealogico, ma « rappresenta le divisioni sociali della popolazione in gruppi corporativi » (Lewis, 1983, p. 22). Ma c'è un altro aspetto con cui il potere si presenta nelle so cietà primitive che sconvolge i nostri abituali parametri di rife rimento formatisi sulla bipolarità della relazione comando/obbe dienza, ed è la molteplicità dei livelli in cui esso si manifesta. Si tratta di quella « polivalenza politica» (multipolity) di cui ha par lato Southall a proposito della parentela e che è stata ripresa e sviluppata da Bernardi nell'analisi dei sistemi di classi di età. Molto in breve - perché Bernardi ne parla estesamente nel sag gio raccolto in questo libro - il sistema di classi di età è quel tipo di 011ganizzazione in cui gli individui della stessa età ven gono reclutati in gruppi (classi di età) che passano attraverso i successivi ruoli di guerriero, di marito, di anziano ecc. cioè attra verso diversi ruoli sociali definiti dall'età. In tal modo ogni indi viduo (mai come individuo ma sempre come membro di una clas se) è chiamato a svolgere nel corso della propria vita diversi ruoli sociali e ad esercitare per ogni ruolo le funzioni di potere che competono a quel ruolo. Il potere è infatti spartito fra le varie classi di età. Si tratta di un potere diffuso, distribuito nel corpo sociale non in maniera casuale ma secondo una griglia molto stret ta di norme e di modalità di accesso, che prevede per tutti i mem bri della società un suo esercizio parziale e temporaneo. In questo xv contesto il potere non è altro che « la capacità di svolgere atti vità sociale» (Bernardi, 1984, p. 59). La diffusione del potere cambia infatti la natura stessa del po tere, o meglio a cambiare è piuttosto la nostra immagine del pote re. Nel momento in cui le società primitive perdono la loro fisio nomia ambiguamente esotica, a cui le confinava la nostra rilut tanza ad accedere ad un diverso set di norme e di valori, per mo strare una complessità insospettata, ci scopriamo improvvisamente in debito nei loro confronti. Grazie ad esse il potere perde il suo aspetto demoniaco per svelare un suo volto benigno, sconosciuto all'Occidente, rivelandosi piu un dovere che un diritto, piu l'eser cizio di una attività sociale volta a rafforzare la cooperazione ed i legami comunitari che il mero esercizio della forza. Un potere produttivo, definito piu dall'abilità di fare che dalla possibilità di vietare, un potere comunitario che si manifesta nel momento in cui non è ancora monopolio di un gruppo o di una istituzione. Resta da vedere se nelle società primitive il potere è diffuso perché possiede tali caratteristiche positive o se è la sua diffu sione che lo rende tale, preservandolo dall'assumere i connotati del dominio e della forza. Invano cercheremmo una risposta nelle analisi dei funzionalisti. Tanto piu che c'è da chiedersi quanto questa lettura cosf armonica del potere non sia anche in parte dovuta ad una interpretazione come quella funzionalista preoccu pata di dare per ogni società soprattutto un'immagine di ordine e di equilibrio. 3. Da Clastres a Foucault All'antropologia funzionalista rimane comunque il merito di avere per prima indagato sul potere nelle società primitive e di averne messo in luce il carattere comunitario. Ma nonostan te questo mi sembra che sia rimasta anch'essa prigioniera del pri mato dello Stato. Infatti a ben guardare lo Stato rimane il pun to di riferimento obbligato rispetto al quale misurare la quan tità di potere presente nelle varie società prese in esame e valu tarlo sulla base di concetti occidentali (coesione, ordine, coerci zione, ecc.). Indicativo a questo proposito è l'atteggiamento di Lucy Mair - ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi - che è

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