SEUI nowitz P. Post-Work Per la fine del lavoro senza fine. «II nuovo universo del post-lavoro costituisce una rottura netta con i presupposti culturali e sociali del lavoro senza fine. Ciò che in passato è stato definito utopistico è oggi una necessità pratica. Il mondo del post-lavoro non è necessariamente un mondo di tremenda povertà, fatica e penuria, ma può essere un universo di potenzialità umane e sociali infinite, dove a tutti è garantita una vita agiata. Dove sarà possibile formulare l’idea di URAS TUE LG e DE GRES LESSE di creatività e libertà, solo con un movimento che lotti per questo obiettivo. Pensiamo che l’avvento del post-lavoro sia del tutto possibile. | tempi sono maturi per un movimento che lotti per un aumento del salario e una riduzione dell'orario di lavoro. Riteniamo che tutti abbiano diritto a un tenore di vita dignitoso. [...] Osiamo immaginare un mondo oltre la penuria, in cui il futuro senza lavoro non sia contraddistinto da miseria e disperazione, ma dalla possibilità di liberare il tempo e godere appieno della propria libertà. Immaginare significa non solo WF EGSsEcrcrA FG SERIE ammettere che il presente può essere modellato proprio come lo sogniamo. Immaginare significa spingersi oltre i confini della routine. l'immaginazione risiede non solo nel sogno creativo individuale, ma anche nei movimenti culturali che creano nuovi percorsi, nuovi sogni che si concretizzano nella solidarietà sociale, UGUERS GE LrARGRGUERI ITER [...] Immaginare un percorso differente è sempre rischioso; ma in un mondo in cui la globalizzazione del capitale e le tecnologie informatiche distruggono il lavoro, non immaginare un'alternativa è ancora più rischioso. In mancanza di un'alternativa, gli individui e le collettività resteranno in balìa di chi detiene il Digitized by the Internet Archive in 2022 with funding from Kahle/Austin Foundation https://archive.org/details/postworkperlafin0000aron DeriveApprodi 63 I libri di DeriveApprodi © DeriveApprodi srl Tutti i diritti riservati | edizione: settembre 2006 DeriveApprodi srl Piazza Regina Margherita 27 00198 Roma tel 06-85358977 fax 06-97251992 [email protected] www.deriveapprodi.org Progetto grafico: Andrea Wòhr In copertina: Caiguo-Qiang l'editore resta a disposizione per eventuali aventi diritto sull'immagine di copertina ISBN 88-88738-90-8 DeriveApprodi SEZ Ti Post-Work ‘Per la fine del lavoro senza fine Antologia a cura di Bruno Gullì a SVI 1» fl (n E Prefazione Bruno Gullì I saggi pubblicati in questo volume rappresentano una selezione ri- stretta, anche se comunque significativa, dell’ampia e varia produ- zione di Stanley Aronowitz, che ha inizio nei primi anni Settanta e che si pone oggi al centro del dibattito politico e culturale sia negli Stati Uniti che sulla scena globale. Non è facile, in un’introduzione che vuole essere breve, dare un’idea adegudta dell’opera di un auto- re dagli interessi vasti e molteplici, com'è il caso di Aronowitz. Data questa difficoltà, proverò a parlare brevemente dei testi qui presen- tati tenendo presente quello che forse costituisce il tema di fondo dell’opera di Aronowitz: la questione del lavoro, sia nel senso della critica del lavoro produttivo che in quello di un’indagine sulle pos- sibilità del lavoro vivo, libero dalle costrizioni del capitale. In tal modo ci si potrà fare un’idea del contesto più ampio entro il quale i presenti scritti vanno collocati. È infatti attorno a questa questione che i molteplici interessi di Aronowitz — dalla critica del mondo del- l'istruzione a quella dei rapporti tra scienza e capitale e all’ecologia, dalla sociologia alla filosofia, dalla teoria alla pratica della politica — vengono a costituire un discorso generale di critica della società e della cultura, e una visione di ciò che può darsi in futuro. Nell’introduzione alla nuova edizione del suo primo libro, False Promises: The Shaping of American Working Class Consciousness (Duke University Press, 1992), originariamente pubblicato nel 1973, Aronowitz dà un senso assai preciso di uno degli aspetti fon- damentali della propria opera come parte dello sforzo di recupero della storia del lavoro concreto, cioè del lavoro vivo, oltre e nono- stante i dettami del capitale. Si tratta di quello sforzo che, a partire dalla pubblicazione del libro di E.P. Thompson sulla formazione della classe operaia inglese, inaugura un’ampia tradizione che, tut- tavia, negli Stati Uniti, deve fare i conti, sottolinea Aronowitz, con la 7 frammentarietà estrema del processo di formazione della soggetti- vità del movimento operaio, che ottiene risultati importanti in alcu- ne città come New York, Chicago e altri centri industriali più picco- li, ma non approda mai alla creazione di una vera e propria contro- cultura nazionale. Tuttavia, come si è detto, il recupero storico del lavoro vivo, benché essenziale, costituisce solo un aspetto dell’opera di Aronowitz, cui va aggiunto l’aspetto più teorico e programmatico, già presente anche nel suo primo libro, False Promises, ma più am- piamente elaborato in molti altri scritti. E nel presente volume sarà possibile farsene un’idea molto chiara soprattutto leggendo Futuro senza lavoro?, scritto in collaborazione con William DiFazio, e Post- Work Manifesto, scritto con DiFazio, Dawn Esposito e Margaret Yard, così come gli altri saggi di critica della politica e della cultura. In False Promises questo secondo aspetto è già presente. Il recu- pero storico e il programma teorico (e ovviamente pratico) sono presenti nell'opera di Aronowitz fino ai suoi lavori più recenti, cioè How Class Works: Power and Social Movements (Yale Univer- sity Press, 2003) e Just Around the Corner: The Paradox ofthe Jobless Recovery (Temple University Press, 2005). Entrambi questi aspet- ti si fondano su un’importante estensione del classico paradigma marxiano al fatto ontologico e storico della soggettività proletaria, non semplicemente come coscienza, ma come passaggio da po- tenza ad atto — condizione necessaria per pensare la rivoluzione e innescarne il processo. Affinché questa «possibilità soggettiva» diventi una realtà attuale, i concetti di lavoro e di produzione vanno intesi nel senso più ampio del termine, cosa che lo stesso Marx fa, e non ridotti a mere categorie dell'economia politica. Così in False Promises si legge: «Il punto di vista di Marx sul significato della produzione sociale viene spesso ridotto all'idea che gli esseri umani hanno bisogno del lavoro per produrre i mezzi essenziali di sussistenza». In realtà, «Marx è tra i pochi teorici del sociale a ve- dere il lavoro come espressione della vita umana in quanto tale». Ovviamente Aronowitz non è il solo a vedere e adoperare questo concetto di lavoro più ampio presente in Marx e che rende possibi- le il discorso ontologico e storico sulla soggettività proletaria, e il discorso che questa stessa soggettività può fare intorno a se stessa. I lettori dei Grundrisse ne sono in generale pienamente consapevo- li; nel contesto italiano, il lavoro teorico che ha inizio con la pub- blicazione dei «Quaderni Rossi», quello di Mario Tronti e di Anto- nio Negri in particolare, va nella medesima direzione. In generale, questo discorso si inserisce in una critica del marxismo tradizio- nale o «scientifico», dell'economismo e del positivismo che gli sono propri; una critica che ricerca nuove e più adeguate forme per la comprensione e la trasformazione dei fenomeni sociali.