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Populismo digitale. La crisi, la rete e la nuova destra PDF

99 Pages·2017·0.874 MB·Italian
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Temi www.raffaellocortina.it © 2017 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Indice Introduzione 1. Gli equivoci del populismo 2. La realtà come costruzione virale 3. Populismi digitali e para-fascismi 4. Il fascismo travestito da democrazia diretta Conclusioni Riferimenti bibliografici La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati. ANTONIO GRAMSCI, Quaderni dal carcere Introduzione Internet è un supermedia che assorbirà tutti gli altri. GIANROBERTO CASALEGGIO, Veni Vidi Web Nei primi anni Novanta, l’incubo di molti italiani era morire democristiani. Poco prima del terremoto di Mani Pulite, sembrava che Andreotti, Forlani, Craxi & Co. (allora si chiamavano Pentapartito) avrebbero governato l’Italia per sempre, o almeno finché loro e i nipoti o gli eredi fossero rimasti in vita. Ma gli italiani non sono morti democristiani. E nemmeno berlusconiani: il governo del Cavaliere (come veniva chiamato allora), che alcuni osservatori precipitosi o un po’ paranoici consideravano una sorta di colpo di Stato riuscito,1 si è dimostrato abbastanza effimero. Dalle elezioni clamorosamente vinte nel 1994 alle dimissioni del novembre 2011, Berlusconi ha governato poco più di otto anni, in tre riprese. Alla fine, gli sforzi congiunti dell’establishment politico-economico europeo e di quello italiano l’hanno mandato a casa (ma Berlusconi ha dato un robusto contributo alla propria defenestrazione, sia per la palese debolezza del suo ultimo governo, sia per il disinvolto stile di vita). E probabilmente gli italiani non moriranno nemmeno renziani, a giudicare da quello che è successo dopo il 4 dicembre 2016. Fino a quella data il giovane Matteo Renzi sembrava l’astro nascente della politica italiana e un futuro protagonista di quella europea. Ma la disfatta al referendum e la pessima gestione del suo partito nei mesi successivi ne fanno già un leader appannato, se non al tramonto. Allora gli abitanti del cosiddetto “Bel paese” moriranno grillini? Tutto sommato, non ne sarei così sicuro. Mentre scrivo queste righe,2 i sondaggi danno il M5S in gara per il primato relativo alle elezioni, nonostante la disastrosa prova della sindaca Virginia Raggi nell’amministrazione di Roma.3 Dal 2013 a oggi l’elettorato grillino si è dimostrato stabile, indifferente ai clamorosi errori politici, alle faide e agli scandali che hanno distinto il M5S. Tuttavia, nonostante la fedeltà degli elettori, la sua natura di formazione alternativa all’intero sistema politico fa sì che non possa allearsi con nessuno e che quindi resterà probabilmente fuori dal governo, almeno in un prossimo futuro.4 Ma potrei sbagliarmi e, chi lo sa, quanto prima assisteremo a un’alleanza considerata oggi improbabile. Il punto è che nessuno oggi può fare previsioni politiche, nemmeno nel breve periodo. E questo vale per tutto il mondo e in particolare per l’Occidente, dove si susseguono le contese elettorali. I sondaggi si sono clamorosamente sbagliati sul referendum del giugno 2016 per la Brexit e soprattutto sulle elezioni presidenziali americane del novembre 2016.5 Il ricambio dei leader è rapidissimo e l’imprevedibilità la caratteristica principale della scena politica internazionale. Il premier inglese Cameron, che appariva fino al referendum sulla Brexit uno dei padroni d’Europa, è scomparso definitivamente di scena. E così Sarkozy, corresponsabile con Cameron della sciagurata guerra in Libia del 2011. E non parliamo di Hollande. Oggi (maggio 2016), nessuno può escludere che perfino Angela Merkel, che governa la Germania da tanto tempo, sia ridimensionata e che l’Unione Europea inizi a sfasciarsi. E nemmeno che Trump rischi, se non l’impeachment, un lungo conflitto con gli altri poteri , che ne USA indebolirebbe il governo. La mia ipotesi è che l’imprevedibilità elettorale dipenda dal prevalere della politica digitale su quella reale. Da quando le appartenenze ideologiche tradizionali sono svanite o entrate in crisi, i sistemi consueti di rilevazione non sarebbero più in grado di cogliere i cambiamenti repentini dell’opinione pubblica. Nella dimensione virtuale o digitale della politica, nuovi attori possono salire rapidamente alla ribalta grazie alla loro capacità di influenza nei social media. La rete appare oggi l’ambiente in cui si elabora la maggior parte delle scelte decisive della vita pubblica. D’altronde, questo è confermato dallo stile molto simile di due personaggi che, al di là della loro importanza politica, ovviamente diversissima, detestano la stampa e preferiscono affidarsi ai social e alla comunicazione digitale. Il primo è Donald Trump che, come è noto, esterna soprattutto su Twitter. Il secondo è Beppe Grillo, leader di un movimento politico guidato in tutto e per tutto da un blog e dai webmaster che lo controllano.6 Ma che significa prevalenza della politica virtuale su quella reale? Significa semplicemente che l’opinione pubblica, che da sempre costituiva l’ambiente privilegiato della vita politica, si è trasformata in opinione digitale, nel senso che si esprime soprattutto, anche se non esclusivamente, in rete.7 Consideriamo solo gli Stati Uniti, principale potenza economica, politica e militare del pianeta. Al 1º luglio 2016, gli utenti americani di Internet erano poco meno di 287 milioni, ovvero l’85% della popolazione (nonché l’8,4% USA degli utenti al mondo).8 Quanto ai social network, si calcola che nel 2016 negli gli utenti di Facebook fossero 232 milioni e quelli di Twitter 67 milioni USA circa.9 Questo significa che l’enorme maggioranza della popolazione americana dispone di strumenti istantanei e (apparentemente) gratuiti per farsi un’idea di quello che succede in patria e all’estero. Per contro, solo tre quotidiani in superano il milione di copie al giorno, e cioè Today (due USA USA milioni e 280.000), il Wall Street Journal (due milioni) e il New York Times (poco più di un milione).10 Sono numeri relativamente esigui, anche tenendo conto delle vendite online dei quotidiani (che comunque non sono troppo rilevanti, visto che più del 60% dei loro lettori preferisce ancora l’edizione cartacea).11 Il declino dell’informazione tradizionale balza subito all’occhio se si considera che nel 2010 si vendeva negli lo stesso numero di quotidiani USA del 1950, quando la popolazione era circa la metà di quella attuale.12 Per comprendere la novità strategica dell’ascesa della rete come ambiente dominante della comunicazione politica possiamo rappresentare la sfera pubblica come costituita da tre protagonisti: il sistema politico, gli organi di informazione e il pubblico generico. Prima di Internet, e quindi di una sfera digitale globale, l’opinione era formata in sostanza dai giornali e dai media generalisti, che gestivano i processi di “pilotaggio” del consenso.13 Nei regimi autoritari, gli organi di informazione erano controllati direttamente dal potere politico, mentre in quelli formalmente democratici erano liberi, guidati o orientati cioè da gruppi o élite indipendenti dal governo. Gli organi di informazione detenevano un enorme potere di influenza sull’opinione pubblica in generale, perché offrivano la “definizione della situazione politica”. Certamente, altri poteri, come quello giudiziario, concorrevano nel determinare “il significato di ciò che stava succedendo”. Ma erano soprattutto gli organi di informazione (stampa e televisione generalista) a costituire il fattore decisivo nelle crisi politiche, sottraendo il consenso a determinati partiti o riversandolo su altri.14 Due esempi di questa capacità d’influenza sono il caso Watergate negli e Tangentopoli in Italia. Nel primo, furono le inchieste di un organo USA indipendente, il Washington Post, a smascherare lo spionaggio di uomini legati al presidente Nixon ai danni del partito democratico. Nel secondo, la stampa riuscì ad amplificare e drammatizzare le inchieste di un pool di giudici sui rapporti tra corruzione e partiti politici. La copertura televisiva dei processi di corruzione fece il resto, contribuendo a delegittimare il ceto di governo in Italia.15 Alcuni hanno sostenuto che in casi come questi la stampa non è in senso stretto indipendente, ma agisce per conto terzi, ovvero in nome di interessi emergenti.16 Questo, tuttavia, non modifica la funzione dei media tradizionali come attori influenti nelle crisi. Che ruolo aveva il pubblico in questo processo? Fondamentalmente, poteva cambiare orientamento politico alle elezioni. Ma, se si esclude questo momento, i cittadini hanno sempre avuto il ruolo passivo di spettatori, anche se interessati. Almeno fino all’affermazione della rete come ambiente sociale privilegiato. Un tempo, insomma, i cittadini potevano formarsi un’opinione attraverso la lettura dei giornali e la visione dei telegiornali, ma ovviamente non erano in grado di agire sul sistema politico se non grazie al voto. Con l’affermazione di Internet il loro ruolo sarebbe cambiato: non solo si sono resi relativamente indipendenti dagli organi di informazione classici, ma hanno anche intravisto la possibilità di agire direttamente sul sistema politico. Ecco ora gli aspetti teorici decisivi della nuova posizione di cui, secondo alcuni osservatori, gli utenti attivi di Internet godrebbero rispetto all’informazione e al potere. ■ La rete offre una pluralità di fonti di informazione gratuite (siti, blog, news online ecc.) che, tendenzialmente, riduce la portata degli organi tradizionali (stampa e televisione) e quindi la loro influenza. ■ Gli utenti possono recitare il ruolo di cittadini attivi intervenendo direttamente (attraverso blog, commenti sui social media e sui social network) sulle questioni di pubblico interesse. ■ I leader politici possono comunicare direttamente (grazie alla rete) con il pubblico degli utenti, e quindi con gran parte dei cittadini attivi, senza ricorrere all’esclusiva mediazione degli organi tradizionali di informazione. Ecco l’immagine ideale del ruolo rivoluzionario della rete, quale si può ricavare da saggi celebrativi dell’era digitale come Negroponte (1995), Castells (1996) ed epigoni vari.17 A questo si aggiunga che, secondo alcuni teorici, la

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