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Pianeti tra le note: Appunti di un astronomo divulgatore PDF

285 Pages·2010·91.703 MB·Italian
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pagine di scienza Angelo Adamo Pianeti tra le note Appunti di un astronomo divulgatore 12 3 ANGELOADAMO Bologna Collana i blu - pagine di scienzaideata e curata da Marina Forlizzi ISBN 978-88-470-1184-7 e-ISBN 978-88-470-1185-4 DOI 10.1007/978-88-470-1185-4 © Springer-Verlag Italia, Milano 2010 Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore, e la sua riproduzione è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla stessa. Le fotocopie per uso personale possono essere effettuate nei limiti del 15% di cia- scun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni per uso non personale e/o oltre il limite del 15% potranno avvenire solo a se- guito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web HYPERLINK “http://www.aidro.org” www.aidro.org. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla ristampa, all’utilizzo di illustrazioni e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla registrazione su microfilm o in database, o alla riproduzione in qualsiasi altra forma (stampata o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo par- ziale. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste dalla legge. L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda le fonti che non è riuscito a contattare. Coordinamento editoriale: Barbara Amorese Curatore scientifico: Massimo Calvani, INAF Osservatorio Astronomico di Padova In copertina: Velocità di fuga, Angelo Adamo Progetto grafico della copertina: Simona Colombo, Milano Rielaborazione grafica: Ikona s.r.l., Milano Impaginazione: Ikona s.r.l., Milano Stampa: Grafiche Porpora, Segrate, Milano Stampato in Italia Springer-Verlag Italia S.r.l., via Decembrio 28, I-20137 Milano Springer-Verlag fa parte di Springer Science+Business Media (www.springer.com) Ai pianeti del mio personale universo affettivo-tolemaico: a quelli prossimi, che vedo spesso; a quelli poco più in là, che vedo più di rado; e a quelli che – mi piacerebbe fosse così – mi seguono lentissimi scrutandomi dal buio nel quale da un po’ si celano. Indice Astronomia e dialetti 1 Preludio Come leggere una partitura 6 Una cipolla di vetro: l’Universo Swarovski 10 Gravità, mele e cipolle 32 Intermezzo Galileo + Keplero = Newton! 62 La gocciolina di Mercurio 64 Venere: le fregature della bellezza 80 Interludio Giuseppe, un pianeta senza tempo 96 La Luna, lo specchietto retrovisore 98 Improvviso Evasioni planetarie 112 La Terra, il covo dei cafoni 118 Marte, la terra promessa (ma non ancora mantenuta!) 138 I mattoni avanzati: la Fascia degli asteroidi 162 Giove, il gigante o la bambina? 174 Saturno, la lama rotante 194 Urano, il corpo… celeste! 208 Intermezzo Spazz-Aree: fondamenti di scopone scientifico 222 Nettuno, il pianeta venuto dal freddo… calcolo 226 Plutone, il bocciato 234 La fascia di Kuiper e la nube di Oort: confini? Steccato? 242 Fortificazioni? Gabbia? Coda o Epilogo 254 Appendice A - Indice delle illustrazioni 262 Appendice B - Un po’ di numeri 268 Ringraziamenti 270 Biblio-disco-filmo-web-grafia 272 Astronomia e dialetti (…) Ma io devo dibattermi attraverso i metri, e nomi di cose sconosciuti e periodi dell’anno e casi diversi e movimenti del cosmo e vicende di segni e partizioni che sono nelle partizioni. Al limite delle forze il saperne: come darne conto? 35 Come farlo in poesia originale? Come connetterlo a schemi di verso? Qua sopraggiungi, o chiunque sei in grado di porgere orecchi e occhi al mio tentativo, e cogli la voce del vero. Dà fondo al tuo intelletto e non t’aspettare dolcezze di canti: non ammette ornati una materia paga solo d’essere esposta. 40 E se qualche termine verrà riportato in lingua straniera, l’opera ne sarà responsabile, non il cantore: non ogni cosa è possibile tradurre e meglio la si definisce con l’espressione originale. Manilio, Il poema degli astri(Astronomica) Libro III Spero che questo libro verrà posto in uno scaffale di testi scientifici, in quella sezione stra- bordante di meravigliosi resoconti astronomici, zeppi di incredibili fotografie regalateci da quasi vent’anni di uso del Telescopio Spaziale Hubble nonché da decenni di attività degli altri potentissimi telescopi di terra posti a La Silla, a Cerro Paranal, a La Palma, in sud Africa… Una cosa che però, a mio parere, purtroppo manca è qualche pubblicazione che an- cora abbia il sapore di quelle su cui ho cominciato a sognare da bambino. Erano libri illu- strati con tecniche non sempre iperrealiste –quelle in voga oggi, per intenderci – ma di stampo più fumettistico. Imprecise, se vogliamo, ma magiche. Non intendo ovviamente scagliarmi contro l’uso di fotografie o illustrazioni estremamente aderenti al vero che hanno donato e donano alla ricerca astronomica e alla sua divulgazione un nuovo corso. Anzi. Ve- dere le cose esattamente come stanno permette di studiare meglio i fenomeni anche se a grande distanza, stimolando in modo adeguato la curiosità dei lettori abitanti un mondo che è comunque sempre più abituato alla precisione e alla spettacolarizzazione di tutto; qualcosa che, in altre sedi, sfrutto anche io. Quello che viene a mancare invece – perché 2 Pianeti tra le note qualcosa si perde sempre – è la possibilità di avere un forte punto di vista grafico. L’illu- strare senza cercare di riprodurre fedelmente l’oggetto – una cosa che moltissimi profes- sionisti oggi sanno fare egregiamente – ma introducendo nelle immagini ciò che la Natura non ha creato se non nella mente di chi disegna, costituisce forse un plusvalore che, an- dandosi ad aggiungere alla vasta collezione di immagini veritiere, precise, esaustive, non può che dirottarci nella direzione di un arricchimento del quadro generale. Quindi anche l’immagine realistica può stimolare tantissimo la ricerca e la fantasia. Ma quest’ultima mi sembra possa essere messa in moto in misura maggiore se l’immagine cerca di riprodurre una suggestione più che un dato, alimentando un processo creativo simile a quello che differenzia un romanzo da una cronaca asettica. L’eminente psichiatra Eugéne Minkowski, nel suo saggio Verso una cosmologia, si chiede: “(…) perché e come l’uomo giunge a can- tare la natura?” E continua rispondendosi provocatoriamente che Già abbiamo indicato il tipo di risposta offerto dallo scienziato a questa do- manda. Il poeta popola la natura di immagini da lui stesso create, così come – e non ci vuole molto a stabilire un paragone simile – il primitivo popola la natura di divinità e di creature che sono il frutto della sua im- maginazione. E c’è motivo di credere, in questa prospettiva, che l’uomo, progredendo ancora, riuscirà un giorno a disfarsi completamente di que- sta fastidiosa inclinazione alla poesia, così come si è disfatto in passato delle superstizioni e credenze primitive, per assumere infine un atteggia- mento puramente scientifico [“astronomico” nel testo originale (N.d.A.)]. Ritengo risulti abbastanza chiaro che la prospettiva di perdita di poeticità sarebbe un di- sastro, anche perché sono portato a credere che in Natura nulla sopravviva alle dure leggi selettive se non si rivela in una qualche misura utile. Sono quindi altresì convinto che, nel- l’essersi sviluppata ed evoluta spontaneamente nell’uomo e nell’essere sopravvissuta per milioni di anni una così spiccata intelligenza emozionale, risieda, ancora celata ai nostri occhi, una utilità fondamentale la quale, assieme ad altre caratteristiche fisiche e mentali più facilmente oggettivabili, ha decretato il nostro successo in un ambiente tutto sommato molto ostile. Non mi trovo ancora d’accordo con il Minkowski quando, poco più avanti nel testo, con- cede: “Siamo chiari ad ogni modo: la scienza non sa che farsene della poesia” . È indubbio che sia molto difficile ricreare il percorso delle idee scientifiche moderne per ritrovare il germe primigenio da cui hanno preso le mosse. In molti casi però si ha chiara la percezione che a monte di nostre acquisizioni “certe” vi siano concezioni, immagini, spiegazioni errate, ge- nerate proprio da sviste, paure e superstizioni che hanno costituito il corpo della conoscenza prima dell’avvento di quella che oggi chiamiamo, spesso atteggiandoci con un certo tron- fio compiacimento, scienza. Senza volere in nessun modo dare l’idea di vagheggiare la ne- cessità di tornare a posizioni oscurantiste che troppo a lungo hanno bloccato il cammino Astronomia e dialetti 3 della comprensione della Natura e che, mai sopite, continuano ad assediare il nostro mondo, allettandolo a ogni suo pericoloso oscillare verso questa o quella facile millanteria, nondi- meno mi sento in debito verso tutti coloro i quali in modo sincero, timido e senza pretese politiche, commerciali o didascaliche, hanno dato spiegazioni della Natura con linguaggi tra i più disparati. Pittori, musicisti, registi, narratori, hanno misurato il mondo con le loro pellicole, le loro tinte, le loro note e le loro parole; tutte descrizioni che, se prese insieme al linguaggio scientifico loro complementare, non indeboliscono la nostra comprensione del cosmo, bensì l’arricchiscono di cose che la misurazione – intesa solo come processo fisico – non può darci. Fare scienza può essere sintetizzato in qualche modo con “descrivere spie- gando e prevedendo”. La scienza ha quindi in comune con le altre attività il descrivere, che spesso ha valore di teorema, di spiegazione. Tanta fantascienza ha addirittura descritto mondi, spiegandoli e prevedendo un corso che solo molto a posteriori si è verificato. Inol- tre si pensi a tutte le scienze che ancora si muovono in una melma tassonomica, senza riu- scire a distillare una qualche legge universale capace di riassumere in pochi tratti essenziali tutto l’oggetto della loro ricerca, come invece avviene nelle discipline scientifiche cosid- dette “dure”. In effetti, a ben vedere, sembra che io mi sia dimenticato di un’altra caratteri- stica fondamentale del processo di indagine scientifica, forse quella più importante e che va sotto il nome di “riproducibilità”. Con questo termine si indica in ambito scientifico la normale prassi che prevede di mettere alla prova una nuova teoria scientifica, cercando di riprodurne le conseguenze in più laboratori e da più sperimentatori, così da corroborarne la validità in luoghi e tempi differenti. Bene, moltissime opere d’arte considerate patrimonio dell’umanità hanno superato proprio questo genere di esame, almeno presso la razza umana. Hanno quindi conquistato lo statuto di “universalità” e vengono annoverate tra “i fatti” che caratte- rizzano il sentire artistico della nostra specie. Questo significa che, nonostante oscillazioni ineludibili del gusto dipendenti dal periodo storico e dai singoli individui, esse fanno regi- strare da sempre la stessa misura “media” allo strumento uomo, venendo considerate come universali dell’arte. Inoltre vengono da sempre riprodotte permettendo così di riverberare gli effetti di questa misurazione in tutto il globo, come già nel 1955 ci spiegava Benjamin nel suo saggio, oramai un classico, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, al giorno d’oggi quanto mai attuale. Questo libro sarà incentrato sul Sistema Solare, ma cercherò di darne una spiegazione che passerà, con una traiettoria che non pretende di certo di essere geodeticama sempli- cemente vorrebbe essere affascinante (geodetica per lo spirito?), attraverso alcune delle spiegazioni congiunte fornite di volta in volta da diversi scienziati, scrittori, musicisti a cui aggiungerò il mio contributo sotto forma di idee forse (spero) originali e di illustrazioni. Il procedere della narrazione per immagini scorrerà parallela al testo e alla musica. Sarà la narrazione di quelle visioni regalatemi dal frequentare sovente le tematiche astronomi- che e costituirà la “colonna visiva” di accompagnamento al testo, mentre quell’altra, quella sonora, continuerà il suo corso sotto a tutto il resto. A ben vedere, questo libro potrebbe essere riguardato come uno story-boarddi un film sul Sistema Solare o comunque come un 4 Pianeti tra le note documentario congelato su pagine, in fotogrammi. E, così come accade nei format televi- sivi, i vari linguaggi – i “dialetti” mentali, ognuno dei quali è più adatto degli altri a raccon- tare le suggestioni da sempre di sua competenza – si contenderanno il primo piano nella pagina. Quando verrà fuori la musica, il volume delle immagini e del testo verranno ab- bassati per poi tornare più alti quando saranno testo o immagini a dovere urlare. Nel testo saranno ovviamente importanti i dati scientifici, non potrebbe essere altri- menti. Ma una cosa che mi premeva fare era proprio non continuare a schiacciare un libro che parla di un argomento classicamente “più” scientifico, perché da sempre è visto così, sul- l’unica dimensione del discorso fisico-matematico. Ancora una volta posso permettermi di attuare un’operazione di tipo diverso perché consapevole che vi è una quantità enorme di ottimi libri tecnici, molti dei quali saranno ci- tati nella bibliografia, estremamente precisi nel descrivere tutti gli argomenti che andrò a toccare nella mia trattazione. Quello che invece mi interessa in questa sede è tentare di dare un quadro a più dimensioni di ciò che sappiamo circa il Sistema Solare, mettendo in evidenza come siamo arrivati a saperlo non solo grazie agli scienziati, ma anche agli scrit- tori, ai registi, agli illustratori e disegnatori di fumetti, agli inventori, ai politici e a tutti i vi- sionari che in ogni periodo storico guidano, ispirano e trainano la società verso le nuove mete. Qualcuno ha affermato che “tutte le scienze sono cosmologia”. Amplierei il concetto aggiungendo che, operando in questo cosmo e con gli elementi che esso ci propone (tra questi annovero anche i nostri neuroni e il loro misterioso connettersi in modo creativo), ogni attività di indagine è, in ultima analisi, cosmologica. E infine, mutatis mutandis, la scienza è anche arte; la scienza è emozione, un’emozione fortissima che va perfettamente d’accordo con immagini, musiche, parole… esattamente come tutte le altre nostre atti- vità. All’imprecisione della descrizione artistica del resto fa eco l’imprecisione di molte no- stre misure condotte sulla grande scala del cosmo in cui viviamo. Misure che, ottenute spingendo il nostro sguardo fino a miliardi di anni luce da noi, necessariamente possie- dono barre di errore che raggiungono anche il dieci per cento del valore della nostra stima. L’uomo quindi, a mio modesto parere, è solo un complicato strumento di misura, grosso- lano e qualitativo, con grande sensibilità e grandi velleità quantitative. Egli misura tutto, di continuo e, al di fuori dei laboratori scientifici, similmente a quanto rappresentato da Leo- nardo con il suo Uomo Vitruviano, continua a riportare la realtà alle proprie categorie e alle proprie dimensioni. Una tendenza comune anche agli scienziati, i quali, in quanto uomini che vivono in società, non ne sono affatto immuni. In definitiva, non vi è scienza senza eco- nomia, politica, istruzione, sport. E, parimenti, non vi è avanzamento di tutta la società senza la scienza. Essa scorre sotto la pelle del tessuto sociale e stiamo imparando a valutarla con criteri economici da quando sappiamo che alcuni dei tanti problemi che affliggono la nostra società sono “la fuga dei cervelli” e “i tagli alla ricerca”, facili slogan entrati nel patri- monio fraseologico di chiunque con il loro carattere negativo. Tutto ciò ha avuto almeno il pregio di restituire al ricercatore una dimensione umana che da sempre gli è stata ne- gata dall’opinione pubblica. Gli si preferiva quella di studioso in camice bianco che, im-

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