UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE SEDE DI BRESCIA FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E FORMAZIONE TESI DI LAUREA Pet Therapy e sport: possibili interventi educativi per il ragazzo con ADHD Relatore Ch.ma Prof.ssa Maggiolini Silvia Candidata Mutti Elisa Matricola 4109927 Anno Accademico 2014/2015 Sommario Introduzione ............................................................................................................................................ 3 Capitolo Primo ........................................................................................................................................ 6 Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività .................................................................................. 6 1.1 Inquadramento del disturbo ..................................................................................................... 6 1.2 Classificazione dell’ADHD in Italia e nel mondo ...................................................................... 10 1.3 Approcci d’intervento .............................................................................................................. 19 Capitolo Secondo................................................................................................................................... 25 Pet Therapy e sport: interventi complementari nell’educazione del ragazzo con ADHD ................. 25 2.1 Uomo un animale sociale ........................................................................................................ 25 2.2 Pet Therapy e IAA .................................................................................................................... 28 2.3 ADHD e Interventi Assistiti con Animali .................................................................................. 35 2.4 Allenare attenzione e canalizzare l’iperattività con lo Sport: ................................................. 37 Capitolo Terzo ....................................................................................................................................... 43 Viaggio nel mondo della riabilitazione equestre ............................................................................... 43 3.1 La riabilitazione equestre ........................................................................................................ 43 3.2 Il ragazzo con ADHD e la relazione con il cavallo .................................................................... 48 3.3 Cavalgiocare ............................................................................................................................ 50 3.4 Una storia da raccontare ......................................................................................................... 55 Conclusioni ............................................................................................................................................ 59 Bibliografia............................................................................................................................................. 63 Sitografia ............................................................................................................................................... 65 Ringraziamenti ....................................................................................................................................... 66 2 Introduzione Questo progetto di tesi giunge come il coronamento di un’arricchente e positiva esperienza universitaria, nata da una scommessa con me stessa, ma che mi ha condotto verso traguardi tanto brillanti quanto inaspettati. La scelta dell’argomento ha radici profonde, in quanto coniuga due mondi a me molto cari, quello dell’infanzia e quello animale. In particolare la passione per la Pet Therapy nasce dal desiderio di trovare nuovi stimoli per lo sviluppo dell’integralità della persona, investendo soprattutto sulla sfera affettivo-emotiva, spesso posta nell’ombra dal predominio razionale. Si tratta di una dimensione per me molto importante, un filo rosso che funge da potente motore di crescita. Sono fermamente convinta che per apprendere non sia sufficiente trasmettere informazioni, ma sia fondamentale coinvolgere la persona, bambino o adulto non fa differenza. Solo sfiorando le corde del profondo, si riesce ad innescare quel turbine di sensazioni che attivano la persona, che la inducono a riflettere e agire consapevolmente, consentendole di divenire pienamente protagonista della propria vita. Gli animali costituiscono in tal senso delle guide privilegiate, come dispensatori di messaggi non verbali autentici, slegati dai tipici preconcetti umani ed empatici modelli attraverso cui raggiungere nuovi sorprendenti equilibri. Essi diventano così efficaci “educatori”. La sofferenza, psichica o fisica, non si combatte solo con i farmaci, ma è fondamentale una presa in carico globale della persona, partendo 3 dall’ascolto autentico per giungere alla creazione di una relazione di reciprocità, da adottare come esempio. Per questa ragione ho scelto di approfondire il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, per cui non sono ancora previsti strumenti diagnostici totalmente oggettivi, ma la valutazione è legata alle osservazioni delle figure che ruotano attorno al bambino, con ampio margine di interpretazione soggettivo. Ho scelto di approcciarmi a questo tema seguendo anche il fascino di una sorta di legge del contrappasso, essendo affetta da una maculopatia retinica, tenere alto il livello di attenzione è una costante, una vera necessità, dalla mobilità alla percezione dei particolari mediante stimoli sensoriali complementari. Avendo infatti notevoli difficoltà di lettura senza ausili specifici, investo molto nell’ascolto della spiegazione orale e della sua memorizzazione, una tecnica che vale soprattutto per lo studio. Per me mantenere la concentrazione è fondamentale e mi ha incuriosito mettermi nei panni di bambini che involontariamente non riescono a stare “prigionieri” del banco per tempi prolungati o si trovano a vagare con la mente in mondi paralleli, attratti dagli stimoli più svariati. Tale Disturbo determina problemi di autocontrollo e di modulazione rispetto alle richieste ambientali, con complesse ripercussioni sull’empowerment familiare. Il DDAI ha origine neurobiologica, non si tratta di un problema transitorio, per questo è importante un intervento precoce e multisfaccettato. Tuttavia ho scelto di occuparmi dell’aspetto educativo-relazionale, approfondendo delle attività integrative che possono contribuire al trattamento globale dell’ADHD in contesti extra scolastici. Nel primo capitolo ho cercato di fornire un quadro dettagliato del disturbo, descrivendone le cause, i sintomi, l’eziopatogenesi, l’origine, con cenni sull’evoluzione, la diagnosi ed metodi di approccio. 4 Nel secondo capitolo ho posto in risalto due attività complementari nel trattamento dell’ADHD, la Pet Therapy e lo sport. Ho provato a cogliere l’essenza della relazione uomo-animale, analizzando le caratteristiche degli interventi assistiti con animali e degli studi relativi ai collegamenti con bambini affetti dal disturbo. Nel terzo capitolo ho riportato un’esperienza concreta legata al percorso intrapreso da un bambino con ADHD presso un Centro Ippico bresciano. Desidero concludere queste pagine introduttive con una frase di Patch Adams, pioniere dei Dottori Clown e grande educatore: “Quando curi una malattia puoi vincere o perdere… Quando ti prendi cura della persona vinci sempre”. 5 Capitolo Primo Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività 1.1 Inquadramento del disturbo “Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI) è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo, di origine neurobiologica, che interferisce con il normale sviluppo psicologico del bambino e ostacola lo svolgimento delle comuni attività quotidiane”. (Marzocchi, 2003)1. Ormai anche in Italia si predilige utilizzare l’acronimo inglese ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Le difficoltà oggettive nell’autoregolazione e nella capacità di pianificazione, tuttavia, non sono causate da deficit cognitivi: i bambini con ADHD sono intelligenti al pari degli altri, ma spesso il loro quoziente intellettivo viene sottostimato poiché le attività proposte dai test richiedono impegno e concentrazione per tempi prolungati, che collidono con il deficit. Si tratta di un disturbo cronico, la cui traiettoria evolutiva persiste in adolescenza ed età adulta, per questo è fondamentale un intervento precoce e multidimensionale. L’ADHD colpisce maggiormente i maschi rispetto alle femmine in un rapporto di incidenza 3:1 (Registro Nazionale ADHD, 2014). I bambini con DDAI presentano sovente carenti prestazioni scolastiche e difficoltà nella gestione di attività organizzate (giochi, sport di squadra) a 11 P. RIGHETTI, A. SABATTI, Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, Edizioni Del Cerro, Pisa, 2007, p.10 6 causa della scarsa abilità di Problem solving, ovvero la capacità di rielaborare le informazioni coordinando istruzioni sequenziali complesse, per pianificare una possibile soluzione. Dal punto di vista storico, la prima pubblicazione scientifica accreditata risale al 1902, quando il medico inglese George Still descrisse le caratteristiche di un gruppo di 43 bambini con “deficit del controllo morale ed eccessiva vivacità/distruttività”. Intorno alla metà del Novecento, diversi autori americani concordarono sul fatto che la causa del disturbo fosse legata a una disfunzione cerebrale determinata da traumi o infezioni. Nel 1972 Douglas sottolineò che il bambino con DDAI soffrisse di un “deficit di autoregolazione attentiva e comportamentale. Barckley nel 1997 parla di “Deficit delle funzioni esecutive”, ovvero quelle capacità mentali che consentono di impegnarsi in attività senza distrarsi e ricordare obiettivi fissati. Secondo l’autore tale compromissione genererebbe, nei bambini affetti da tale problematica, delle lacune nel controllo del proprio agire e nella pianificazione dei comportamenti. Della stessa opinione è Sergeant, che nel 1999 avvalora l’ipotesi di danneggiamento delle funzioni esecutive e si concentra sulla limitazione dei processi di programmazione motoria, legata ad un non adeguato mantenimento della vigilanza2. L’ADHD presenta, tuttavia, un esordio multifattoriale, legato alla combinazione di fattori neurobiologici e psicosociali. I lobi prefrontali della corteccia cerebrale sono i responsabili del mantenimento della concentrazione, della regolazione del comportamento e delle funzioni esecutive. Le fibre nervose che si diramano in quest’area regolano il controllo delle emozioni, della motivazione e della memoria. Infine 2 P. RIGHETTI, A. SABATTI, Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, Op. Cit. 7 i gangli alla base del cervelletto determinano l’esecuzione motoria delle risposte agli stimoli. Attraverso la risonanza magnetica nucleare è stato possibile dimostrare che le aree prefrontali nei bambini con ADHD abbiano un volume inferiore. Nella corteccia, inoltre, normalmente si registra un’elevata presenza di due neurotrasmettitori, dopamina e norepinefrina, il cui livello si riduce notevolmente nei bambini con ADHD, in quanto in presenza del disturbo, essi sono più rapidamente assimilati dai neuroni. Problemi di attenzione possono sorgere anche a causa di una vita familiare disorganizzata, priva di regole, o in cui i genitori manifestano stress e problematiche coniugali. Sono stati individuati anche fattori di rischio del DDAI. Tra le cause prenatali si individua un alto livello di ansia della madre durante la gravidanza, il suo eventuale abuso di alcool e fumo, la situazione di degrado familiare. Fattori perinatali potrebbero essere il peso del nascituro inferiore a 2,5 kg e un episodio emorragico poco prima del parto. Per quanto riguarda l’aspetto ereditario dell’ADHD è stato dimostrato che in una coppia di gemelli omozigoti, la probabilità che entrambi possano sviluppare il disturbo è dell’80%, mentre per gli eterozigoti tale possibilità si riduce al 35%3. Studi dimostrano come l’ADHD sia un disturbo multigenico, ovvero con diversi geni responsabili che possono assumere diverse forme, come varianti particolari nei regolatori il funzionamento della dopamina. Elementi di rischio postnatali sino ai 3 anni sono legati a ritardi dello sviluppo delle abilità di coordinazione motoria, basso peso corporeo e del capo, problemi di respirazione, ritardo di apprendimento del linguaggio, 3 D. IANES, G. M. MARZOCCHI, G. SANNA, L’iperattività, Erickson, Trento, 2009 8 reazioni esagerate agli stimolazioni genitoriali e il bisogno di cambiare continuamente attività. Il bambino con ADHD manifesta difficoltà a conciliare i propri comportamenti con le richieste dell’ambiente esterno, come l’organizzazione del tempo e la gestione degli obiettivi da raggiungere. I sintomi principali del disturbo sono: - Disattenzione - Impulsività - Iperattività. I bambini con DDAI non presentano una carenza di risorse attentive, ma come testimoniano diversi studi, il problema è legato all’incapacità di gestire adeguatamente l’attenzione, vanificando lo sforzo di mantenerla attiva per un tempo prolungato e cedendo all’attrattiva dei numerosi stimoli esterni. Essi appaiono costantemente distratti, evitano attività che richiedono attenzione ai particolari o abilità organizzative, perdono frequentemente oggetti, dimenticano eventi importanti. Essi manifestano anche un deficit motivazionale che non consente loro di definire una meta da raggiungere, di valutare le probabilità di successo/insuccesso, di impegnarsi per raggiungere un obiettivo. Sono bambini che si annoiano e perdono più velocemente interesse, ricercano continuamente attività più stimolanti che magari offrono soddisfazione immediata e interrompono invece quelle che necessitano di un costante impegno con risultati dilazionati nel tempo. Il problema di autoregolazione che caratterizza tali soggetti determina, infatti, la loro incapacità a posticipare una gratificazione, a controllare impulsi, emozioni, attività motoria e verbale, difficoltà ad adottare comportamenti socialmente approvati senza il consenso costante di un supervisore esterno. 9 L’impulsività si manifesta con eccessiva impazienza, difficoltà a controllare le proprie reazioni e ad attendere il proprio turno in situazioni di gioco/gruppo. Tale sintomo riduce la capacità di valutare rischi e pericoli delle situazioni quotidiane, inducendo i bambini con ADHD all’azione senza la mediazione della riflessione. Spesso associata all’impulsività, l’iperattività si traduce in un eccessivo e incontrollato livello di attività motoria, che determina un costante stato di irrequietezza ed agitazione del bambino. Barkley4 definisce disinibizione comportamentale la tendenza dei soggetti DDAI a muovere continuamente mani o piedi, con la difficoltà a restare seduto, rispettare regole, tollerare tempi, spazi dei coetanei, parlando eccessivamente e non riuscendo a concentrarsi su una data attività per un tempo prolungato. Quando necessita di un livello attentivo maggiore per eseguire una consegna, inconsapevolmente, il bambino iperattivo fa aumentare il proprio livello di attività motoria per sopportare meglio lo sforzo cognitivo. L’attività motoria quindi è direttamente proporzionale all’aumentare della prestazione attentiva richiesta. Inattenzione, iperattività e impulsività possono presentarsi già in età prescolare, ma è difficile stabilire esattamente se i sintomi siano da imputare all’ADHD o altre patologie. 1.2 Classificazione dell’ADHD in Italia e nel mondo La diagnosi di ADHD si fonda su due classificazioni: - DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), redatto dall’American Psychiatric Association (APA) e giunto alla quarta edizione nel 1994. 4P. RIGHETTI, A. SABATTI, Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, Op. Cit. 10
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