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Perché l'Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus) PDF

387 Pages·2020·1.998 MB·Italian
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Preview Perché l'Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus)

Il libro Q����� ����� �������� �� ������ �� ��� ���������, ������ �� Benito Mussolini e quella del signor Covid (come lo chiama l’autore). Si apre con una passeggiata a piazza Venezia: stracolma per i grandi proclami del Duce negli anni del consenso (1925-1936), deserta durante il drammatico lockdown della primavera 2020. Entrambe le di�ature hanno soppresso o limitato la libertà degli italiani (il Covid-19, a 2 miliardi di persone), ma se allora Mussolini ebbe un’enorme popolarità interna e internazionale, l’Italia ha resistito al virus con un odio sordo, sconfiggendolo con la disciplina in primavera e rivitalizzandolo con la confusione in autunno. Nella parte sul fascismo, Bruno Vespa mostra come, superato il trauma dell’opinione pubblica per il deli�o Ma�eo�i, Mussolini abbia conquistato il consenso mondiale per aver annientato il socialismo filosovietico in Occidente, ma anche perché i treni arrivavano in orario e per la bonifica pontina, che ispirò alcune iniziative del presidente americano Roosevelt. Gli italiani apprezzarono le grandi opere urbanistiche, la messa in sicurezza dell’economia dopo la crisi del 1929 e, sopra�u�o, le iniziative sociali: se�imana lavorativa di 40 ore, dopolavoro, sostegno alla maternità, colonie marine. La guerra d’Etiopia e la nascita dell’impero guadagnarono poi al Duce perfino il plauso degli antifascisti. Ma il Vespa storico racconta anche la vita privata di Mussolini, dalla condizione di separato in casa a villa Torlonia alle innumerevoli amanti frequentate anche durante la lunga relazione con Clare�a Petacci. Nella parte sul Covid ritroviamo il grande cronista, che ha voluto osservare con i propri occhi lo strazio di Codogno, Nembro, Alzano, le terapie intensive e il cimitero di Bergamo, parlando con sindaci, medici, sacerdoti, ci�adini che hanno visto sconvolta la loro vita. Vespa me�e a confronto le opinioni di eminenti scienziati, ironizza sui virologi da talkshow e prova a distinguere tra allarme e allarmismo, che nell’autunno 2020 ha davvero rischiato di me�ere in ginocchio il paese. Negli ultimi capitoli, incontra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e tu�i i leader politici, testandone la capacità di utilizzare l’enorme quantità di denaro messo a disposizione dall’Europa per rilanciare un’Italia che non cresce da vent’anni. Conte illustra a Vespa i timori per la ripresa dell’epidemia, la speranza di un vaccino ormai prossimo, i suoi rapporti con il potere e la strategia per rilanciare il paese. Segue un’analisi dei mutati rapporti di forza tra un Pd rinvigorito dalle elezioni regionali e amministrative d’autunno e un M5S che rischia di perdere Casaleggio e Di Ba�ista. L’imprevedibile movimentismo di Renzi e la corsa di Calenda a sindaco di Roma. La svolta europeista di Salvini, la crescita costante di Giorgia Meloni e la fermezza di Berlusconi, uscito dal Covid, nel rivendicare il ruolo determinante di Forza Italia, seppure ele�oralmente ridimensionata. L’autore Bruno Vespa ha cominciato a 16 anni il lavoro di giornalista. Dopo la laurea in legge con una tesi sul diri�o di cronaca, nel 1968 si è classificato al primo posto nel concorso che lo ha portato alla Rai. Dal 1990 al 1993 ha dire�o il Tg1. Dal 1996 la sua trasmissione «Porta a porta» è il programma di politica, a�ualità e costume più seguito. Per la prima volta nella storia, vi è intervenuto un papa, Giovanni Paolo II, con una telefonata in dire�a. Tra i premi più prestigiosi, ha vinto il Bancarella (2004), per due volte il Saint-Vincent per la televisione (1979 e 2000) e nel 2011 quello alla carriera; nello stesso anno ha vinto l’Estense per il giornalismo. Tra i volumi editi da Mondadori: Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi, Vincitori e vinti, L’Italia spezzata, L’amore e il potere, Viaggio in un’Italia diversa, Donne di cuori, Il cuore e la spada, Questo amore, Il Palazzo e la piazza, Sale, zucchero e caffè, Italiani voltagabbana, Donne d’Italia, C’eravamo tanto amati, Soli al comando, Rivoluzione e Perché l’Italia diventò fascista. Bruno Vespa PERCHÉ L'ITALIA AMÒ MUSSOLINI (e come è sopravvissuta alla di�atura del virus) Premessa Chi avrebbe de�o che sarebbe andata a finire così? Che i bagni estivi, le escursioni, le movide, la riscoperta dell’Italia Felix, con le terapie intensive vuote dopo le stragi di primavera e i contagi rido�i all’osso, ci sarebbero andati di traverso allo scoccare dell’autunno? Certo, i medici sanno ormai dove me�ere le mani, chi a marzo sarebbe morto, a o�obre quasi sempre è sopravvissuto. Il signor Covid, insinuante e vigliacco, si è accanito all’83 per cento su chi aveva almeno due patologie gravi. Il vaccino miracoloso si avvicina, perché mai nella storia dell’umanità tanti cervelli e tanti qua�rini sono stati impiegati nella stessa direzione. Ma l’esplodere dei contagi, i ba�ibecchi tra virologi, autentiche star mediatiche, il dilagare di un federalismo disordinato, la ripresa dei coprifuoco a scacchiera, il duello sulla scuola tra governo e regioni, i ritardi e l’incertezza sulla spesa dei tanti soldi in arrivo dall’Europa hanno avvolto l’Italia in una cappa grigia e pesante. Il 21 o�obre 2020 il «British Journal of Medicine» ha scri�o: «Se qualcuno vi dà delle certezze sul Covid, non credetegli». Ce la faremo. Ma quando e a che prezzo? Quando mai avremmo pensato di affiancare il peso della di�atura di un virus a quella che l’Italia ha subìto per vent’anni nel secolo scorso? B.V. Roma, 24 o�obre 2020 Perché l'Italia amò Mussolini Ad Augusta, mio lockdown volontario da 45 anni Il racconto di due di�ature Il Balcone, con la B maiuscola, è stre�o fra il tricolore e la bandiera d’Europa che ballano al ritmo del ponentino. È così basso che sembra fa�o per abbracciare la piazza. Ma, alle 18 di domenica 3 maggio 2020, ultimo giorno di lockdown per l’epidemia da Covid- 19, piazza Venezia è deserta. Venendo a piedi da via del Corso, ho incrociato tre autobus: il 64 con due persone a bordo munite di mascherina, il 62 con una persona, il 60 vuoto. I «mezzi» corrono sulla strada irregolare con la baldanzosa arroganza di chi vive l’esperienza nuova ed eccitante di trovarsi di fronte il vuoto. Sfilano davanti a una processione di saracinesche abbassate e di vetrine teneramente ricolme di abiti, ibernate in un inverno nucleare dal 10 marzo, quando il decreto di chiusura totale ha avuto l’effe�o tardivo della nube di Hiroshima, che continuò a uccidere gli uomini lasciando inta�e le cose. Si rincorrono i cartelli di scuse: semplici o burocratici, rammentando decreti e accendendo speranze. Una mano femminile, in uno stampatello triste e ordinato, scri�o con il cuore, si augura una sollecita riapertura «in una situazione diversa per il bene di tu�i». Passa un ciclista. Poi nessuno. Poi un ragazzo con lo zaino. Ancora nessuno. Una coppia con la mascherina si avvicina alla cancellata dell’Altare della Patria e fotografa i due soldati di guardia al Milite ignoto. Immobili, come sempre. Soli, come mai. Le campane di San Marco suonano a distesa per chiamare gente che non c’è a una messa che non si celebra. Deserta via dell’Impero, aperta nel 1932 per farsi largo tra i Fori Imperiali, che poi l’hanno riba�ezzata. Deserta via del Plebiscito, senza il presidio fisso a tutela di Silvio Berlusconi, da un paio di mesi in Francia dalla figlia Marina.

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