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Parmenide in Eraclito o della personalità individuale come assoluto nello storicismo moderno PDF

109 Pages·1951·4.677 MB·Italian
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CARLO TULLIO ALTAN Parmenide in Eraclito o della Personalità individuale come Assoluto nello Storicismo moderno DEL BIANCO EDITORE CARLO TULLIO ALTAN Parmenide in Eraclito o della Personalità individuale come Assoluto nello Storicismo moderno DEL BIANCO EDITORE PREFAZIONE Questo breve saggio sulla personalità umana e sul suo valore come fondamento dell'Assoluto nella realtà diveniente della Storia è la logia:i prosecuzione del dialogo con me stesso, di cui ebbi ad esporre le fasi che mi sembravano più signifocative nel saggw inti tolato « La Filosofia come sintesi esplicativa della Storia» (194 3) e nel volume intitolato« Pensiero d'Umanità» (1949). Mentre nel primo, muovendo dol ripensamento del sistema crociano delle cate gorie, mi adoperavo ad integrarlo in due aspetti che mi apparivano degni di una distinzione categorica particolare, e cioè mi adoperavo a dimostrare l'autonomla. del sentimento e del pensiero logico, rispettivamente, dall'arte e dalla storia, neJ secondo ribadivo le già delineate distinzioni e trattavo svariati problemi che ricevevano da questa riforma una nuova impostazivne, riaffer.mando essere l'uomo il vero universale concreto della realtà, tanto du indicare col lflome di umanesimo l' indirizw fomlamentale della folosofia moderna. I n questo secondo lavoro, la varietà dei temi, assorbendo il mio inte resse speculativo e disperdendolo m direzioni spesso divergenti, 9U piani mentali diversi, fece sì che il bisogno dell'unità, che è pur sempre l'anima di ogni pensiero di folosofia, pur sopravvivendo nella varietà di questi pensieri, non apparisse soddisfatto coll'esplicito formulr:Eione di un concetto puro. A surrogare un principio logico di unità concepito e formulato in rigorosa coerenZa col criterio uni ficante che mi guidava neila soluzione dei singoli problemi, in altre parole, invece di rendere esplicito questo ilmplicito criterio guida, sotto l'in~uena:a forse di recenti letture bergsoniane, descrissi, allo iniz.io del volume, U1'1a rappreserntazWne di un moto cosmico nel cui SJeno le oategorle si produrrebbero come intelligenza im.rma nente alla vita. Contro questa rappresentm.ione, che io pregavo nel volume stesso di accet:are in via provvisoria, chiedendo per essa~ scettica sospensione del giudizio, si appuntarono le critiche dei com· petenti, e debbo ricom.soere onestamente che queste critic'he colpi vano nel SJegno. E' vero che l'immagine di cui parlo era data come in se stessa inessenziale al contenuto dello studio logico, ma allora perchè darla? perchè colmarne l'insufficienza con U1'1a toppa che era evidentemente destinata ad attrarre su di sè l'attenzione dei lettori, distraendola dagli asp,etti positivi del lavoro? A questa do manda non posso rispondere che in wn modo, e cioè col far osservare che ogni manifesta:z:.ione di pensiero ha un suo linnite, e non può non averlo, e quella immagine che, elevatJa al rango di verità sl faceva errore e fonte di dualismo e di nuovi errori, costitu.iva ap punto il limite di quel mio lavoro, limite il quale, coll'aiuto del"&~ critica intelligente che me lo segnalò, si tradusse in un'interiore insoddisfazione e travaglio da cui ebbe vita questo altro breve sag gio, che ora vi presernto. E non so dirre se il mio errore sia statu felice o meno, per aver prodot:o questa conseguenza, poichè un simile giudizio non spetta a me, ma al ~ttore, e mi auguro che sia il pVù benevolo possibile. Venendo ora al concetto informatore del saggio dirò, come è mio costume, brevemente sul modo nel quale questo concetto sii produsse nella mria mente, perchè mi sembra che questo giovi a farlo meglio intendere. Fu in occasione di una visita al mio Maestro Benedetto Croce, a Napoli, nella primavera dello scorso anno 1950, VI quando conversando con Lui deti 1I'I:Ìel studi, dei miei programmi di lavoro e dj fatti della mia vita, cose che Egli con paterna bene volenza si degna di ascoltare da me, dandomi poi preziose indica zioni e consigli, il Croce mi ind1cò sul suo tavolo di lavoro un volu metto del Meinecke, che allora conoscevo solo di nome, come de gno di attenz:ione. Non posso antecipare ora quello che clrò poi nel corso del saggio, a questo proposito, mi basti osservare che questo saggio attrasse deci.samen!e la mia attenzione sul concetto di coscienza e m1 fece senz'altro intra171Jedere nella ooscienZJa il fon damento di quella formulazione del concetto di unità che ave1JCJ prowisori4mente rappresentato dualisticamente ooU' immagine del moto della vita c09mica. Ciò 'accadde in forza di un'esperienza pre cedente, e cioè in segu~to alla lettura, da me fatta poco tempo in nan,zi, della bella traduzione delle Enneadi di Plotint), di Vincenzo Cilento. Nel corso di questa lettura rimasi colpito da un passo, che citerò poi nel testo, nel quale mi apparve espressa la visione specu lalliva della vita dello Spirito nella sua luminoStJ circolare unità, con tale forza, da restarne quasi abbagliato. Questa esperienza era viva nella mia menU!J quando leggevo le pagine del Mt!linecke. D'im provviso la vidi inserirsi, se così si può be, 1rello schema della coscienZ'Il che il Meinecke presentava in forma psicologica e dua listica, ed animarlo di un senso nuovo e di un signi~cato deci siro. Lo Spirito nella coscienZ'Jl e come coscienza t1ell'uomo, ecco l'Assoluto, mi dissi, ricentrando il mio pensiero in que!lla posiz:ione idealistica e trasoen~ che, nella precedenrtè impostazione vita listica, avervo sOtto qualche riguardo persa di :vista. Lo Spirito, che per me si .i denti~cava col sistema dUiletliico dei dist,irz;ti, veniva costì a conferire un preciso valore logico all'individualità, ponendola al centro del reale come valore assoluto. Col che trow:vano soluzione tutta una serie di problemi .r elativi; al valare delle categorie, al rap porto soggetto-oggetto, alla libertà e sopratutto doverva vetnir ritxmr VII sato il problema dt,llo storia in guisa da escltuderne ogn4 residuo tD pseudoooncettualità e trascendenza, nel mentre 1:a personal«à uma na riceveva una conferma del suo assoltuto originale valore, esi~ genuz cui il Dilthey e l'esistenzialismo, a modo suo, avevano impro priamente tentato di dm-e soddisfazione. Tutto ciò io ho cercato di condensare brevemente in q1WSto saggio e, chiesto venia per questo lungo e non richiesto discorso preliminare, passo sentr.'altro :ui esporne il contenuto. VIII CAPITOLO I l. - Leggo il capitolo {<La storia ed il presente» nell'opera del Meinecke «Senso storico e ~ignifìcato della storia >> per la tradu zione di Maria-Teresa Mandalari. (l) E' un saggio estremamente interessante, non tanto per le conclusioni speculative, che vi sono appena accennate e non logicamente dedotte, ma bensì per la pre cisa messa a fuoco di una situazione culturale in senso piena mente storico, la nostra, con !utta la folla delle conseguenze etiche e politiche che ne deriva. Il M. ci parla dello storicismo, e da par suo. Ce ne parla ci@è come uno studioso che di questa idea ha fatto un concreto ele mento della sua vita spirituale e sente quindi profondamente, come problemi della sua propria vita, i problemi storico-morali che esso pone. Seguiamolo quindi nel suo discorso. Egli ci parla del mo derno moào di pensare storicamente la realtà, come vita dialettica. Non voglio qui addentrarmi nella controversia che il M. ebbe col Croce circa la più o meno legittima sua assegnazione della pa ternità dello storicismo tedesco ai Maser, Herder ed al Goethe, (I) FRIBDRICH MBINBCKB - Senso storico e signifzcato della Storia - Trad. M. T. Mandalani; E. S. l. - Napoli, 1948.

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