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Palermo al tempo del vinile PDF

48 Pages·2012·3.96 MB·Italian
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Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati D S aniele abatucci Palermo al tempo del vinile Dario Flaccovio Editore Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Ad Alessia, che anche senza musica fa i sogni più belli Amavamo molto la musica, ci rubava i pensieri Massimo Melodia A me il rock non piace Boris Vitrano Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Daniele Sabatucci Palermo al tempo del vinile ISBN 978-88-7758-943-9 © 2012 by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel. 0916700686 www.darioflaccovio.it [email protected] Sabatucci, Daniele <1981-> Palermo al tempo del vinile / Daniele Sabatucci. - Palermo : D. Flaccovio, 2012. ISBN 978-88-7758-943-9 1. Musica pop – Palermo.. 782.42164 CDD-22 SBN PAL0249554 CIP – Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace” Stampa: Tipografia Priulla, Palermo, novembre 2012 RingRaziamenti Questo libro non avrebbe visto la luce senza Alessia Di Giovanni. A lei è dedicato. Ringrazio la mia famiglia e i miei amici, nonché la “guida spirituale” Simon Reynolds. Ringrazio la Casa Editrice e tutti i miei colleghi. Ringrazio Gigi Razete per il tempo dedicato alla lettura del libro e alla scrittura della prefazione; Orazio Rosalia per l’amicizia e gli anni di lavoro insieme. Un sentito grazie per il loro contributo e la loro disponibilità va, inoltre, a: Ernesto Bonaccorso, Valerio Briulotta, Francesco Calabria, Fabrizio Cammarata, Roberto Cammarata, Mario Caminita, Massimo Cap- pello, Fabio Caronna, Pippo Cataldo, Salvino Costa, Mario Crispi, Augusto Croce di italianprog.it, Rodan Di Maria, Giovanni Di Martino, Marilisa Dones, Fabio Finocchio, Franco Gaeta, Gianni Gebbia, Ninni Giacobbe, Dario Giacomazzi, Lelio Giannetto, Ezio Gonzales, Eddy Governale, Beppe Grifeo, Filippo Grillo, Antonio Guida, I Candelai (Massimo Campagna, Manfredi Giangrasso, Fabio Schillaci), Antonio La Spina, Eldo Lauriano, Salvo Leo, Carmelo Lucà, Marcello Mandreucci, Max Lux, Alessio Marino e la Boutique 67 – Centro Studi sul Beat Italiano, Rino Martinez, Vito Meccio, Renzo Meschis, Davide Mez- zatesta, Christian Molino, Marco Monterosso, Aldo Morgante, Othello, Carmelo Pagano, Toty Patellaro, Giacco Pojero, Guido Politi, Pippo Pollina, Maurilio Prestia, Salvo Principe, Radio Monterosso, Raf Dj, Enzo Rao, Luca Rinaudo, Bizio Rizzo, Natale Russo, Michele Russotto, Gano Scancarello, Riccardo Serradifalco, Sergio Serradifalco, Danilo Sulis, Dario Sulis, Paolo Taormina, Marian Trapassi, Alberto Maurizio Truffi di Musica & Memoria, Nino Vetri, Boris Vitrano, Vortex. Un sincero ringraziamento va inoltre a Massimo Melodia e Nico Tirone che purtroppo non hanno fatto in tempo ad assistere alla pubblicazione di questo libro. La casa editrice ringrazia Ninni Arcuri per avere concesso l’utilizzo in copertina di alcuni oggetti vintage della sua collezione esposti nella mostra “Beat Pop Vintage”. Nota: dove non esplicitamente riportate in bibliografia, le citazioni sono tratte da interviste e dichiarazioni degli interessati raccolte direttamente dall’autore. Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Prefazione di Gigi Razete Sulla realtà musicale di Palermo sono state scritte molte storie che hanno raccontato momenti salienti, poco importa se ecla- tanti o persi nella memoria, riguardanti la classica, il jazz e la contemporanea. Non riesco, invece, a ricordarne alcuna (a parte la recente opera di Mario Bellone “Dreaming Palermo”, ma solo in vi- deo) che abbia affrontato temi e personaggi del rock, del pop e della musica cosiddetta “giovane” che pure hanno segnato in modo profondo, seppur dimenticato, i decenni dal dopoguerra ad oggi e le generazioni che hanno vissuto quei tempi. Una lacuna abbastanza macroscopica che può trovare di- verse possibili ragioni, prima tra tutte la scarsa disponibilità di documentazioni. Intanto, va constatato che nella storia del rock palermitano (comprendendo in quest’area alquanto frastagliata ogni possibile declinazione stilistica) non sono mai state pre- senti istituzioni private o pubbliche che avrebbero potuto con- solidare, storicizzare e testimoniare nel tempo ciò che accadeva in città, come invece è capitato in altri settori, seppure in modi assai diversi, col Teatro Massimo, il Centro Django Reinhardt, gli Amici della Musica, l’Orchestra Sinfonica Siciliana, il Brass Group, Curva Minore, Ars Nova, Kandinskij e varie altre entità di tutela dei linguaggi rappresentati. È ben vero che il rock, per sua natura, è solito rifuggire ovunque da strutture più o meno stabili che lo rappresentino, lo tutelino e lo preservino ma a Palermo questa labilità ha assunto dimensioni patologiche. A ciò si aggiunga la modesta ed episodica attenzione riservata 55 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati alle realtà musicali nascenti dai quotidiani locali, più propen- si a documentare nomi già consolidati piuttosto che la scena underground. Né maggior contributo hanno fornito le riviste specializzate, di nicchia o a diffusione popolare, più concentrate ad illustrare gli epicentri creativi e produttivi dell’Italia centro- settentrionale che non la scena di una città musicalmente peri- ferica come Palermo. Inoltre, come annota lo stesso Daniele Sabatucci, i nuovi fermenti che man mano venivano ad agita- re le acque internazionali del rock sono giunti (e continuano a giungere) a Palermo, salvo poche eccezioni, inesorabilmente in ritardo, con ciò togliendo forse slancio e interesse a racconta- re storie che altrove sono già accadute e documentate. Perfino nelle rare occasioni in cui è capitato che l’ardimento (coraggio o temerarietà?) di qualche operatore appassionato facesse giunge- re in città artisti di culto o proposte di forte spessore e attualità, ebbene anche allora Palermo e il suo scarso pubblico (scarso come consistenza numerica e scarso come curiosità intellet- tuale) hanno dato risposte davvero sconfortanti, confermando quell’inguaribile provincialismo che pretenderebbe di redimersi solo nelle occasioni in cui “esserci” è in realtà solo vanagloria di “apparire” (tra i tanti, un esempio recentissimo: la desolata pla- tea dello Zsa Zsa Mon Amour dinnanzi alla quale il 12 ottobre del 2012 si è esibito Mick Harvey, grande rocker australiano). Da non trascurare, infine, e anche a questo accenna l’autore, gli effetti causati da quell’ineffabile tendenza all’autoreferenzia- lità e all’oblio che sembra affliggere geneticamente i palermi- tani. Allorché Sabatucci mi comunicò l’intenzione di porre mano a raccontare la storia del rock a Palermo, confesso di aver pensato immediatamente ad un atto di superbia o di giovani- le infatuazione. Intanto, la sua appartenenza generazionale lo escludeva, a parte i decenni più recenti, da ricordi diretti delle stagioni cruciali. Per lo stesso motivo, poi, temevo che l’approv- 6 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati vigionamento delle informazioni, reso arduo dalle considera- zioni poc’anzi espresse, sarebbe avvenuto prevalentemente (o esclusivamente) attraverso il web, oceano solitamente immenso che però, oltre a porre seri problemi di verifica, nel caso speci- fico rischiava di ridursi a stagno e di offrire ben pochi appigli in materia. Pur avendo vissuto direttamente, sia pure con alcuni impor- tanti iati, buona parte della storia raccontata dal mio giovane collega, io stesso fatico a mantenere nitidi i ricordi, gli avveni- menti e i personaggi che hanno riguardato gli anni più remo- ti. Certo, alcune immagini sono rimaste più vivide, magari per personali inclinazioni. Ad esempio, l’ultimo scorcio degli anni Settanta, un periodo esaltante in cui, soprattutto per merito di Claudio Lo Cascio e del suo Centro Reinhardt (allora ospitato a Villa Pantelleria), un gran numero di giovani (molti dei quali oggi affermati musicisti nei campi più diversi) vissero il sogno di una musica che abbatteva ogni steccato e poneva sullo stes- so piano di valori e creatività jazz e folk, contemporanea ed elettronica, rock e cameristica, colta e popolare. Per una città così torpida fu davvero un big bang vedere collidere linguaggi fino ad allora considerati irrimediabilmente divisi e ascoltare, spesso nello stesso evento (la formula del “Musicaincontro”), figure, siciliane e non, tanto differenti come Luigi Nono, Rosa Balistreri, i Rakali, Severino Gazzelloni, Marilena Monti, Fran- co D’Andrea, Alirio Diaz, Maurizio Lanzalaco, Giorgio Gaslini, gli Aes Dana, Enza Lauricella, Bruno Biriaco, i Kalsa, Giovanni Sollima, Dusko Gojkovich, Enrico Pieranunzi, gli Agricantus, Beppe Grifeo, i Zzaccurafa, per citarne solo alcuni, oltre ad uno stuolo di jazzisti palermitani già affermati o di futuro talento come Enzo e Riccardo Randisi, Gianni Cavallaro, Ignazio Gar- sia, Gianni Gebbia, Diego Spitaleri, Stefano D’Anna, Salvatore Bonafede, Mimmo Cafiero, Giuseppe Costa e moltissimi altri. Un altro scorcio che mantiene nitidezza di contorni è l’esal- 7 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati tante stagione delle proposte innovative che fiorivano in città negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta e che trovavano ospitalità in vari localini off di cui si è persa quasi memoria: ad esempio l’Ouroboros o il Punto Rosso, nei pressi dell’attua- le stazione Notarbartolo. Fu proprio in quest’ultimo club, uno stanzone senza arredi (ci si sedeva a terra) e senza alcun appeal se non quello di essere un focolaio aperto alle proposte più “al- ternative” ed eccitanti, che nel 1979 giunsero Franco Battiato e Giusto Pio. Battiato non era ancora Battiato, non indossava ancora gessati e panciotti, calzava sandali (piuttosto malconci) che avevano un che di francescano, i suoi piedi mostravano i se- gni della polvere di mille strade secondarie ma le sue parole e la sua musica rivelavano prospettive inedite e profonde, librandosi magicamente al di sopra di ogni coordinata di tempo e di luogo. Come avrebbe fatto Sabatucci a ripescare memorie così la- bili perfino a chi le aveva vissute? Le pagine che seguono hanno fugato in pieno le mie titu- banze perché l’autore ha seguito la strada più diretta e, con- temporaneamente, la più improba: quella della ricerca perso- nale delle fonti e della loro verifica meticolosa, qualità (oggi purtroppo sempre più desuete) che appartengono al metodo principe tanto del sano giornalismo quanto della rigorosa ricer- ca musicologica. È andato a caccia di ogni documento cartaceo e sonoro ovunque fosse possibile trovarlo (dagli archivi delle pubblicazioni ai mercatini dell’usato) ed è andato pazientemen- te a scovare ogni testimone diretto o indiretto che potesse for- nirgli anche solo minuscole tessere di quella storia abbastanza sconosciuta che voleva ricomporre in complessivo mosaico. Ma quel che più importa, ha verificato e incrociato tra loro le varie testimonianze, scremando l’incerto, il labile e l’improbabile da ciò che invece concordava. Se è sorprendente la quantità e la qualità di materiale che Sabatucci è riuscito a recuperare dall’oblio dei decenni più lon- 8 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati tani, è inevitabile che il racconto si faccia sempre più approfon- dito, pieno di dettagli e costatazioni dirette man mano che ci si avvicini al presente. Ma è proprio la storia del rock di questo primo scorcio di secolo, anni che per la loro contemporaneità ci danno spesso l’illusoria presunzione che tutto ci sia noto, che ha finito invece per svelare una realtà musicale cittadina tanto sommersa quanto, di contro, sorprendentemente frastagliata e ricca di vivacità. Il risultato complessivo, per farla breve, è un affresco straor- dinariamente vivido, affascinante e, soprattutto, unico. Una sto- ria emozionante e avvincente per chi l’ha vissuta e decisamente preziosa per chi, non essendoci allora, la vuol conoscere oggi. 9 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Introduzione Chi si ricorda del mitico festival Palermo Pop 70? O del concer- to di Frank Zappa allo stadio? Chi ha vissuto l’epoca del beat o quella del punk, mettendo su un gruppo con gli amici? Chi è riuscito, negli anni avventurosi in cui era un’impresa ai limiti del possibile, a pubblicare un disco in vinile, e quanti oggi si ser- vono di internet per fare conoscere al mondo la propria arte? Poche città parlano di se stesse come Palermo. Allo stesso modo, poche città sono anche maestre nel cancellare la propria storia, le proprie tracce. Possibile che della musica pop fatta in città da, diciamo, prima degli anni novanta non si ricordi più niente? Possibile che le tracce dei musicisti, fossero esse dischi, concerti, interviste, recensioni si siano perse così, come se nulla fosse ac- caduto? Ok, forse niente di significativo per le sorti della musica mondiale è effettivamente accaduto. E però perché cancellarlo del tutto, se non altro a farne un esempio – magari da non imitare – per chi fa musica oggi? Perché Palermo, ancora una volta, rimuo- ve le proprie radici? Un tentativo di risposta è in queste pagine. Questo libro nasce perciò da una genesi laboriosa oltre ogni volere e necessità. Un progetto che ha covato per anni sotto la cenere è diventato concreto in un preciso momento storico: il periodo a cavallo tra 2007 e 2008, quando ha preso piede ciò che in un certo senso può essere definita una sorta di “new wave” palermitana: una scena musicale viva, piena di idee e di energia, consapevole dei mezzi a disposizione (o di quelli, al contrario, mancanti) e di voglia di usarli per costruire un pro- prio percorso artistico. 11

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assai diversi, col Teatro Massimo, il Centro Django Reinhardt, gli Amici .. falù ebbe casa negli anni venti, agli albori del fascismo, Aleister. Crowley
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