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Nietzsche e la critica della modernità. Per una biografia politica PDF

94 Pages·1997·5.04 MB·Italian
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«La tragica grandezza del filosofo, il fascino e la straordinaria ricchez- za di suggestioni di un autore capa- ce di ripensare l'intera storia del- l'occidente e di collocarsi, ben al di là dell'attualità, sul terreno della 'lunga durata', tutto ciò emerge pienamente solo se, rinunciando a rimuovere o a trasfigurare in un innocente gioco di metafore le sue pagine più inquietanti o più repu- gnanti, lo si osa guardare in faccia per quello che realmente è, il più grande pensatore tra i reazionari e il più grande reazionario tra i pen- satori». LE ORME . . Dornenico LOSURDO Niemche. Per una biogrt$h poatica manifesto gibrij O 1997 manifestolibri srl Vi Tomacelli 146 - Roma ISBN 88-7285-124-6 Realizzazione grafica: Studio Idea NIETZSCHE E LA CRITICA DELLA MODERN~A 1. La crisi della civiltà da Socrate alla Comune di Parigi 2. Critica della «civilizzazione» e delegittimazione del moderno 3. Dalla negazione della coscienza storica . alla sua radicalizzazione 4. Otium, lavoro e schiavitù 5. orale del gregge, morale dei signori e doppiezza 6. Politica ed epistemologia 7. Rivoluzione francese, «rivoluzione» socratico- platonica e «rivoluzione» ebraico-cristiana 8. Radicalità, «inattualità» e incrinature del progetto reazionario 9. Eterno ritorno, volontà di potenza e annientamento dei malriusciti 10. Metafora e storia Note Nota bio-bibliografica 1. LA CRISI DELLA cnm.~AD A SOCRATE ALLA COMUNE DI PARIGI Apparsa agli inizi del 1872, La nascita della tragedia, che segna il debutto filosofico di Nietz- sche, non può essere compresa senza la Comune di Parigi e la guerra franco-prussiana che immediata- mente precedono la sua pubblicazione. La corri- spondenza e i frammenti del tempo chiariscono in modo inequivocabile con quanta intensità sia stata vissuta la nuova ondata rivoluzionaria al di là del 'Reno e quanto dolorosa e indelebile sia l'impronta da essa lasciata. Alla notizia dell'incendio del Lou- vre da parte degh insorti, <<fupi er alcuni giorni com- , pletamente distrutto dai dubbi e sopraffatto dalle lacrime: tutta l'esistenza scientifica, filosofica e arti- stica mi apparve un'assurdità, se un solo giorno poteva annientare le più meravigliose opere d'arte, anzi interi periodi dell'arte»l. Successivamente, la notizia si rivela falsa, ma ciò non modifica uno stato d'animo, liricamente espresso da un frammento di qualche anno dopo: «Autunno - sofferenza-stop- pie-licnidi, asteri. Lo stesso quando giunse la notizia del preteso incendio del Louvre - senso dell'autun- no della civiltà. Mai un dolore più profondo»2. Il bilancio storico-teorico della Comune di Parigi è così formulato in un paragrafo centrale del- la Nascita della tragedia: a causa dell'«ottirnismo», la civiltà va incontro ad unY«orrendad istruzione»; la «fede nella felicità terrena di tutti» fa tremare la società <<finn ei più profondi strati», seminando lo scontento in «una classe barbarica di schiavi», che, sedotta da idee utopistiche, awerte ora «la sua esi- stenza come un7ingiustizia»e esplode in rivolte incessanti. Rispetto a tale ondata distruttiva non può costituire una diga il cristianesimo, degradato ormai a «religione dotta», e cioè con seguito scarso e decrescente tra le masse popolari, e che, soprat- tutto, risulta esso stesso contagiato dallo «spirito ottimistico» del presente3. I1 cristianesimo «pela- gianizzato» e dimentico del peccato originale che pesa sull'esistenza umana è già denunciato da Schopenhauer, cui Nietzsche, in questi anni, attri- buisce il merito di avergli «tolto dagli occhi le ben- de dell'ottimi~mo»E~.p però il giovane filosofo comincia a spingersi molto oltre su questa strada, mettendo decisamente in discussione nel suo com- plesso la religione dominante in Occidente, in cui, sia pur coniugata al futuro, in una dimensione ultraterrena, svolge un ruolo troppo importante l'i- dea di felicità per tutti. I1 rimedio non può essere individuato neppu- re nella grecità, se questa continua ad essere letta Nietzrche e la critica della modernità alla maniera dei neo-classicisti, come sinonimo di imperturbata e imperturbabile serenità. Tale inter- pretazione coglie in realtà un solo aspetto, quello apollineo, testimoniato in primo luogo dalla scultu- ra. La tragedia e la musica ci mettono invece in pre- senza di una diversa e più profonda dimensione. Con le spalle al muro e costretto a rivelare una verità che avrebbe preferito tenere nascosta, Sileno, seguace di Dioniso lacera i luccicanti veli apollinei e mette a nudo l'abisso dell'esistenza: «Stirpe misera- bile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irrag- giungibile: non esser nato, non essere, essere nien- te. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto». Tale verità dionisiaca assume un'e- spressione trasfigurata e trasognata nell'arte apolli- nea, la quale svolge una funzione anche socialrnen- te benefica nella misura in cui aiuta l'uomo a sop- portare «i terrori e le atrocità dell'esistenza». Ma dimenticare questo fondo oscuro e terribile sareb- be come valutare i tormenti del martire cristiano a partire dalla sua «visione estaticad. L'intensità tra- gica e dionisiaca del mondo greco trova una sua potente espressione nel Prometeo di Eschilo che, distruggendo la visione del progresso propria di «un'umanità ingenua», mette in evidenza «l'intero flusso di dolori e affanni» che già comporta l'inven- 9 - DOMENLIOCSOUR DO zione del fuoco6. Il significato politico di tale mito viene ulteriormente precisato in un testo coevo alla Nascita della tragedia; «L'awoltoio che divora il fegato al fautore prometeico della civiltà» proclama una volta per sempre una verità, che pure «suona crudele»: «la schiavitu rientra nell'essenza stessa della Folle si rivela allora la pretesa della felicità terrena per tutti che sempre più caratterizza il mondo moderno. Epperò, la celebrazione acriticamente illumi- nistica e progressistica di Prometeo e l'oblio del- l'awoltoio (e di Sileno) sono già iniziati in terra gre- ca. «L'uomo dionisiaco» sa che non è possibile «mutare nulla nell'essenza eterna delle cose», com- prende che «ridicolo o infame» è ogni sogno di palingenesi sociale e politica, la pretesa di rimettere «in sesto il mondo che è fuori dei cardini»8.M a con Socrate vediamo «l'uomo teoretico~e~ l' «ottimista teorico» sviluppare la sua «fede nell'attingibilità della natura delle cose»1° e pretendere di «correg- gere l'esistenza»". Non c'è più posto per l'arte e la tragedia, che anch'essa comincia, con Euripide, a divenire raziocinante. Alla grecità tragica e dioni- siaca subentra ora quella alessandrina, la quale riposa su un'insanabile e rovinosa contraddizione: come ogni civiltà, «ha bisogno, per poter esistere durevolmente, di una classe di schiavi; ma essa, nel- la sua concezione ottimistica dell'esistenza, nega la 1 o

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